Ronnie Leitgeb: “Quinzi deve prendere come modello Thomas Muster”

Interviste

Ronnie Leitgeb: “Quinzi deve prendere come modello Thomas Muster”

Prime giornate di gioco agli Internazionali di Cortina. In campo i tennisti del torneo di qualificazione. I big si allenano, cercando di prendere confidenza con i 1200 metri di Cortina. In questo contesto incontriamo l’austriaco Ronnie Leitgeb, classe 1959, da quest’anno il nuovo coach di Gianluigi Quinzi. “La dedizione al sacrificio, giorno per giorno, questa è una delle chiavi più importanti del successo.” Parola dell’ex tecnico di Thomas Muster

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Sabato mattina, ore 9 le montagne, illuminate da uno splendido sole, fanno da cornice ai campi di tennis del Country club Cortina. Alle 10 sono in programma i primi match delle qualificazioni. Iniziano ad arrivare i vari giocatori accompagnati dai loro trainer. Ne riconosciamo uno in particolare, Ronnie Leitgeb, seduto per un caffè al bar del circolo, in attesa di incominciare il lavoro di coach di Gianluigi Quinzi e dell’austriaco Lucas Miedler. Ronnie è però sicuramente molto più noto per aver seguito niente meno che Tomas Muster, nel momento in cui l’austriaco diventò il numero uno al mondo.

Ma non solo, non dimenticarti che ho allenato anche il vostro Andrea Gaudenzi – ci tiene a precisare subito Ronnie – Lo ricordo come uno dei momenti più belli della mia attività di allenatore. È stato davvero piacevole seguire Andrea e con lui è continuato poi un bel rapporto di amicizia.

E adesso eccoti al lavoro con un altro giocatore italiano, Gianluigi Quinzi. Cosa ci puoi raccontare del suo tennis?
Credo che sia un ragazzo davvero talentuoso, una persona molto gentile, che ha avuto molto successo a livello junior (un po’ come Gaudenzi, ndr) ma poi si è un po’ smarrito nel cercare di effettuare il passaggio al professionismo. Gianluigi non è riuscito a mettere in atto i miglioramenti necessari. L’ho incontrato la prima volta a febbraio quest’anno e penso che da quel momento fino ad oggi abbia decisamente fatto dei progressi enormi. La cosa più importante è comunque che, anche se a piccoli passi, Quinzi sta aumentando la qualità del suo tennis.

Che obiettivo ti sei posto con questa collaborazione?  Dove pensi Quinzi possa arrivare?
Questo è molto difficile da dire, perché ci sono almeno un migliaio di variabili che entrano in gioco, piccoli passi da compiere giorno per giorno. Molto comunque dipenderà dalla sua volontà a realizzare il suo sogno e da quanto è grande il suo margine di miglioramento.  Va riconosciuto che Gianluigi ora sta lavorando sodo. Il mio credo è che se tu lavori duramente, sei paziente e concentrato, allora tutto è possibile. Questo è ciò che abbiamo imparato dalla storia di Muster, perché, parlando di talento, Thomas non era poi così straordinario, non era dotato, diciamo, di una particolare tecnica, ma era certamente un lavoratore fantastico, che faceva tutto quello che doveva essere fatto senza mollare mai, nemmeno un giorno. Aveva un’incrollabile forza di volontà, che lo portò fino al primo posto delle classifiche mondiali. Ecco, ora possiamo sicuramente dire che Gianluigi ha iniziato a capire questo tipo di approccio.

Cosa pensi della situazione attuale del tennis italiano? Abbiamo qualche giocatore ad alto livello, ma dopo di loro non ci sono molti giovani.
No, io non la penso così credimi. Ho visto cosa fa la federazione ed ho seguito il tennis italiano negli anni passati; ci sono stati dei momenti decisamente peggiori rispetto a quello attuale. Penso che in Italia si stia facendo una cosa fantastica con questo Challenge Tour. Nel vostro paese ci sono diversi tornei di questo livello e, anche grazie a questo, ritengo che nel prossimo paio di anni il tennis italiano ne beneficerà molto. Questa è una buona idea perché così i giovani tennisti italiani hanno l’opportunità di sfidarsi a livello Challenger, misurarsi anche con giocatori stranieri, senza dover sostenere troppe spese di viaggio e senza dover cambiare continente. In questo modo la federazione può spingere qualche giocatore a provare la strada del professionismo, anche semplicemente concedendo delle wild card (come ad esempio a Cortina per Sonego, Mager, Bahamonde che sono nel main draw proprio grazie ad una wild card concessa dalla federazione, ndr). Il successo dipenderà comunque dal coinvolgimento dei vari allenatori, dalla loro capacità di coinvolgere a loro volta più gente possibile e, ovvio, dalle loro capacità tecniche. Ti faccio un esempio, se vai in un club dove lavora un coach motivato, noterai subito che lì  ci saranno anche molti bambini che giocano, mentre se sei in un circolo dove non ci sono coach di qualità  e che non portano entusiasmo, beh allora non vedrai molti ragazzi sui campi. Alla fine ruota tutto intorno alla personalità anche di una sola persona. Mi auguro che con la vetrina del Foro Italico e di questi tornei Challenger, molti coach trovino sempre più la motivazione per lavorare bene con i giovani tennisti. L’Italia ha storicamente una buone tradizione tennistica, basti vedere i risultati ottenuti nella Coppa Davis in passato, ma anche negli ultimi anni. Qualcosa di buono succederà di sicuro.

È la tua prima volta a Cortina?
Sì, la mia prima volta. Io vivo a Kitzbuhel e ci sono molte cose simili come l’importanza delle tradizioni. È sempre bello vedere dei posti invernali che vengono visitati anche in estate e credo che Cortina stia facendo davvero molto bene, ci sono molti turisti qui e la cosa aiuta sicuramente. Conosco degli amici che venivano a Cortina e che mi hanno parlato molto bene di questo posto. Sono contento finalmente di poter essere anch’io qui di persona.

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