Ana Ivanovic si ritira: "Non posso più essere al top". Una campionessa troppo fragile?

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Ana Ivanovic si ritira: “Non posso più essere al top”. Una campionessa troppo fragile?

L’annuncio su Facebook: “Troppi infortuni” . Numero uno WTA nel 2008 dopo il successo al Roland Garros, lascia con 15 tornei vinti in carriera. Sarà ambasciatrice del tennis, si dedicherà al lato commerciale della sua vita. Le altre ritirate del 2016, gli ex numero uno che hanno detto addio

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Non si ritirano solo le stelle (AGF, Arvidsson, Koukalova, Vaidisova, Johansson)

Dopo i risultati che ho raggiunto in carriera, non riesco a continuare se non sono al meglio. Gli infortuni mi hanno perseguitata ultimamente, e non riesco più ad essere al top. Sento che questo è il momento di smettere“. Ana Ivanovic dice addio al tennis giocato. Vincitrice del Roland Garros nel 2008, anno in cui raggiunse la vetta del ranking WTA, e con 15 titoli in bacheca (l’ultimo nel 2014 a Tokyo), la bella serba si dedicherà a coltivare la sua immagine, che da sempre è stata al centro dell’attenzione di media e sponsor. “Rimarrò nel mondo del tennis come ambasciatrice, e porterò avanti alcuni progetti nel campo della moda e dell’immagine”. Ivanovic, moglie del calciatore Bastian Schweinsteiger, dà appuntamento ai suoi fan nel prossimo futuro, invitandoli a “non essere tristi!“.

Così Ana ha detto basta, ad appena 29 anni. Si celava dunque la decisione di appendere la racchetta al chiodo dietro la misteriosa convocazione recapitata ai fans ieri l’altro sulle pagine social della tennista serba. Con un comunicato brevissimo, conciso, Ana Ivanovic è uscita dal nostro mondo, prendendo atto di una situazione agonistica in rapido declino e nell’impossibilità, da lei stessa certificata, di risalire la china. L’esplosione della sua carriera, fragorosa, era arrivata a Parigi nel 2008, e aveva finito per travolgere prima di tutto lei medesima. Un trionfo clamoroso, ad appena vent’anni; un successo che, combinato al notevole fascino della bellissima giocatrice di Belgrado, l’aveva resa l’atleta da copertina di un movimento spietato nella sua fame di starlette. Bella, vincente, giovanissima e numero 1 del mondo forse davvero troppo presto. Troppo presto per lei, sensibile e incapace di reggere pressioni sovrumane sul lungo periodo; lei così lontana dall’ineffabile ferocia di una Sharapova, per dire, e così incline all’altalena di alti e bassi che avrebbe segnato la sua carriera sino in fondo.

La serba si accoda a quei tennisti che hanno rappresentato una generazione, e a cavallo degli ultimi due anni hanno appeso la racchetta al chiodo: il triste e spettacolare russo Nikolay Davydenko nel 2014, l’incubo di Federer e Nadal Robin Soderling lo scorso anno. Agli ultimi Australian Open ha detto stop Lleyton Hewitt, ex numero uno e vincitore di due prove del Grande Slam. Lo ha fatto davanti al pubblico di casa, lui che ne ha avuto la possibilità, riuscendo a stento a contenere le lacrime, ben visibili invece negli occhi di Ivanovic davanti alla telecamera.

I tormenti avevano iniziato a manifestarsi insieme ai baci mandati al cielo di Parigi quel sabato di fine maggio. Fino al 2010 non avrebbe più alzato un trofeo, salvo fermare il crescente appetito con due brodini a Linz e a Bali e con il bis in Indonesia dell’anno successivo, tornei piuttosto lontani da quei riflettori cui lo star system l’aveva repentinamente abituata. Poi altri tre anni di digiuno, tormenti e problemi tecnici tendenti al parossismo fino al 2014, una stagione finalmente fatta di sorrisi e vittorie, quattro, tra cui l’ultimo successo conquistato a Tokyo in settembre. Nei Major la luce si è invece spenta senza più tornare ad illuminare il suo percorso: dopo il trionfo nella Ville Lumière sono passati quattro anni prima che Ivanovic tornasse almeno nei quarti di uno slam e solo una volta le è riuscito l’approdo alle semifinali, sempre nella “sua” Parigi, nel 2015.

Quel lancio di palla sgangherato; quel rovescio troppo falloso; quell’ “ajde!” sparato a tutto volume in faccia all’avversaria di turno, possibilmente accompagnato da pugnetto e contorsione dell’intera persona, anche quando la situazione di punteggio non lo avrebbe richiesto; queste plastiche detonazioni d’insicurezza, in definitiva, sono state la cifra di un’anima bella e fragile che piano piano ha ceduto alla paura di non potersi più ritrovare. È durato poco, Ana, ma è stato bello. Non possiamo che farti i migliori auguri per tutto ciò che il destino avrà deciso di tenere in serbo per te.

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