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WTA Roma: Svitolina regina del Foro
ROMA – Ottavo titolo in carriera, il quarto della stagione. Halep va in vantaggio, poi l’infortunio. Elina sarà 9 del mondo, best ranking

da Roma, la nostra inviata
[8] E. Svitolina b. [6] S. Halep 4-6 7-5 6-1
Ci siamo, il momento di conoscere la vincitrice degli Internazionali d’Italia 2017 è arrivato. Una finale inedita, con due protagoniste inaspettate. Si attendeva una finale con Muguruza o Sharapova o anche la maggiore delle Williams. Invece, il torneo di Roma ha ammirato una Halep rinata, capace di battere Siegemund, Pavlyuchenkova, Kontaveit (proveniente dalle qualificazioni) e Bertens e una Elina Svitolina in grande spolvero dopo aver sconfitto Cornet, Barthel, Pliskova e Muguruza (per ritiro). Le due finaliste entrano sontuosamente nel campo centrale sulle note della colonna sonora di “Pirati dei Caraibi”, ma poco acclamate, essendoci tanti posti a sedere ancora liberi (molti di questi purtroppo non si riempiranno), nonostante l’arietta che ogni tanto rinfresca e spettina i paganti.
Due i precedenti: le finaliste si sono scontrate nel 2013 a Sofia e nel 2014 in Fed Cup a Budapest, sul cemento, entrambe vittorie in due set per Halep. Tuttavia la 22enne ucraina all’epoca aveva 18 e 19 anni e dunque oggi scende in campo tutt’altra giocatrice, con maggiore esperienza, 7 titoli alle spalle, una tecnica e una mentalità più solide.
Nonostante questo, all’inizio dell’incontro Simona Halep sembra ancora di un altro livello rispetto all’ucraina. La numero 4 del mondo comincia subito a giocare un tennis aggressivo e nei suoi occhi si legge solo un unico pensiero: la voglia di vincere, anzi, stravincere! Infatti Svitolina si trova spiazzata di fronte a tanta determinazione: Halep impone i suoi cambi di direzione con rovesci incrociati e dritti sublimi sulle righe. In un attimo la numero 4 del ranking si ritrova in vantaggio 5-2, dopo aver breakkato l’avversaria nel quinto e settimo gioco. Reazione di orgoglio di Svitolina che strappa il servizio ad Halep e mantiene il suo turno di battuta invano: nel game successivo la vincitrice di Madrid lascia a zero l’ucraina, portando a casa il primo set 6-4. Dagli spalti si sente un solo coro scandito con fermezza:“Si-MO-NA!”, fatta eccezione per un tifoso inopportuno che grida “forza Juve” (oggi la squadra di Allegri può conquistare lo scudetto), beccandosi solo fischi, giustamente. Inizialmente il pubblico non sembra convinto di questa finale:“Ridatece Serena!”, commenta una signora a gran voce.
Nel secondo set si cambia musica, ma non per Elina che si risveglia dal letargo, bensì per Simona, che, dopo un break e contro break iniziale, ha un passaggio a vuoto nel quarto game (3-1 Svitolina). Nonostante la rumena avesse strapparo il servizio all’ucraina nel quinto gioco, per poi riportare il match in parità sul 3 pari, si lascia sorprendere dalla numero 11 del ranking che abbassa la percentuale di errori gratuiti rispetto al primo set e breakka la rumena, portandosi in vantaggio 5-3. Ormai si prospetta una finale al terzo set. Simona inizia a palleggiare dalla linea di fondo pazientemente attendendo l’errore dell’avversaria. Elina perde il controllo dei propri colpi: palle fuori, dritti facili a rete e un doppio fallo finale consegnano il break alla Halep, che annulla anche un set point. 5-4 Svitolina con la rumena alle calcagna. Durante il cambio campo Simona chiama MTO per farsi fasciare il piede destro, dolorante dopo una scivolata a terra durante il primo set. Nel gioco successivo Halep non mostra segni di cedimento e riaggancia l’ucraina sul 5 pari, dimostrando grande solidità mentale, che verrà meno nei due game successivi: errori gratuiti e una Svitolina che finalmente attacca con il dritto, costringendo Halep a correre da una parte all’altra del campo, contribuiscono a chiudere il set 7-5 a favore della 22enne di Odessa.
