Un Rafael Nadal così fa innamorare del tennis. Applausi al Canada

Coppa Davis

Un Rafael Nadal così fa innamorare del tennis. Applausi al Canada

Il modo in cui Rafa ha trascinato la sua Spagna in finale è l’ennesima conferma del suo valore di giocare trasversale: condottiero, splendido fighter e anche ottimo doppista

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Il bacio di Rafael Nadal a Feliciano Lopez - Davis Cup Finals 2019 (via Twitter, @DavisCupFinals)
 

Difficile non provare profonda ammirazione per Rafael Nadal Parera quando entra nella sua zona, quella all’interno della quale riceve soltanto notizie molto frammentate della sconfitta. Quest’anno sono soltanto sette sul campo, appena due contro tennisti fuori dalla top 10 – ma sono il Fognini di Montecarlo e il Kyrgios di Acapulco, non due qualsiasi – che sommate alle quattro del 2018 (anche quelle tutte contro top 10; ha poco senso non considerare tale il Djokovic n.21 che lo batté in semi a Wimbledon) fa un totale di undici. Tante quante quelle sofferte nel 2017, l’anno delle famose quattro bastonate ricevute da Federer.

Il pretesto per parlare della grandezza di questo signore (se mai ne servisse uno) è l’allure da condottiero con cui ha portato la Spagna in finale di Coppa Davis, praticamente da solo, vincendo sette partite su sette – quattro singolari e tre doppi – e perdendo un solo set contro Gonzalez e Mayer ai quarti. Quanto ai turni di servizio persi, per ritrovarne uno bisogna tornare al game che mandò avanti 3-0 Medvedev nel secondo match alle ATP Finals, dopo il quale Rafa non solo ha rimontato il russo in quella partita (da uno svantaggio di 5-1) ma ha anche tenuto i successivi 78 turni di servizio tra singolare e doppio, 57 solo qui a Madrid (si ringrazia Giorgio Spalluto per il dato). Riavvolgendo il nastro, la domanda è lecita: quale sarebbe stato l’esito del torneo di Londra se Rafa avesse avuto a disposizione un paio di giorni in più per preparare l’esordio, assai deludente, contro Zverev?

Rafa comunque non è stato lì troppo a recriminare, si è recato a Madrid per acclamazione e ha letteralmente tirato per la giacchetta i suoi compagni portandoli in finale, la sua quarta personale (ma sarebbe il suo quinto successo, poiché nel 2008 ha contribuito alla vittoria senza disputare la finale) e la decima complessiva per la Spagna. Mascherando le debolezze di Carreno Busta (vittima anche di una contrattura che gli ha impedito di giocare ieri), la sfortuna di Bautista Agut che è dovuto tornare a casa per la scomparsa di suo padre – ma adesso è di nuovo a Madrid per sostenere la squadra – e gli ovvi cigolii dei 38 anni di Feliciano Lopez, che però a metà del doppio decisivo contro i forti Murray e Skupski non ha potuto fare altro che lasciarsi guidare dall’energia agonistica di Rafa.

Il singolare vinto a filo di gas contro Evans è sembrato perfettamente funzionale allo sforzo profuso in doppio, francamente uno dei migliori che Nadal abbia giocato nella sua pur buona carriera da doppista (undici titoli vinti, tra cui due 1000 e l’oro olimpico di Rio 2016). Ho letto critiche – da tifosotti, mi sia concesso  alle critiche che Ubitennis e altri organi d’informazione hanno destinato al doppio giocato da Djokovic, che pur salvandosi nel poco edificante spettacolo offerto assieme a Troicki contro la Russia ha comunque dimostrato tutte le sue lacune di specialità. Nadal ha invece giocato da leader tattico e tecnico, dominando da fondo e districandosi egregiamente anche a rete dove ormai è il segreto di Pulcinella che sia uno dei migliori al mondo. Il suo gioco da fondocampista ha mascherato per anni le sue abilità di tocco, certo nobilitate dalla dinamica ‘verticale’ del singolare – in doppio si giocano molte più volée in posizione statica, dove finisce per contare più di tutto la capacità di reazione e l’abitudine alla specialità – ma Rafa è un grande volleatore e anche ieri l’ha dimostrato.

