Tennis Australia e la festa a metà: il Grande Slam di Margaret Court

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Tennis Australia e la festa a metà: il Grande Slam di Margaret Court

Tennis Australia si prepara a celebrare il cinquantesimo anniversario del Grande Slam di Court, ma poi corre ai ripari: “Non condividiamo le sue idee”

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Nel 1970, Margaret Court è diventata la seconda donna a vincere tutte e quattro le prove del Grande Slam in un singolo anno solare (prima di lei ci era riuscita Maureen Connolly nel 1953 e dopo solo Steffi Graf ha completato l’impresa, nel 1988). Tennis Australia ha diramato la decisione di omaggiare durante i prossimi Australian Open il cinquantesimo anniversario di quello storico risultato. Una decisione che sicuramente farà discutere viste le dichiarazioni razziste e omofobe rilasciate da Court nel corso degli anni, che hanno addirittura spinto molti a richiedere il cambio di nome della Margaret Court Arena, il secondo campo più importante dello Slam Australiano. La stessa Tennis Australia, che ora si appresta a celebrare le vittorie dell’ex giocatrice, aveva a suo tempo detto di aver preso in considerazione questa possibilità. Un’ambiguità che si riscontra anche nel comunicato stampa che annuncia la notizia.

Dopo la celebrazione della “ineguagliata carriera” di Court e le dichiarazioni di rito, Tennis Australia inserisce infatti una postilla che sa tanto di “maniavantismo”. “Come spesso affermato, Tennis Australia non concorda con le opinioni personali di Margaret Court, che hanno insultato e ferito molti nella nostra comunità nel corso degli anni. Le sue posizioni non si allineano con i nostri valori di uguaglianza, diversità e inclusione. Il nostro sport accoglie chiunque , a prescindere da genere, abilità, razza, religione o sessualità e continueremo a promuovere attivamente iniziative di inclusione a tutti i livelli dello sport.

L’affermazione non è sorprendente in sé, anzi è perfettamente condivisibile, ma lo diventa in relazione alla prima parte del comunicato. L’intento della federazione australiana è certamente quello di ripararsi in anticipo dalla pioggia di critiche che tale decisione avrebbe inevitabilmente generato, ma ha un forte sapore di excusatio non petita.

Il comunicato riprende poi con le iniziative promosse e organizzate da TA soprattutto in favore della comunità LGBTQI. “Nel 2017, gli Australian Open hanno lanciato #Open4All, una grande iniziativa su diversità e inclusione, concepita per mostrare le moltissime opportunità di inclusione nel tennis. #Open4All abbraccia eventi come Glam Slam, un torneo internazionale LGBTQI, che si è tenuto agli Australian Open negli ultimi anni e tornerà nel 2020.”

L’ambiguità della posizione di Tennis Australia è piuttosto vistosa, ma non si ferma qui. A corredo del comunicato stampa viene infatti diffusa anche una lettera aperta della federazione che probabilmente vorrebbe proporsi come un’ulteriore chiarificazione, ma che finisce con l’essere la proverbiale toppa che peggiora il buco. “Tennis Australia riconosce i campioni del nostro sport com’è normale, sia con il nome degli stadi, la rinomina dei parchi, statue, trofei e premi. Noi celebriamo (scritto in corsivo nel comunicato per sottolineare la differenza, ndr) gli eroi dello sport che ispirano e motivano la gente lungo il corso delle generazioni e che sono lodati e rispettati da tutti i colleghi e dalla comunità mondiale. Come in altri grandi sport del nostro Paese e di altri parti del mondo, è una pratica comune fare una distinzione tra riconoscere campioni e celebrare eroi, ed è una distinzione importante.”

Tennis Australia assicura che non è in atto nessun “piano per riscrivere la storia” e che la festa, con tanto di interviste e mini documentario celebrativo, è riservata esclusivamente a riconoscere i successi di Court e i suoi record, perché “la sua incredibile carriera è la sua eredità tennistica ed è chiaramente degna di riconoscimento“. Poi però il tono cambia nuovamente, all’improvviso: “In ogni caso, la filosofia e la cultura del nostro sport va al di là delle vittorie e dei record. […] Come abbiamo spesso detto a Margaret, rispettiamo il diritto di ognuno di avere un’opinione e di poterla esprimere. Allo stesso modo però, abbiamo tutti l’obbligo di non ferire gli altri e di capire che le nostre parole hanno delle conseguenze. Le dichiarazioni di intolleranza rilasciate in pubblico e un linguaggio offensivo possono avere un impatto enorme ed essere dolorose per coloro che ritengono di esserne il bersaglio. Abbiamo la grande responsabilità, come sport, di giocare un ruolo primario nel supportare una comunità inclusiva e di rispettare i diritti di tutti gli australiani, a prescindere dal fatto che pratichino o meno il nostro grande sport. Similmente crediamo che ogni personaggio pubblico abbia la grande responsabilità di assicurare che le sue opinioni siano espresse con rispetto e tolleranza e che non provochi dolore o non avvilisca gli altri.”

Affermazioni condivisibili e nobili che però non sembrano sposarsi a pieno con la decisione presa dalla federazione e che delineano una strategia un po’ confusa e poco lungimirante. Se infatti Margaret Court è così lontana dai valori promossi da Tennis Australia e dallo sport, tanto da meritare non uno ma due comunicati stampa di giustificazione, non sarebbe stato meglio far passare sotto silenzio l’anniversario piuttosto che festeggiarlo con tutti questi “ma”? L’ex tennista viene infatti a più riprese rimbrottata, sia per le idee che per i modi in cui esse sono state espresse, nello stesso testo in cui si proclama l’intenzione di rendere omaggio al suo Grande Slam. Tennis Australia aveva la possibilità di scegliere: celebrare Court per i suoi successi sportivi e ricevere qualche critica oppure non farlo e lanciare così un messaggio in difesa dei valori dello sport. Ha scelto una via di mezzo, ha scelto di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Probabilmente la situazione poteva essere gestita in maniera migliore.

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