1960 – Rod Laver b. Neale Fraser 5-7, 3-6, 6-3, 8-6, 8-6
Nel 1960, quando l’Open d’Australia si chiamava Australian Championships e quando ancora prendevano parte all’evento i soli giocatori australiani (eccezion fatta per il sudafricano Trevor Fancutt), salì alla ribalta un giovane di 22 anni dal rovescio sopraffino che, grazie al suo serve and volley, si adattava particolarmente bene alla superficie erbosa australiana. Fu il primo grande trionfo di Rod Laver. Da numero 3 del seeding, la leggenda australiana prima superò in semifinale Roy Emerson, testa di serie numero 2, di due anni più giovane, e poi all’atto conclusivo piegò la resistenza del più esperto Neale Fraser. Il match ebbe un andamento strano. I primi due set furono relativamente tranquilli per Fraser. Il tennista di Melbourne sembrava essere in controllo della partita fino a quando nel terzo set accadde qualcosa. Laver gli strappò il servizio e andò a vincere il parziale. Da quel momento l’inerzia del match cambiò. Laver si aggiudicò il quarto set per 8 game a 6 e poi, con lo stesso punteggio, vinse anche il quinto. Dopo una battaglia durata 58 game la leggenda di Rod Laver poteva avere inizio.
1965 – Roy Emerson b. Fred Stolle 7-9, 2-6, 6-4, 7-5, 6-1
Cinque anni dopo il grande successo di Rod Laver, un altro australiano fu autore di una rimonta epica in finale. Roy Emerson, testa di serie numero 1, che in semifinale aveva messo ko in tre set John Newcombe, all’atto conclusivo del torneo fu capace di rimontare due set di svantaggio alla testa di serie numero 2, Fred Stolle. Per Emerson fu il quarto trionfo all’Australian Open, indubbiamente il più bello, il più avvincente, il più emozionante.
1988 – Mats Wilander b. Pat Cash 6-3, 6-7, 3-6, 6-1, 8-6
Dopo la finale persa l’anno precedente per mano di Stefan Edberg, Pat Cash voleva conquistare l’agognato titolo all’Australian Open. Ancora una volta, però, fu uno svedese a sbarrargli la strada: Mats Wilander, già campione nel 1983 e nel 1984. I due diedero vita ad un match intenso, ricco di emozioni, durato 4 ore e 28 minuti. Fu la finale più lunga mai disputata nello Slam australiano, prima dell’incredibile match tra Novak Djokovic e Rafael Nadal del 2012. Wilander si aggiudicò il primo set, ma Cash vinse il secondo al tiebreak e il terzo con il punteggio di 6-3. Lo svedese, però, reagì aggiudicandosi in maniera netta il quarto parziale. Nel quinto set ci fu grande equilibrio sino al 6 pari. Decisivo fu il tredicesimo gioco, quando il due volte campione conquistò il break decisivo e poté chiudere con il punteggio di 8-6. Per Wilander si trattava del quinto trionfo in un torneo dello Slam, primo su cemento (nel 1983 e nel 1984 si giocava su erba). Per Cash, vincitore del torneo di Wimbledon nel 1987, fu la seconda sconfitta in una finale Slam.
1991 – Boris Becker b. Omar Camporese 7-6, 7-6, 0-6, 4-6, 14-12
In quel match di terzo turno dell’edizione 1991, Boris Becker, finalista a Wimbledon l’anno precedente e già vincitore di quattro tornei dello Slam, sfidava il ventiduenne bolognese Omar Camporese. Poco conosciuto al grande pubblico, l’italiano aveva battuto nei primi due turni il tedesco Markus Zoecke e l’olandese Paul Haarhuis in quattro set. Becker, invece, si era sbarazzato in tre set del britannico Jeremy Bates e del serbo Marian Vajda. Che la partita stesse prendendo una piega particolare si capì già nei primi due parziali quando Becker, pur vincendoli, fu costretto al tiebreak in entrambe le occasioni. Nei successivi due set accadde però quello che nessuno si aspettava. Il campione tedesco appariva stanco, in difficoltà e iniziò ad essere dominato dal tennista azzurro. Camporese vinse il terzo set addirittura a zero e nel quarto concesse solo quattro giochi al numero 2 del mondo. Non poteva quindi che essere il quinto parziale a decidere una partita così bella e incerta. Alla fine, dopo una battaglia di 5 ore e 11 minuti, la spuntò il campione tedesco che si aggiudicò il decisivo set con il punteggio di 14- 12. Becker andò poi a vincere il torneo battendo in finale Ivan Lendl. Nonostante la sconfitta, però, quel match rimarrà per sempre nella memoria di tutti gli appassionati italiani e sarà ricordato come uno dei momenti più alti del tennis azzurro.
