L'ascesa silenziosa di Lorenzo Sonego

Interviste

L’ascesa silenziosa di Lorenzo Sonego

Tennis, cervello e prospettive, sempre con il profilo basso. Una finestra sul mondo del ragazzo di Torino attraverso le parole di coach Gianpiero “Gipo” Arbino, in esclusiva per Ubitennis

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Si dice che le condizioni fondamentali per il successo nel tennis, come in tutti gli sport, siano il talento, la testa e l’avere le persone giuste intorno. Lorenzo Sonego, uno dei migliori prospetti italiani del momento, le possiede tutte. La sua esplosione ad alti livelli è arrivata in maniera inaspettata. Basti pensare che l’anno scorso, di questi tempi, gravitava attorno al numero 440 del mondo mentre ora si trova abbondantemente dentro la top 100. Merito del talento indubbio del ragazzo, ma anche dell’apporto silenzioso dei genitori, Federica e Giorgio, e di coach Gianpiero “Gipo” Arbino, con il quale abbiamo avuto occasione di parlare durante un piovoso sabato al Challenger di Firenze.

Avvicinatosi al tennis come autodidatta all’età di 18 anni, “Gipo” avrebbe potuto intraprendere una strada completamente diversa. Era infatti stato selezionato dalla Scala di Milano come giovane tenore, ma non se l’è sentita di proseguire col canto. “Ho lasciato perché non avevo troppa fiducia in me stesso e credevo che sarebbe stato troppo difficile. La passione per il tennis mi ha spinto a fare il maestro e me ne sono innamorato subito”. Dopo cinque anni come direttore tecnico al Circolo Tennis Le Pleiadi di Torino e altri quattordici passati al Circolo della Stampa, ha fondato un proprio team al Green Park di Rivoli dove allena svariati giocatori tra cui Sonego. Affezionatissimo a questo progetto, Gipo lo segue costantemente, anche quando è in giro per tornei con Lorenzo. “Mando giornalmente i programmi e anche la suddivisione dei campi. È impegnativo ma per ora ci riesco. Ovviamente sto cercando di trovare sempre più collaboratori che mi aiutino e mi sollevino da qualche responsabilità”.

Il rapporto tennistico, ma anche umano, con Lorenzo affonda le sue radici indietro nel tempo. Sin da quando il ragazzo si è avvicinato, un po’ tardivamente, a questo sport. “Praticamente gli ho messo in mano la racchetta. Lui ha iniziato molto tardi, a 11 anni, facendo un paio di lezioni con un altro maestro, mio amico, che ha intravisto del potenziale e lo ha mandato da me. In pochissimo tempo riusciva già a fare delle partitelle”.

A differenza di molti altri suoi coetanei professionisti, Sonego ha saltato quasi completamente il percorso giovanile. Un po’ perché si è approcciato tardi al tennis e un po’ perché contemporaneamente giocava anche a calcio, ad alto livello. Questo mancato bagaglio di esperienze potrebbe sembrare un handicap, ma invece è uno dei punti di forza di Lorenzo. “Non ha esperienza under perché fino a 13 anni giocava ancora a calcio nelle giovanili del Torino. Poi ha deciso di smettere perché, essendo piccolino e magro, prendeva solo tante botte. Il fatto di aver iniziato tardi e di non avere questo background da under, da una parte è negativo perché ovviamente gli mancano delle esperienze che i suoi coetanei invece hanno, dall’altra invece gli ha permesso di mantenere una certa ‘verginità agonistica’ che gli toglie pressioni.

Proprio l’aspetto mentale è una delle migliori qualità di Sonego e lo si è visto anche durante il torneo fiorentino. Nella semifinale persa contro Andujar, in due occasioni ha annullato palla break con una smorzata e un rovescio lungolinea, due colpi che nel resto della partita non erano mai andati a buon fine. Tanta personalità dunque e soprattutto grande serenità, come non manca di sottolineare anche coach Arbino. “Ha la fortuna di amare il tennis e di giocare per divertirsi. Riesce ad affrontare allo stesso modo sia la vittoria che la sconfitta e soprattutto ha imparato ad analizzare le partite come mezzo per crescere, senza esaltarsi troppo o abbattersi quando le cose vanno male. Lui gioca e basta. Sembra che gli scivoli tutto addosso, anche adesso che inizia a giocare sempre più partite da favorito. Io cerco di aiutarlo, dicendogli che la classifica dell’avversario non conta perché il livello è altissimo. Tennisticamente tra il numero 50 del mondo e il 400, le differenze sono pochissime e ci sta di perdere”.

Da un punto di vista tecnico invece, c’è ancora da lavorare. Il dritto e il servizio sono già di livello altissimo, mentre il rovescio è ancora troppo ballerino. I miglioramenti da quel lato sono stati comunque evidenti, così come nella tendenza a verticalizzare di più, a dispetto di un certo qual “virus da terra rossa” che ogni tanto salta fuori nei momenti di maggior difficoltà. “Lorenzo è un giocatore a tutto campo, ma essendo nato come rematore perché non aveva troppa forza, ogni tanto ricade in queste abitudini. Se si rende conto di poter vincere lo scambio da dietro, arretra e non è propositivo. Sono io che lo costringo ad andare avanti e a prendersi dei rischi, anche perché inevitabilmente quello sarà il suo futuro. Serve bene, ha una buona volée, specialmente dalla parte del dritto, e smasha bene. In Australia contro Haase è andato molte volte a rete. Se vede che l’altro non ha un gran passante e non risponde in maniera fulminea, allora prende coraggio e diventa davvero un giocatore a tutto campo molto pericoloso. Viceversa se l’avversario lo passa con discreta continuità e risponde bene, si spaventa e arretra”.

Il percorso di crescita di Sonego è stato favorito anche dalla FIT, in particolar modo attraverso il progetto Over 18. “Tre anni fa, al momento del “clic”di Lorenzo, ho telefonato a Tirrenia dove è stato ospitato per tre giorni. Ha palleggiato con Travaglia e altri ragazzi, facendo subito colpo. La Federazione ha quindi deciso di dargli 25,000 euro per aiutarlo a sostenere le spese di viaggio per i torneip. Io dal canto mio non mi sono fatto mai pagare, se non le spese vive, per potergli permettere di fare più esperienza possibile”. Parole al miele anche per il coordinatore del progetto Umberto Rianna. “Umberto è stato importantissimo per la programmazione e la costruzione della professionalità del ragazzo. Ancora oggi decidiamo insieme la programmazione”.

Nonostante tutti questi salti in avanti, Sonego e coach Arbino rimangono realisti e non vogliono bruciare le tappe. “L’obiettivo è rimanere nei 100 per poter poi partecipare agli Australian Open. Fino alla fine dell’anno giocheremo ancora essenzialmente Challenger. Andremo a Ortisei e a Ismaning, dove Lorenzo difende un titolo e una finale. A seconda dei risultati di questi prossimi tornei, potremmo poi decidere di tentare gli ATP 500 di fine anno. I margini di miglioramento sono tanti e io sono convinto che possa ancora fare un salto di qualità prima di gennaio. Ad ogni modo non bisogna avere fretta e io sono convinto che il suo anno sarà il 2020”.

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