25/01/2014 08:47 CEST - Rassegna Nazionale

Errani e Vinci Slam «È l'amicizia che ci dà forza» (Crivelli, Semeraro,Valenti, Viggiani, Piccardi, Sisti); Prove per il Grande Slam (Valesio); Rafa o Roger, una sola era (De Pauli, Clerici, Valesio)

25-01-2014

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A cura di Davide Uccella

Errani e Vinci «È l'amicizia che ci dà forza» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 25-01-2014)

Con le spalle al muro. Ma il talento e l'orgoglio non muoiono mai. Santa e Robi si sono trovate a un passo dalla resa, dalla caduta abissale. E sono risalite. L'Australia è ancora cosa loro, il doppio è ancora cosa loro. Errani e Vinci: due piccoli, grandi fenomeni.

Roberta, cos'è successo nel terzo set? «Siamo andate 2-0 per noi con un break, ma a quel punto abbiamo rallentato, siamo state troppo passive e loro ci sono salite sopra».

Ma poi che reazione sul 5-2. «Non avevamo più nulla da perdere, stavamo guardando in faccia la sconfitta. Ci siamo come liberate da un peso, siamo tornate ad essere aggressive, a giocare quasi senza pensare, come se tutto fosse perduto. E il braccio girava a meraviglia, finalmente. Poi la Vesnina ci ha dato una mano, forse ha sentito la pressione di dover vincere per forza, per come si era messa la partita».

Sara, sul 5-2 c'era il pensiero delle ultime due sfide perse con le russe, a Parigi e Istanbul? «Sinceramente, sul 5-2, ho pensato che non c'era più niente da fare, dentro di me dicevo "va bene, è persa, ci riuscirai la prossima volta". Però noi non molliamo mai e quando abbiamo cominciato a recuperare, ci siamo gasate al massimo».

Sono loro le rivali più forti sul circuito? «Ci sono tanti doppi molto competitivi, ma noi non guardiamo mai al tabellone, chi ci capita prendiamo, cercando sempre di tirare fuori il meglio da noi stesse. Certo, conosciamo il valore delle russe, sono molto forti, hanno una gran classifica anche in singolare. Con loro è sempre difficile, ma nessuna partita è facile a prescindere, fin dal primo turno».

Roberta, si può dire che il vostro torneo ha avuto una svolta nel terzo set dei quarti di finale contro Mirza e Black? «E' stato certamente un momento chiave, eravamo sotto 4-1 e non stavamo giocando affatto bene. Lì è uscita la nostra voglia e anche le nostre qualità, vincere quella partita ci ha dato una carica enorme, ci ha fatto capire una volta di più che non si perde fino a quando le avversarie mettono giù l'ultimo punto. Lo abbiamo dimostrato anche in finale».

E' questa la vostra vittoria più bella? «Ogni successo porta con sé qualcosa di indimenticabile, ma sicuramente in questa partita c'erano delle motivazioni extra, in palio c'era anche il primo posto nel ranking del doppio, che è qualcosa a cui teniamo molto. E poi con loro avevamo il Film Le quattro perle della coppia azzurra: da Parigi all'Australia perso le ultime due volte, con la grande delusione della finale di Parigi. Quindi è stata sicuramente una vittoria speciale, soprattutto perché è arrivata dopo una grande sofferenza che la rende ancora più eccitante».

Sara, c'è un altro aggettivo per definirla? «Direi incredibile, perché a un certo punto forse non ci credevamo più nemmeno noi. Ma è durato un attimo».

Roberta, cosa vuole aggiungere? «Io direi che è stata stellare, per come è maturata e per come abbiamo giocato quando ci siamo trovate apparentemente senza speranza».

Come festeggerete? «Come l'anno scorso, in aereo, ormai sta diventando una consuetudine, forse dovremmo sempre comprare i biglietti per un volo subito dopo la partita. Andiamo a Parigi, giocheremo singolare e doppio».

Roberta, c'è una dedica speciale? «A Sara, che mi rende più forte con la sua amicizia». Sara? «A Roberta, che è una donna straordinaria soprattutto nei momenti difficili».

 

Il quarto Slam di Errani-Vinci - Sara&Roberta, la rivincita vale doppio (Stefano Semeraro, La Stampa, 25-01-2014)

"E adesso godetevi Federer contro Nadal". Umile (e spiritosa) come sempre, Sara Errani ieri si è voluta scusare con il pubblico della Rod Laver Arena per aver sforato di venti di minuti sui tempi previsti, ritardando così l'attesissimo ingresso in campo dei due divi del tennis mondiale per la semifinale maschile, il piatto forte della giornata. Ma di chiedere scusa, in realtà, Sarita non aveva davvero bisogno. Quel risicato extra-time è servito infatti a lei e a Roberta Vinci per rivincere a un anno di distanza il doppio agli Australian Open, battendo in rimonta le russe Makarova e Vesnina. E il quarto Slam che la straordinaria ditta «Cichi & Cichi» ci regala, dopo quello del 2013 colto proprio qui e i due successi del 2012 a Parigi e New York.