1995 – Andre Agassi b. Pete Sampras 4-6, 6-1, 7-6, 6-4
La finale del 1995 vedeva contrapposti i due migliori giocatori del circuito: la testa di serie numero 1, Pete Sampras, e la numero 2, Andre Agassi. Sampras arrivò a quella partita faticando non poco in tutto il torneo. Fu costretto a recuperare due set di svantaggio nel match di quarto turno contro lo svedese Magnus Larsson e nei quarti di finale contro Jim Courier. Molto più agevole fu invece il cammino di Agassi che, prima della finale, non cedette nemmeno un set. Il match iniziò positivamente per il campione in carica, che si aggiudicò il primo parziale. Dal secondo set, però, Agassi salì in cattedra, disinnescò il servizio di Sampras rendendo vulnerabile il suo gioco di volo. Fu la partita perfetta per il ragazzo di Las Vegas, che per la prima volta riuscì a superare l’eterno rivale in una finale Slam. Nulla da recriminare per “Pistol” Pete, quel giorno Agassi era semplicemente troppo forte.
2003 – Andy Roddick b. Younes El Aynaoui 4-6, 7-6, 4-6, 6-4, 21-19
Quel quarto di finale tra la testa di serie numero 9, Andy Roddick, e la numero 18, Younes El Aynaoui, sulla carta, doveva essere un match “tranquillo”, una partita di ordinaria amministrazione per il tennista americano che, nonostante la giovane età, partiva favorito. Nessun avrebbe scommesso un centesimo che quell’incontro sarebbe entrato nella storia e che il tennista del Nebraska, per vincere, avrebbe dovuto impiegare 4 ore e 59 minuti, per un totale di 83 game. La qualità del match fu altissima. Le percentuali di prime dei due tennisti sfioravano l’80%. Vincenti di dritto, di rovescio, passanti, volée, palle corte si alternavano a momenti di fatica, di tensione, di paura di perdere (o di vincere). Il tempo sembrava essersi fermato sulla Rod Laver Arena. Nonostante l’ora tarda nessuno aveva voglia di tornare a casa, di abbandonare uno spettacolo unico. Il pubblico in delirio non credeva ai propri occhi. Dopo quasi cinque ore sulle volée di dritto sbagliata da El Aynaoui l’incantesimo si ruppe. “Game, set and match, Roddick”. La partita questa volta era davvero terminata. L’abbraccio tra i due al termine del match, l’ovazione del campo centrale in un’atmosfera da pelle d’oca resero ancora più speciale quella partita.
2005 – Marat Safin b. Roger Federer 5-7, 6-4, 5-7, 7-6, 9-7
David Foster Wallace parlava dei “Federer moments”, quei momenti, quegli attimi in cui il tennista elvetico sembra volare sul campo. Quei momenti in cui, senza l’assillo del punteggio, esprime tutto il suo talento con colpi che sono inimmaginabili per la maggior parte dei suoi avversari. La semifinale del 2005 tra Roger Federer e Marat Safin può essere considerata un perfetto mix tra “Federer moments” e “Safin moments”. Il tennista russo giocò bene come mai aveva fatto in passato. Probabilmente questo match fu addirittura migliore rispetto alla famosa finale degli US Open 2000, quando in tre set demolì Pete Sampras. Federer arrivò in semifinale dopo aver battuto nettamente Andre Agassi, Safin invece superò nei quarti il modesto Dominik Hrbaty. Sulla carta lo svizzero, numero 1 del mondo e dominatore incontrastato del circuito, partiva favorito. Mai come quella volta, però, si percepì che Safin potesse realmente compiere l’impresa, soprattutto quando vinse il tiebreak del quarto set annullando un match point con uno spettacolare pallonetto. Nel quinto set Safin si portò sul 5-2, la partiva sembrava finita, ma Federer rimontò e rimise il match in equilibro. Nonostante i limiti di tenuta fisica e mentale, quel giorno Safin tirò fuori gli artigli e trovò la forza di chiudere 9-7 una partita memorabile.