Si va al terzo e l’aggressività iniziale di Halep sembra essere finita nel cassetto del dimenticatoio: la rumena manda in corridoio un dritto a metà campo, non saltella più tra un punto e l’altro e si lascia alla mercé della Svitolina, che si limita ad angolare un po’ la palla. In soli 12 minuti si arriva al 3-0 a favore di Elina. La 25enne di Costanza smette di giocare, non arriva più sulle palle incrociate, sbaglia dritti e rovesci, non gioca nessuna smorzata anche quando potrebbe, limitandosi ad andare a ricevere e servire. Morale: un netto 6-1 consegna il trofeo a Elina Svitolina. Onore all’ucraina che ha creduto in se stessa fino al terzo match point, nel terzo set ha servito quasi sempre sopra i 170km/h (nonostante i 5 doppi falli durante il corso la partita) e ha sfoderato un rovescio lungo linea delizioso, ma una nota di demerito, se così si può definire, va a Simona Halep che nel terzo parziale di gioco pareva già sotto la doccia, complice il dolore al piede, che sicuramente deve averla condizionata.
Elina Svitolina, partita da sfavorita, ha sorpreso se stessa e l’intero Foro Italico, conquistando il suo quarto titolo dell’anno, ottavo in carriera e secondo Premier 5 (il primo sempre quest’anno a Dubai). Da domani raggiungerà il suo best ranking, piazzandosi alla nona posizione mondiale, senza dimenticare che già da ieri era al primo posto nella race to Singapore.
Durante la premiazione, il Presidente Fit Binaghi, Lea Pericoli e Tatiana Garbin si sono congratulati con la campionessa del torneo di Roma, che per l’imbarazzo le è scivolata la coppa dalle mani mentre rispondeva alle domande in campo, suscitando ilarità nel pubblico. Dopo i soliti convenevoli, il campo centrale si è trasformato in un palcoscenico di vecchie glorie: dopo il video tributo a Flavia Pennetta, Nicola Pietrangeli ha consegnato la racchetta d’oro a uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi, Rod Laver. Il plurivincitore Slam degli anni ’60 è stato al gioco, colpendo una pallina con il dorato manico, dopo aver raccontato la sua esperienza al Foro Italico. Il campione australiano ha segnato la storia di questo sport e oggi ha contribuito a creare un’atmosfera nostalgica e densa di emozioni.
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Roland Garros, doppio femminile: la finale sarà Fernandez/Townsend contro Hsieh/Xinyu Wang
Domenica mattina l’ultimo atto del doppio femminile del Major parigino. Solo la 37enne Hsieh Su-Wei ha già vinto uno Slam tra le tenniste in campo

Nella giornata in cui l’attenzione mediatica è completamente rivolta verso le due semifinali maschili del Roland Garros, in particolare quella tra Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, tra la mattinata e il primo pomeriggio di venerdì 9 giugno si è però anche definita quella che sarà la finale di doppio femminile nello Slam di Bois de Boulogne. Fernandez/Townsend e Hsieh/Xinyu Wang si contenderanno la coppa nell’atto conclusivo in programma domenica mattina.
Si tratta della prima finale in un Major per il duo composto dalla canadese Leylah Fernandez e dalla statunitense Taylor Townsend, che si presentavano a Parigi da teste di serie n° 10 e che hanno battuto in semifinale la coppia, in questo caso tutta americana, Gauff/Pegula, seconda forza, sulla carta del tabellone, nonché formazione finalista nel 2022. Il punteggio a favore di Fernandez/Townsend è stato piuttosto netto, solo 4 games concessi e un 6-0 6-4 eloquente in 1 ora e 4 minuti, condito addirittura da un bagel nel primo parziale.