Trattasi di vittoria pesante, visto che oltre a rimpinguare il montepremi delle azzurre -260 mila dollari a testa - è servita alle Nostre per conservare il numero 1 nella classifica di specialità e artigliare il quinto posto fra le coppie più vincenti nello Slam dell'Era Open. Prime le leggendarie Martina Navratilova e Pam Shriver, con 20 titoli (vinti, va detto per onestà, quando il doppio lo giocavano tutte o quasi), quindi Fernandez-Zvereva (14), le Williams Sisters (13), il duo spagnolo argentino Ruano Pascual-Suarez (8) e infine loro, le Cichis. Di gran lunga la coppia più vincente della storia del nostro tennis e se volete una replica in gonnella del duo Federer-Nadal: talentuosa e aggressiva Roberta, grintosa e solidissima da fondo Sara che pure, proprio come Rafa, quando serve sa sfoderare una mano niente male anche sotto rete.

In singolare quest'anno a Melbourne non hanno brillato, facendosi eliminare entrambe al primo turno. Anche in doppio, forse disturbate da una carestia di vittorie che le affamava dal febbraio 2013 (Doha), durante il torneo hanno tentennato. Ieri poi, sul 5-2 per le russe nel terzo, parevano ormai spacciate. Ma guai a fare i conti senza i loro caratteri d'acciaio. «Forse in quel momento ci ha aiutato un pizzico di incoscienza - hanno detto dopo il match -. Siamo state più spavalde, rimontando punto dopo punto. Makarova e Vesnina sono ottime anche come singolariste e infatti ci avevano battute due volte lo scorso anno, in finale al Roland Garros e in semifinale al Masters. E una vittoria incredibile». Vero pure questo. II doppio maschile sa offrire match divertenti ma quanto a partecipazione è in stato comatoso, sequestrato da specialisti che in singolo non gareggiano neppure (come tre dei finalisti di quest'anno: i nomi Lindstedt, Butorac e Klaasen vi dicono qualcosa?). Anche nel femminile le big si schierano sempre più raramente, ma l'anno scorso a Melbourne le Cichis superarono addirittura le Williams e quest'anno in tabellone c'erano Jankovic (n. 8 Wta) e Halep (11), mentre Makarova e Vesnina in singolare soggiornano fra le prime 30.

I quattro titoli dello Slam delle Cichis sono insomma un teso-retto prezioso, una pubblicità importante per il nostro tennis. Se hanno intenzione di vincerne ancora, si prendano pure tutto il tempo che serve.


Prove per il Grande slam (Piero Valesio, Tuttosport, 25-01-2014)

CHE cosa passa per la testa di chi è a un passo dalla sconfitta? Più o meno l'abbiamo attraversata tutti, questa situazione. Grosso modo ci si divide in due gruppi: quelli che erano già depressi prima e si deprimono ancora di più. E quelli che, invece, sono pochissimi in genere, proprio in quella situazione ripuliscono la lavagna da pensieri negativi ed è come se ricominciassero da zero. Per questi personaggi quella situazione altro non è che una semplice passeggiata su un crinale durante la quale mica si cade di sotto se non si fanno sciocchezze: basta mantenere il proprio passo e lo sguardo fisso verso il proprio obiettivo. Tutto diventa improvvisamente, se non più facile, veramente meno pesante.

DIMOSTRAZIONE Roberta Vinci e Sara Erravi hanno offerto ieri una splendida dimostrazione di cosa voglia dire appartenere a questo gruppo. Il terzo set contro Makarova e Vesnina, che ha permesso loro di aggiudicarsi il secondo titolo australiano consecutivo, sarebbe da mostrare nelle scuole per offrire agli studenti la versione visuale delle celebre frase di Clint Eastwood: quando un uomo con pistola incontra uomo con fucile, uomo con pistola è uomo morto. In campo Sara e Roberta avevano il fucile, le russe la pistola per di più inceppata. E quando si sono trovate sotto 2-5 hanno ripreso a macinare gioco come se nulla fosse, un punto dopo l'altro. Hanno annichilito le avversarie e conquistato il titolo. Per la cronaca solo le Williams sono riuscite a vincere per due volte di fila il titolo di doppio in Australia. Qualcosa vorrà pur dire.

MEMORIA Sara Errani ha spiegato il segreto di questo successo con una frase disarmante nella sua semplicità: .Non mi ricordo Cosa non ricordi Sara? .Cosa è successo quando eravamo in svantaggio. So solo che abbiamo giocato punto su punto e che alla fine ci siamo trovate vincenti». Come è possibile? Semplice: le nostre hanno resettato il cervello, hanno camminato lungo quel crinale senza guardare sotto. E hanno dimostrato che nello sport davvero noi puoi mai dire, figuriamoci nell'esistenza quotidiana. Sara era talmente concentrata sul suo obiettivo da non preoccuparsi di mandare nell'archivio mentale ogni punto; l'obiettivo era arrivare in fondo senza lasciarsi condizionare dalle ansie immediate. Si entra come in una specie di star-gate dove la partita ti scorre a fianco e tu guardi solo davanti. L'attimo non conta, si guarda solo al punto d'arrivo.

INTESA La vittoria di Melbourne ci dice che Sara Errani e Roberta Vinci in primo luogo stanno benissimo fra loro. Il che chiude definitivamente tutti i timori sull'armonia che regola i loro rapporti. Se non c'è intesa soprattutto personale non si vince una partita del genere. Non che ci fossero più dubbi ma certi timori sono duri a scomparire del tutto. In secondo luogo il modo in cui le azzurre hanno portato a casa questo titolo dello Slam conferma che, nel loro caso, il doppio può essere un ottimo innesco per la loro stagione da singolariste, per la verità iniziata in modo non positivo. Se troveranno il modo di bilanciare le loro apparizioni in doppio e quelle in singolare potranno l'una seguire ragionevolmente il sogno di completare un'altra stagione fra le top ten; e Roberta quella di entrarci fra le prime dieci giocatrici del pianeta.

