Kuznetsova a Madrid, il ritorno di una campionessa

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Kuznetsova a Madrid, il ritorno di una campionessa

Grazie ad una serie di partite di alto livello, a Madrid Svetlana Kuznetsova è tornata in finale di un torneo Premier Mandatory dopo oltre cinque anni

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Prima che cominci un torneo c’è chi studia i tabelloni, valutando i possibili incroci e ipotizzando i diversi gradi di difficoltà per le partecipanti. Ma c’è anche chi, forse più pragmaticamente, considera questa attività piuttosto sterile, visto che il più delle volte i risultati finiscono per smentire le previsioni.
Malgrado tutto, io appartengo alla prima categoria: se ho un po’ di tempo, mi metto a ponderare le diverse sezioni del draw, per provare a stabilire chi ha avuto più o meno fortuna, o potrà fare più strada. A questo proposito ecco il percorso affrontato da Kuznetsova a Madrid:
Makarova, Muguruza, Stosur, Safarova, Sharapova, Kvitova.

Non credo di esagerare se dico che negli ultimi anni non mi ricordo un tabellone di tale difficoltà. Per arrivare in fondo ad uno Slam occorrono sette incontri, ma il sistema delle 32 teste di serie rende più agevoli i primi turni. A Madrid (che è un Premier Mandatory con 16 teste di serie) per vincere il torneo si disputa un match in meno, ma in compenso il tutto si svolge in una settimana. E in una settimana Kuznetsova si è trovata di fronte un percorso terribile: tre top 10, due top 20 in ascesa, e una specialista della terra battuta (ex vincitrice Slam) come Samantha Stosur, numero 26 del mondo.
Questo invece il percorso dell’altra finalista del torneo, Kvitova:
Govortsova, Vandeweghe, Pavlyuchenkova, Begu, Serena, Kuznetsova.

Certo, si potrebbe dire che la Williams imbattuta di questo inizio di stagione (e che non perdeva in un Premier Mandatory dal 2012) costituiva un ostacolo che tutte avrebbero voluto evitare. Ma penso che l’inizio più semplice abbia permesso a Kvitova di partire in modo incerto senza pagarne le conseguenze. Ad esempio nel match contro Vandeweghe in alcuni frangenti Petra era stata demoralizzante. Dico demoralizzante perché non ho mai nascosto di simpatizzare per lei, e proprio per questo vederla faticare nel primo set contro una avversaria senza prima di servizio (Coco aveva un misero 34% di prime, e Vandeweghe senza la prima è un po’ come Isner senza battuta) mi aveva lasciato davvero molto perplesso. Poi nei turni successivi la qualità del tennis di Kvitova è progressivamente salita; tanto è vero che contro Begu in giornata di grazia (che valeva molto di più del 37mo posto del ranking) Petra aveva giocato una partita molto efficace, in cui rimaneva da sistemare soltanto la risposta al servizio. Colpo messo a punto contro Serena, con tutte le conseguenze che si sono viste.

Non sarò certo io a sminuire la vittoria di Kvitova (straordinaria nei due match conclusivi), anche perché rimango convinto che quando Petra raggiunge certi picchi di gioco sono in pochissime a poterla contrastare. E poi si sa che nel tennis chi ha saputo conquistarsi una classifica di vertice (Kvitova numero 4, Kuznetsova numero 29) gode di privilegi nel sorteggio. Resta però il fatto che la sperequazione rispetto al percorso di Svetlana è stata evidente.

Mi viene però il dubbio che forse sia stato proprio il tabellone terribilmente impegnativo ad avere stimolato l’orgoglio di una giocatrice di grande talento come Kuznetsova. E così a 30 anni ancora da compiere (il 27 giugno) ma con tante stagioni professionistiche alle spalle (ha iniziato tra le pro nel 2000, nel 2002 era già 43 del mondo e nel 2004 top ten), Sveta è tornata finalista in un torneo importante. Dopo quasi cinque anni di risultati al di sotto delle aspettative.

