Nadal: "Ho giocato bene, Roger meglio. Basilea? Non so ancora"

Interviste

Nadal: “Ho giocato bene, Roger meglio. Basilea? Non so ancora”

Dopo la finale contro Roger Federer: “Sono comunque molto soddisfatto. Ho fasciato il ginocchio, ma non posso dire di più”

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All’inizio della settimana hai detto che con Roger in queste condizioni sarebbe stata una sfida significativa. Come valuti la finale di oggi?
È stato di sicuro un match molto difficile per me. Lui ha giocato molto veloce e molto bene. Non so quanti errori non forzati ha fatto, ma penso che abbia giocato bene. Forse avrei potuto fare meglio alcune cose, ma questo è tutto. No, ha giocato davvero bene, questo è il mio punto di vista. Perciò congratulazioni a lui.

Indipendentemente dal risultato di stasera, hai giocato in questa parte di stagione meglio di come hai giocato di solito in questo periodo nel corso della tua carriera. Hai fatto qualcosa per aggiustare la tua preparazione? È solo che sei riuscito a mantenerti in forma? C’è qualcosa che hai imparato per fare meglio in questa parte della stagione quest’anno?
No, ho giocato bene. È tutto, no? Pechino è stato un torneo che ha richiesto tempo per me affinché giocassi bene. Non mi sono mai piaciute molto le palle. Era difficile trovare un buon ritmo. Ho giocato alla grande a Pechino quest’anno e anche qui. Ho disputato un fantastico torneo, con buone vittorie. Sono molto soddisfatto del modo in cui ho affrontato l’intero tour asiatico. Pechino, Shanghai sono state due settimane molto positive per me. Tanti punti, molte vittorie contro grandi avversari. Torno con tanta soddisfazione personale per il modo in cui ho giocato.

Hai messo una fasciatura sul tuo ginocchio destro. L’hai fatto per precauzione?
No. Non voglio parlarne adesso, chiedo scusa, ma dopo aver perso una finale non è il momento.

 

Questa domanda riguarda la pressione o la motivazione. Siccome non hai mai vinto il titolo a Shanghai, credi che questa sia la motivazione per tornare qui il prossimo anno?
No, ho giocato ogni torneo con la massima motivazione. Non sarebbe giusto giocare qui con una motivazione più alta che a Montecarlo, perché non ho vinto qui e ho vinto 10 volte a Montecarlo. Quando vado in campo do il massimo, a volte gioco meglio, a volte peggio. Shanghai è un evento importante e gli ho sempre prestato attenzione. È vero che spesso non ho giocato così bene come avrei voluto qui, ma ho già fatto due finali e due semifinali. Quindi non è stato un cattivo torneo.

Hai detto molte volte che il terreno duro non è la migliore superficie per il tuo corpo, per le tue ginocchia. Hai giocato tornei uno dietro l’altro. Hai un altro torneo sul cemento tra poco più di una settimana (Basilea). Ci andrai?
Non lo so, ho bisogno di pensarci. Non posso (sorridendo). Non posso dirvelo, scusa.

Come giudicheresti la forma di Roger in questo momento rispetto a come è stata nell’ultimo decennio?
Ha vinto due Slam, tre Masters 1000, è secondo in classifica con un sacco di punti. Già, ha giocato bene per tutta la stagione. La cosa buona per lui è che ha preso dei periodi di riposo e quando è tornato è stato in grado di vincere. Quindi fa differenza, perché è molto facile dire, prendo questo periodo di tempo e funziona molto bene. Okay, funziona molto bene se torni e vinci. Perché se torni e non vinci, allora certamente non va bene. Quando qualcuno vince tanto, sembra che il calendario sia perfetto. Quando qualcuno sta perdendo, sembra che il calendario non sia buono. Quest’anno, Roger ha giocato alla grande in tutti gli eventi che ha disputato, sembra che abbia preservato il suo corpo, ha fatto le cose giuste, sì, probabilmente, sì, ma allo stesso tempo tutto potrebbe accadere. La fiducia a volte è altalenante. Puoi perdere un paio di partite e cambia tutto, ma ovviamente ha fatto cose incredibili. Ha giocato un livello molto alto di tennis durante tutta la stagione, sono felice di vederlo giocare bene.