PROGRESSIONE La progressione del loro rendimento poi conferma che le nostre hanno tutto, ma proprio tutto, per tentare l'assalto al Grande Slam. Certo se non ci fosse l'erba di mezzo sarebbe tutto più semplice: quella superficie è quasi del tutto i indigesta per le nostre, in particolare per Sara e soprattutto dopo la stagione sul rosso. Ma dato che non si può mai dire e soprattutto prevedendo che il doppio Williams (che alle nostre ha inflitto nel torneo olimpico di Londra la sconfitta più bruciante) non sempre incrocerà la strada della nostre, magari anche a Wimbledon le cose potrebbero girare a nostro (loro) favore. A Parigi e negli Sta-tes le ragazze hanno già vinto: e se programmassero di trascorrere un po' più di tempo sull'erba in modo da tentare la grande impresa? Forse ci stanno pensando.

GRAND'ITALIA In ogni caso l'Italia del tennis femminile lascia Melbourne col sorriso stampato in volto e guarda a Cleveland dove nel secondo weekend di febbraio si giocherà il primo turno della Fed Cup 2014 contro gli Usa. Turno che sarà di certo assai più duro e impegnativo della finale disputata a Cagliari a novembre. Abbiamo una volta di più il miglior doppio del mondo. Abbiamo una splendida Flavia Pennetta (la cui presenza a Cleveland però non è ancora confermata): possiamo disporre della miglior Knapp di sempre, di una Camila Giorgi che prima o poi imparerà a gestire il suo talento: e delle due componenti del doppio di cui sopra che, c'è da scommette-reci, dopo il trionfo australiano si lasceranno alle spalle le incertezze di inizio gennaio. Non male, come quadro.


Il commento - Bentornate «Cichi» - Bentornate Sara e Roberta (Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport, 25-01-2014)

Bentornate Sara Errani e Roberta Vinci. Conquistare per la seconda volta consecutiva il doppio agli Australian Open è un grande risultato da cui ripartire. Siete la coppia numero uno al mondo ma avevamo paura vi foste un po' smarrite dopo due stagioni eccezionali portate avanti a ritmi forsennati. L'esordio negativo a Melbourne nel singolare stava rafforzando questa convinzione. E il fatto che in coppia eravate a secco da quasi un anno (febbraio 2013, Doha) certo non faceva ben sperare per la conferma nel primo appuntamento di prestigio del calendario. Ieri invece, fantastiche Cichi, nell'incredibile rimonta del terzo set contro le russe Vesnina-Makarova abbiamo rivisto nei vostri occhi la rabbia giusta, quella che serve per confermarsi ai piani alti del tennis. Il quarto Slam della carriera (in doppio) potrebbe servire da catapulta verso un'altra stagione all'attacco. Ci sono da difendere, e magari migliorare, le posizioni nel ranking più prestigioso, quello del singolo. Impresa non facile: da dietro spingono le emergenti, come Cibulkova, Halep e Bouchard. In casa vi confronterete con la concorrenza di una Flavia Pennetta letteralmente rinata. E le big, temporaneamente ridimensionate, si riprenderanno appena la condizione fisica migliorerà. Sara, occupi il numero 7 della classifica e hai il compito più difficile. Non sei più una sorpresa, le avversarie hanno ormai preso le misure al tuo tennis. L'intensità che spesso è andata a rattoppare i limiti fisici e tecnici non potrà essere l'asso da giocare in caso di difficoltà. Servirà un passo in avanti dal punto di vista tattico unito a progressi sul servizio, il vero punto debole. 'ILtto ciò crediamo debba essere accompagnato da una gestione più attenta degli impegni. Giocare meno, privilegiando la qualità. Discorso analogo vale per Roberta e tocca soprattutto il vostro impegno in coppia. Inutile dover gareggiare sempre in due tabelloni. Giocate il doppio solo negli Slam, a Roma e in qualche tappa americana. Così da conservare energie nel singolare. Roberta deve poter investire sul sogno di una carriera, accarezzato nel 2013: entrare nelle prime dieci del mondo. E' l'ultimo anno disponibile. Lunedì partirà la ricorsa dalla casella numero 14.


Errani - Vinci, Le regine sbancano l'Australia (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 25-01-2014)

L' anno nuovo fin qui non era stato ricco di soddisfazioni per Sara Errani e ha funzionato anche quest'anno, ha Roberta Vinci. Né in singolare né in twittricordato Robi all'amica, prima di doppio, dove peraltro le numero 1 del imbarcarsi sull'aereo che ieri le ha già  riportate in Europa, in particolare a Parigi dove dalla prossima settimana saranno impegnate in un torneo Premier. Nonostante la dhirata, il volo sarà stato particolarmente lieve, perché le "Cichi" hanno lasciato Melbourne dopo aver conquistato il quarto Slam in carriera da doppiste. Per il secondo anno di fila si sono infatti aggiudicate gli Australian Open, con una fantastica rimonta inflitta a Ekaterina Makarova ed Elena Vesnina: le russe erano in vantaggio per 5-2 nel terzo e decisivo set ma da quel momento non hanno rimediato che appena 5 punti, le azzurre hanno infilato 5 game consecutivi chiudendo per 7-5. E così hanno emulato Serena e Venus Williams, ultime a vincere per due anni di fila il titolo di doppio nello Slam australiano. Una bella iniezione di fiducia, dopo che in singolare le "Cichi" erano state subito eliminate: Sara dalla tedesca Julia Goerges e Roberta dalla cinese Jie Zheng. E anche un discreto guadagno: 520.000 dollari australiani di premio, equivalenti a 330.000 euro, da dividere come sempre in due.

