La vittoria di Sinner a Sofia (Scanagatta, Clerici, Crivelli, Mastroluca, Azzolini, Piccardi)

Rassegna stampa

La vittoria di Sinner a Sofia (Scanagatta, Clerici, Crivelli, Mastroluca, Azzolini, Piccardi)

La rassegna stampa di domenica 15 novembre 2020

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Italia, cento di questi Jannik (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Dicevano di lui che era un tennista freddo quasi come le sue montagne altoatesine. Fuori dal campo il suo viso si apre spesso a bei sorrisi, ma sul campo era difficile che lasciasse trasparire troppe emozioni. Sempre riusciva a restare imperturbabile, qualunque cosa succedesse. Beh, invece per conquistare il primo vero torneo della sua promettentissima e precocissima carriera, più giovane italiano vittorioso di sempre con i suoi 19 anni e 3 mesi, Jannik Sinner stavolta ha dovuto sudare e soffrire fino all’estremo, fino ad arrivare addirittura a buttare anche la racchetta a terra in un momento di frustrazione, appena subito il secondo break nella fase centrale del secondo set. Non glielo avevo mai visto fare. Mi sono detto: ma allora è umano! Già, dopo aver sofferto la pressione della sua prima finale (« – avrebbe confessato – anche prima della partita…e poi quando ho perso il secondo e ho cominciato male il terzo…») Jannik ha dovuto lottare fino al tiebreak del terzo set (64 36 76 e 7 punti a 3) per 2h e 15m contro un avversario molto più esperto di lui, il canadese Vasek Pospisil, ma anche un pochino contro se stesso in una giornata in cui non ha certo giocato al meglio delle sue possibilità. Ha sbagliato molti rovesci e il rovescio è di solito il suo colpo migliore, contro un avversario che serviva molto bene e non gli dava ritmo con le sue frequenti discese a rete. Vincere anche quando non si gioca bene, è segno di classe. Jannik era teso. Ha comunque vinto il primo set 64 grazie a un unico break senza concedere alcuna palla break al canadese. Quando ha strappato la battuta a Pospisil nel primo game del secondo set ho pensato che il più era fatto. Ma anche il fenomeno Sinner ha le sue debolezze. Come già con Nadal al Roland Garros – ci giocò alla pari per un magnifico set e mezzo – Jannik si è come rilassato. Quel poco che basta per subire l’immediato controbreak e, di lì a poco, ritrovarsi al terzo set, con Pospisil avanti 15-40 sul servizio di Sinner nel primo game del set decisivo. Poi è stata battaglia di servizi, fino al tiebreak. E lì Sinner ha giocato da veterano quando temevo che Pospisil, doppista capace di trionfare a Wimbledon (2014 con Sock, sui fratelli Bryan), potesse sfruttare le caratteristiche del doppista che gioca benissimo i colpi d’inizio gioco, servizio e risposta, e di tiebreak ne ha giocati centinaia. Invece Jannik è stato assolutamente perfetto. Lo ha vinto 7 punti a 3 senza concedere un minibreak, aggredendo giustamente la seconda di servizio di Pospisil sul 3-2, giocando un colpo da supercampione sul 5-3 con un cross stretto di dritto da paura. Di nuovo sulla seconda di Pospisil già sul primo di 3 matchpoint ha risposto attaccando provocando l’errore del figlio di emigranti cechi. Sinner, che oggi salirà a n.37 ATP (da 44) è il 26° tennista italiano a vincere un titolo. I tornei vinti dagli azzurri salgono a 68. Nadal vinse il suo primo torneo a 17 anni e 7 mesi, Murray a 18,4, Federer a 20,2, Djokovic a 19,2. «Ma la strada davanti è ancora lunga…», frena il ragazzino. Pospisil non ha dubbi: «Ho giocato contro tutti i tennisti più forti del mondo, Sinner diventerà n.1…Federer, Djokovic e Nadal non sono eterni».

