Perchè questo US Open non farà bene al tennis femminile

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Perchè questo US Open non farà bene al tennis femminile

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TENNIS AL FEMMINILE – Gli US Open hanno consacrato Serena Williams, capace di eguagliare Evert e Navratilova nel numero di Slam vinti, diciotto. Hanno invece fallito tutte le altre top ten, e anche le promesse più attese. Nel quadro non positivo per il futuro del movimento spicca però in controtendenza l’impresa di Belinda Bencic

Al termine dell’ultimo Slam dell’anno vorrei fare due serie di considerazioni. Le prime specifiche sul torneo, con Serena grande protagonista. Le seconde sullo stato di salute del tennis femminile in prospettiva futura.

1 – Serena vincente a Flushing Meadows
Arrivando a scrivere ad alcuni giorni dalla conclusione, c’è stato il tempo di leggere molte opinioni e interpretazioni sul torneo. Di tutte, quelle che trovo meno convincenti (ma che sono sempre piuttosto frequenti) sono le analisi di coloro che, quando Serena vince, a proposito del tennis femminile sostengono all’incirca questo: “Eh, io lo avevo detto che finiva così… perché la Williams vince quando vuole”. Questo ragionamento, o concetti simili, non riesco a capirli; e per me rimarranno incomprensibili almeno fino a quando non troverò qualcuno che sia in grado di dimostrarmi davvero che Serena non “voleva” vincere Wimbledon 2014, Roland Garros 2014, Australian Open 2014 etc etc. Insomma a me pare che i dati dimostrino che anche Serena va incontro a periodi di appannamento o a giornate negative. E, considerando tutta la carriera, direi che sembrano parte integrante della sua vita tennistica.

Intendiamoci: non voglio toglierle nessun merito; del resto più che la mia opinione sono i numeri (a partire dal ranking, in cui è solidamente numero uno) a certificarne il valore. Così come lo certifica l’immagine della premiazione in cui appare tra due leggende come Martina Navratilova e Chirs Evert, eguagliate a 18 Slam.
Serena quindi è grandissima; però non mi convincono i ragionamenti che finiscono per fare la caricatura del circuito femminile, dipingendolo come una specie di “one woman show”. Ricordo che nel 2014 nei quattro Slam ci sono state quattro vincitrici diverse.
Williams può disputare match in cui è quasi ingiocabile, ma può anche andare incontro a situazioni in cui va in difficoltà; specie se trova un’avversaria in grado di non soffrire troppo la potenza e che la affronta senza eccessivi timori. E’ successo, ad esempio, per due anni di fila a Wimbledon, e non in un International qualsiasi.

Personalmente credo che a New York Serena abbia giocato due partite stratosferiche, contro Pennetta e Makarova, mentre negli altri incontri mi è sembrata molto più abbordabile. E forse se in finale invece che una titubante e passiva Wozniacki (un solo vincente in tutta la partita, ace esclusi), avesse trovato di fronte qualcuna capace di giocare convinta, come ad esempio la Stosur di quattro anni fa, non so come sarebbe andata a finire.

Per quanto riguarda il livello del gioco espresso da Serena, con il passare degli anni mi sono fatto l’idea che ci sia un aspetto specifico, ma piuttosto attendibile, per valutare rapidamente la condizione tecnica: l’uso o meno dei baby step. Mi spiego: secondo me quando usa sistematicamente i baby step significa che è davvero al massimo; il suo peso non si nota nemmeno più, perché diventa elastica e leggera nei movimenti; e molto precisa anche di dritto (che tende a sbagliare di più quando cala di forma) proprio perché mette la massima accuratezza nella fase di avvicinamento alla palla e di preparazione al colpo.
Altrimenti, visto il grande talento (perché Serena non è affatto solo potenza e mazzate), riesce a cavarsela anche muovendosi ad ampie falcate, ma diventa più fallosa e meno efficace.
E se non usa i baby step significa anche che la condizione fisica generale non è quella ideale; in questo torneo li ha usati poco e infatti sul piano della preparazione non mi è sembrata al meglio. Nel primo set della finale (vado a memoria, spero di non confondermi) al termine di uno scambio lungo, è andata in debito di ossigeno e subito dopo a ha commesso un doppio fallo; poi un ace, poi di nuovo un doppio fallo. Segno che ha preferito rischiare al massimo il servizio piuttosto che affrontare subito un altro palleggio.

