Wimbledon, erba sacra

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Wimbledon, erba sacra

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TENNIS –  Per oltre quarant’anni, Robert Twynam ha curato i sacri prati dell’All England Club. Non è stato né un orticultore né un botanico, né un erborista ma un orante che ha passato parte del suo tempo a pregare per l’erba. E a danzare nella speranza che piovesse.

Come accade a molti, il primo lunedì di Wimbledon mi soffermo ad ammirare il colore del manto erboso del Centrale quando, come da tradizione, il campione uscente fa il suo ingresso in campo elegante e  rigorosamente in bianco.

Non tutti sanno che dietro quella faticosa perfezione che si realizza in un anno di continuo lavoro, si è nascosto per molto tempo un personaggio divenuto magico tra gli addetti ai lavori: Robert Twynam.

Il nome potrà risultare ai più sconosciuto ma basta leggere il bellissimo libro di John McPhee, (in Italia Tennis edito da Adelphi, 2013) per rendersi conto che a Wimbledon non è così.

Accanto ai clichè ed alle tradizioni che hanno accompagnato le due settimane del torneo per molti anni, una menzione particolare va fatta al buon Robert: sacerdote dell’erba sacra con residenza all’interno dei campi dell’All England Club.

Twynam – che ha ribattezzato gli spettatori  del torneo i suoi clienti – ha curato per oltre quarant’anni i prati facendoli sfrigolare e luccicare seguendo metodi  – talvolta – non propriamente ortodossi ma in linea con il misticismo che regna da quelle parti.

Secondo McPhee, il buon Robert non era né un orticultore né un botanico, né un erborista ma un orante che ha passato parte del suo tempo a pregare per l’erba.

In un divertente passaggio del libro, ci viene raccontato di come il nostro facesse delle vere  e proprie corse tra i campi pregando la pioggia di cadere copiosa e quindi di fermarsi così che il terreno avesse il tempo di assorbire l’acqua necessaria senza rovinarsi oltremodo.

La pioggia sembrava obbedire ai suoi comandi fermandosi e riprendendo quando Robert lo volesse.

Solo grazie a lui l’erbetta di Wimbledon ha mantenuto negli anni un’unicità tale da distinguerla da tutti gli altri campi del resto del mondo.

Come succede a tutti quelli che lavorano faticosamente ad un progetto, Twynam era gelosissimo dell’opera creata.

E proprio questo zelo ed amore per l’erba lo hanno indotto a giudicare un giocatore, non per le abilità tecniche o fisiche, ma per come si muoveva sul campo.

C’è chi sull’erba si trascina (a suo modo di vedere i peggiori), chi addirittura pattina e chi si muove con inusuale eleganza e leggerezza, inutile a dire i suoi preferiti.

La carrellata di giocatori elencati da Twynam nel libro di McPhee – Borotra, Cochet, Tilden, la Divina Suzanne Lenglen –  rende un’idea di chiara di quale fossero le sue preferenze ed apre una riflessione sui movimenti degli eroi moderni.

In un Torneo caratterizzato ancora dalle tradizioni, un pensiero a Twynam si rende doveroso: quando un cliente varcherà i cancelli di Wimbledon, oltre alle fragole con panna e al Pimm’s un pensiero lo rivolga a Robert il  sacerdote.

E se piove e non sarete nel Centrale coperto, buttate un occhio al Cielo chiedendogli di fermare la pioggia.

Lui si che la comanda.


Federico Carnesecchi

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