HANNO DETTO Dopo aver ringraziato in premiazione l'amica («Una persona straordinaria, anche nei momenti difficili») e i due coach Pablo Lozano e Francesco Cinà («Ci sopportano molto...»), ha iniziato Sara a commentare questo quarto trionfo in uno Slam: «E stata sicuramente una vittoria sofferta, io personalmente sono molto contenta per aver portato a casa una partita del genere». Ecco invece le parole di Roberta: «Bis consecutivo qui come le Williams? Ancora non abbiamo pensato alla grandezza di questa impresa. Sapevamo che il nostro compito era difficile, abbiamo vinto una partita incredibile. Avevamo quasi perso, siamo riuscite a ribaltare una situazione difficile, quindi è una vittoria dal sapore ancora più buono. Dopo aver vinto il primo set, ci siamo lasciate sfuggire il secondo e nel terzo, pur partendo bene, eravamo salite 2-0, ci siamo invece ritrovate sotto per 5-2. Loro erano molto aggressive, noi ci eravamo tirate troppo dietro. Forse in quel momento ci ha aiutato un pizzico di incoscienza, siamo state più spavalde ed è andata bene». Ancora Sara: «Non so cosa sia successo dal 2-5 per loro al 7-5 per noi: ho un black-out, ricordo poco, solo che punto a punto abbiamo rimontato. Le russe hanno avuto evidentemente paura, noi invece ci siamo lasciate andare perché pensavamo di avere già perso, e così abbiamo recuperato la partita fino a vincerla. Si, come nei quarti contro Black-Mirza (anche in quella occasione si erano trovate sotto per 41 nel terzo set - ndr) ma Makarova-Vesnina sono ancora più forti, perché sono ottime anche come singolariste, e infatti ci avevano battute due volte lo scorso anno, in finale al Roland Garros e in semifinale a Istanbul al Masters». E infine di nuovo Roberta: «Evidentemente ci porta bene ripartire dall'Australia subito dopo la finale: era giù accaduto l'anno scorso. Una grande vittoria che ci consente di confermarci coppia numero uno del mondo».

 

Errani e Vinci, un bis in rimonta «Così è più bello» (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 25-01-2014)

Lo svizzero sbagliato in finale, Stanislas Wawrinka, ma le facce giuste sul trono del doppio. Come Venus e Serena nell'impresa back to back 20o9-201o, le sorelline Williams de noantri, Sara Errani e Roberta Vinci, si confermano regine dell'Australian Open e numeri uno del mondo in doppio, primato che sarebbe finito nelle tasche del gonnellino di Ekaterina Makarova e Elena Vesnina se le russe non avessero finito la benzina a pochi metri dal traguardo, avanti due set a uno (46, 6-3) e 5-2 nel terzo, quando le azzurre erano al buio pesto, «in pieno black out» come racconta Sara con gli occhi pieni dell'abbacinante sole di Melbourne e di genuina incredulità, «prima che, punto su punto, non so nemmeno io come, riuscissimo a risalire» (7-5). Il trionfo è dolce. Ogni trionfo lo è ma questo, il quarto Slam per le ragazze (Australian Open 2013 e 2014, Roland Garros e Us Open 2012) su sei finali in coppia, lo è di più: «Come definire questa vittoria? Incredibile — sorride Roberta, che veleggia con disinvoltura verso i 31 anni (18 febbraio, auguri) —. Loro nel terzo set erano molto aggressive e noi ci siamo tirate troppo indietro. Forse in quel momento ci ha aiutato un pizzico di incoscienza: siamo state più spavalde, è andata bene». C'erano due k.o. pesanti da vendicare con le russe, la finale di Parigi dell'anno scorso e la semifinale del Master di Istanbul; c'era la vetta del ranldng da difendere dalla carica di Cina, Russia e resto del mondo, e l'orgoglio di queste due atlete minute che insieme diventano gigantesche: «Il segreto? Nessuno. La verità è che siamo forti, e basta». Il recupero di Sara e Roberta sulle russe ha allungato il match e costretto i semifinalisti nobili, Roger Federer e Rafa Nadal, a entrare in campo in ritardo, mentre lo spagnolo si attaccava alla cintura lo scalpo dello svizzero (7-6, 6-3, 6-3: partita finita dopo i primi sei punti del tie-break, 5 dei quali sono andati allo spagnolo) Errani e Vinci erano già in aereo, in volo verso Parigi e l'Europa: un brindisi ad alta quota anche alla memoria del vero Federer. Tornato su buoni livelli grazie alla cura Edberg, è vero, ma inferiore a un Nadal più forte delle vesciche alle mani, che ha ottenuto la 23' vittoria in 33 sfide con l'ex numero uno, a testimonianza di una superiorità psico-atletica netta. Rafa si presenterà domani alla sua terza finale australiana da vincitore annunciato. Dall'altra parte della rete, infatti, c'è lo swiss sbagliato, quel Wawrinka capace di eliminare Djokovic e Berdych, protagonista di un torneo strepitoso, vittima sacrificale sulla strada dell'ennesima fatica di Ercolino Nadal, che lunedì, a quota 14 titoli Slam, minaccerà seriamente il record di Federer (17), magari già entro la fine dell'anno.
Sara e Roberta reginette la rivincita arriva in coppia (Enrico Sisti, La Repubblica, 25-01-2014)
Sul 5-2 perle russe nel terzo set, il quarto Slam della loro camera ha la stessa consistenza dei sogni, è fatto d'aria, sta scappando via come una lepre fra i campi, inarrestabile. Poi a Sara e Roberta scatta dentro qualcosa e d'incanto tornano Cichis: animate e sudate, più inferocite che spaventate, entrambe paonazze, iniziano a giocare a braccio e mente sciolte, senza più paura: «Di che avremmo dovuto aver paura?», racconterà dopo Sara Errani. Giusto. Non stavano perdendo tutto: l'avevano già perso. Così decidono di scendere a rete sempre e comunque, come due robottini a un passo dal corto circuito, per evitare di venir schiacciate dalla collaudata potenza dei colpi delle russe Vesnina e Makarova, n. 3 del mondo, che avevano vinto gli ultimi due scontri diretti in finale al Roland Garros e in semifinale al Masters di Istanbul. In pochi minuti, in uno spettacolo di pura rabbia (meno di tecnica), Sara e Roberta strappano due servizi alle avversarie. Due "lob" di Sara, effettuati con una precisione da orologiaia prestata al tennis difensivo, ribaltano la situazione: 6-5. Con la Makarova al servizio, ormai tremolante come un budino, è un passante di dritto di Roberta a regalare il punto definitivo. Sara e Roberta confermano la vittoria dello scorso anno, conquistano il loro quarto titolo Slam in doppio (Roland Garros e Us Open 2012, Australian Open 2013 e 2014) e rimangono le n. 1 in classifica anche se non avevano punti da conquistare (semmai da scontare). In parte, solo in parte purtroppo, correggono la delusione del pessimo (perché brevissimo) torneo di singolare disputato. Di fatto l'ambivalenza delle loro prestazioni in Australia conferma un dato: il tennis femminile cambia in continuazione, si alternano i volti al comando (di un torneo), la classifica è una faglia che si muove in profondità, sotto la spinta dell'intermittenza di risultato delle prime dieci/ quindici. E il torneo di doppio lo vincono due che come tante altre, anche più blasonate diloro, Williams, Azarenka, Sharapova, avevano molto deluso in singolare, a tratti irriconoscibili. Almeno loro si sono fortificate col doppio. Veramente, più che mai, questa vittoria di Sara e Roberta sembra la vittoria dell'amicizia.


