[WC] P. Kvitova b. [4] K. Mladenovic 6-1 6-2
Quando ancora si chiamava Leningrado, San Pietroburgo fu oggetto di pesanti bombardamenti per tre lunghi anni da parte dell’aviazione tedesca. Oggi, per buona sorte, nella città fondata da Pietro il Grande i bombardamenti ai quali abbiamo assistito sono stati di natura tennistica, a cura di due amazzoni che nella finale ivi disputata si sono scambiate randellate di diritto e di rovescio.
Per amor di verità, le randellate sono state quasi tutte di marca ceca a cura di Petra Kvitova (n. 29 WTA) che ha sconfitto (per non dire annichilito) per la quinta volta in sei confronti diretti la campionessa in carica Kristina Mladenovic (n. 10 WTA), aggiudicandosi il torneo al quale aveva preso parte in virtù di una wild card (a fine partita ha ringraziato l’organizzazione per questo) e, quindi, con una partita in più nelle gambe rispetto alla francese di origine serba.
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Sono bastati i primi due game del match per capire che per Mladenovic tenere i propri turni di servizio sarebbe stata impresa complicata, mentre per Kvitova assai meno. Troppo tenera la seconda battuta della francese – nel primo set ha ottenuto solo 3 punti su 12 quando ha fallito la prima palla – e non sufficientemente alta la percentuale di prime in campo (55% complessivo) per poter fare fronte alla potenza e alla precisione di Kvitova che, dopo avere fallito 2 break point nel secondo gioco, ha poi letteralmente spazzato via l’avversaria forte di una sostanziale infallibilità da fondo campo e di un servizio potente, preciso (69% le prime palle in campo) e ricco sulla seconda di variazioni in slice a uscire degne di un McEnroe in gonnella (menzione d’onore per la curva a uscire pennellata nel sesto game del secondo set sul punteggio di 30-15). Per mandare in archivio il primo parziale le sono bastati 33 minuti. Quattro i punti da lei smarriti in altrettanti turni di battuta è forse la statistica più eclatante del set.
Mladenovic, palesemente scoraggiata, al termine del primo set e poi ancora nella pausa tra il terzo e il quarto game ha chiesto consiglio e conforto alla mamma coach; pur non capendo la lingua slava, da alcuni vocaboli ci è parso evidente che il conciliabolo vertesse principalmente sul servizio e sulla necessità di giocare con maggiore aggressività. Ma per fermare una campionessa che pare ritrovata dopo il terribile incidente alla mano del dicembre 2016, ci sarebbe voluto molto più che un consiglio materno e anche il secondo set è stato vinto con autorevolezza dalla ceca in poco più di trenta minuti che ha regalato al pubblico un briciolo di suspence solamente nel turno di servizio finale nel quale ha concesso (e annullato) le uniche possibilità di break dell’intera finale.
Ventunesimo successo complessivo in carriera per Kvitova e 21esima posizione conquistata. La rincorsa al vertice da parte di colei che fu capace di trionfare per due volte sull’erba sacra di Wimbledon, continua. Da ammirare oggi se non il gioco almeno lo spirito di Mladenovic che, nonostante la settima sconfitta in otto finali disputate e la conseguente uscita dalla top ten, nel discorso di saluto finale ha avuto la forza di dire che forse “il pubblico sarà pentito per avere pagato il biglietto per una partita così breve e poco combattuta”. Ci è sembrato un modo intelligente ed elegante per fare fronte a una dura sconfitta.