Ci vorrebbe un articolo a parte per ripercorrere tutta la sua carriera. Qui mi limito a ricordare che tra le giocatrici in attività solo Kuznetsova, Serena, Venus e Sharapova hanno vinto Slam su superfici diverse. Sveta infatti vanta all’attivo lo US Open 2004 e il Roland Garros 2009. Anche questo fa di lei una giocatrice speciale. Sia sul piano del carattere che sul piano tecnico.

Comincio dall’aspetto tecnico: quanto speciale? Dovessi spiegarlo in poche parole, direi questo: secondo me tra le giocatrici in attività è di gran lunga la più completa. Sa fare praticamente tutto, sia i colpi che richiedono grande manualità come quelli che richiedono invece soprattutto forza e potenza.

Sveta sa giocare bene i colpi in topspin; ma nel suo caso sarebbe limitativo pensare che il tutto si riduca a un dritto e un rovescio coperti. Lei infatti può modulare la parabola: va da quella piuttosto tesa sino a quelle più cariche, con rotazioni che ricordano l’esecuzione maschile, sino ai lob. E la diversa gestione del lift impresso alla palla le consente di farne un aspetto importante del gioco, sia in chiave offensiva che difensiva. Il suo dritto carico è uno dei più efficaci e complessi da gestire del circuito.

Ma poi sa eseguire perfettamente anche i back, sia di rovescio (staccando la mano), che di dritto. Colpi slice ma anche chop difensivi; è senza dubbio una delle migliori nel coordinare la scivolata tipica della terra battuta con il movimento di braccio del gesto bloccato difensivo; e così riesce a rimandare palle quasi impossibili.

Oltre a questo è capace anche di “scodellare” da sotto la palla (con un gesto che assomiglia a quello della smorzata), per giocare profondo utilizzando un colpo che nel tennis contemporaneo è quasi scomparso, in cui prevale lo spin laterale. Capita che ne faccia uso quando vuole scendere a rete prendendosi più tempo per correre in avanti, contando sul piazzamento della palla e sul rimbalzo particolarmente difficile da controllare per l’avversaria.

E poi, una volta arrivata a rete, è sempre a suo agio nei colpi di volo, visto che conosce la tecnica delle volèe come pochissime oggi, e sa anche gestire con particolare sapienza le demivolèe.

Manca qualcosa? No, perché anche con il servizio è molto completa. Possiede la botta tesa, gioca bene lo slice, e (quando la schiena non le crea problemi) ha uno dei kick più carichi del circuito.

L’ho detto prima: sa fare praticamente tutto, e la minore efficacia di alcuni colpi non dipende da limiti tecnici, ma fisici. Ad esempio nella risposta al servizio, in cui ci sono giocatrici più forti di lei perché più reattive o con un allungo superiore.

Non è altissima e nemmeno velocissima; ma si muove bene, ha una discreta resistenza e una potenza che la avvicina alle più prestanti. Purtroppo negli ultimi anni ha spesso sofferto di piccoli acciacchi, quasi inevitabili per chi è nel circuito dall’inizio del millennio; magari problemi non gravissimi, ma anche le défaillance fisiche marginali impediscono di allenarsi bene, e soprattutto di farlo con la necessaria continuità che porta alla migliore condizione.

E proprio tenendo presente il suo fisico, c’è una questione tattica che vorrei evidenziare. Personalmente sono convinto che la sua carriera recente avrebbe potuto essere migliore, e se questo non è successo è perché secondo me Kuznetsova negli ultimi anni ha praticato un tennis non del tutto adatto alle sue caratteristiche fisiche.

Forse sulla sua impostazione di gioco ha inciso un po’ troppo la lunga fase di formazione spagnola; una scuola che tende a privilegiare il tennis basato sul palleggio articolato e sulle doti difensive. Tutte cose che Sveta sa fare ottimamente, ma che a mio avviso a lungo andare le costano troppa fatica. Kuznetsova non ha il fisico indistruttibile della maratoneta Wozniacki, né la leggerezza e l’agilità di Agnieszka Radwanska, due tenniste maestre della difesa. Se poi consideriamo che invece avrebbe la potenza per prendere il comando del palleggio contro quasi tutte le avversarie, rimango convinto che per lei sarebbe preferibile un gioco più aggressivo. Del resto l’ultimo importante successo della sua carriera, San Diego 2010, lo aveva ottenuto con un tennis di attacco. Ma questa impostazione offensiva troppo spesso nelle stagioni successive è venuta meno.