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Djokovic alla CNN: “Non ho rimpianti. Alcaraz merita il numero 1”

“Spero di esserci per lo US Open. La finale persa con Medvedev uno dei ricordi più belli a New York”, così il tennista serbo Novak Djokovic parla da Dubai

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Novak Djokovic, Dubai Open Tennis Championship 2023

L’assenza di Novak Djokovic anche dal torneo di Miami ormai è cosa nota, e martedì a Dubai il tennista serbo è stato intervistato da Becky Anderson, reporter della CNN. L’attuale numero 2 del mondo ha affrontato tutti i temi principali di attualità tennistica, compreso il suo status di non vaccinato che al momento gli impedisce di entrare negli Stati Uniti. Infine ha anche aggiunto interessanti osservazioni sulla rivalita con Roger Federer e Rafa Nadal.

Rimpianti sul vaccino

No, non ho affatto dei rimpianti. Ho imparato durante la vita che i rimpianti sono una zavorra, di fatto ti fanno vivere nel passato e io non voglio questo. Non voglio neanche vivere nel futuro, ma cercare di stare il più possibile nel momento presente, e piuttosto cercare di fare qualcosa per migliorare il futuro.

Su Alcaraz e la sua assenza dal Sunshina Double

Voglio congratularmi con Carlos Alcaraz, si merita assolutamente di essere numero uno. È un peccato che non abbia avuto modo di giocare Indian Wells e Miami perché sono due tornei che amo ma allo stesso tempo la mia era una scelta cosciente e sapevo che c’era la possibilità che non sarei andato. Questo è il corrente stato delle cose e spero che cambino per il resto dell’anno così da poter giocare lo US Open, il torneo per me più importante sul suolo americano.

 

Su un’eventuale partecipazione allo US Open

Sono fiducioso anche se non è nelle mie mani la scelta… bhe anche questo è discutibile perché c’è  qualcosa che io potrei fare ma che ho deciso di non fare, e ovviamente se sarò ammesso a giocare la decisione spetta ai piani alti del Governo. A questo punto della mia carriera i tornei dello Slam sono quelli a cui punto di più e che vorrei giocare di più. Vorrei davvero tanto esserci perché ho tanti bei ricordi, e a dir la verità nella finale persa con Medvedev nel 2021 ho avuto forse uno dei momenti più belli col pubblico newyorkese; anche se ho perso quel match ho sentito tanto supporto dal pubblico e vorrei ricreare quella connessione. Non vedo l’ora.

Su Federer e Nadal

Mi hanno reso più forte, sia mentalmente che fisicamente, il mio gioco è migliorato grazie a tutte quelle partite che abbiamo giocato l’uno contro l’altro, soprattutto a causa delle partite che ho perso contro di loro, alcune davvero importanti. A volte ero davvero infastidito di far parte di quell’era’.

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ATP Miami, Alcaraz: “Con Sinner ci spingiamo a sviluppare il nostro gioco al 100%, sarà una bella rivalità”

“Non sono sorpreso di come ho recuperato dal mio infortunio perché conosco il mio corpo”, così il numero 1 Carlos Alcaraz appena arrivato in Florida. “Gioco a un grande livello perché sono rilassato e mi diverto”

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Carlos Alcaraz - US Open 2022 (foto Twitter @ATPTour_ES)

Mentre a Miami il torneo femminile inizia con i primi turni, si svolge in concomitanza il media day, quella giornata riservata alle interviste dei top players, in un ambiente decisamente più informale delle solite conferenze stampa. Il target principale ovviamente è il numero 1 al mondo Carlos Alcaraz, fresco vincitore del Masters 1000 di Indian Wells.

D: C’è qualcosa che vuoi e puoi ancora migliorare nel tuo gioco a questo punto della carriera?
Alcaraz: Io dico sempre che c’è sempre qualcosina che si può fare meglio. Io posso migliorare nel mio gioco ogni giorno, ad esempio è per questo che i Big Three sono così forti, perché sono migliorati ogni giorno.