Errani e Vinci le regine d'Australia (Angelo Mancuso, Il Messaggero, 25-01-2014)

Le Cichis come le sorellone Williams. Serena e Venus erano state le ultime a conquistare per due anni di fila il titolo di doppio agli Australian Open nel 2009 e nel 2010. L'impresa è riuscita anche a Sara Errani e Roberta Vinci, che giocavano a Melbourne la terza finale consecutiva. Hanno battuto nella Rod Laver Arena con il pun-teggio di 6-4 3-6 7-5 le russe Ekaterina Makarova e Elena Vesnina. Per trovare un altro doppio femminile capace di una simile striscia positiva bisogna tornare agli anni '90: Giga Fernandez e Natasha Zvereva furono finaliste in Australia dal 1993 al 1995. E prima di loro, negli anni '80, due nomi da leggenda: Martina Navratilova e Pam Shriver. Le Cichis (Sara ha 26 anni, Roberta 30) sono la coppia più vincente della storia del tennis azzurro. A Melbourne hanno giocato la sesta finale di Slam in doppio: hanno vinto Roland Garros e US Open nel 2012 e Australian Open nel 2013 e nel 2014.I1 titolo che le conferma in vetta al ranking di specialità (sono le n1 da due anni) lo hanno festeggiato in aereo: subito dopo la premiazione una veloce conferenza stampa quindi di corsa a prendere il volo che le ha riportate in Europa. Destinazione Parigi: da lunedì giocheranno un Prem ier indoor.

VITTORIA IN RIMONTA Un successo, quello contro Makarova-Vesnina, ancor più bello perché sofferto in rimonta. Nel terzo decisivo set Sara e Roberta erano andate sotto 5-2, quindi la reazione: 5 game di fila e coppa sollevata al cielo. La coppia azzurra aveva sconfitto le russe 12 mesi fa aMelbourne in semifinale, ma poi si era arresa nella finale del Roland Garros e in semifinale ai Wta Championships di Istanbul. «Una vittoria incredibile - ha raccontato Roberta - dopo aver vinto il primo set, ci siamo lasciate sfuggire il secondo e nel terzo, pur partendo bene, eravamo avanti 2-0, ci siamo ritmvate sotto 5-2. In quel momento ci ha aiutato un pizzico di incoscienza, siamo state più spavalde e il match è girato». Sara, al suo fianco, èil ritratto della felicità «Dal 5-2 del terzo set ho un black out, ricordo poco, solo che punto dopo punto abbiamo rimontato una partita persa». Sara e Roberta, due amiche che riescono a sostenersi e motivarsi a vicenda, nello stesso tempo vincendo, insieme e non, sul campo. Cichi&Cichi, lo stesso soprannome per due ragazze dalle personalità diverse, ma che si incastrano come due metà, in campo e fuori.

 

Povero Federer, Nadal è troppo forte (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 25-01-2014)

Non c'è più corsa. Soprattutto negli Slam, quando il tre su cinque favorisce il più resistente, il più feroce, il meno fallace. Federer non batte Nadal in un Major dalla finale di Wimbledon 2007, fanno 2393 giorni. E la semifinale dell'Australian Open, così attesa e alla fine così piatta, servirà soltanto a prolungare le sofferenze del divino svizzero contro l'avversario che più di ogni altro attenta alla sua virtù di più grande di sempre.