Ad esempio nella prima settimana del Roland Garros 2014 aveva mostrato un’ottima condizione, che le aveva consentito di sconfiggere avversarie davvero complicate come Giorgi, Kvitova, Safarova (nell’ordine). Ma lo aveva fatto stando molto in difesa, accettando troppo spesso di subire e di remare lontano dalla linea di fondo, in logoranti rincorse di contenimento. Il risultato è stato che, match dopo match, ha perso di brillantezza, fino ad apparire quasi senza energie contro Simona Halep. Un processo di affaticamento precoce, a mio avviso determinato dall’atteggiamento tattico scelto.

Sul piano tattico ho un’altra perplessità: a volte mi pare che non adotti la giusta selezione di colpi. Va detto che questa è una accusa che prima o poi viene fatta a tutti i giocatori particolarmente eclettici; in campo si hanno pochissimi istanti per decidere, ed è molto più semplice farlo per chi possiede un repertorio molto scarno rispetto a chi invece ha a disposizione tutte le pagine dell’enciclopedia.

Potrebbero però esserci anche spiegazioni differenti per la tendenza di Kuznetsova a “complicarsi la vita” durante gli scambi: un carattere con un lato orgoglioso e un lato istrionico.

Il carattere, appunto: il secondo aspetto speciale di cui parlavo all’inizio.
Sulla questione dell’orgoglio mi ricorda Boris Becker: un altro tennista che con il braccio poteva fare quello che voleva, e che proprio per questo a volte si metteva in testa di vincere non con il tennis più adatto al proprio fisico, ma utilizzando gli schemi di gioco in cui eccelleva l’avversario. Perché Boris voleva dimostrare di essere superiore a 360°. Ma a volte questa scelta poteva costare cara.
E così, ad esempio, Kuznetsova agli Australian Open 2013 decide di sconfiggere Wozniacki insistendo spesso sul rovescio di Caroline (il suo colpo più forte), quando tutte le altre normalmente cercano di sollecitarle il dritto. Alla fine vince, ma probabilmente faticando più del necessario (6-2, 2-6, 7-5).

https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=HPmmkVAImls#t=1

Lo stesso problema a volte si manifesta in modo diverso, quando sbaglia i colpi più semplici, magari a conclusione di scambi di altissima difficoltà. Secondo me accade perché è come se fosse soddisfatta di avere giocato il punto alla grande, e finisce per sottovalutare la facile conclusione: colpo importante per il punteggio, ma non significativo per mostrare quanto sia brava. Inconsciamente lei lo sa, e così arriva il calo di attenzione che la fa sbagliare.

E questo ci introduce all’aspetto istrionico di Sveta. Un aspetto che la rende divertente da seguire, ma che le fa perdere concretezza: a volte in lei emerge il gusto per la soluzione inaspettata e spettacolare al posto di quella più sicura, ma banale; una fortuna per chi assiste ai suoi match, ma che può costare la perdita di punti che probabilmente avrebbe potuto vincere. Il risultato di tutto ciò è un eccesso di errori evitabili, che pesa sul bilancio finale degli incontri. A questo proposito segnalo che nel recente torneo di Madrid uno dei punti di forza è stato invece il numero molto basso di gratuiti, finalmente superando un problema che l’aveva penalizzata nelle ultime stagioni.

Le ultime notizie sono quelle relative al forfait agli Internazionali di Italia. La settimana madrilena, con tre durissimi match al terzo set affrontati un giorno dopo l’altro, è stata troppo intensa, e il fisico ne ha risentito (problema alla coscia sinistra). Spiace che non possa approfittare della forma mostrata nell’ultimo periodo per ottenere altri risultati, e continuare a divertire il pubblico. Ma chissà che questa scelta obbligata non si trasformi in un vantaggio in vista dello Slam parigino, che inizia tra due settimane e richiede la maggior freschezza possibile.

P.S. Se avete un momento di tempo, consiglio di vedere integralmente gli highlights della partita contro Wozniacki. Un gran match, in cui è possibile ritrovare almeno una parte dell’eccezionale repertorio di Kuznetsova.

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