US Open: le parole post match di Berrettini e Caruso

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US Open: le parole post match di Berrettini e Caruso

Berrettini: “Poter rivedere Ajla è stata una grossa motivazione per venire qui”. Caruso: “Sono sicuramente un giocatore più forte rispetto a prima della pausa”

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Matteo Berrettini - US Open 2020 (courtesy of USTA)
 

Dopo diverse giornate di magoni, finalmente solo notizie positive dallo US Open 2020 in questo giovedì. Entrambi i giocatori italiani impegnati a Flushing Meadows hanno vinto le loro rispettive partite e sono riusciti ad approdare al terzo turno.

Matteo Berrettini, testa di serie n.6, era sicuramente favorito contro il francese Ugo Humbert (n. 42 ATP) nonostante il datato precedente che lo aveva visto sconfitto sonoramente al Challenger di Brest nel 2017. “Sono molto contento di come ho giocato – ha detto un sorridente Matteo Berrettini, che nella sala interviste 2, nella quale può stare isolato, si può mostrare alla telecamera senza mascherina – soprattutto in risposta, con la quale ho cominciato molto bene fin dall’inizio. Già al primo turno avevo servito bene, quindi mi aspettavo una buona prestazione alla battuta, ma non credevo di iniziare così bene alla risposta”.

Il match è partito subito in discesa e questo mi ha consentito di entrare bene in partita servendo in maniera efficace. Poi nel terzo set lui è salito, c’è stato quell’episodio sul 3-3 quando sono andato 0-40 e ho sbagliato un diritto che mi ha fatto male dentro. Però sono stato bravo a giocare bene l’ultima palla break che ho concesso e a chiudere la partita in tre set perché lui stava crescendo e se fossimo andati al quarto non si sa come sarebbe andata a finire”.

Il servizio di Berrettini è diventato un’arma ancora più letale di quanto già non fosse: “In allenamento lavoriamo molto sulla variazione, per non dare punti di riferimento all’avversario. Una volta che prendo il ritmo mi sento bene a tirare in ogni direzione. Poi lui rispondeva da lontano, e faceva fatica a mettermi in difficoltà. Per me il suo rovescio è più solido del diritto”.

Alla fine della partita si torna tutti in albergo a vivere questa esperienza surreale della bolla: “È sicuramente diversa dal solito, fino a ieri stavo meglio perché c’era Ajla [Tomljanovic, la sua ragazza], però adesso è andata via. Sapere che l’avrei rivista è stata una motivazione grossa per venire qui, però non è che adesso perché lei è partita voglio andarmene anch’io. Durante i tornei sono uno molto semplice, non ho bisogno di tante cose, di tanti svaghi, anche se a volte andare a cena da Giovanni [Bartocci, il proprietario del ristorante “Via della Pace” dove era andato diverse volte nel 2019 n.d.r.] o fare un giro ti aiuta a distrarti, anche se New York potenzialmente ti succhia tanto, è una città che va sempre a seimila, il traffico, quindi bisogna stare attenti a trovare il giusto equilibrio”.

La mancanza di pubblico sicuramente si sente, soprattutto in frangenti come quello nel quale ha giocato uno splendido diritto vincente girando intorno al paletto: “Sicuramente è strano, rivedevo le immagini dello scorso anno e c’era sempre tanta gente, tanto rumore anche sui campi laterali. Ma quando è tanto che non giochi, l’energia ce l’hai dentro di te, non ti serve il pubblico. Poi c’era addirittura Giovanni con un megafono che mi incitava, quindi avevo pure il supporto da fuori”.

L’esperienza senza il suo allenatore Vincenzo Santopadre, rimasto in Italia per evitare di affrontare il viaggio in tempi di COVID, lo sta facendo crescere: “Sicuramente è diverso, ho giocato solo uno Slam senza di lui, le quali nel 2017. L’obiettivo della trasferta era quello di farci crescere a livello professionale, sia io sia Marco [Gulisano n.d.r.], e sicuramente ci servirà molto”.

La situazione vissuta dai francesi e le restrizioni estreme subite da coloro che erano stati a contatto con Paire è molto difficile da valutare per Berrettini: “Non mi piace dare giudizi, bisogna veramente vivere la situazione. Capisco che è difficile: all’albergo c’è un cartello che dice che passando quella linea si viene squalificati, e alle 22 ci dicono di tornare in camera. Ma venendo qui si sapeva che queste cose avrebbero potuto succedere”.

Il suo prossimo avversario, Casper Ruud, che lo ha battuto lo scorso anno al Roland Garros, pensa di essere in credito con Matteo: “Da quando l’ho battuto ha cominciato a giocare benissimo, ha vinto un torneo sull’erba, gli ottavi a Wimbledon, la semifinale qui. Magari è anche merito mio”. Berettini ci scherza su, ma sostanzialmente concorda: “Dire che lo devo ringraziare è una parola grossa, ma quella partita mi è servita tanto in termini di motivazioni personali. Non stavo bene in campo durante quella partita, per cui mi ha fatto molto bene per Wimbledon e per lo US Open. Chiaramente avrei preferito di vincere e giocare sul centrale con Roger, ma il segreto è sempre quello: ogni volta che succede qualcosa bisogna saper trarre i giusti insegnamenti”.

CARUSO: “SONO UN GIOCATORE PIÙ FORTE”

Anche Salvatore Caruso è arrivato davanti alla stampa italiana con un bel sorriso dopo la vittoria su Ernesto Escobedo: “Ho iniziato un po’ in sordina, ma ho capito che se fossi riuscito a strappargli il servizio una volta avrei aperto la ferita. È stato necessario cambiare atteggiamento, muovere di più la palla per evitare di farlo colpire da fermo, dove diventa molto pericoloso”.

Sulle 15 palle break fronteggiate, Caruso ne ha salvate 14: “Si tratta di una questione mentale. Anche nel primo turno contro Duckworth ero entrato in quello stato in cui pensavo ‘tanto non mi breakka’. Nel primo set mi sono trovato un po’ in difficoltà perché non riuscivo a trovare il bandolo della matassa, ma sono sempre rimasto tranquillo perché ero in fiducia”.

Prima del match Caruso e Berrettini si sono allenati insieme, e probabilmente il rito verrà ripetuto anche primo del terzo turno. “Cercherò di rilassarmi il più possibile in questo modo, anche perché non possiamo fare molte altre cose”.

Ad accompagnare Salvatore a New York c’è solamente il suo allenatore storico Paolo Cannova, ma dietro di lui c’è un team che lo segue sempre anche quando non può viaggiare con lui. Oltre al preparatore atletico Pino Maiori, il fisioterapista Niccolò e l’osteopata Matteo, c’è anche la psicologa Monica Bazzano, che si occupa dell’aspetto mentale del gioco: “L’obiettivo primario è quello di lavorare sulla persona, perché migliorando la persona si migliora il giocatore. Negli ultimi due anni ho fatto un salto di qualità importante, e ci sentiamo dopo ogni partita”.

Ma alla fine, Salvatore Caruso è diventato un giocatore più forte sul cemento oppure è diventato un giocatore più forte? “Credo proprio di essere diventato un giocatore più forte. Nei mesi di lockdown si è lavorato tanto sul servizio, che è sicuramente importante sul cemento, ma in complesso penso di essere un giocatore migliore, fisicamente, tecnicamente e mentalmente”.

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