Il coach di Anderson: “Kevin vuole giocare altri cinque anni”

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Il coach di Anderson: “Kevin vuole giocare altri cinque anni”

Il sudafricano pronto a ritornare in campo, non pensa minimamente al ritiro secondo il suo coach Diego Moyano

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La pausa del circuito continua a essere arricchita da interviste che in tempi normali non sempre troverebbero il meritato spazio. In una recente puntata della sua rubrica “Coaching in the Bigs”, Paul Annacone chiacchiera con Diego Moyano a proposito di Kevin Anderson, del quale è coach dal dicembre scorso. L’avvio di stagione non è stato dei migliori per il trentaquattrenne di Johannesburg, operato al menisco in febbraio.

Moyano, ex allenatore della USTA, racconta che hanno prima di tutto rispettato la quarantena e che Kevin “ha fatto esercizi a casa, si è costruito una palestra in garage. Due settimane fa, abbiamo iniziato su un campo privato dove eravamo soli”. Rileva poi uno dei problemi dei tennisti durante questi mesi: la mancanza di un obiettivo. “Abbiamo cominciato a colpire palle solo per amore dello sport, perché non sappiamo quando torneremo a competere”.

Nonostante gli ultimi quattro anni di Anderson siano stati caratterizzati dagli infortuni, è riuscito a diventare il quinto tennista più forte del mondo nel luglio 2018. Con appena 15 incontri disputati nel 2019, ora si ritrova al 123° posto del ranking ma, a dispetto dei guai fisici e dell’età, il coach dice che Kevin “sa di poter giocare ancora diversi anni, vuole essere là fuori cinque anni cercando di giocare il suo miglior tennis. Sa di avere margini di miglioramento e ci stimola sempre come squadra”.
Anderson rientra senza dubbio fra i giocatori che hanno un approccio di grande professionalità e vuole avere un piano preciso e ben definito per il breve e medio termine. “Vuole essere sicuro che siamo chiari nei dettagli sui quali intendiamo lavorare e come farlo” continua Moyano.

Il coach non ha dubbi su cosa gli manchi di più in questo momento: “I Majors, li amo. Quando Wimbledon ha annunciato che non si sarebbe giocato, stavo per piangere. Mi manca essere ai tornei, vedere gli altri coach, i giocatori, la preparazione… Magari talvolta ci lamentiamo dei viaggi, degli aerei e tutto quanto, ma ora ne sento la mancanza”. Anche perché, come ricorda Annacone citando la moglie, il Tour è come una grande famiglia.

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