Intervista a McEnroe: "Agassi-Djokovic, così si fa" (Rossi)

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Intervista a McEnroe: “Agassi-Djokovic, così si fa” (Rossi)

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Intervista a McEnroe: “Agassi-Djokovic, così si fa” (Paolo Rossi, La Repubblica)

 

A Parigi, da lunedì prossimo, John McEnroe farà quello che gli piace fare, e che poi gli riesce meglio: il battitore libero. Un po’ commentatore, un po’ intrattenitore, il tutto per Eurosport. Ma con un occhio attento ai ragazzi anche dal punto di vista dello spogliatoio, perché in fondo non ha dimenticato la sua esperienza di allenatore. «L’impegno di tanti campioni del passato è stata una buona cosa per il tennis, specie nel caso di Becker con Djokovic, che si è rivelata una mossa vincente».

Beh, anche Lendl con Murray. E tanti altri. Ma, ad ogni modo, proprio Djokovic ha anticipato la grande novità del Roland Garros.

«Andre Agassi consulente».

Dovrebbe fargli da tecnico.

«Ma le cose non sono mai cosi scontate: bisogna conoscersi, vedere se i due cammini si incrociano, se si parla la stessa lingua tennistica. E poi Andre ha tanti impegni a Las Vegas: la fondazione, la scuola, la famiglia. Io ci andrei piano».

E se Djokovic avesse invece contattato lei?

«Quando un grande campione chiama, si risponde. E infatti lui si è affidato a una leggenda, che saprà come consigliarlo, saprà quali antenne dover attivare».

Lei ha allenato Raonic, un altro purosangue che però stenta a decollare.

«Milos… finora non è riuscito a giocare bene come potrebbe uno del suo genere, e io ancora oggi credo invece che possa vincere Wimbledon. Ha il tennis per poter salire ancora di livello».

Perché ha deciso di allenare? Un motivo particolare?

«Perché mi sono deciso? Perché ho visto che stavo invecchiando, e la verità è che ero rimasto quasi solo a casa: dei miei sei figli ne era rimasto soltanto uno…».

Senta, non è che Federer ha scoperto con Ljubicic il segreto della felicità?

«Apparentemente sì. Agli Australian Open è stato meraviglioso. In questo momento ha trovato il giusto equilibrio tra famiglia e tennis, e a 36 anni può fare come cavolo gli pare».

Comunque tutte le star si sono rivolte a vecchi campioni.

«Non mi sorprende: chi può capire certi meccanismi più facilmente rispetto ad altri? Però bisogna volerlo: mi ricordo che nel ’93 Becker volle che lo accompagnassi, ma non ascoltò mai una parola di quello che dicevo. Vabbè, era anche un periodo particolare: io divorziavo e Boris litigava con Tiriac, il manager. Però secondo me quelle idee, quell’esperienza, gli è servita con Djokovic. Scherzo».

A novembre vedremo Next Gen, il torneo delle speranze che si disputerà con tante regole nuove: set di 4 game, tie-break sul 4-4, non c’è let sul servizio. Che le pare?

«Chi meglio dei giovani può sperimentare? Loro giocheranno il tennis del futuro, e dunque sono perfetti per testare questi progetti».

Quindi lei è a favore?

«Penso che nei prossimi tre anni dovrà cambiare qualcosa riguardo al format della Coppa Davis, e anche il calendario dovrà essere rivisto (…)

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