Un ragazzo che rende felici (Gianni Clerici, La Repubblica)

Scusate se parlo di me stesso, in un momento di gioia per il tennis italiano e per Jannik Sinner. Parlo di me stesso, e di tre momenti della mia vita che ritengo molto importanti. Uno riguarda la vittoria in Coppa Davis, l’unica, quella del 1976, e una volta che, telefonando al giornale per informarli che avevamo vinto l’Insalatiera in Cile (dove in tanti volevano che non si andasse, e tanto merito va a Nicola Pietrangeli) dopo alcuni tentativi passati e sfortunati di farcela, e qualcuno mi rispose che una fila di aggettivi così interminabili non si poteva pubblicare, per quanto in quel tempo non c’erano né le televisioni, né internet e né i social. Un altro momento, giusto per ‘medicare’ me stesso tennista fallito, fu quello in cui mi permisi di battere un Nicola Pietrangeli che non era ancora diventato il Pietrangeli capace di vincere due Roland Garros come poi fece, ma prometteva però già quanto il Jannik Sinner di oggi: perché ora hanno capito tutti cosa vale Sinner. Ma, in una simile autocelebrazione, non posso dimenticare di aver insegnato il tennis a Riccardo Piatti. Che mi ha ringraziato il giorno del mio compleanno su Facebook (“Ti conosco da quando ero bambino e ancora una volta ti vorrei ringraziare per tutti i preziosi consigli che mi hai sempre dato“). Riccardo, mio antico figlioccio. Comasco come me e amico di famiglia, gli consigliai di recarsi a lavorare al campus di Bollettieri negli Stati Uniti, e lo fece e ci rimase per circa due mesi, non prima di aver letto Match Play and the Spin of the Ball, libro che aveva scritto, nel 1925, un signore di nome Bill Tilden e che io gli avevo prestato. Ma prima di tutte queste cose venne il giorno in cui il mio papà acquistò due palloni pressostatici a Como, affinché lo vi dirigessi gratuitamente una scuola di tennis che il presidente del club non voleva. Lì trovai i fratelli Piatti, che furono tra gli allievi maggiormente entusiasti, pur senza diventare grandi giocatori. Ho letto cose di Sinner che fanno prevedere un grande futuro per lui. Io spero che le cose che leggo si verificheranno, come quelle di Nicola Pietrangeli e la Davis. Io ormai ho novant’anni, e questa di Sinner rimane tra le giornate migliori che abbia passato.

Sinner, ragazzo d’oro (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La nuova stella Jannik rischiara il cielo di novembre e all’Italia porta in dote la luce che avvolge il dominatore del futuro. Ha riflessi rossi come i capelli ribelli di un ragazzo che a 13 anni rinunciò allo sci perché con la racchetta da tennis si divertiva di più. Riflette le sfumature verdi che colorano una speranza ormai maturata in certezza: Sinner possiede il marchio del campione destinato a segnare un’era. Magari già tra un anno, quando le Atp Finals approderanno da noi, a Torino, mentre l’ultima edizione londinese saluta a cominciare da oggi. Intanto, erano 12 anni che un tennista così giovane non vinceva un torneo (Nishikori a Delray Beach nel 2008). ed è anche diventato l’italiano più precoce ad esserci riuscito, a 19 anni e 3 mesi. L’orizzonte però si allarga verso l’infinito non solo per quello che Jannik è e che potrà diventare, ma soprattutto per quello che pensa. Così, mentre gli organizzatori di Sofia stanno approntando il palco per il trionfatore, lui se ne sta seduto con la testa tra le mani: «Non avevo ancora realizzato ciò che ero riuscito a fare, ma prima di ogni altra cosa stavo ragionando sul perché avessi perso in quel modo il secondo set». Non è tormento, bensì tensione verso l’assoluto della perfezione, tornare sugli errori per metabolizzarli subito e non ripeterli alla prossima occasione: la dote dei fuoriclasse. Del resto, dopo aver controllato Pospisil e il primo set grazie all’incisività della risposta e aver ottenuto il break d’acchito anche nel secondo, Sinner si attorciglia su se stesso, confuso dal miraggio di una vittoria storica ed emozionante: «In fondo, sono umano anch’io e ho cominciato a pensare un po’ troppo, mentre lui è cresciuto molto». Perso il parziale, con il dritto che fa le bizze soprattutto quando la palla del rivale rimbalza bassa, l’allievo di Riccardo Piatti resta inchiodato al match con la tenace volontà di chi si ribella al destino, ritrovando la prima di servizio e una buona solidità da fondo. Si arriva così al tie break e qui, una volta di più, Jannik illustra le sue qualità mentali, la sua innata abilità di leggere sempre al meglio momenti e punti delicati, lucrando meravigliosamente sul primo minibreak che gli vale il 3-1 e poi in pratica mettendo il sigillo con il favoloso dritto stretto che gli procura tre match point. Game over: «Ho saputo gestire le emozioni, sono stato bravo a trovare la soluzione al rompicapo, sono rimasto concentrato anche quando la partita sembrava sfuggirmi di mano». Così nasce un fenomeno, una luminosa scia di talento che in 24 mesi ha scalato più di 500 posizioni nel ranking, dal numero 551 di inizio 2019 al 37 di domani: «Dedico il successo a tutti quelli che mi stanno intorno, adesso ci aspetta il lavoro più duro, allenarsi per migliorare ancora. Crescere e maturare era un obiettivo di quest’anno, sono soddisfatto del percorso ma la strada è solo all’inizio». Ora lo attende qualche giorno di riposo, poi a inizio dicembre ricomincerà la preparazione a Montecarlo, la sua recente residenza: «Farò un paio di settimane lì, poi ho intenzione di trasferirmi in Australia già a metà dicembre per sbrigare la pratica della quarantena e completare il lavoro invernale: nel 2021 voglio ripartire alla grande». […]