Rafael Nadal e Feliciano Lopez – Davis Cup Finals 2019 (via Twitter, @DavisCupFinals)

Che sia un fighter senza pari – nel tennis ma anche fuor di tennis – è superfluo sottolinearlo, ma faremo un’eccezione. Dopo il conciliabolo con la giudice di sedia Marijana Veljovic – ieri perfetta, tranne forse in questo episodio – dovuto alla rigidità eccessiva nella mancata concessione di un challenge chiamato con un pizzico di ritardo, Nadal ha deciso che avrebbe vinto il secondo set (ai punti dominato dai britannici) e lo ha fatto. Si è inventato un lob in recupero per annullare un set point, poi a momenti spacca la schiena a Lopez con un drittone che gli sibila accanto e risulta imprendibile dall’altra parte del campo. Insomma, sarà un format che gli calza a pennello come un abito di sartoria italiana, ma noi il cappello ce lo togliamo lo stesso.

Adesso per la prova del nove dovrà vincere ottavo ed eventuale nono incontro del torneo contro il Canada di Dancevic, che pur incerottato (Auger-Aliassime c’è non è ancora sceso in campo e Raonic non ha potuto rispondere alla convocazione) ha trovato in Vasek Pospisil il classico eroe della settimana. E anche quando è venuto parzialmente a mancare in semifinale, un po’ per accumulo di fatica e un po’ perché Rublev è in grande spolvero, ci ha pensato Shapovalov a rimettere il Canada in carreggiata. E in doppio Pospisil è tornato maiuscolo, facendo pesare il suo status di giocatore di specialità, unico tra i quattro ragazzi in campo.

Per il Canada è la prima finale della sua storia ed è il coronamento – verrebbe da dire quasi troppo prematuro – della crescita impetuosa di un movimento facilmente intuibile dalle ampie potenzialità del ventenne Shapovalov e del diciannovenne Auger-Aliassime. E per quanto abbia poca attinenza con questa competizione, al femminile è già arrivato il primo Slam di Bianca Andreescu, anni diciannove, anche qui il primo della storia del paese della foglia d’acero. Il team canadese è stato bravissimo a sfruttare le defezioni come un volano motivazionale, ma il fatto che il relativamente poco esperto Pospisil e il giovane Denis abbiano risposto così bene sotto pressione non era facile da pronosticare. Bravi loro, per quanto sia doveroso sottolineare come la Coppa Davis rappresenti un microcosmo un po’ a parte, tanto più con questo formato e ancora di più se si gioca a fine novembre, quando si fa prima a elencare i giocatori che ancora si reggono in piedi piuttosto che quelli logorati dalla lunga stagione.

Denis Shapovalov e Vasek Pospisil alle Davis Cup Finals 2019 (via Twitter, @DavisCupFinals)

Quanto alla finale (inizio alle ore 16), è oggettivamente difficile scommettere contro la Spagna (si legga: contro questo Nadal). Tutto ruota attorno alle chance di Shapovalov di giocare un tiro mancino al mancino per eccellenza, già battuto due anni fa a Montreal nella sua settimana di deflagrazione massima, quando il mondo si accorse di lui. La sfida di Bercy non c’è stata per il ritiro di Rafa, i progressi di Denis nelle ultime settimane sono evidenti ma battere un Nadal così sembra affare di pochi. Il primo singolare è invece più in bilico, anche perché capitan Bruguera può schierare tre diversi numeri due: il Feliciano Lopez sconfitto ieri da Edmund, il Carreno Busta incerto – e vittima di una contrattura alla gamba – che si è fatto rimontare da Pella e Roberto Bautista Agut, che sembrava essersi chiamato fuori dalla contesa dopo l’aggravarsi delle condizioni e la successiva scomparsa del padre e invece è tornato a disposizione (astenersi giudizi sommari, please: dolore suo, scelta sua). Le ultime indiscrezioni lo danno addirittura in vantaggio per scendere in campo nel primo singolare, dove verosimilmente partirà favorito contro Pospisil.

Ipotizzare che i canadesi possano vincere due singolari contro pronostico è opera di ardita fantasia, ma anche immaginando che si possa arrivare al doppio sull’1-1, Popsisil e Shapovalov non partirebbero certo favoriti contro Nadal e Granollers (quest’ultimo dovrebbe aver recuperato dal piccolo infortunio di ieri). Tutto sommato, però, non dispiacerebbe vedere un altro doppio ad alta intensità agonistica. Con Nadal a infiammare la Caja, ovviamente.

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