Troppi errori Le premesse, certo, erano ben altre: Roger arrivava al 33 appuntamento della sfida infinita rinfrancato nel fisico e nella consapevolezza, all'apparenza fresco e vigoroso come ai tempi belli. Di là, Rafa portava al duello la mano sinistra piagata dalle vesciche anche se Indiba, la miracolosa macchina che ricostruisce le cellule, in due giorni ha fatto un gran lavoro. Invece non c'è storia, e non solo per i 50 gratuiti di Federer (contro 25), che la tattica ultraoffensiva giustifica solo in parte: in verità, ancora una volta, Nadal alza il livello nelle partite e nei momenti più caldi. Il vincitore di 17 Slam, sotto gli occhi di Laver, Rosewall e Sampras, resta attaccato al match per un set, fino a quando gli regge il servizio e fino a quando le discese a rete, assai frequenti, portano frutti. Ma nel tie-break sotterra una facile volée di dritto e sbarella un rovescio, troppo per sperare di partire con la testa davanti.

Dolore e ironia  Da lì, è un monologo in spagnolo: Nadal inchioda il rivale nell'angolo del rovescio e lo svizzero non trova mai la traiettoria lungo-linea per uscire dalla morsa del dritto infernale dell'altro, ed è così frustrato da chiedere addirittura all'arbitro di richiamare Rafa perché geme troppo durante gli scambi. Il primo break di Roger dopo un'ora e 57' (2-2 nel terzo) è solo una vampata, prima che due suoi banali errori (facile rovescio in rete e dritto lungo a campo aperto) restituiscano break e partita al numero uno: «E' stata la mia miglior performance del torneo - ammette il maiorchino - vincere il tiebreak dopo un set molto duro mi ha dato enorme fiducia. E poi mi sono mosso bene, in campo ero veloce. La mano? Non provo dolore, è soltanto la posizione del bendaggio che dava fastidio, per questo stavolta ho usato un cerotto più piccolo». E così, mentre lui gode per il 23 successo negli scontri diretti e la terza finale in Australia (vittoria nel 2009, sconfitta nel 2012), su Twitter si scatena l'ironia contro i presunti consigli che Ed-berg avrebbe dato all'allievo: «Stefan mi ha detto un paio di cose, certo - lo difende Federer - ma io ho risposto male per tutta la partita e non ho potuto essere aggressivo come volevamo. Ora farò il tifo per Wawrinka, non c'è ragione per credere che non possa vincere la finale, tutta la pressione sarà sulle spalle di Rafa e questo dovrà essere un vantaggio per Stan».

Favoritissimo Se i numeri non mentono, però, il pronostico per l'epilogo del torneo non esiste: Nadal ha vinto tutti i 12 confronti con Wawrinka (che lunedì diventerà comunque il primo svizzero in classifica) e senza mai cedere un set. Stan the Man, dunque, dovrebbe conquistarne tre in un colpo solo. Contro un guerriero indomabile e un cacciatore spietato di trofei. Arduo? Impossibile? Il mancino di Manacor gioca di rimessa: «Lasciate stare i precedenti, una finale di uno Slam è una partita diversa da tutte le altre. La realtà è che lui non è mai stato così competitivo, non è questione di riuscire a vincere uno, due o tre set, ma che Stan in questo momento può battere chiunque». E poi via con i complimenti: «E' un buon amico e un ottimo ragazzo, sono contento sia arrivato in finale, se lo è meritato. Ma avete visto come sta servendo? E con quale forza sta colpendo la palla da fondocampo? Sarà molto difficile giocare contro di lui, se non darò il meglio e anche di più non avrò possibilità». Diavolo d'un Rafa: chissà se ci crede davvero.


Nadal non c'e Federer che tenga (Andrea De Pauli, Il Corriere dello Sport, 25-01-2014)

La mano dolorante non ha impedito a Rafa Nadal di spazzare via Roger Federer e conquistare la terza finale degli Australian Open in carriera. Sono bastati appena 2h23' al mancino di Manacor per sbarazzarsi dello svizzero, che ha provato a resistere, attraverso una tattica ultraoffensiva nel primo set, perso però al tie-break, per poi squagliarsi alla distanza. Tra lo spagnolo e il bis a Melbourrne, ora c'è solo la vittima predestinata Stanislav Wawrinka, che nei 12 precedenti con il numero 1 del mondo ha rimediato altrettante sconfitte senza aggiudicarsi neppure un set.

SCHIANTATO - Il dolore rende ancor più forte Rafa. Il sospetto era sorto già nel corso dell'anno passato quando, rimessosi in piedi dopo uno stop forzato di mezza stagione dovuto ai malanni alle ginocchia, aveva caparbiamente riacciuffato, con un'incredibile filotto di vittorie, il primo posto del ranking Atp. La riprova arriva in quest'ultima settimana, che registra l'ennesima impresa dello spagnolo che, martirizzato dalle vesciche alla mano sinistra, si è letteralmente divorato Federer, incapace di spuntarla su Rafa in uno Slam da Wimbledon 2007. A Roger non sono bastati i consigli del mentore Stefan Edberg e la nuova racchetta per invertire la tendenza nei confronti del grande rivale, che a questo punto domina il conto dei loro scontri con 23 vittorie in 33 partite. La strenua resistenza di Roger, che attacca come un forsennato, riuscendo ad annullare le prime tre palle break, dura appena un set. Dal tie break in poi, però, non c'è più storia. Le percentuali della prima di servizio crollano e il rovescio lungo linea perde efficacia. Un solo istante di speranza, quando al termine del primo game del secondo set, Nadal si fa medicare il palmo ferito. Alla ripresa però non ce n'è più per nessuno e al sesto game ecco confezionato il primo break, che poi porta a casa il set per 63. Stesso punteggio in quello finale, in cui Rafa si concede un'ultima piccola pausa, cedendo il servizio che vale il momentaneo 2-2, prima di chiudere in scioltezza.

