Emilio Gomez al Roland Garros a 30 anni dalla vittoria di suo padre Andrés contro Agassi

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Emilio Gomez al Roland Garros a 30 anni dalla vittoria di suo padre Andrés contro Agassi

A quasi 29 anni, l’ecuadoregno esordirà in un tabellone Slam proprio dove il genitore fu campione di singolare e doppio

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Emilio Gomez - Roland Garros 2020 (via Twitter, @rolandgarros)
 

Molti ricorderanno la vittoria di Andrés Gomez al Roland Garros del 1990, quando sconfisse Andre Agassi in quattro set, a sorpresa ma neanche tanto, perché il mancino ecuadoregno era stato uno dei migliori specialisti del decennio precedente, due volte campione a Roma nel 1982 e nel 1984. Andrés è stato anche N.1 di doppio, conquistando due Slam (US Open 1986 e Roland Garros 1988, facendo coppia rispettivamente con Slobodan Zivojinovic ed Emilio Sanchez), ma la sua popolarità si deve a quel successo, ottenuto a 30 anni compiuti da qualche mese, sul ventenne Kid di Las Vegas, scarsocrinito ancorché imparruccato.

Ebbene, da lunedì quella dei Gomez a Parigi sarà ufficialmente una dinastia, perché ieri suo figlio Emilio si è qualificato per il main draw del Roland Garros (dopo essersi arreso al secondo turno nel 2019), e in maniera quantomai drammatica: dopo aver battuto nettamente la tds N.1 delle qualificazioni, il brasiliano Thiago Seyboth Wild, al primo turno, Gomez jr. ha battuto in tre set lo slovacco Horansky prima di rimontare lo stacanovista del lockdown Dmitry Popko (116 esibizioni giocate durante la pausa del tour!), salvando due match point prima di spuntarla per 7-1 al tie-break del terzo.

“Sento il legame padre-figlio che ci dà il Roland Garros”, ha dichiarato al sito del torneo dopo la vittoria su Wild. “Mi ricordo quando venne a seguirmi da junior, era veramente speciale giocare sui campi dove aveva vinto lui. […] Non ci sono molti figli di giocatori di livello sul tour, a parte Casper Ruud [se n’è dimenticato uno che si è a sua volta qualificato per il main draw di Bois de Boulogne, vale a dire Sebastian Korda, figlio di Petr, ndr]; io sto cercando di portare avanti la tradizione di famiglia.

Emilio, 29 anni a novembre, fa parte della Gens Iulia del tennis ecuadoregno: oltre al padre, infatti, c’è anche il cugino, Nicolas Lapentti, ex-N.6 ATP e semifinalista all’Australian Open del 1999, i cui fratelli Giovanni e Leonardo sono a loro volta diventati professionisti, e Roberto Quiroz, sempre cugino. Ricordiamo che il più grande giocatore mai espresso dal Paese latinoamericano, Pancho Segura, mago del dritto a due mani, venne scippato dalla Dottrina Monroe applicata allo sport dagli Stati Uniti.

Tuttavia, per lui le cose non sono andate così bene, come si può intuire dall’età a cui ha raggiunto questo traguardo: salvo qualche capatina fra i primi 300, Emilio non si era mai liberato dagli acquitrini dei Futures, facendosi notare solo per un triplo 6-0 inferto ad Adam Hornby delle Barbados nel 2016 in Davis. A livello di main draw ATP e Slam, il CV era piuttosto scarno: unico match vinto a Bogotà 2013 contro Eduardo Struvay, N.813 ATP, qualificazione sfiorata allo US Open 2014, qualificazione a Canada 2016 (dove andò vicino a battere Lucas Pouille al primo turno), e una wildcard a Quito 2017, dove fu battuto al tie-break del terzo da Olivo.

L’ascesa in classifica è arrivata nell’aprile dello scorso anno, quando ha scalato oltre 100 posizioni in un mese (da 309 a 197) facendo finale a Monterrey, dove ha sconfitto gente come Ruud prima di perdere da Bublik, e vincendo a Tallahassee, dove ha battuto Moutet e Tommy Paul; altre due semifinali a settembre, a Columbus e Tiburon, gli hanno permesso di chiudere la stagione nella Top 150. Quest’anno ha raggiunto le semifinali a Dallas, uno dei Challenger più quotati, e si è qualificato per il main draw di Delray Beach pochi giorni dopo. Ma stavolta è riuscito a realizzare il sogno Slam, e chissà che non possa togliersi ulteriori soddisfazioni in futuro.

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