#TennisDiPeriferia: la sfida fra colleghi alla prova del campo

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#TennisDiPeriferia: la sfida fra colleghi alla prova del campo

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Una partita di tennis fra due giornalisti di tennis. Con un giornalista di tennis a seguirla sugli spalti. Sono quelle partite di cui si parla per mesi, millantando le proprie bravure sui Social Network o su Whatsapp. Poi un giorno di dicembre, complici le feste, si prenota il campo e…


Claudio Giuliani: Quando ho conosciuto Giulio, in occasione del sorteggio degli Internazionali d’Italia di quest’anno, ho pensato: “Dio quant’è giovane. Troppo giovane”. Se fosse toccato a lui scrivere il primo paragrafo, avrebbe potuto tranquillamente dire la stessa frase sostituendo giovane con vecchio. Alto il giusto, bermuda chiaro con risvolto, maglietta a righe da marinaio, occhiale con montatura nera e spessa e l’immancabile iPad con il vetro rotto sotto braccio: Giulio è un perfetto figlio dei nostri tempi. Su al Campidoglio seguimmo il sorteggio rimandando la nostra conoscenza al torneo vero e proprio, che sarebbe partito di lì a un paio di giorni. Collaborammo per bene nel seguire le gare e diventammo amici. Di lì a proporre una sfida tennistica sul campo il passo fu breve. Prendeva lezioni in un qualche circolo di Roma nord e parlava molto bene del suo rovescio, ovviamente eseguito a due mani, da grande appassionato di tennis femminile qual è. Da parte mia non mi dava l’idea di essere un buon tennista. Sensazioni forse, ma poi: a quell’età, appena passati i venti, Giulio ancora pagava per prendere lezioni sul campo. Io alla sua età avevo già smesso.

Giulio Fedele: A dire la verità ero ansioso. Claudio mi assillava da settimane con questa storia della partita di tennis, quasi ci tenesse particolarmente. Avevo imparato a conoscerlo in questi mesi, ma non riuscivo a capire se volesse darmi una sonora lezione oppure soltanto svagarsi un po’, come quando inviti i vecchi amici del liceo giusto perché ti stuzzica l’idea della rimpatriata e non perché effettivamente ti divertano quelle persone. Claudio è uno di quelli che non c’è bisogno che tu gli dia il dito perché si prenda il braccio. Un minuto prima ti chiede se puoi scrivere del sorteggio femminile degli Internazionali, un minuto dopo ti fa una battuta da amico di vecchia data ed andando avanti così ti chiede quando prenotare un campo nel giro di mezz’ora. Sapevo giocasse bene, anche se poteva dare l’impressione del pallone gonfiato. Io, dal canto mio, mi ritenevo un giocatore discreto, appartenente a quel gradino di mezzo tra i “competivi” e i “meglio se cambi sport”, con un rovescio a due mani che mi faceva protendere di più verso la prima categoria. Alla fine avevo accettato l’invito, consapevole che avrei potuto fare una figuraccia. Poi ho scoperto che sarebbe venuto anche Daniele a guardarci. Un testimone. In quel momento ho realizzato che le proporzioni della figuraccia si erano raddoppiate.

Daniele Vallotto: Anche se mi piace pensarmi come uno sportivo, in realtà sono piuttosto scarso in quasi tutte le discipline esistenti. So giocare a pallavolo perché ci ho giocato per anni. A calcio preferisco cimentarmi solo con gli amici più stretti. Prendo la racchetta di tanto in tanto ma non sono un granché e preferisco far giocare gli altri. Perciò mi sono fatto trovare puntuale – una rarità – alla stazione di Conca d’Oro, una zona di Roma che non frequento mai. In macchina con Claudio abbiamo scherzato sul coraggio di Giulio e io ho detto che piuttosto di far vedere quanto sono scarso preferisco non giocare. Lui mi ha dato ragione. Quando lui e Giulio si sono accordati per prenotare un campo, ho pensato che non potevo mancare. Claudio sta sempre a magnificare il suo rovescio a una mano e non potevo perdermi questa opportunità.  

Claudio Giuliani: Non vedevo Giulio da qualche mese e l’ho trovato ovviamente identico a come l’avevo lasciato. Fottuti ventenni. Lui, però, regge meglio di molti altri la (ampia) differenza di età con me anche se il suo sorriso spesso traduce imbarazzo. Gli piace Federer, non è un mistero, e quindi si è presentato con il completino griffato Nike su tonalità rosso pallido, uno dei peggiori della Nike, marca a suo giudizio molto cara. Presa la Babolat d’ordinanza di ogni schiappa che si rispetti, Giulio ha iniziato a rimandare la palla dalla mia parte in maniera niente male. Me lo immaginavo molto più pippa, invece è abbastanza fluido nei colpi, anche se dopo un paio di palleggi ha tradito sùbito un diritto eseguito in maniera scomposta – e quindi precaria – soprendendomi però dal lato del rovescio dove colpiva con buona fluidità. Alcuni rovesci sono veramente buoni, anche se manca di soluzioni: è quel giocatore abituato a colpire sempre le stesse palle nelle stesse posizioni, tipico di chi gioca a tennis prendendo lezioni e mancando di esperienza in torneo, dove la palla non arriva sempre uguale. Non è male però Giulietto, e io, preparato mentalmente a un’ora di noia tennistica senza versare sudore, mentre concludevamo i palleggi di riscaldamento ho pensato: “Vado per il 6-0 6-0 oppure cerco di divertirmi palleggiando a ritmo basso?”