Guardando individualmente all’una e all’altra giocatrice che hanno raggiunto questo prestigioso traguardo e quindi, in sostanza, separando per un attimo la coppia, per Townsend è la seconda finale a livello Slam, che si aggiunge a quella centrata allo Us Open del 2022 al fianco di Caty McNally, mentre per Fernandez, già finalista in singolare a Flushing Meadows nel 2021 nell’incontro perso con Emma Raducanu, sarà invece, quella dell’11 giugno, la primissima volta in finale in doppio in un palcoscenico tanto importante.
Traslando invece l’attenzione alle loro rivali, la taiwanese Hsieh Su-Wei e la cinese Xinyu Wang arrivano in finale da non teste di serie, anche perché stiamo parlando di un connubio tennistico recente. Dei cinque incontri disputati per ottenere il risultato, però, ben quattro successi le hanno viste estromettere delle giocatrici seeded, tra cui, proprio in semifinale, le seste favorite del tabellone Melichar-Martinez/Perez, in tre set con lo score di 6-2 3-6 6-3.
Anche in questo caso, esaminando singolarmente le due giocatrici, va rimarcato che Hsieh è rientrata nel circuito a 37 anni suonati solo all’inizio di maggio del 2023, dopo uno stop volontario di 18 mesi. I suoi tre titoli in singolare non sono nulla rispetto alle 30 coppe ottenute in doppio (ex n° 1 di specialità), tra cui il trionfo proprio a Bois de Boulogne nel 2014, quando condivideva il campo con Peng Shuai. Xinyu Wang (classe 2001), invece, può dimenticare la batosta subita in singolare da Iga Swiatek al terzo turno di questo Roland Garros con la sua prima finale in doppio in uno Slam.
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Maria Sharapova: “Sinner ha il gioco per vincere uno Slam. Non vedo una mia erede nel tennis femminile”
La visione dell’ex campionessa sul futuro del tennis femminile, sulle chance di Jannik, e su Carlso Alcaraz: “di lui mi affascina lo spirito battagliero”

Campionessa in campo sempiterna, uno dei nomi più noti della WTA del nuovo millennio, sia dentro che fuori dal campo. Maria Sharapova, insieme a Serena Williams, ha sedimentato volti e identità nell’immaginario collettivo difficilmente replicabili. E tanto merito, chiaramente, va alle vittorie: 5 titoli Slam, tra cui 2 Roland Garros. Certamente il major parigino è quello che le ha dato più soddisfazioni, e non a caso proprio nella capitale è stata intervistata da Federica Cocchi per la Gazzetta dello Sport a pochi giorni dall’incoronazione della nuova regina del Roland Garros.
“Potrà sembrare strano, ma i ricordi più forti legati al Roland Garros sono i momenti di difficoltà“, ammette l’ex n.1 al mondo, “quelli che mi hanno formato come persona. Come ad esempio la battaglia con la Halep nella finale del 2014, forse la più faticosa della mia vita. Il titolo del 2012 contro Sara Errani invece lo ricordo con gioia perché ho completato il Grande Slam della carriera“. Maria, insieme a Serena e alle controparti maschili incarnate dai Fab Four ha scandito una storia probabilmente irripetibile, un’epoca florida come poche. Ma sembrerebbe che stia ora emergendo, nel panorama maschile, un ricambio generazionale non così malvagio: “Carlos [Alcaraz] è incredibile. Quello che più mi affascina di lui è lo spirito battagliero su ogni punto. Riesce a dare spettacolo e infiammare il pubblico ogni volta che mette piede sul campo. Non vedo l’ora di assistere alla sua crescita, sono davvero curiosa di vedere dove può arrivare e cosa potrà fare“.
