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La piccola biblioteca di Ubitennis. Il tennis ai tempi del fascismo (nella villa dei Finzi-Contini)
Recensiamo oggi un classico della letteratura italiana. Anticipiamo che non è un libro sul tennis professionistico. Il protagonista del romanzo è impossibilitato a frequentare il suo circolo del tennis a causa delle leggi razziali e finisce per passare i pomeriggi nel campo da tennis dentro la lussuosa villa dei Finzi-Contini. Quando in un rettangolo con una rete passano le cose più importanti della vita

Bassani G., Il giardino dei Finzi-Contini, Einaudi, 1962
“Il giardino dei Finzi-Contini” è un classico della letteratura italiana che tutti siamo stati costretti a leggere quando, ancora ragazzi sui banchi di scuola, i professori sceglievano per noi i libri che ci avrebbero accompagnato durante le vacanze estive. Eppure ogni appassionato di tennis dovrebbe dare a questo romanzo una seconda possibilità se non altro per il fatto che, come sottolinea Gianni Clerici in Wimbledon, Giorgio Bassani utilizza in questo suo lavoro la parola tennis per ben ventiquattro volte.
Ma andiamo con ordine. Ci troviamo a Ferrara all’inizio della seconda guerra mondiale, le leggi razziali iniziano a diventare sempre più rigide anche in Italia tanto da escludere dalle attività comunitarie i cittadini di origini ebraiche. Il circolo di tennis della città rifiuta di rinnovare le tessere ai soci ebrei. A questo punto Micòl e Alberto Finzi–Contini, due ragazzi aristocratici da sempre chiusi in uno stretto riserbo, decidono di aprire ai coetanei le porte del loro giardino creando sul campo da tennis privato un circolo alternativo. L’io narrante è tra i giovani invitati a prendere parte a questi pomeriggi di sport e in breve non può far altro che innamorarsi della spigliata e imprevedibile Micòl.
Mentre l’Europa brucia sconvolta da un conflitto mondiale i ragazzi si rifugiano tra le mura della villa e tra una volée e un rovescio lasciano entrare la storia solamente in tarda serata quando si accomodano mollemente sulle sedie del giardino e parlano degli avvenimenti esterni ad esso, dei loro sogni per un futuro che si prospetta imprevedibile e tragico.
Lo sport è utilizzato da Bassani come una metafora della vita stessa e in particolar modo dell’amore impossibile e straziante che il protagonista prova per la bella Micòl, così come viene sottolineato a pagina 222: “Io… io le stavo di fianco, capivo?, non già di fronte: mentre l’amore – così, almeno, se lo immaginava lei – era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda: uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi. […] E noi? Stupidamente onesti entrambi, uguali in tutto e per tutto come due gocce d’acqua (“e gli uguali non si combattono, credi a me!”), avremmo mai potuto sopraffarci l’un l’altro, noi?”
Il racconto usa uno stile meticoloso e dettagliato tanto da far sentire il lettore all’interno della realtà descritta facendogli provare gli stessi turbamenti che prova il narratore. Proprio questo stile arzigogolato e preciso portò molte critiche a Bassani quando il romanzo fu pubblicato negli anni sessanta. Egli fu infatti tacciato di scrivere in modo convenzionale e superato, eppure, malgrado i detrattori, “Il giardino dei Finzi-Contini” ha superato la prova più importante per un’opera letteraria, la prova del tempo. Questo romanzo è riuscito infatti a racchiudere all’interno di uno spazio delimitato come quello di un giardino, e addirittura di un campo da tennis, ogni sfaccettatura delle emozioni più intime che sconvolgono l’animo umano, utilizzando una storia relativamente semplice per descrivere sensazioni e sogni complessi.
Non c’è da stupirsi infine che l’autore abbia deciso di utilizzare proprio il tennis come espediente in quanto prima che le leggi razziali, di cui parla appunto nel suo romanzo, lo escludessero dalle competizioni, era stato un ottimo tennista a livello universitario e di club. Gianni Clerici lo cita ancora in Wimbledon a pag. 10: “Giorgio aveva ragione nel ricordare che Wimbledon era il sogno di ogni bambino che si iscrive a una gara nel natio borgo selvaggio”.
Come potremmo dare torto a Bassani?
Chiara Gheza
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Premio “Gianni Mura”: vince Giorgia Mecca con “Serena e Venus Williams, nel nome del padre” come miglior libro sul tennis
Il libro sulle sorelle Williams si aggiudica, alla prima edizione, il premio “Gianni Mura” a Palazzo Madama e riceve la menzione speciale della giuria

