Djokovic si racconta: “Così sono cambiato”

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Djokovic si racconta: “Così sono cambiato”

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TENNIS ATP PERSONAGGI – il fresco vincitore delle ATP Finals è stato intervistato da Matthew Syed per The Times Magazine. Il serbo ha raccontato della sua infanzia sotto le bombe, della maturazione come tennista, della paternità e del futuro. Offrendo alcune prospettive piuttosto interessanti. In una (per la verità, non impossibile) previsione sull’esito delle ATP Finals, The Times Magazine ha dedicato la sua copertina a Novak Djokovic, ritraendolo nudo – dalla cintola in su, con al collo un crocifisso e una collanina, e una catena al polso destro – nell’atto di divellere una racchetta. Matthew Syed ha potuto intervistare il campione serbo in privato, negli ambienti lussuosi del Corinthia Hotel di Londra, raccogliendo alcune dichiarazioni molto personali. Se si volesse riassumere il tutto a colpi di twitter, sarebbe: “sono sopravvissuto a una guerra”; “sono diventato padre”; “non mangio cioccolato”; “credo in Dio” e “destra e sinistra sono categorie superate”.

Come si capisce da queste poche frasi estrapolate dall’intervista, la conversazione con Nole è andata ad ampio raggio, e ha toccato il tennis (naturalmente) come la famiglia, la fede come la politica. Si parte, però, dal Settembre del 2011 – cioè il momento in cui un tennista promettente ma problematico diventa lo straordinario campione che oggi conosciamo. Siamo agli US Open, ad una semi-finale contro sua maestà Roger Federer. Lo svizzero è al match-point ed il pubblico è in visibilio. A quel punto, quando tutto sembrava ormai compromesso, Djoko si è inventato “il miglior colpo della mia carriera”. Una straordinaria risposta di diritto, che disegna un angolo acutissimo e colpisce la riga. Match-point annullato. Il primo. Verrà annullato anche il secondo, e Roger sarà brekkato. La partita di Roger diventerà di Nole, e così l’Open degli Stati Uniti. E’ in quel momento che emerge un nuovo giocatore: forte, disciplinato e implacabile. Nel suo anno magico, Djokovic chiuderà numero uno, vincendo dieci tornei tra cui tre dello Slam (tutti tranne Parigi).

Da quella partita si capiscono altre cose di Nole. Ad esempio, un rapporto buono, ma non sempre idialliaco con il pubblico. In quella semifinale, come molte altre volte, Federer ha il sostegno della folla. “Ciò non è facile per me. Non voglio mentire. Devi guardagnarti il sostegno del pubblico”. Eppure, anche qui alle ATP Finals il serbo ha ceduto nervosamente, applaudendo sarcasticamente il pubblico – reo di sostenere il suo avversario – durante la partita con Nishikori. A Djokovic piace piacere. E non nasconde, infatti, il suo interesse per la politica. Sorride alla domanda se immagini un futuro in politica alla fine della sua carriera professionistica, ma chi lo ha ascoltato in conferenza stampa sa come Djokovic, in un inglese impeccabile, calibri attentamente le parole, e sappia essere ironico e divertente quando serve. Si può discutere, certo, se “destra e sinistra siano categorie superate, che rappresentano un vecchio modo di guardare alle cose”. Ma è già molto significativo che questi temi siano parte della vita di uno sportivo, oltreché dei politologi.

L’attenzione per la politica è figlia della biografia di Nole. In particolare, della tragedia della ex-Yugoslavia e dei bombardamenti della NATO. Da bambino, passò 78 notti in un rifugio, mentre le bombe esplodevano tutt’attorno. Nole racconta di quando un F-117 volò sopra di lui, per colpire un obiettivo militare poco distante – “Pensai di stare per morire”. Esperienze drammatiche che non rimangono solo parte di una biografia personale, ma diventano narrazione di una nazione. Dalla tragedia, non solo Nole, ma anche la Serbia sono diventati “più forti. Perché tu, e tutti i tuoi concittadini, dovete pensare al futuro e al significato della vita”. Il passo successivo, e obbligato, è chiedere a Nole se il bombardamento della NATO fosse giustificato, ma qui non se la sente di esprimere un’opinione. Chissà cosa vorrà dire il suo silenzio…

L’intervista getta luce anche sul Nole sportivo. E, qui, emerge la serietà, la compostezza quasi monastica con cui il campione serbo vive la sua professione. Dalla dieta rigorosamente senza glutine, uno dei fattori chiave del suo cambiamento dopo il 2010, alla rigorosa organizzazione della giornata. Un bicchiere d’acqua dopo la sveglia, un po’ di stretching, venti minuti di yoga. Poi un’ora e mezzo di allenamento. Ancora stretching e pranzo (ma niente zuccheri e proteine). Workout, un’altra ora e mezzo di allenamento. Un messaggio. Cena con proteine e insalata. Un po’ di lettura e poi il diario (chissà se il piccolo Stefan permetterà ancora…), poi letto. Dopo la finale con Nadal agli Australian Open del 2012, si è concesso il lusso di un pezzettino di cioccolato, dopo due anni di completa astinenza. Qui in conferenza stampa ha offerto i cioccolatini alla stampa, ma non sono riuscito a coglierlo nell’atto di assaggiarne uno.

Ci sono poi gli aspetti più personali. Dal lungo fidanzamento con Jelena (nove anni prima del matrimonio) alla gestione del rapporto di coppia unito alla vita da viandante del tennista. Possibile? Sì, perché “Jelena ed io non vediamo il tennis come il mio lavoro e la mia carriera, ma come il nostro lavoro e carriera”. Così, è stato importante potere essere presente alla nascita di Stefan, un momento in cui lasciare andare le emozioni: “ho pianto quando Jelena ha partorito”. Infine, possono forse fare sorridere alcune riflessioni un po’ new age, come la constatazione che oggi “c’è troppo materialismo” quando il serbo ha già incassato più di 78 milioni di dollari in carriera, e la cifra è destinata ad aumentare. Certe ingenuità sono, però, perdonabili ad un personaggio che è un numero uno sul campo da tennis, ma non soltanto.

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