Djokovic: "Roger e Rafa hanno ancora una stanza dei trofei più grande"

Interviste

Djokovic: “Roger e Rafa hanno ancora una stanza dei trofei più grande”

Dopo essere diventato il primo tennista a vincere tutti i Masters 1000, il serbo predica umiltà: “Roger non era al meglio, ma io sono stato solido”. Poi svela uno dei suoi segreti: c’entrano i numeri

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Secondo l’opinione comune Novak e Roger non si amerebbero, o comunque non avrebbero lo stesso rapporto che intercorre tra lo svizzero e Rafa, ma dopo la finale di Cincinnati, che ha permesso a Djokovic di completare il Golden Masters, questa presunta acredine ha lasciato spazio alla reciproca cordialità. Il campione di Basilea, con grande signorilità, ha chiesto ai giornalisti di concentrarsi sul grande traguardo raggiunto dal suo rivale piuttosto che sulle sue mancanze: “Non si dovrebbe parlare dei miei errori in risposta, ma del fatto che oggi Novak ha fatto la storia“. Non è stato da meno Djokovic, che ha prevedibilmente evitato di maramaldeggiare sul suo avversario riservandogli il giusto tributo; che le dichiarazioni siano genuine o ‘forzate’ dagli eventi, in ogni caso questi due ragazzi si sono affrontati quarantasei volte dividendosi quasi equamente le vittorie. Non stimare chi ti ha battuto più di venti volte non sarebbe troppo furbo.

Roger ovviamente non ha giocato al meglio, ha sbagliato molte risposte e mi è sembrato anche in difficoltà nei movimenti. Non ha giocato come nel resto della settimana ma allo stesso tempo io penso di essere stato solido, non gli ho permesso di avvicinarsi troppo alla rete. È molto più facile a dirsi che a farsi contro Roger, specialmente in queste condizioni in cui lui ama giocare. Tutto accade rapidamente e non c’è molto tempo per pensare o costruire il punto, devi essere sempre pronto. Sono contento di come ho tenuto a livello nervoso, e anche quando nel secondo set ho perso il servizio sono riuscito a breakkare nel game successivo e tornare nel set“. La disamina del serbo è condivisibile: lui ha tenuto sicuramente un livello molto alto, ma lo svizzero ha sbagliato troppo e non è mai stato davvero vicino a mettere in discussione l’esito della partita.

La ventiquattresima vittoria di Djokovic contro Federer è anche la settima nelle ultime dieci sfide. I 934 giorni senza sfidarsi non hanno quindi cambiato l’attuale equilibrio della rivalità, che pende dalla parte di Novak. “Per me questa partita è stata comunque una novità perché è la prima volta che lo batto qui e che vinco questo trofeo. Come ho detto durante la premiazione è sempre un piacere condividere il campo con il più grande di tutti i tempi. Lui e Nadal costituiscono una parte importante della mia vita e della mia carriera. Mi spingono a giocare il mio miglior tennis, a capire cosa mi serve per essere il più forte del mondo. Non giocare contro Roger per oltre due anni è stato strano, ad essere onesti, perché ci siamo sfidati così tante volte“. La brillantezza con cui Novak ha affrontato questa partita, dal punto di vista tecnico-tattico, lascia immaginare un certosino lavoro di preparazione pur reso difficile dall’assenza di feedback recenti contro Federer. Un lavoro che il serbo conferma di effettuare costantemente. “Prima di una partita mi preparo con delle analisi video, per riflettere su quale possa essere la tattica giusta e come eseguirla in modo da vincere la partita. Ovviamente mi preparo in modo diverso in base all’avversario, ma prima di tutto mi concentro sul mio gioco“.

C’è di più. Il serbo sta collaborando con lo strategy analyst Craig O’Shaughnessy, al soldo dell’ATP, di due Slam su quattro – Wimbledon e Australian Open – e del New York Times, oltre che fondatore di Brain Game Tennis. Se c’è qualcuno in grado di trasformare i numeri in un’arma per dominare nel tennis è proprio O’Shaughnessy. “Penso sia importante l’analisi dei numeri. Io lo faccio e credo lo facciano anche gli altri top player da molti anni, non è un segreto, ti aiuta a prepararti per il tuo prossimo avversario e incamerare più informazioni possibili. Poi ne parlo con il mio team per semplificare tutto e assicurarmi di adottare la tattica giusta. Non credo abbia qualcosa a che vedere col prevedere dove tirerà l’avversario; forse funziona con il servizio, ogni tanto, ma Federer ha così tanta varietà al servizio che può colpire dove vuole quando ne ha bisogno. Probabilmente lui e Sampras sono (stati) i migliori servitori. Io sono stato soltanto fortunato a leggere bene il suo servizio e anticipare la risposta. Non puoi affidarti totalmente alle statistiche, che possono aiutarti fino a un certo punto ma poi ognuno gioca in modo diverso sul campo“. Di sicuro è un’arma importante per chi come Novak fa un sagace utilizzo del tennis percentuale.

Nole non fa pronostici in vista dell’US Open – laddove Federer si è invece smarcato, ritenendo Djokovic e Nadal i primi due favoriti – ma si lascia sfuggire un discreto rigurgito di sicurezza: “Se sono nel giusto equilibrio e gioco i colpi come intendo farlo, so che con la qualità delle mie esecuzioni posso davvero battere chiunque su qualsiasi superficie“. Il che, dati alla mano, è praticamente innegabile. Così come lo straordinario traguardo raggiunto da Djokovic non è ancora sufficiente a colmare la distanza dai cinque giocatori più titolati della storia nell’Era Open – Connors (109), Federer (98), Lendl (94), Nadal (80) e McEnroe (77) – che il serbo insegue con 70 titoli. “Beh, la mia stanza dei trofei è ancora più piccola di quella di Roger, sicuramente” – spiega Nole sorridendo – “ma anche rispetto a quelle di Rafa e Jimmy Connors. Ovviamente mi prendo cura dei miei trofei, la maggior parte sono in Serbia. I miei genitori, soprattutto mia padre, sono molto orgogliosi e li tengono in una piccola stanza in un circolo di Belgrado“.

Né Roger né Rafa, però, possono custodire tutti e nove i Masters 1000 nel palmares: allo svizzero mancano Montecarlo e Roma, allo spagnolo Miami e Bercy. Non sarà facile eguagliare Novak, almeno da questo punto di vista.

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