Parigi val bene l’attesa. Rafael Nadal ha dovuto attendere per essere omaggiato dal suo campo di battaglia preferito, dove si è appuntato 14 stellette al petto. Come lui nessuno mai, tutto questo tempo non solo è servito a far crescere l’attesa ma anche al campione spagnolo per godersi appieno il tributo del Philippe Chatrier che ha regalato diversi momenti dal tasso emozionale elevato. i 7 minuti di applausi, le magliette con la scritta “Merci Rafa”, la reunion dei Fab Four e la targhetta celebrativa con l’impronta del ventidue volte campione Slam è un corredo che farebbe crollare chiunque.
Nadal non ha resistito e si è lasciato andare, consapevole che un cerchio si è definitivamente chiuso dopo la travagliata decisione di appendere la racchetta al chiodo, con la sconfitta in Coppa Davis come epilogo non propriamente degno. Il tempo, dicevamo, aggiusta tutto e soprattutto tende a pacificare gli animi inquieti degli strepitosi agonisti di questo sport, così il maiorchino si presenta in conferenza spaziando su diversi temi inerenti al post carriera, su quanto abbiano influito il concetto di vittoria e sconfitte nella sua vita sportiva e su qualcosa che avrebbe affrontato in modo diverso, tirando in ballo la sua ultima apparizione al Foro Italico. Di seguito le sue parole in spagnolo (qui invece quelle in inglese).
D. Ciao Rafa, ho un figlio della stessa età del tuo. Già gli hai spiegato quanto hai vinto o ad esempio cosa è successo qui oggi ?
Rafael Nadal: “Non spero che lo capisca o che lo sappia, nonostante lo veda. Non sono io che lo spiegherò, non sono quel tipo di persona o di padre. Non sono quel tipo di persona che è abituato a parlare di se stesso, puoi chiederlo alle persone che sono intorno a me. Quando torno a casa, cerco di comportarmi normalmente senza parlare di quello che è andato bene o quello che è andato male, o tantomeno far credere al figlio che il padre è un fenomeno in qualcosa. Gli dico sempre che sono una patata (ride), è questa la realtà. Voglio che non mi veda come un alieno, perchè veramente non mi considero così. Sono stato uno sportivo che è importante nella storia dello sport per quello che ho raggiunto, come i 14 Roland Garros qui e non c’è bisogno di essere umili in questo perchè i numeri sono numeri, però oltre a questo non ho interesse che mio figlio mi veda così.”
D. Grazie per tutti questi anni Rafa. Cosa si sente a ricevere in un paese straniero la torcia olimpica sotto al Torre Eiffel oppure mettono la tua orma per sempre nel campo più importante e poi se puoi spiegarci l’aneddoto con Andy Murray il giorno della Champions?
Rafael Nadal: “La prima cosa ti senti grato per tutto il rispetto che mi hanno mostrato in questo paese e in questa città. Sono spagnolo però ho rispettato sempre questo paese dal primo giorno che sono stato qui. Sentire tutto questo affetto e amore reciproco è difficile da esprimere a parole, perchè essere riconosciuto nel posto più importante per te stesso è qualcosa molto speciale e in questo senso l’ho ottenuto. Avere questo pezzettino di me per sempre nel Philippe Chatrier è un qualcosa che mi emoziona solo pensarlo. Posso solo dire graie per tutto, è stato un giorno indimenticabile sotto tutti i punti di vista, è stata una cerimonia perfetta, nella giusta misura che avrei sognato. L’aneddoto con Andy l’ho spiegato in inglese perchè in spagnolo ha meno grazia…in quel momento lo stavo spiegando a Roger e Novak quello che ha fatto. Il giorno in cui l’Arsenal ha eliminato il Real Madrid in Champions League, Andy è fan dell’Arsenal, era parecchio che non eravamo in contatto. Finisce la partita, guardo il telefonino deluso dal risultato e vedo un messaggio di Andy che dice: “Ciao Rafa, come va la vita e spero che tu stia bene insieme alla tua famiglia, ti mando un abbraccio forte”. Dopo cinque secondi ho realizzato che era uno delle sue brillanti idee con il suo tipico umorismo britannico. Mi misi a ridere in un momento in cui non c’era da ridere (ride).”