L’anno scorso, invece, ci sono stati periodi in cui poteva reggere tranquillamente scambi lunghi ripetuti, senza andare in crisi di fiato.
A Flushing Meadows 2014 ho rivisto la giocatrice sbrigativa e non troppo mobile di altri periodi della carriera, e nemmeno la migliore della stagione; a mio avviso la più in condizione è stata quella di Brisbane e quella di Roma, non a caso alla vigilia di Australian Open e Roland Garros. Poi credo non sia più stata così in forma.
E se è vero che nell’estate americana ha vinto tanto, lo ha fatto giocando soprattutto con un tennis di forza, non troppo ricco di soluzioni. Forse i problemi avuti in doppio a Wimbledon hanno inciso sulla preparazione delle settimane successive.

2 – Lo stato di salute del tennis femminile
E più in generale cosa ci ha detto questo torneo? Complessivamente direi che i messaggi ricevuti non sono stati positivi. Al vertice rimane una giocatrice di 33 anni (compleanno tra due settimane, il 26 settembre) mentre in questo momento il ricambio o non è all’altezza o non riesce ad essere consistente.

Che Serena vinca nettamente e che manchi una rivale di pari livello può anche starci: non credo si possa pretendere che ad una tennista tra le più forti della storia faccia seguito immediatamente qualcuna di valore simile; però non mi pare chiedere troppo se si spera che possano almeno essere in buona condizione le attuali giocatrici di prima fascia. Invece sono proprio loro, le possibili contendenti, che per una ragione o per l’altra sono tutte mancate a Flushing Meadows.
Già Serena è fortissima, se poi deludono le migliori alternative, è quasi scontato che le seconde linee non possano proporsi come avversarie realmente all’altezza. Ma chi sono le migliori giocatrici espresse dagli Slam negli ultimi anni? Ecco un quadro sintetico per aiutarci nel riepilogo storico:

Tabella - al femminle 27

Da questi dati, escludendo gli Slam più lontani (epoca Schiavone, Stosur e Clijsters etc) si deduce che sostanzialmente le giocatrici protagoniste sono cinque: Serena, Sharapova (due vittorie e tre finali), Azarenka e Li (due vittorie e due finali a testa) e Kvitova (due vittorie). Gli altri nomi appaiono come presenze episodiche, e la sola Bartoli, peraltro già ritirata, è riuscita a vincere un titolo.

Le quattro giocatrici che ho citato (oltre a Serena) sono quelle che quando sono in forma dispongono di un gioco sufficientemente aggressivo da determinare quasi sempre i destini delle partite che disputano; e al loro confronto le altre risultano un gradino sotto, soprattutto nei grandi appuntamenti. Ma il guaio è che a New York nessuna delle quattro è riuscita ad essere minimamente all’altezza del proprio miglior tennis:

Azarenka: sul cemento è una grandissima giocatrice, per me di valore assoluto. Lo dimostrano le due vittorie in Australia e le finali americane del 2012 e 2013, in cui ha dato filo da torcere ad un’ottima Serena. Il problema è che ha avuto una stagione in cui il fisico si è rivelato fragile come un cristallo. Praticamente nel 2014 è sempre stata “rotta” e di conseguenza nelle poche settimane di attività non poteva certo avere una condizione sufficiente.

Li Na: altra specialista del cemento, ho il timore che si stia avvicinando al capolinea di una carriera anomala, in cui ha dato il meglio dai 28-30 anni in poi. Anche lei sembra essere sopraffatta dagli infortuni, tanto è vero che non gioca da molte settimane. Che si ritiri (come pareva da certe voci) o no, per certi aspetti conta relativamente in un discorso puramente tecnico (commercialmente le cose sono differenti). Lo dico perché l’importante non è solo che continui a giocare, ma che continui a farlo ad alti livelli. E quello che si è visto negli Slam europei è stato piuttosto preoccupante.