Giulio Fedele: Aspettavo Claudio già in campo, facendo qualche esercizio di riscaldamento, o forse in realtà di convincimento, non ho mai capito quale sia il loro reale scopo. L’ho visto arrivare insieme a Daniele. Ho sorriso imbarazzato. Lui è vestito in nero, completo di H&M indossato da Berdych alle ATP Finals; io di norma non vesto di marca, ma nello sport faccio eccezione, come se il baffetto Nike mi desse quel quid in più (altra opera di convincimento, probabilmente). Già dal momento in cui abbiamo posato le borse sulle panchine, mi sono sentito di un livello inferiore. Claudio è uno di quelli che se ha la tensione delle corde a 22,5 chilogrammi, piuttosto che a 23, gli parte l’imprecazione. Io non sono così complicato. Non guardo lo schema delle corde, non penso alla tensione, figuriamoci al tipo di corda. Anzi, probabilmente se mi avessero dato una padella, avrei giocato anche con quella. La sua borsa è piena di racchette-doppioni, in caso ne avesse rotto una. Per me avere la borsa da professionista era già un traguardo (se hai la borsa vuol dire che sei bravo, era il mio ragionamento), figuriamoci se pensavo a riempirla di racchette tutte uguali. Me ne bastava una. Per tutto il resto, c’era il mio completino Nike. Durante il warming-up ho conquistato la prima mini-vittoria della giornata: “Non sei poi tanto scarso come pensavo” mi ha detto Claudio con quel tono sorpreso con cui un papà si congratula col figlio che non ha bagnato il letto. Con questo segnale di incoraggiamento iniziamo la partita vera e propria. Claudio ha vinto il pari-e-dispari e ha scelto di servire, non so se perché lo ritenesse un vantaggio o per farmi un favore, visto che era evidentemente ancora freddo sulla battuta. Fatto sta che nel primo game di favori me ne ha fatti ben altri due: due doppi falli. Ovviamente però non ho vinto il gioco. Stava a me replicare. Scelgo di battere piatto, piuttosto che dare un po’ di rotazione al colpo, perché mi convinco che il movimento da adottare sia più semplice. In realtà il vero tallone d’Achille di tutti i tennisti discreti che si rispettino e che prendono lezioni nei circoli, e quindi il mio, è il servizio. Nelle scuole tennis non te lo fanno provare quasi mai. Ma, sarà perché essendo il primo game alla battuta non mi era ancora venuto il braccino, sarà perché pensavo già di essere destinato al bagel, sono riuscito ad infilare qualche prima, anche se a bassa velocità, e a non commettere doppi falli. E tanto è bastato perché Claudio con qualche errore mi regalasse il mio primo gioco. Seconda mini-vittoria della giornata.

Daniele Vallotto: Quando ho visto palleggiare Claudio e Giulio mi sono ricordato di quanto sono scarso e li ho guardati scambiare i primi colpi con un misto di amarezza e invidia. Giulio dopo aver vinto il primo game ha detto che giocherà a braccio sciolto. Io ho sorriso pensando alla sua sfrontata ironia, che un po’ è seria e un po’ no. Fatto sta che i due giocano piuttosto bene. Claudio ha un dritto molto carico – proprio come lo descrive lui quando dice orgogliosamente di ispirarsi a Muster – e un rovescio davvero bello da vedere. È una sbracciata potente che ricorda un po’ quella di Wawrinka. Devo ammettere che pure Giulio se la cava. Il suo rovescio a due mani riesce a tenere abbastanza bene il ritmo di Claudio, anche se non riesco a capire a quale percentuale stia giocando. Immagino sia abbastanza bassa, comunque, perché prova spesso delle soluzioni difficili e poi se la prende con se stesso quando non gli riescono.
È una giornata di dicembre ma sembra di stare ad ottobre (almeno per gli standard di chi è cresciuto al Nord). Ho perfino lasciato il cappotto in macchina e questo mi costringe a stare nelle zone del campo dove gli alberi del parco che circondano questo tranquillissimo circolo non oscurano il sole. Giulio ha giocato un fantastico rovescio in controbalzo che ha preso totalmente in contropiede Claudio (“Questo da dove l’ha tirato fuori”) e allora lui, per rimettere le cose a posto, gli ha risposto con una bellissima palla corta nel punto successivo. Giulio ci è arrivato ma Claudio ha recuperato bene il pallonetto, si è girato con una torsione perfetta e lo ha infilato con un rovescio pulito e potente.
Ho provato a fare qualche foto ma il mio cellulare non è un granché per cui Claudio mi ha prestato il suo. Mentre scattavo qualche foto con il suo iPhone la compagna di Claudio gli ha scritto, probabilmente per sapere dove fosse finito. Il silenzio che a Roma sembra impossibile da trovare qui è realtà: ad interromperlo c’è solo il soffice rumore della palla che impatta l’argilla.

