Wimbledon: Berrettini fa il suo dovere, Cecchinato e Caruso abdicano subito

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Wimbledon: Berrettini fa il suo dovere, Cecchinato e Caruso abdicano subito

LONDRA – Matteo rimonta una partita difficile contro Bedene, che ne certifica la crescita a livello mentale. La Sicilia lascia Wimbledon senza troppi rimpianti

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Matteo Berrettini - Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

[17] M. Berrettini b. A. Bedene 3-6 6-3 6-2 7-6(3) (da Londra, Luca Baldissera)

Il campo 10 di Wimbledon è uno di quelli affiancati tra loro davanti all’ingresso principale dell’AELTC, niente tribune, solo una doppia fila di seggiolini ai lati, alla “club sotto casa” insomma. L’atmosfera, data la folla che si assiepa per assistere ai match in qualsiasi modo, è al contempo molto calda, entusiasmante a tratti, con la gente a un metro dai giocatori, ma anche potenzialmente non facile da gestire, con rumore, urla e chiacchiericcio continui. Matteo Berrettini affronta Matjaz Bedene (1-1 i precedenti, entrambi a Budapest sulla terra, 2018 e quest’anno, l’ultimo vinto dall’azzurro), lo sloveno di passaporto britannico, che voleva giocare i campionati a squadre per l’Inghilterra, ma stoppato dai regolamenti ITF ha rinunciato e rappresenterà la Slovenia in vista delle Olimpiadi 2020.

Aljaz è uno di quei giocatori che fanno tutto piuttosto bene, senza però eccellere a livelli assoluti. Ma è adattissimo all’erba, e non regala nulla. Serve veloce, dritto e rovescio sono solidi, a rete piazza buoni tocchi, il footwork è bello sciolto.

“Si, lui è uno che non fa nulla in modo impressionante, ma fa tutto bene. Mi aspettavo una partita dura, mi ci è voluto un po’ per adattarmi. La partita è cambiata quando sono riuscito a prendergli campo

Ovviamente, Matteo dalla sua ha una palla tanto (ma tanto) più pesante, a partire da servizio e dritto. Nel primo set, però, senza demeritare in modo particolare, Berrettini appare meno incisivo del consueto, sbaglia qualcosa di troppo, prende un break nel quarto game, e si vede sfuggire il parziale per 6-3. Peccato non aver concretizzato ben 5 occasioni di controbreak nel lunghissimo settimo game (16 punti). Di grinta e orgoglio Matteo, sotto 2-0 anche nel secondo set – e ci stavamo preoccupando a quel punto – aggiusta il mirino, azzecca una striscia di 5 game consecutivi, e poi chiude 6-3, pareggiando il conto dei set. Vedendola da bordocampo, non è cambiato poi molto, semplicemente Berrettini ha diminuito il numero degli errori gratuiti, senza calare di efficacia in attacco. Anche il terzo set va via liscio per l’Italiano, che strappa il servizio due volte all’avversario, e affronta palle break (annullandole) solo alla battuta per chiudere sul 5-2, che diventa comunque 6-2 e 2 set a 1 per lui.

“Ne parlavo con Auger-Aliassime, l’erba qui è totalmente differente da Stoccarda e Halle. Il gioco in avanti paga, ma bisogna attaccare con attenzione. Bisogna costruirsi il punto

Il quarto set è equilibrato (palla break annullata in pressione da Aljaz nel primo game), poco da fare per chi risponde, il settimo game, sul 3-3 con Bedene al servizio è lottato, lo sloveno si arrabbia molto per una chiamata a suo sfavore, qui non c’è Hawk-Eye, la palla ha rimbalzato a due metri da me, onestamente aveva ragione Aljaz, il suo dritto vincente lungolinea era buono. In ogni caso, dopo 16 punti, Bedene tiene la battuta.

“La pressione c’è, ma va affrontata e gestita. Mi fa strano vedere la lista di chi mi dovrà intervistare, Wimbledon Channel, L’Equipe. A volte mi sembra che tutto stia accadendo così velocemente

Due game dopo, sul 4-4, una steccata costa ad Aljaz la seconda palla break del set, ma il servizio lo salva. Berrettini non ci sta, spara un drittaccio “alla Kyrgios” che piega la racchetta a Bedene, va ancora in vantaggio, ma si fa attaccare sullo scambio e fallisce anche la seconda opportunità. La partita è in bilico in questa fase, ogni palla conta, si arriva al 6-6. Nonostante qualche occasione in più avuta dall’italiano, il tie-break è una conclusione giusta per questo parziale.

“Sono onorato di poter affrontare nomi simili, giocatori come Baghdatis. Beh, però anche se sembra brutto da dire, spero sia la sua ultima partita!

Avanti subito di un minibreak, Matteo non si distrae, molla giù i suoi servizi senza tremare, e chiude 7-3 al secondo match-point, guadagnandosi un secondo turno affascinante contro il “pensionando” Marcos Baghdatis (nessun precedente), contro cui partirà favorito, ma attenzione ai vecchietti esperti che giocano a braccio libero. Intanto, bravissimo Matteo.

[25] A. De Minaur b. M. Cecchinato 6-0 6-4 7-6(5) (da Londra, Vanni Gibertini)

È un po’ come se fosse arrivato in ritardo, Marco Cecchinato, all’appuntamento del suo match di primo turno a Wimbledon. Chissà, forse è rimasto bloccato dall’ingorgo causato dalla presenza della Duchessa di Cambridge Kate Middleton sul campo 14 per assistere al match di Harriet Dart e Christina McHale, con tutti gli agenti dei servizi segreti che dirigevano il traffico di fotografi e curiosi intenti a rubare qualche immagine della futura regina. O forse è rimasto turbato dall’aver visto la faccia mattutina del sottoscritto di ritorno dal warm-up pre-partita.

