25/09/2013 11:38 CEST - Rassegna nazionale

Federer, please, continua a divertirti e a divertirci (Semeraro)

25-9-2013

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Federer, please, continua a divertirti e a divertirci (Stefano Semeraro, lastampa.it)

Non vince (né convince) più come un tempo. Negli Slam saluta in fretta la compagnia, perdendo anche con avversari che due o tre anni fa avrebbe scherzato. La vecchia magia sembra (sembra) evaporata. Ha 32 anni suonati, due figlie, e secondo “Forbes” un patrimonio stimabile in 400 milioni di dollari. Logico che molti, tanti, forse troppi abbiano iniziato a chiedersi: ma chi glielo fa fare? Ma perché Roger Federer non si ritira? Quando i fuoriclasse come lui iniziano a scivolare lungo il pendio che porta all’ultimo applauso è inevitabile che nel fuoco del tramonto si accendano anche piccole malinconie. Chi aveva (e sempre avrà) negli occhi il Michael Jordan bombastico dei tempi di Chicago si è sicuramente intristito nel vederlo elemosinare l’ultimo brandello di immortalità con i Washington Wizard. Pelé che si prepensionava fra i Cosmos, o Del Piero che continua a sudarsi un gol down under possono fare alzare il sopracciglio a chi gli eroi li prevede solo giovani e forti. I tifosi di Schumacher per due anni si sono chiesti cosa diavolo spingeva il più vincente pilota della storia della F.1 a litigare con le gomme e una Mercedes ancora lenta, e contro il tempo che invece scappare via improvvisamente troppo veloce – e lo stesso discorso ormai vale anche per Valentino Rossi.

Attenzione, però, a non confondere le impressioni da tifosi con le ragioni dei fuoriclasse. Chiunque, e a maggior ragione chi come Federer – o Schumacher, o Pelè, o Del Piero, o Jordan – ha riscritto la storia dello sport ha il diritto di chiudere il capitolo come più crede: con un bang o con un sospiro, uscendo di scena con l’ultima capriola o trascinandosi con lentezza fino a quando l’ultimo lembo di sipario non si è chiuso. Finchè monumenti del genere possono contare su ingaggi, contratti, una classifica o una squadra che consente loro di gareggiare, hanno il diritto di farlo. Senza sentirsi giudicare ad ogni inciampo, al minimo passo falso. Potrà stringere un po’ il cuore vederli arrancare, loro che un tempo correvano in testa a tutti. Potrà dispiacere. Ma non può scandalizzare. Per spegnere poi i commenti sarcastici basterebbe poi dare un’occhiata agli introiti di molti vecchi lioni. Nella classifica di Forbes in testa c’è ancora Tiger Woods, che pure non vince un “major” da 5 anni (78 milioni di dollari, quest’anno). Dietro di lui Federer (71,5) e Kobe Bryant (61,9) che pure ha 35 anni e un tendine d’Achille sfilacciato. Roger fra il 2006 e il 2007, quando era il dio del tennis sceso in terra, guadagnava 29 milioni di dollari all’anno, fra il maggio del 2012 e il maggio del 2013 se ne è messi in tasca oltre 40 in più. Nel 2008 la Nike gli ha firmato un assegno da 160 milioni di dollari per 10 anni, ben sapendo che nel 2018, a 37 anni suonati, Federer sarebbe stato più un nome, un marchio - o un ricordo - che un giocatore. Voi, al suo posto, spacchereste il salvadanaio?

Appena l’anno scorso ha vinto Wimbledon, e anche se oggi ci sono almeno due o tre avversari più forti di lui, la possibilità che con un pizzico di fortuna il Genio riesca a vincere ancora qualcosa di importante, in fondo esiste. Sempre più remota, sempre, più esigua, ma esiste. I grandi dello sport come lui dentro di sé restano sempre convinti di poter ricominciare a vincere come un tempo, a battere chiunque: magari non per una stagione intera, per tutto un campionato, ma almeno per la durata di un torneo, di una partita. Di una grande finale. A qualcuno riesce – vedi l’esempio di Sampras – ad altri no. Ma chi siamo, noi, per decidere al posto loro quando è tempo di dire “no mas?”. Lasciateli, lasciamoli divertire (e incassare).

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