Sabato 12 novembre, una settimana prima che anche il direttore Ubaldo Scanagatta varcasse la soglia di Palazzo a Madama per chiudere la rassegna stampa di 8 giorni di ATP Finals, prendeva vita la prima edizione del premio Gianni Mura. Un premio intitolato a uno dei più illustri giornalisti sportivi italiani, storica firma del giornale Repubblica, scomparso a Senigallia nel marzo del 2020.
Giorgia Mecca, nata a Torino nel 1989, scrive per il quotidiano “Il Foglio”, per l’edizione torinese del “Corriere della Sera” e con il suo libro “Serena e Venus Williams, nel nome del padre” edito da 66thand2nd si è aggiudicata il premio con la menzione speciale della giuria come miglior libro sul tennis. Un libro che racconta la storia di due giovani tenniste di colore e del sogno di loro padre: farle diventare le più grandi.
Diciassette capitoli racchiudono in questo libro la forza, la paura, la tenacia e anche la vergogna di credere in un sogno. Un sogno che il padre di Serena e Venus aveva già in serbo per loro ancor prima che nascessero e che ha ispirato la giovane giornalista torinese a farne un libro di successo. Giorgia Mecca nei suoi capitoli ci racconta come queste due tenniste un giorno abbiano dovuto smettere di essere sorelle e siano dovute diventare avversarie. Ripercorre numerose sfide, la prima di tante nel capitolo intitolato “18 gennaio 1998 – Venus 7-6 6-1” dove racconta il giorno in cui Venus e Serena, al secondo turno degli Australian Open, hanno iniziato a giocare una contro l’altra. Ma ripercorre anche un’infanzia a tratti molto difficile e una storia di famiglia, più unica che rara. Questa la citazione più celebre del libro premiato: “Sono state nere in un mondo di bianchi, potenti in uno sport elegante, urlanti in un campo che richiede silenzio. Sempre dalla parte sbagliata. Per provocazione (loro), e per pregiudizio (altrui). Nel nome del padre due figlie sono state le prime afroamericane con la racchetta in mano, per non essere le ultime”.
Dopo aver elogiato il famoso giornalista sportivo Gianni Mura, la giornalista torinese, commossa e felice, ha chiuso così il discorso di ringraziamenti per aver ricevuto il premio: “Se anche loro si sono concesse di cadere qualche volta, forse dovremmo imparare a concedercelo tutti ogni tanto”.
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Esce oggi “Il Grande Libro di Roger Federer”, 542 pagine con il racconto (e i dati) dei giorni più memorabili del fenomeno svizzero
Stagione per stagione l’autore Remo Borgatti ripercorre tutta la sua straordinaria carriera. Tutti i suoi incontri, curiosità e statistiche, anche in rapporto alle caratteristiche tecniche degli avversari, da Nadal a Djokovic, Murray e Wawrinka, a seconda delle superfici

