Oggi Federer è un’icona universale di classe ed eleganza, tant’è vero che nonostante i lunghi mesi passati lontano dai tornei – dove la vita è “meno stressante”, per sua stessa ammissione – i lettori della rivista GQ lo hanno eletto uomo più elegante del 2016, davanti ad attori come Tom Hiddleston e Ryan Gosling. Eppure c’è stato un tempo in cui lo svizzero era un “Maestro” anche in fatto di turbolenze: “Agli esordi rompevo racchette, litigavo con arbitri e avversari… poi ho imparato a comportarmi in modo più civile. Sono cresciuto per gradi” rammenta nell’intervista pubblicata sul numero di gennaio di Io Donna, mensile del Corriere della Sera.
La crescita umana è stata non soltanto parallela a quella sportiva ma, anzi, determinante per essa: alla domanda se sia cosa da tutti essere al vertice del tennis senza montarsi la testa, infatti, Federer risponde con un secco No. “Io ringrazio di aver conquistato vittorie importanti quando ero un giocatore più maturo e non un ragazzino” spiega, “avrei rischiato di uscire di testa.” Il merito di questa crescita è condiviso con il suo team e con Stefan Edberg, suo coach dal 2014 nonché idolo fin dall’infanzia, anch’egli a suo tempo ammirato da tutti per la correttezza in campo e fuori.
Se più di qualcuno tra i nuovi virgulti del tennis dovrebbe tenere a mente le sue parole, anche lo stesso Federer non smette mai di imparare. Col tennis se la cava, ma a suo dire il mestiere di padre è ben più difficile: “Non c’è una scuola per imparare, ma ho molto da studiare con i miei figli. Mi insegnano cose nuove ogni giorno.” Fuor di torneo, l’ex numero uno ha tenuto inoltre a ricordare che il 10 aprile a Zurigo sfiderà Andy Murray nella terza edizione di “The Match For Africa”, l’esibizione organizzata dalla fondazione benefica che porta il suo nome.