D. Complimenti per la tua incredibile carriera. Ora che è passato tempo da quando sei lontano dai campi, c’è qualcosa di cui ti penti come aver vissuto più o meno quel momento o non aver conosciuto di più quella persona ?
Rafael Nadal: “Sì, alcune cose le ho fatte male. Ovvio che mi sono sbagliato, e che le cambierei. Non sono quel tipo di persona che dice non cambierei nulla, non sono mai stato arrogante e ho sbagliato abitualmente. Non lo posso cambiare, ho sempre provato a imparare dagli errori. Quando fai le cose pensi sempre di farle nel modo più giusto, più corretto. Per esempio l’anno scorso a Roma mi aspettavano migliaia di persone sotto il ponte dopo aver perso la mia partita, dandomi un addio a cui non era pronto. Se mi chiedi se avessi cambiato quel momento, ovvio che lo avrei cambiato. Sarei dovuto rimanere quindici minuti a ringraziarli e parlare con loro, ma per me non era una situazione facile perchè ancora non sapevo se volessi ritirarmi o meno. Sono momenti in cui sbagli, sarei dovuto rimanere più tempo ma non l’ho fatto volontariamente, era quello che sentivo in quel momento con la sensazione del ritiro che mi offuscava i pensieri perchè mi negava l’opportunità di recuperare. Ci sono tantissimi esempi in cui mi sono sbagliato.”
D. Ciao Rafa. Si parla molto delle vittorie qui, ma le sconfitte, seppur poche, con Soderling, Djokovic Zverev che insegnamento ti hanno lasciato ?
Rafael Nadal: “Insegnamenti pochi…io imparo molto di più dalle vittorie che dalle sconfitte, l’ho sempre detto. Sono sempre stato autocritico con me stesso con le vittorie che mi hanno sempre aiutato a capire cosa migliorare, non avevo bisogno di perdere per capire dove migliorare. Le sconfitte ti rattristano, ti deludono ma non avevo bisogno di questo per sapere che dovevo lavorare ancora. Quello che ti lascia la sconfitta, nel mio caso, più che l’insegnamento è dare il giusto valore alle vittorie e mettere in prospettiva personale tutto quello che hai raggiunto.”
D. Hai sempre detto che non ti manca il tennis, c’è qualche eccezione?
Rafael Nadal: “Non è che non mi manca. Non mi sono mai stancato del tennis, lo sapete. Ho terminato la mia carriera amando il tennis, ma sono arrivato al punto che il mio corpo non ne aveva più, è stato un tema fisico non mentale, e non mi permetteva di competere al livello che ho raggiunto in tutti questi anni e che mi permette di beneficiare dello sforzo fatto. Quando è arrivato il giorno, ho chiuso una tappa di vita. Non sono una persona con un gran ego che ha bisogno sempre di questi momenti, vivo bene giorno dopo giorno nell’anonimato o in una vita comune, vivo dove ho sempre vissuto. Credo che questo mi aiuti ad avere una vita oltre il tennis. Ho sempre pensato che quando sarebbe arrivato il giorno e fossi convinto e soddisfatto, la transizione sarebbe stata dolce, e così è stato. Sto bene, sono felice, sto sperimentando cose nuove. Vedo ancora il tennis ogni tanto, e non mi fa male vedere Roma, Montecarlo e né il Roland Garros perchè è un capitolo chiuso. La verità è che con il tempo ti dimentichi anche delle rivalità, ti dimentichi se vince uno o che vince un altro, è lo stesso. Preferisco che vinca qualcuno che conosco, o del mio paese ma se Novak Djokovic vince il Roland Garros non mi da fastidio per nulla, ma 4 anni fa avrei preferito che non succedesse”.