SODDISFAZIONE - Comprensibile, così, la piena soddisfazione esibita da Rafa al termine del match. «Questao.è stata la miglior partita che ho disputato nel torneo - il primo commento a caldo dello spagnolo - Affrontare Roger è sempre speciale. Ormai sono innumerevoli le volte che ci siamo incrociati con in palio qualcosa d'importante e quest'ultimo confronto non ha fatto eccezione». L'eco dell'impresa è rimbalzata 2 Finora sono stati solo due i giocatori capaci di aggiudicarsi in carriera almeno due volte tutte e quattro gli Slam: gli australiano Rod Laver e Roy Emerson. Aggiudicandosi gli Australian Open 2014, Rafa Nadal diventerebbe però II primo a riuscirci nell'Era Open. prontamente nei siti dei principali giornali iberici. "Bestiale!" grida, a ragione, "Marca". "Nadal schianta Federer e raggiunge la terza finale in Australia", risponde il concittadino "As". "Esibizione di Nadal", il commento del "Mundo Deportivo".

DOPPIO SLAM - Raggiunta la 198 finale di uno Slam, domattina Nadal sembra destinato a raggiungere il mostro sacro Pete Sampras, fermo a 14 successi e superato solo dallo stesso Federer, che ne può vantare 17 nei quattro tornei principali. Ultimo ostacolo l'altro svizzero Wawrinka, temibile per aver fatto fuori il campione uscente, Novak Djokovic, e per aver ceduto solo dopo un doppio tie-break nell'ultimo confronto con Rafa, al Masters di Londra. In caso di successo, il maiorchino diventerà il primo tennista dell'Era Open ad aggiudicarsi, almeno in due occasioni, ciascuno degli Slam. Impresa riuscita in passato solo ai mitici Rod Laver e Roy Emerson.


Rafa o Roger, una sola era (Gianni Clerici, La Repubblica, 25-01-2014)

La partecipazione di Federer allo Australian Open è stata seguita con vivo interesse da tre tipi di aficionados: gli Innamorati di Federer, gli Indifferenti a Federer, e chi cerca di far parte del ristretto Club degli Obiettivi. Federer stesso, pur nella professionale eleganza del suo politiche-se, aveva ribadito affermazioni alle quali lui stesso aveva tutto l'interesse a credere. L'identificazione con il suo modello infantile, Stefan Edberg, apparteneva d'altronde a convinzioni fideistiche simili a quella che ci inducono a rivolgerci ad un Santo Protettore, o addirittura a qualcuno più in alto nell'empirea gerarchia.

Il match con Nadal è stato simile a molti dei precedenti perduti, soprattutto per una semplicissima ragione: i rimbalzi arrotati di Nadal fanno in modo di privare Roger dei suoi gesti preferiti, diritti e rovesci giocati all'altezza normale, quella dell'anca. E del suo diritto anomalo, o a sventaglio, o inside out, insomma del suo colpo più efficace. Per non parlare dell'accentuata difficoltà delle volè su parabole discendenti, quali Edberg ai suoi tempi non ha sognato di opporsi.

Rimane ora una considerazione interessante, soprattutto per chi, digiuno di informazioni storiche, abbia insistito nel pensare (non nello scrivere, mi auguro) che Federer, grazie ai suoi 17 titoli vinti nello Slam, fosse il più grande di ogni tempo. Da anni tento invano di convincere gli irrazionali entusiasti che simile Divinità è inesistente: e non solo nella mia qualità di Ateotennista. Esistono nella nostra storia alcune ere, così come il palco-logico e la contemporaneità. Non è possibile—ripeto, ripeto — comparare le vittorie Slam del 1934 al post 1968, dal giorno in cui il N.1 del Mondo, allora Fred Perry, si autoescluse dai 4 Grandi Tornei, diventando professionista. Ho citato infinite volte Rosewall, vincitore di "soli" 8 Slam, e non iscritto a simili tornei per 45 volte. O tutti i Grandi che mai presero un piroscafo per l'Australia, o a un Tilden che, sempre vincitore a NewYork, venne in Europa tre volte, ne mai immaginò il viaggio in Australia, anche perché il cosiddetto Slam allora non esisteva. Ora, in una classifica contemporanea, mi permetto di notare che molto probabilmente Nadal arriverà a 14, contro i diciassette del Più Grande di tutti i tempi. Se continuerà a servirsi per 3 o 4 annidi un ginocchio e mezzo, potrebbe forse superare i 17 successi Slam di Federer. Diventerebbe così, secondo chi non conosce questo gioco, il più grande di tutti i tempi? Te-mo che la risposta sia elementare.