Claudio Giuliani: Non giocavo da un po’ e Giulio non è esattamente quel giocatore che ti dà ritmo, facendoti giocare palle uguali mettendoti quindi in palla. Ha fatto un paio di game subito, rimandando il 6-0 che avevo in mente di fargli alla seconda occasione, almeno nei miei desideri. Ho concluso il set senza troppi problemi, diviso fra la voglia di far vedere qualche bel colpo dopo tanto millantare e far palleggiare un po’ Giulietto, divertendomi a farlo correre in lungo e in largo. Alla fine ho fatto un po’ una via di mezzo, constatato che, come tutti i tennisti in fase di formazione, aveva le difficoltà maggiori nel leggere le traiettorie dei topspin di diritto o dei backspin di rovescio, con conseguenti errori di posizionamento. Nel secondo set però sono andato deciso verso il bagel. I game sono arrivati copiosi e pure Giulio non faceva nulla, se non sprecare due palle sul mio servizio che gli avrebbero consentito di evitare il 6-0. Che è arrivato, con tante smorzate a farmi divertire mentre lui correva disperato. “Corro molto”, aveva detto all’inizio con l’aria arrogante di chi sta uscendo dall’età teen per approcciarsi alla seconda decade di vita. Non abbastanza se i colpi sono ben fatti, caro Giulio.

Giulio Fedele: “Buttala sullo psicologico, fai come Chang!” mi ero detto quando avevo capito che sul piano tecnico non potevo dire la mia. Quei dritti in top spin che sembravano destinati ad oltrepassare la riga di fondo e puntualmente ricadevano chirurgicamente negli angoli del campo mi costringevano a giocare alla Gasquet, almeno due piedi fuori. Claudio poi era un amicone, potevo pure urlare qualche c’mon sfrontatamente, ma non l’avrei mai scosso a sufficienza. “E se battessi dal basso?!”, era l’ultimo vano tentativo che mi era balenato in mente, prima di alzare bandiera bianca. Evidentemente, per poter fare quello che aveva fatto Chang, bisognava quantomeno assomigliare a Chang. Ed io non avevo nemmeno gli occhi a mandorla. Giusto l’altezza, forse. Game, set and match. Io e Claudio ci siamo stretti la mano e lui mi ha fatto il suo solito sorrisetto compiaciuto, quello di tuo fratello maggiore che ti ha appena battuto alla Playstation e ti ha fatto capire che “questa è roba da grandi”. Poi tante risate, qualche battuta, “La prossima volta mi impegno” e robe del genere. Claudio con questa partita aveva voluto solo svagarsi un po’ alla fin fine, però che goduria avermi dato anche una sonora lezione.

Daniele Vallotto: Dopo un po’ di entusiasmo iniziale e circa 250 foto con cui credo di aver intasato l’iPhone di Claudio, un po’ infreddolito ho visto finire la partita senza più sussulti. Un po’ perché Claudio ha aggiustato i colpi un po’ incerti, un po’ perché Giulio si dev’essere rassegnato. La cosa più divertente sono stati i “c’mon” di Giulio, fatti apposta per innervosire Claudio. Anzi, la cosa più divertente era come Claudio li ignorasse totalmente, probabilmente per non dare soddisfazione al suo avversario. Ogni tanto, quando lo scambio si allungava e Claudio giocava col topo, Giulio si produceva in qualche “ahi” che mi ha ricordato in maniera piuttosto inquietante il grunting di Elena Vesnina. Ho sperato che avesse calcolato anche questo. Alla fine Claudio ha pure istruito Giulio su come dovrebbe posizionarsi quando arriva la palla e ho pensato che probabilmente sarebbe un ottimo maestro. In realtà, mi dirà dopo, per ora è un istruttore di primo grado ma quando gli ho chiesto perché non passa di livello ha liquidato la domanda come fa spesso.

Claudio Giuliani: Giulio ha buttato gli ultimi due game denotando scarsa personalità, proprio il contrario di quello che afferma nella sua biografia, o in genere quando si descrive. Sentiva che doveva concedermi il 6-0, come a sublimare una superiorità che si era senza dubbio manifestata, prescidendendo dal punteggio. Risposte fuori, ansia da non subire vincenti e quindi colpi tirati con aggressività tendando la fortuna, insomma: il repertorio classico del tennista che gioca contro uno più forte e quindi, invece che limitarsi a fare il proprio, pensa di dover fare molto di più di quanto è capace di fare, oltretutto contro uno più bravo. Una filippica per trovare qualche giustificazione al 6-0 rimediato. Ad ogni modo giocheremo ancora, perché infliggere punteggi pesanti ai tennisti di Roma nord tutta boria e macchinina c’è sempre gusto.

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