Fatto sta che per i primi 42 minuti del match, Cecchinato non ha vinto un game: dopo essere andato subito 0-40 su servizio di De Minaur nel primo gioco dell’incontro, ha visto l’avversario andargli via fino al 6-0, 3-0 in quello che sembrava un match totalmente a senso unico. Quando finalmente il gemello brocco di Marco ha abbandonato il campo ed è tornato quello vero, allora gli spettatori del campo 15 hanno iniziato a vedere il match cui speravano di assistere, con un Cecchinato che finalmente trovava le sue splendide aperture da fondo, seguite spesso e volentieri a rete dove il siciliano ci sa mettere la mano eccome.

Dopo essersi visto raggiunto nel punteggio (da 3-0 a 3-3) nel secondo set, De Minaur è riuscito ad avere il guizzo vincente nel decimo game, convertendo il secondo set point a disposizione grazie a una volée di rovescio colpita malissimo, ma in qualche modo rimasta sulla riga e subito morta sull’erba ancora soffice di queste prime giornate a Wimbledon.

Ancora più crudele il terzo set, durato da solo quasi quanto gli altri due set, che ha visto una sola palla break, a favore di Cecchinato, ma cancellata con un servizio. De Minaur ci ha messo forse un pizzico di cattiveria in più, giocando metà parziale con un gomito visibilmente sanguinante a causa di una scivolata nei pressi della rete. Con il sangue che gli colava sulla maglietta immacolata, l’australiano è sempre stato avanti nel tie break con un minibreak ottenuto subito al secondo punto; si è fatto riprendere grazie a uno splendido passante incrociato di rovescio di Cecchinato che lo ha costretto a sbagliare una difficile volée, ma l’errore non forzato di diritto del siciliano sul 5-5 ha segnato il match e promosso De Minaur al secondo turno, dove incontrerà Steve Johnson, facile vincitore di Ramos-Vinolas.


“In questi ultimi mesi ho capito che sono rimaste poche persone vicino a me, gli altri sono tutti pronti a criticare.”

È un momento in cui la sfiducia prevale su tutto quanto – ha detto Cecchinato al termine del match – inizio benino, con le tre palle break, e poi perdo diversi game. La nota positiva è che nonostante lo svantaggio rimango attaccato alla partita, e basta poco per farla girare a volte. Ci sono piccole occasioni che a volte fanno cambiare la partita, e ultimamente non riesco a coglierle”.

Marco Cecchinato – Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

Per il palermitano è dunque arrivato il momento di ripartire da capo, facendo quadrato intorno al suo team, che ora è capitanato dal nuovo coach Uros Vico dopo la fine della collaborazione con Vagnozzi, per ritornare in quelle zone di classifica che lui è convinto di valere: “In questi ultimi mesi ho capito che sono rimaste poche persone vicino a me, gli altri sono tutti pronti a criticare. Voglio tornare me stesso, riprendendo ad allenarmi duramente. Ci sono altri 3 tornei sulla terra, la stagione è ancora lunga per dire che è stata negativa. Ora valgo il n.40, le sconfitte parlano chiaro, ma credo che con il lavoro e un po’ di fiducia posso ritornare nella Top 20. I risultati che ho fatto non si fanno per caso, questo è quello che voglio dire alle persone che mi dicono che sono solo stato fortunato“.

[20] G. Simon b. [Q] S. Caruso 7-6(7) 6-3 6-2  (da Londra, Vanni Gibertini)

Certo che c’è da essere davvero confusi: ti qualifichi per il tabellone principale di Wimbledon, dove ti raccontano che c’è un religioso silenzio mentre si gioca, e poi ti mettono a giocare sul campo n.4, in mezzo ad un bailamme impressionante, con gente che cammina bellamente a mezzo metro dal campo mentre stai cercando di servire. Poi ti dicono che l’erba dell’All England Club è meravigliosa, e lì gli scambi sono più rapidi, e ti mettono a giocare contro Gilles Simon.


Sapevo che la vittoria di Parigi contro di lui non avrebbe significato molto oggi: io allora feci una gran partita e lui conosce l’erba molto meglio di me

La prima esperienza a Wimbledon per Salvatore Caruso è stata quantomeno atipica: primo set da 78 minuti, 105 punti giocati, più o meno come passare un paio di turni in un Challenger… Beh forse no, certo che quel primo set non deve aver fatto troppo bene al nostro Salvatore, il quale sul 5-5 ha anche chiesto l’intervento del medico per farsi dare qualcosa contro il mal di stomaco.

Tre set point nel tie break del primo set, il primo dei quali chiuso da Simon con un rovescio lungolinea vincente dopo uno scambio mozzafiato; il secondo mancato da Caruso con una volée di rovescio rimasta sul nastro, e poi Simon ha fatto… il Simon, vincendo gli ultimi tre punti del set e scappando subito in vantaggio 3-0 nel secondo. “Non credo di avere troppo da rimproverarmi su quei set point però – ha detto Caruso dopo la partita – quando ho provato a essere aggressivo mi ha passato, ho giocato più in difesa e lui ha giocato un gran rovescio, ero al servizio e lui ha risposto benissimo“.

Da lì in poi la partita è stata segnata, il francese è sempre stato avanti e non c’è mai stata la sensazione che qualcosa potesse cambiare, anche perché Caruso non ha la potenza per poter sfondare un muro come Simon. “Sapevo che la vittoria di Parigi contro di lui non avrebbe significato molto oggi: io allora feci una gran partita e lui conosce l’erba molto meglio di me“.

Salvatore Caruso – Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)
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