Roger, la cura Edberg non basta (Piero Valesio, Tuttosport, 25-01-2014)

ALLORA: meglio Becker o Edberg? Analizziamo. Boris ha tentato di instillare in Djokovic il senso profondo della discesa a rete: e Note ha disgraziatamente giocato a volo il match point di Wawrinka col risultato di consegnare il match a Stan-the-man. Stefan ha più o meno cercato di portare Roger Federer a battere la stessa strada: e il grande svizzero ha provato ad ascoltarlo. Ha provato con però poco usufrutto, come dimostrano i numeri: quando è sceso a rete contro Nadal ha conquistato solo il 62-cerito dei punti. I fatti sono che Roger, già ammirevole per il suo impegno, ancora non riesce (e chissà se mai ci riuscirà) ad applicare sul campo in modo sistematico quei movimenti in avanzamento che fecero la fortuna di Edberg. E d'altro canto Stefano mai ebbe ad affrontare un giocatore che avesse la mostruosa costanza di Nadal. Una macchina d guerra che non bada a una mano ferita in modo profondo, che gioca palle che rimbalzano così alte da impedire discese a rete repentine. E che soprattutto ha una reattività così superiore alla media da essere attaccabile solo quando è lui a deciderlo.

PROMOSSO Allora, chi è meglio? Se Federer avesse applicato in modo costante nel tempo gli schemi d'attacco forse avrebbe perso lo stesso contro un Nadal così; o forse costringendolo a tentare più spesso il passante, avrebbe incrinato le sue certezze. Dunque diciamo che Edberg è promosso. Becker invece rimandato anche perché il suo allievo appare più refrattario nel sottoporsi a quella rivoluzione mentale per cui Boris è stato assunto.

ATTO Il trentatreesimo atto dalla rivalità per eccellenza si è comunque concluso con un esito classico (la vittoria di Nadal) ma ci ha consegnato anche la promessa di nuovi capitoli, non scontati peraltro. E ci porta ad una considerazione doverosa: da questo Australian Open, fra tanti ex campioni che hanno vestito i panni del coach, il vero vincitore è colui che tennista di grido non è mai stato e soprattutto sta al fianco di Rafa da sempre: zi' Toni per dirlo alla Verga. Capace di guidare il nipote fra mille marosi e di tenere viva la sua voglia di vittoria. Peccato che Federer non abbia uno zio così. Forse adesso gli farebbe comodo. E chissà anche se l'amico Wawrinka riuscirà nell'impresa di vendicarlo, in finale. Ci proverà, sicuro.

 

È il 32, non il 17 che pesa molto sul maestro (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 25-01-2014)

Roger Federer non è tipo da superstizioni. E peraltro il 17 non porta sfiga nei suoi Paesi di riferimento, che sono la natia Svizzera e il Sudafrica di mamma Lynette. Certo però che forse a questo punto qualche suo amico italiano (e ne ha: per tutti Vittorio Selmi, già Tour Manager deil'Atp) potrebbe forse convincerlo che non è un numero come tutti gli altri. Diciassette sono gli Slam vinti dall'ex numero 1 del mondo,

L'ultimo dei quali risale ormai però a Wimbledon 2012, ovvero a ben due anni fa. Sembrava quasi che agli Australian Open, con il prezioso supporto di Stefan Edberg, inatteso consigliere tecnico, e con la racchetta da 98 pollici quadrati, peraltro per poco ma inutilmente sperimentata l'anno scorso, Federer fosse tornato a giocare da maestro, o almeno fosse tornato a farlo con la continuità di una volta, e quindi in grado di migliorare il primato dei famosi 17 Slam. E invece niente da fare, neppure questa volta, nonostante in precedenza avesse strapazzato un tipaccio come Tsonga e un Murray, questo però non ancora al top dopo l'operazione alla schiena. D'altronde, non è un caso che Rafa Nadal fosse in vantaggio per 22-10 nei precedenti e che Federer in uno Slam non lo battesse dalla finale di Wimbledon 2007. Più di sei anni, mentre in agosto saranno trentatré quelli che compirà Roger: i bookmaker hanno alzato la quota per il suo 18 trionfo in uno Slam, e anche questo non è un bel segnale.

 

Li è in credito col destino, ma Pollicina... (La Gazzetta dello Sport, 25-01-2014)

Sulla carta, oggi in finale, non ci sarà storia. Li Na è troppo più esperta, dall'alto del numero 4 del mondo (contro 24) e della quarta finale Slam — unico successo contro Francesca Schiavone al Roland Garros 2011—, opposta all'esordiente Dominika Cibulkova, la rivelazione degli Australian Open (insieme alla bella Bouchard) già comunque battuta 4 volte su 4 nei precedenti. La cinese allenata da Carlos Rodriguez (coach storico di Justine Henin), ha peraltro un conto in sospeso con Melbourne, dove non solo ha perso in finale nel 2011 (contro Kim Clijsters) e l'anno scorso (contro Victoria Azarenka, ma lo ha fatto in maniera rocambolesca: vincendo tutt'e due le volte il primo set e crollando vuoi di nervi, vuoi, 12 mesi fa, per una storta alla caviglia. «Stavolta spero di farcela, non vedevo l'ora di rigiocare qui, penso di essere pronta, finalmente», commenta infatti la 3lenne che ha demolito da fondo anche Flavia Pennetta. Ma il torneo ha già fatto saltare le prime 3 del mondo, Serena Williams, Azarenka e Sharapova, e la piccola slovacca Cibulkova (1.60) pub gettare in campo i 24 anni, insieme alla straordinaria condizione fisica e alla super-risposta. Armi fondamentali nella sua carriera per battere 21 «top ten», che stridono con i 10 k.o. d'acchito del 2013. «Non voglio più parlare delle prime 10 del mondo e di perché non ci sono entrata. Voglio godermi questo sogno».

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