D: Lo scorso anno qui a Miami hai giocato tante belle partite nella corsa verso il titolo, come la vittoria su Tsitsipas. Ti piace l’atmosfera che trovi qui?
Alcaraz: Ho molto supporto qui, mi ricordo lo scorso anno una connessione incredibile con il pubblico perché molte persone parlano spagnolo. mi ricordo grandi match lo scorso anno e non vedo l’ora di giocare. […] La cultura latinoamericana qui a Miami è molto diffusa e ovviamente mi piace tanto giocare qui, mi sento come a casa. Sento l’amore in ogni partita e ogni allenamento.

 

D: Hai compiuto una grande impresa vincendo Indian Wells e battendo alla grande Medvedev in finale. Senti adesso un po’ il peso delle aspettative crescere?
Alcaraz: Non sento molto la pressione, so quali sono le cose che devo fare: di giocare rilassato e non preoccuparti se vinco o perdo, o gioco bene o male. Il mio obiettivo è sempre lo stesso, stare a mio agio in campo, divertirmi e cercare di fare grandi colpi durante il match. Questo è ciò che sono, è per questo gioco ad un grande livello, perché sono rilassato e mi diverto.

D: Puoi parlarci della tua rivalità con Sinner? Cos’è che fa sì che voi due tiriate fuori il meglio l’uno dell’altro?
Alcaraz: Sì, probabilmente tra noi due ci sarà una bella rivalità. Credo che tutti ne parleranno, perché ci spingiamo a vicenda ad essere persone migliori e giocatori più forti. Ci spingiamo a sviluppare il nostro gioco al 100% e credo sia una cosa bellissima.

D: A questo punto della tua carriera cos’è più importante per te, essere numero 1 o vincere un altro torneo dello Slam?
Alcaraz: Mh, è veramente una domanda difficile da rispondere ma vada per uno Slam.

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Fino a che punto può arrivare il tennis di Carlos Alcaraz?

Molti giocatori “giocano per distruggere, non per costruire” afferma il suo coach Ferrero. Un viaggio dietro le quite targato Vogue, nella creazione di un campione

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Carlos Alcaraz - Calvin Klein intimo 1996 (foto Twitter @CalvinKlein)

Di Gaby Wood, pubblicato su Vogue il 22 febbraio 2023

In una fresca giornata di sole nel sud est della Spagna, un tennista di 19 anni si sta allenando. Lo scorso settembre è diventato il numero uno del mondo, una posizione che ha conservato per più di quattro mesi, diventando il più giovane tennista numero uno da quando sono iniziate le classifiche. Carlos Alcaraz, “Carlitos” per gli amici “Charlie” quando parla con se stesso, ha vissuto negli ultimi 3 anni qui alla Tennis Accademy di Villena. La struttura è costruita in mezzo a terreni agricoli e si trova tra una prigione di massima sicurezza e un castello medievale. Il nuovo re del tennis si allena qui per due ore ogni mattina “Ma c’è molto di più in arrivo,” mi assicura, appena la sessione è finita: il suo programma consiste in ” tennis, tennis e ancora tennis. “

Scivola e plana sul campo: ” Venga, venga, venga! ” urla a se stesso stringendo il pugno e appena la palla entra in contatto con la racchetta le sue esalazioni, mezze grugnite, mezze “cantate”, riecheggiano nell’aria arida col suo consueto “Ehhhhh!.”

 

Sta scambiando con Darwin Blanch, un allampanato, giovane americano di 15 anni che ha quella tipica andatura, a suo modo elegante, di un teenager le cui articolazioni sono cresciute molto velocemente. Guardandoli insieme si capisce quanto Alcaraz, che aveva una struttura simile a quell’età, sia cresciuto per soddisfare i requisiti del tennis contemporaneo.

Oggi la maggior parte dei giocatori sono delle bestie” mi dice il suo coach Juan Carlos Ferrero. (per contro Ferrero, che è stato numero uno al mondo nel 2003, era magro e veloce tanto da essere soprannominato “El Mosquito”, la zanzara).

Ferrero li sta indirizzando a colpire due colpi specifici alla volta, più uno a loro scelta. Ci spiega che molti giocatori “giocano per distruggere, non per costruire. Carlos è fisicamente esplosivo e molto veloce. Non riesco a farlo giocare piano, ma spero sia capace di costruire, lui è creativo per disposizione naturale e questo è un vantaggio”.

