Nella bolla di Roger Federer

Editoriali del Direttore

Nella bolla di Roger Federer

BASILEA – Un punto che cambia un’intera partita. Visto attraverso gli occhi di Federer. Che quasi non sa spiegarselo

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da Basilea, il nostro inviato

C’è una serie di immagini che finirà senza dubbio nelle raccolte di highlights degli Swiss Indoors, se non in quella dell’intera stagione ATP. Una di quelle sequenze disegnate sui fogli di un blocco notes, che poi si lasciano scorrere rapidamente per crearne il movimento, come i cartoonists della prima epoca.

Federer ha appena servito ed è leggermente piegato in avanti e verso sinistra, travolto dalla risposta ficcante si dritto di Mannarino: la palla viaggia verso i suoi piedi, destinata in brevissimo oltre la linea del suo corpo. Roger fa un saltello indietro per riassestarsi e la impatta con il rovescio, spezzando d’improvviso il movimento quel minimo che separa un colpo vero e proprio da una semplice parata: appena un attimo dopo il rimbalzo. E lei vola piatta, senza rotazione, dritta lungo la linea alla destra di Mannarino, che nemmeno prova a raggiungerla. È il solo a sperare di non essere vittima di uno di quei momenti. Un bacio alla riga, deuce, la St. JakhobsHalle che diventa un cielo di Capodanno. Ne aveva già messi a segno durante il match, di rovesci, e ne avrebbe colpiti ancora un paio prima della fine del match. Uno definitivo, ampio, a trafiggere Mannarino sul match point; un altro ben prima, nel secondo set in occasione dell’allungo che gli aveva permesso di pareggiare il conto dei parziali. Nessuno di quella rischiosa compostezza, di quella normale assurdità.

Federer però stringe solo il pugno, prima di richiedere l’asciugamano al ball boy, uno di quelli che porterà a mangiare la pizza dopo il torneo, con o senza titolo: non una piega, un’esultanza, una incitazione. Nulla. Urla invece un “Chum Jetzt!” a tre cifre di decibel sul punto successivo, un prima vigorosa che Mannarino non contiene e che gli dà il vantaggio: come se il rovescio precedente fosse da allenamento, mentre questo servizio l’ultimo di una finale. “La cosa più importante in realtà è il punto successivo; capire che non devo assolutamente sprecare quel modo in cui ho salvato una palla break. Sono rimasto calmo e sono riuscito a approfittare del calo mentale che probabilmente gli ho provocato, e giocare libero”. Che è la condizione principale per poter giocare una palla del genere: È stato l’esempio di quello che succede quando riesco a non pensare. Mi sono dimenticato di essere a Basilea, indoor, sotto nel punteggio. A volte può capitare di giocare punti importanti solo facendo attenzione a non sbagliare. E a questi livelli è stupido”.

Una sorta di bolla, di tunnel che permette a Federer di isolarsi dal contesto e ritrovarsi con un clic del polso. Un misto di lucidità e non sense, su cui lui stesso scherza per spiegare il processo di un colpo tale: “Prima di colpire penso che non sarei mai dovuto arrivare in questa situazione. Durante il colpo spero che entri. Dopo sono sollevato. E penso che sono problemi suoi, adesso”. Poi una specie di ammissione, come a tornare con i piedi per terra per ammonire chi pensa troppo oltre la realtà: “Non è scienza: a volte c’è solo bisogno di buttarsi e sperare che vada bene“.

Resta un’idea di beata ignoranza generale, nel senso più letterale del termine. Nessuno sa come abbia fatto, oggi come sempre. Di certo non i giornalisti, che nelle tre lingue in cui si svolge la conferenza stampa postpartita chiedono di quella demi-volèe. E in fondo, ma neanche tanto, non ne ha idea nemmeno Federer, che si limita a rimarcare quanto “in momenti del genere è molto meglio non pensare, e basta”. Nessuno si capacita di una soluzione, tennisticamente parlando, fuori dal mondo. Forse perché tutto sommato non è importante sapere come, finché queste cose continuano ad accadere.

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