Sharapova: a parte la semifinale del 2012, a New York è da tanti anni che fatica; e la sconfitta contro una pur ottima Wozniacki conferma a mio avviso due cose: che forse rende ormai di più sul rosso che sul duro. Ma soprattutto che se si gioca l’intera stagione senza forfait o grandi passaggi a vuoto, poi si rischia di pagare il conto negli ultimi mesi. Il calendario è duro, e delle prime giocatrici Maria è quella che è arrivata quasi sempre in fondo ai tornei (insieme ad Halep). In più molto spesso ha dovuto ricorrere al terzo set. E se nella prima parte dell’anno alla distanza finiva quasi sempre per dimostrarsi più forte, nell’ultimo periodo è capitato che nel set decisivo trovasse giocatrici più incisive e fresche di lei (Kerber a Wimbledon e Wozniacki a Flushing Meadows).

Kvitova: rinata a Wimbledon 2014, dopo le difficoltà nei primi tornei post-londinesi aveva ripreso a giocare bene a New Haven. Ed era partita ottimamente nei primi due turni di New York. Ma si è puntualmente liquefatta con il caldo; alla prima partita programmata a mezzogiorno dopo 4-5 game era paonazza, e in quelle condizioni non è possibile giocare decentemente a tennis. Peccato, perché a me era parsa centrata, convinta e in forma, ma se il “termostato interno” va in tilt, ogni certezza si sgretola. E’ un grave limite che la rende da sempre una concorrente poco credibile per il caldo umido di Flushing Meadows.

Con tutte queste difficoltà delle giocatrici di prima fascia, non sorprende che gli US Open abbiano avuto fasi finali non superlative, visto che tra le più forti era rimasta la sola Serena. Wozniacki dopo un torneo pieno di meriti si è intimidita in finale, offrendo un tennis incerto, e secondo me non solo per la forza della sua avversaria (la cattiva giornata al servizio suggerisce che Caroline ci abbia messo del suo).

A questo ragionamento sulle migliori, vorrei aggiungere qualcosa che fa riferimento al mio articolo di presentazione dello Slam. In quella occasione avevo rimarcato le tante incognite, ma avevo avanzato con una certa sicurezza due ipotesi. Invece ho sbagliato in pieno entrambe.

1) Ero convinto che Simona Halep avrebbe fatto strada almeno sino ai quarti di finale, e invece si è fatta eliminare da una rediviva Lucic al terzo turno. Forse per lei vale lo stesso discorso fatto per Sharapova: tanto tennis potrebbe averla logorata.
2) Pensavo che almeno una delle tante giovani statunitensi avrebbe raggiunto la seconda settimana; e invece la sola Nicole Gibbs è arrivata al terzo turno, dove peraltro è stata eliminata senza troppi patemi da Flavia Pennetta.

In fondo queste delusioni sono due aspetti di una stessa questione: il fallimento delle nuove leve, compreso quelle più celebrate. Non solo Halep (che ricordo era tds numero 2), ma anche Bouchard hanno fatto un passo indietro rispetto ai Major precedenti. Bouchard ha perso contro Makarova anche per un colpo di calore, ma si era già salvata a fatica contro Cirstea e Zahlavova-Strychova

Se si analizza il quadro orientandosi al futuro, direi che il tennis femminile non è uscito bene dal torneo americano; sotto questo aspetto è risultato lo Slam meno incoraggiante della stagione. Serena (la più anziana delle forti) che vince senza perdere un set; le migliori alternative tutte in difficoltà; e le nuove leve che faticano a confermarsi.
Peccato, in fondo nei Major europei diverse giocatrici avevano fatto sperare che il ricambio generazionale potesse essere più solido. E così proprio lo Slam di fine anno ci lascia con più ombre che luci; anche se non esagererei, visto che per il momento non ci sono così tanti dati da farci parlare di una crisi sicura e consolidata.

3 – Belinda Bencic
Tutto negativo, quindi, il futuro del movimento femminile? Proprio tutto no, perché una interessante novità c’è stata. Mi riferisco a Belinda Bencic; così giovane da avere ancora i vincoli di partecipazione ad numero massimo di eventi WTA, eppure già in grado di disputare un torneo fantastico, sconfiggendo due top ten una dopo l’altra: una specialista del cemento americano come Angelique Kerber e una giocatrice solida come Jelena Jankovic. Grazie a queste vere e proprie imprese si è conquistata un posto tra le prime otto di uno Slam a soli 17 anni. Oggi è 33 del mondo; a inizio anno era 184ma.
Ma su Bencic conto di tornare, salvo imprevisti, in modo più ampio con l’articolo di settimana prossima.

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