In maglia nera, pantaloncini blu e le Nike Vapor Pro 2 con rialzo arancione e il baffo rosa brillante, Alcaraz è sia casual che monumentale. Mentre si muove sulla linea di fondo, il sole delinea i suoi muscoli delle gambe come se fosse un cartone animato: il piede in basso, seguito da un visibile aumento della spinta verso l’alto. sta eseguendo una versione del colpo che l’ha reso famoso battendo Jannik Sinner nei quarti degli US Open. Colpisce la palla ruotando e colpendola oltre la sua schiena, come se lanciasse un mazzo di chiavi, o guardasse dietro le spalle per vedere se ha dimenticato qualcosa. Un ghigno da ragazzo. Gioca a tennis come se fosse…beh, un gioco.

Adesso che Roger Federer si è ritirato, i fan in cerca di un nuovo idolo sono migrati in massa verso Alcaraz. “E’ come se Dio lo avesse mandato per essere il futuro del tennis dice Arnold Rampersad che ha co-scritto il libro di memorie di Arthur Ashe del 1994, Days of Grace. “E’ come un Arcangelo con una stupenda palla corta e un incredibile senso del campo”. Geoff Dyer, autore di The last days of Roger Federer, lo ha visto giocare a Indian Wells l’anno scorso, lo ha trovato non solo implacabile ma “il giocatore più giovane e completo che avessi visto da anni. In questa primissima parte della sua carriera, si sente immortale”.

Cos’ha che gli altri non hanno? Una combinazione di audacia, varietà di colpi, flessibilità tattica, stile, forza, originalità, arguzia. Un corpo che va in spaccata e subito dopo balza su, come se il campo fosse un trampolino. una seconda palla impressionante. Palle corte d’autore giocate in momenti di estremo nervosismo che farebbero saltare le coronarie a tutti gli allenatori. “Trascende ovunque giochi,” mi dice Brad Gilbert ( ex numero 4 al mondo nel 1990 ) coach e commentatore . “Ovunque la gente accorre a fare il tifo per lui perchè è davvero esaltante da vedere”.

Durante lo US Open dello scorso anno, che ha vinto, Alcaraz è stato in campo per 23 ore e 39 minuti, tra cui tre partite quasi infinite, terminate al quinto set, alcune delle quali finite a tarda notte. Prima della semifinale, è andato a letto alle 6 del mattino.

“Ecco una parola giusta per lui ,” dice Gilbert: “coraggio”. Si riferisce ad Alcaraz come in “Fuga da Alcaraz”, è così indomito. “Se mi dicessero tra cinque anni che ha vinto sei o sette Slam, non sarei per niente stupito” riflette Gilbert. “Forse saranno 10, forse di meno. Ovviamente un altro fattore importante è legato alla fortuna di non avere infortuni, gioca sempre molto fisicamente. Ma se mi dicessero tra cinque anni che ha un solo Slam in bacheca, sarei totalmente scioccato.”

Con l’addio di Federer e il declino di Rafael Nadal – il cui monopolio congiunto, insieme a quello di Novak Djokovic ha, secondo Gilbert, “spazzato via circa tre generazioni” – il tennis sta entrando in una nuova era. È più fisico, con partite più lunghe, giocate in tutto il mondo e, grazie alla programmazione televisiva, a tutte le ore del giorno e della notte; e ci sono più tornei, più stampa, più richieste sui social media; più modi per il mondo esterno di entrare nel mondo dei giocatori e distrarli. A marzo, poco prima di giocare a Indian Wells, Alcaraz affronterà un americano di alto livello, Taylor Fritz o Frances Tiafoe, in una “prima esperienza di tennis nel suo genere” all’MGM Grand Garden Arena di Las Vegas. Chiamato “The Slam”, questo combattimento di gladiatori è pubblicizzato con musica metal e si terrà in un luogo probabilmente più noto per l’incontro di boxe in cui Mike Tyson ha morso una parte dell’orecchio di Evander Holyfield.