IL GRANDE LIBRO DI ROGER FEDERER
AUTORE: REMO BORGATTI
PAGINE: 542
EURO: 24,00
EDITORE: ULTRA SPORT

Autore del libro è Remo Borgatti, uno dei primissimi collaboratori di Ubitennis. Suo è il racconto ‘Uno contro tutti’ che ripercorre l’avvicendarsi di tutti i numeri 1 della storia del tennis, pubblicato a puntate su Ubitennis. Lo potete trovare a questo link.
Tra le sue rubriche c’è anche ‘Mercoledì da Leoni’, racconti di imprese più o meno grandi compiute da tennisti non particolarmente noti al grande pubblico. La serie la potete trovare a questo link.
Di Roger Federer, nel corso della sua lunga e meravigliosa carriera, si è detto e scritto di tutto. Il ritiro ufficiale, avvenuto durante lo svolgimento della Laver Cup di Londra, ha soltanto messo la parola fine a una vicenda umana e agonistica che ha cambiato per sempre la storia del tennis e più in generale dello sport. Nel volume dal titolo “IL GRANDE LIBRO DI ROGER FEDERER” (Ultra Edizioni, 542 pagine, 24 Euro), Remo Borgatti ha raccolto ed elaborato tutti i risultati e i numeri fatti registrare dal campione elvetico. Il libro è sostanzialmente diviso in due parti. Nella prima, ricca di testo, viene passata in rassegna tutta la carriera di Federer stagione per stagione e nei suoi 150 giorni più significativi. Nella seconda, vengono elencati in ordine cronologico tutti gli incontri disputati nel circuito e negli slam, con tanto di statistiche e percentuali, oltre a una serie di tabelle analitiche che vanno a sviscerare anche gli aspetti più curiosi ed inediti, come ad esempio il bilancio vinte-perse in base alla superficie e alla categoria del torneo, o in base al seeded-player degli avversari o dello stesso Federer, o ancora in base alla mano (destro o mancino) e al rovescio (una o due mani) degli avversari. Poi c’è altro, molto altro. Probabilmente c’è tutto quello che un tifoso o un appassionato vorrebbe sapere su “King Roger” e che forse nemmeno Federer conosce così bene. Certo, nell’era di internet e del web molti di questi dati (ma non tutti) si trovano anche in rete e vien da chiedersi quale sia lo scopo di un lavoro del genere. Ma pensiamo che la risposta sia semplice e venga dalla passione e dalla volontà da parte dell’autore di analizzare e svelare il fenomeno-Federer mediante le sue cifre, data l’evidente impossibilità di spiegarlo attraverso i numeri che ha fatto sui campi di tennis di tutto il mondo.
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John Lloyd, intervistato da Scanagatta, presenta l’autobiografia “Dear John” [ESCLUSIVA]
Intervistato in esclusiva per Ubitennis, l’ex-tennista britannico Lloyd si racconta tra aneddoti e ricordi. “Avrei dovuto vincere quel match” a proposito della finale all’Australian Open con Gerulaitis

L’ex tennista britannico John Lloyd, presentando la sua autobiografia “Dear John”, viene intervistato in esclusiva dal direttore Ubaldo Scanagatta e racconta tanti aneddoti relativi alla sua carriera, inclusi i faccia a faccia con l’Italia in Coppa Davis. Le principali fortune di Lloyd arrivarono in Australia dove raggiunse la finale dello Slam nel 1977: “All’epoca era un grande torneo ma non come adesso” ricorda il 67enne Lloyd. “Mancavano molti tennisti perché si disputava a dicembre attorno a Natale, ma ad ogni modo sono arrivato in finale. Avrei dovuto vincerlo quel match” – ammette con franchezza e una punta di rammarico – “ho perso in cinque set dal mio amico Vitas (Gerulaitis). Fu una grande delusione ma se dovevo perdere da qualcuno, lui era quello giusto. Era una persona fantastica”.
Respirando aria di Wimbledon, era impossibile tralasciare l’argomento. Lo Slam di casa fu tuttavia quello che diede meno soddisfazioni a Lloyd, infatti il miglior risultato è il terzo turno raggiunto tre volte. “Sentivo la pressione ma era davvero auto inflitta, da me stesso, perché giocavo bene in Davis e lì la pressione è la stessa che giocare per il tuo paese” ha spiegato l’ex marito di Chris Evert. “Ho vinto in doppio misto (con Wendy Turnbull, nel biennio ’83-’84) ed è fantastico ma sono sempre rimasto deluso dalle mie prestazioni lì. Ho ottenuto qualche bella vittoria: battei Roscoe Tunner (nel 1977) quando era testa di serie n.4 e tutti si aspettavano che avrebbe vinto il torneo. Giocammo sul campo 1. Ma era una caratteristica tipica delle mie prestazioni a Wimbledon, fare un grande exlpoit e poi perdere il giorno dopo. In quell’occasione persi contro un tennista tedesco, Karl Meiler”. In quel match di secondo turno tra i due, Lloyd si trovò due set a zero prima di perdere 2-6 3-6 6-2 6-4 9-7. Insomma cambieranno anche le tecnologie, gli stili di gioco, i nomi dei protagonisti… ma certe dinamiche nel tennis non cambieranno mai.