2009 – Rafael Nadal b. Roger Federer 7-5, 3-6, 7-6, 3-6, 6-2
Dopo Wimbledon 2008, la finale dell’Australian Open 2009 metteva di nuovo di fronte Roger Federer e Rafael Nadal, i due grandi rivali che più di tutti hanno diviso il tifo degli appassionati negli ultimi anni. Quale occasione migliore per Federer di prendersi la rivincita su Nadal? Il maiorchino, che in passato aveva sempre avuto difficoltà sul cemento, nonostante fosse numero 1 del mondo, partiva certamente sfavorito. Nel primo set Nadal strappò subito il servizio a Federer. Lo svizzero però ribaltò la situazione e si portò sul punteggio di 4-2. Quando il primo parziale sembrava ormai indirizzato nelle mani di Federer arrivò puntuale la reazione di Nadal. Da quel momento in poi i due avrebbero iniziato ad esprimere un livello di tennis altissimo: vincenti di dritto e di rovescio per Federer, passanti incredibili da parte di Nadal, una partita spettacolare e assolutamente equilibrata. Alla fine, dopo una battaglia durata 4 ore e 23 minuti, Nadal riuscì a chiudere l’incontro. L’urlo di Rafa al termine del match, il pianto di Roger durante la premiazione, gli occhi lucidi di Rod Laver in tribuna: semplicemente immagini, momenti, che tutti gli appassionati (indipendentemente dal tifo) non potranno facilmente dimenticare.
2012 – Novak Djokovic b. Rafael Nadal 5-7, 6-4, 6-2, 6-7, 7-5
La partita più intensa, più fisica, più agonistica che si sia mai disputata su un campo da tennis. Questa può essere la sintesi perfetta per descrivere la finale del 2012 tra la testa di serie numero 1, Novak Djokovic, e la numero 2, Rafael Nadal. 5 ore e 53 minuti di battaglia pura, mai un’interruzione, mai un momento di stallo, mai un momento in cui i due rivali hanno pensato di risparmiare energia in vista dei successivi set. Nessuno mai, prima di allora, aveva visto due tennisti imprimere così tanta potenza nei colpi da fondocampo in quasi sei ore di gioco. Nel primo set il controllo della partita fu dello spagnolo, nel secondo e terzo parziale emerse però lo strapotere del serbo, il quale addirittura nel terzo set cedette solo due punti alla battuta. Il quarto set fu una altalena continua di emozioni. Nadal annullò tre palle break consecutive nell’ottavo game, poi fu costretto per ben due volte a servire per rimanere nel match. Si arrivò al tiebreak. Nadal fallì una grande occasione di portarsi avanti di un mini break, Djokovic, sul 5-3, sbagliò un dritto che gli avrebbe dato tre match point. A questo punto Nadal, con grandissimo orgoglio e forza di volontà, vinse quattro punti consecutivi e, in maniera insperata, portò il match al quinto. Il quinto parziale fu una battaglia di nervi. Sul 4-4 Djokovic si procurò una palla break, ma Nadal riuscì a tenere il servizio. Nell’undicesimo gioco ancora palle break per Djokovic. Nadal annullò la prima, ma nulla poté fare sulla seconda. Si arrivò così al 6-5 per Djokovic. Il serbo, che serviva per il match, riuscì ad annullare una palla break che avrebbe rimesso lo spagnolo in partita. Nonostante, però, il colpo di coda finale, per lo spagnolo non ci fu nulla da fare. Dopo quasi sei ore di gioco Novak Djokovic chiuse una partita epica, un match leggendario entrato di diritto nella storia del nostro sport.
2014 – Stan Wawrinka b. Novak Djokovic 2-6, 6-4, 6-2, 3-6, 9-7
Un quarto di finale di grande interesse si prospettava quel giorno sulla Rod Laver Arena. I due migliori rovesci del circuito l’uno contro l’altro. La solidità di Novak Djokovic contro la genialità di Stan Wawrinka. La testa di serie numero 2 contro la testa di serie numero 8. Indubbiamente Djokovic, già quattro volte campione a Melbourne, partiva favorito e il primo set, del resto, confermò le attese. Un netto 6-2 per il giocatore serbo. Nole sembrava essere in controllo della partita, ma non aveva ancora fatto i conti con il miglior Wawrinka di sempre. I due successivi set furono un dominio da parte dello svizzero: il rovescio era di un’esplosività disarmante, il dritto funzionava perfettamente, a rete mostrava la sicurezza dei grandi volleatori del passato. Nel quarto set Djokovic fu costretto ad aumentare notevolmente il livello del suo gioco per portare la partita al quinto. Wawrinka, che aveva pregustato la possibilità di aggiudicarsi il match già nel quarto parziale, non si arrese e continuò a lottare punto su punto con una tranquillità insolita per un giocare così emotivo. La forza mentale quel giorno fece la differenza. Dopo una battaglia infinita, Stan Wawrinka poteva finalmente alzare le braccia al cielo. L’impresa era compiuta. Per una notte Stan diventò “Stanimal”.