Siamo molto lontani da tutto questo qui, all’accademia di Ferrero, dove le comodità sono minime e l’ambiente è sobrio. È la prima settimana di gennaio – un presepe accuratamente allestito troneggia su uno scaffale della mensa – e mentre molti giocatori sono già in Australia per l’Open, Alcaraz e Ferrero hanno scelto di trascorrere più tempo a prepararsi a casa. Verso la fine del 2022, Alcaraz ha avuto un infortunio a un muscolo addominale che lo ha portato a ritirarsi dalla Coppa Davis. Sia lui che Ferrero dicono che si è completamente ripreso.

Mi saluta dopo l’allenamento con un ampio sorriso alla Tom Cruise. Ci sediamo a un tavolo fuori. In primo piano, i suoi capelli scuri portano alcune ciocche punteggiate di bianco – come si addice a un prodigio, forse – e il suo modo di parlare è così franco che a volte penso di aver capito male. “Sono sempre stato un ragazzo di grande talento,” mi dice, senza vanteria. “Ma ho sempre lavorato sodo. Perché se hai talento e non ti impegni non arrivi da nessuna parte”.

Alcaraz partecipa a questo gioco, il gioco delle interviste, da quando era bambino. Un video girato quando aveva 12 anni lo mostra strizzare gli occhi verso la telecamera e dichiarare che Federer è il suo idolo. Perché non il suo connazionale Nadal?

Rafa è qualcuno che ho sempre guardato, dice ora. “Lo ammiro molto. Ma Federer, la classe che aveva, il modo in cui faceva vedere alla gente il tennis: era bellissimo. Guardare Federer è come guardare un’opera d’arte. È eleganza, faceva tutto magnificamente. Sono rimasto incantato da lui.”

Alcaraz è cresciuto a poco più di un’ora da qui, in un villaggio fuori Murcia chiamato El Palmar, un posto che visita ancora nei fine settimana. Tutti si conoscono, dice, e ha gli stessi amici con cui usciva da bambino. Circa 40 anni fa suo prozio costruì lì un club di tennis, su quello che era un poligono di tiro al piattello e il nonno di Alcaraz, Carlos, si unì all’impresa. Successivamente, il padre di Alcaraz, che ha giocato a tennis professionistico fino a quando non ha più potuto permettersi di continuare, ne è diventato il direttore. Quindi Carlitos è nato, dice, “con il tennis nel sangue”. Suo fratello maggiore, Álvaro (ora 23enne), ha giocato in tornei prima di lui, e i suoi fratelli minori (di 13 e 11 anni) sono appassionati di tennis quanto il resto della famiglia, compresa sua madre, che fino a poco tempo fa lavorava come commessa all’IKEA. Alcaraz ha avuto la sua prima racchetta all’età di quattro anni e, secondo suo padre, piangeva quando la sera doveva smettere di giocare per tornare a casa a cena. La sua vita sociale ruotava attorno al circolo del tennis.

A 12 anni era già un giocatore così promettente da essere sponsorizzato da Babolat e Lotto. Un amico di famiglia proprietario di Postres Reina, un’azienda di yogurt e dolci con sede a Murcia, gli aveva già dato i soldi di cui aveva bisogno per partecipare a un torneo junior in Croazia e ha continuato a coprire gran parte delle sue spese di viaggio. Ferrero lo ha visto giocare per la prima volta proprio in questo periodo. “Avevo già sentito parlare di lui”, dice il suo allenatore. “Soprattutto il fatto che stesse facendo un sacco di cose diverse: palle corte e pallonetti e discese a rete, cose che i ragazzini non fanno, stanno solo dietro, combattono e corrono. Era molto dinamico, lo si vedeva già”.

Alcaraz ha iniziato ad allenarsi con Ferrero quando aveva 15 anni. Ferrero aveva lavorato per otto mesi al fianco di Zverev; a detta del coach spagnolo la separazione è stata causata da posizioni divergenti sul concetto di “professionalità”. (“Siamo molto amici”, dice Ferrero di Zverev, mettendo a tacere eventuali insinuazioni polemiche. “Si è allenato spesso con Carlos.”). In Alcaraz ha visto una sfida: un ragazzo con molta strada ancora da fare.