In parallelo ad Alcaraz, l’altro tennista del futuro, il suo ideale rivale, è considerato il nostro Jannik Sinner, altro protagonista di una crescita esponenziale. “Conosco abbastanza bene Jannik“, commenta la russa, “da Riccardo Piatti ho avuto l’occasione di condividere alcuni momenti di lavoro. È un ragazzo serio, umile, dedicato. Mi piace molto il suo stile fluido e potente, sembra quasi che non faccia fatica, e invece c’è un grande sforzo dietro il suo gioco. Spero sia pronto per vincere uno Slam. Il gioco ce l’ha e i fan aspettano il suo trionfo“. Innegabile anche che, come il tennis maschile abbia individuato giocatori che possano prendere le redini del circuito e della popolarità nei prossimi anni, non è facile affermare lo stesso per il circuito WTA. “Al momento non vedo una mia erede all’orizzonte”, interviene Sharapova, “ci sono ottime giocatrici con stili diversi. La formula del successo non è facile da raggiungere, serve un perfetto equilibrio tra il gioco, gli impegni con gli sponsor e il tempo libero“.
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Iga Swiatek, terza semifinale al Roland Garros: i numeri del suo dominio
Dalle vittorie consecutive ai giochi lasciati per strada: la polacca si inserisce tra le migliori giocatrici della storia di questo torneo

“Il 2020 è stato un anno difficile. Non la definirei una buona stagione. Il Roland Garros è stato il mio unico buon torneo. Il tabellone non è molto fortunato, mi sono detta, vedendo che avrei dovuto affrontare Vondrousova, quindi non mi importa, ci proverò e basta”. Eccome se ci ha provato:” 6-1, 6-2, 6-1, 6-4, 6-3, 6-2, 6-1 6-2, 6-3, 6-1, 6-2, 6-1, 6-4, 6-1. La diciannovenne polacca Iga Swiatek ha vinto il Roland Garros 2020 senza perdere un set. Il resto è storia.
Dopo altre quattro partecipazioni, la numero uno del mondo è oggi alla sua terza semifinale a Parigi: meglio di lei, nelle prime cinque partecipazioni al French Open, soltanto Chris Evert (5/5) e Monica Seles (4/5). Le altre due volte, poi ha vinto il torneo. Con Iga, il circuito ha ritrovato una dominatrice. Da uno stato di perenne incertezza (che in realtà ancora pervade i ranghi inferiori) si è innalzata una giovane donna saggia, inarrestabile e coraggiosa (la coccarda gialloblù che porta sul cappellino ne è una prova).
Ma non è che Iga domina un po’ troppo? Fin qui, a Parigi ha concesso la miseria di quindici game, la prima a lasciarne così pochi da Conchita Martinez nel 1995. Addirittura, l’ultimo set perso risale agli ottavi della scorsa edizione. Nel processo, ha già realizzato quattro bagel: sono in tutto tredici solo in questo 2023.
Dodici invece le vittorie consecutive a Parigi: dal 2020 ha perso una sola partita, contro Maria Sakkari ai quarti dell’edizione 2021. È la quarta tennista più giovane a raggiungere tale striscia: sopra di lei, solo Immortali come Monica Seles, Steffi Graff e Chris Evert.
Spesso si dice che i grandi numeri non facciano giustizia ai grandi campioni. Sicuramente oggi servono a inquadrare la numero uno, che ha fatto dei risultati netti e delle vittorie schiaccianti il suo tratto distintivo.
“Riesci a goderti i momenti in cui vinci i match e vai avanti in tabellone? O si riduce tutto al lavoro?” “Devo ancora imparare a godermela mentre gioco e vinco, perché quando finisco le partite di solito penso a quelle successive. Le sensazioni positive arrivano dopo il torneo. Spero di migliorare.”, risponde la fredda campionessa Iga Swiatek, ancora divisa fra un po’ di ingenuità giovanile e la saggezza della campionessa affermata. Domani, sulla rossa terra di Parigi affronterà la brasiliana Haddad Maia, alla prima semifinale slam, con palmares e personalità opposte. Quest’ultima viene da dodici ore di gioco, Iga da meno di sei. “Ti preoccupa arrivare in fondo agli slam poco allenata?” “No, posso gestire la cosa. Non credo che mi sentirò arrugginita quando dovrò giocare i punti importanti”. Il ruolo di favorita, Iga Swiatek ce l’ha nel sangue.