La routine di Alcaraz consiste in diverse ore di tennis al giorno, oltre ad allenamento in palestra, fisioterapia e una pennichella dopo pranzo. Mangia quello che gli va, ma in maniera sana. La sera si impegna a imparare l’inglese. “Sono migliorato, ma la strada è ancora lunga!”. Ogni tanto si concede un film e, opportunamente, preferisce scegliere tra quelli che lui chiama “di suspence” o “motivazionali”. Film motivazionali? chiedo io un po’ confuso. “Sì,” risponde lui. “Sylvester Stallone. Hai presente, no? Rocky Balboa.”

Quando si vede coi suoi amici il fine settimana gli piace andare al parco e sedersi in compagnia oppure ritrovarsi a turno a casa di uno a fare giochi da tavolo. Gli piace il calcio ed è tifoso del Real Madrid (suo fratello maggiore tifa Barcellona). Secondo i rotocalchi usciva con Maria Gonzalez Gimenez, ma Alcaraz allude a una rottura dicendo che è single da 18 mesi. “Non restando mai nello stesso posto è complicato”, aggiunge. “E’ difficile trovare una persona con cui condividere le cose se ci si ritrova continuamente giro per il mondo.”

Uno dei suoi hobby sono gli scacchi. Amo gli scacchi. Doversi concentrare, giocare contro un avversario, la strategia – dover prevedere le mosse. Penso che ciò sia molto simile al tennis giocato in campo,” dice Alcaraz. “Devi intuire dove il tuo avversario giocherà la palla, devi muoverti con anticipo e provare a ribattere con una mossa che metterà l’altro giocatore in difficoltà. Per questo ci gioco spesso.”

Qualche mese fa ha iniziato a fare più attenzione al suo abbigliamento e a fare in modo di avere un bell’aspetto quando esce per strada. Gli piace indossare jeans larghi o pantaloni larghi e una maglietta; è anche appena diventato il nuovo volto della campagna di intimo maschile Calvin Klein (slogan: “Calvins or nothing”). “Ci sono persone che indossano solamente brand in voga, ma io ho tirato dritto,” dice. “Mi vesto in modo molto semplice.”

Quindi, vi chiederete, che cosa ci fa coi montepremi delle sue vittorie? Ride. “Beh, se ne occupa mio padre. Sono ancora giovane e ho anch’io i miei capricci, ma sono molto naturale, normale, umile. Non bado molto ai brand e alle auto. Se mi piace qualcosa, provo a comprarlo, ma alla fine è mio padre che si occupa di tutto.”

E quali sono i suoi capricci?

Sono un fanatico delle scarpe della Nike”, dice. E, sebbene sia sponsorizzato dalla Nike, spiega che ci sono modelli vintage che desidera “che sono piuttosto costosi. Sono esclusivi o difficili da trovare. E questi sono i generi di prodotto che compro, se mi piacciono. Tipo alcune Jordans, alcune Dunk Lows, o altre lanciate da Travis Scott. Voglio farmi una bella collezione – quello, in sostanza, è il mio obiettivo. Al momento ne ho circa venti paia.”

E’ quasi certo che Alcaraz accumulerà più di qualche paio di scarpe di qui ai prossimi anni – anche se non è chiaro quanto gli farà la differenza. Quando gli chiedo degli sponsor deve controllare sul telefono, ma poi si ricorda improvvisamente che la BMW gli ha dato un’auto.

Ferrero, che iniziò ad allenarsi anche lui qui all’età di 15 anni e che ha vissuto nella casa dove ora alloggia Alcaraz, è ben compiaciuto dei progressi fatti dal suo protetto, ma si trattiene fortemente dal cantar vittoria.

Chi di noi è fra gli addetti ai lavori sa che è meglio essere cauti,” dice. “Penso che Carlos abbia delle qualità tali da poter entrare a fare parte della cerchia dei migliori giocatori nella storia del tennis. Questo mi è molto chiaro. Tuttavia, ovviamente, molte cose possono succedere. E’ giovane. Ci sono molte cose che non vede. Tutti sappiamo che ci sono dei rischi: andare a feste, distrarsi, non concentrarsi sul tennis. Quando hai l’opportunità di conoscere gente ricca e famosa, è facile perdere la bussola. Ora in molti gli diranno che tutto quello che fa va benissimo. Ma chi noi gli sta intorno deve cercare di vedere la realtà delle cose. Deve migliorare in tutto – continuità, mentalità nei momenti difficili, maturità in campo. Dobbiamo lavorare sui suoi punti deboli.”

La famiglia di Alcaraz, secondo Ferrero, “ha un ruolo molto importante” nel tenerlo con i piedi per terra. Il fatto che suo padre conosca il mondo del tennis è fondamentale. Il fratello, Álvaro, viaggia spesso con lui (durante gli US Open i fratelli Alcaraz hanno condiviso la camera d’albergo, allo stesso modo in cui, anni fa, condividevano un letto a castello). 

Il team, in senso allargato, comprende Ferrero (“Juanki”, è il nomignolo affibbiatogli da Carlos, a sostituire il “Mosquito” con cui era chiamato da giocatore), un personal trainer, un fisioterapista, un medico, un paio di allenatori a Murcia e, ultimamente, una psicologa di nome Isabel Balaguer.

“Mi ha aiutato molto”, mi dice Alcaraz. “Ero un po’ confuso. Non riuscivo a controllare bene le mie emozioni, ero sempre arrabbiato. Quando avevo 15 o 16 anni lanciavo le racchette un po’ in giro, o ne rompevo, e questo metteva a rischio il mio gioco. Sapevo di dover migliorare sotto quell’aspetto. Grazie a Isabel sono migliorato molto. Sentirsi sereni durante un anno impegnativo è fondamentale. E dal mio punto di vista, è fondamentale scendere in campo sorridendo, sentendosi felici. Ti aiuta mentalmente. Per me è tutto”

Trascorro la notte in una delle capanne di legno dell’accademia, aspettandomi di rivedere l’allenamento di Alcaraz il giorno successivo; tuttavia, il mattino dopo il posto sembra deserto. Alcaraz e Ferrero sono alle prese con il preparatore atletico: “Oggi ci riposeremo”, annuncia Ferrero. Qualcosa non va, un accenno di infortunio, forse. Due giorni dopo, l’account Twitter di Alcaraz riporta la notizia: un movimento fortuito durante l’allenamento ha danneggiato un muscolo della coscia destra. Carlos si ritirerà dagli Australian Open.

Ognuno di noi conosce il proprio corpo,” spiega Carlos “so dove sono i miei limiti, quando devo fermarmi, quando spingermi oltre. Ho imparato a farlo. È meglio fermarsi in tempo per recuperare il più rapidamente possibile. Anche capire quando fermarsi è una vittoria.”

Avevo chiesto ad Alcaraz quale fosse stato il suo momento più difficile fino a quel momento. “Ho avuto un brutto periodo dopo aver vinto lo US Open,” ha risposto. “Sembra che me lo stia inventando, ma… beh, quel momento mi è piaciuto molto.” (La notte della vittoria ha festeggiato con la sua famiglia e il suo team al Mission Ceviche, un ristorante peruviano nell’Upper East Side, e la festa della vittoria è stata seguita da un servizio fotografico con il trofeo a Times Square nelle prime ore del mattino.)

“Ma la verità è che, quando sono dovuto tornare a giocare, c’è stato un momento in cui mi son detto: “Stress!” … Capisci cosa intendo?” 

La testa stretta tra le mani a illustrare il concetto, Carlos prosegue: “Forse non avevo pienamente compreso quello che era successo. O forse, istintivamente, ho perso una piccola speranza. Penso che quello che è successo sia stato che, quando ho visto che avevo raggiunto ciò che sognavo da quando ero un ragazzino, inconsciamente le mie aspirazioni si sono un po’ offuscate. E questo è stato difficile. Perché nessuno si stava divertendo, in campo: non io, e neppure Juanki, vedendomi così spento e privo di scintilla. Ho pensato, dove vado adesso?

Per quanto sia difficile arrivare al numero uno, è molto più difficile rimanerci. Quello che Rafa, Roger e Djokovic hanno fatto è quasi impossibile, conferma Carlos, sul mantenere la voglia di vincere nel tempo. “Penso che quando hai vinto il tuo primo Grande Slam ti rendi conto di quanto sia complicato.”

Quindi… cosa farà Carlos Alcaraz da ora in poi? “Continuerò a voler realizzare il mio sogno,” conclude, “anche se l’ho già fatto.”

Traduzione di Michele Brusadelli, Silvia Gonzato, Luca Gori, Massimo Volpati

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