Jannik Winner! (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Un anno fa, Jannik Sinner conquistava il pubblico di Milano alle Next Gen ATP Finals. Dodici mesi dopo, nella stessa settimana, ha conquistato a Sofia il primo titolo in carriera nel circuito maggiore, alla prima finale, contro il canadese Vasek Pospisil. Una sfida condotta per un set e mezzo con autorevolezza salvo poi incasellare un errore dietro l’altro nel secondo. Nel terzo, però, azzera i ricordi negativi e riparte. Trionfa 6-4 3-6 7-6, vince per la prima volta un tiebreak al set decisivo nel circuito maggiore e diventa il più giovane italiano con un titolo all’attivo nell’era Open. «Conquistare un torneo è sempre speciale. Preferisco vincere così che 6-1 6-1 – ha detto in conferenza stampa dopo la finale – non mi aspettavo che il pubblico stesse dalla mia parte fin dal primo turno. Sono stato contento che ci fossero molti bambini, voglio cercare di essere un esempio. […] Ho giocato bene soprattutto nel primo set. Nel secondo, sono andato avanti di un break ma Vasek ha fatto meglio di me. Giocare contro di lui non è semplice, a volte per interi game non ti fa veder palla in risposta. Io non sono riuscito a giocare come volevo. La sfida era rimanere positivo e stare lì con la testa». La tensione, ha ammesso Sinner; c’è stata ma non è stato il fattore centrale che ha allungato il match ben oltre le due ore di gioco. Il canadese ha verticalizzato di più, nel terzo set ha messo in campo quattro prime su cinque e ha costretto il giovane azzurro a trovare una soluzione. Quando Pospisil ha iniziato a venire più spesso a rete, costringendolo così ad adattarsi a uno scenario tattico differente rispetto ai primi due set, Sinner si è adattato. «Ho servito meglio e in maniera più intelligente nel terzo», ha ammesso l’azzurro, che ha salvato le uniche palle break concesse all’inizio del parziale. […] Con questo trionfo, Sinner salirà al numero 37 del mondo, suo nuovo best ranking. Un anno può cambiare tanto, a volte tutto. Può insegnare che il lavoro paga e la strada è giusta.

Sinnerissimo (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Semola forse non lo sa. I fenomeni si manifestano fra i 18 e i 19 anni. Passano senza particolari trambusti dall’apprendimento a una sua forma ancora più esplicita, nella quale si assimila e acquisisce conquistando, afferrando, annettendo, e nel contempo si cambia dentro, diventando famelici, sempre più esigenti e alla fine insaziabili. È il passaggio dall’adolescenza tennistica alla fase adulta. Agli altri capita dopo, campioni compresi. Inutile chiedersi se sia una regola. Nessuno può dirlo. Ma le cose stanno così. Rafa vinse il primo torneo a Sopot, Polonia, quando aveva 18 anni, due mesi e 12 giorni. Djokovic a 19 anni, due mesi, 1 giorno, Zverev a 19 anni, 5 mesi e 5 giorni. Proseguiamo? Roger Federer si palesò nel 2001, l’anno in cui cancellò Sampras a Wimbledon. Vinse il torneo di Milano sul francese Boutter, aveva 19 anni, 7 mesi e 26 giorni. E molti altri potremmo trarne dal passato, seguendo un indicatore comune, quel ruolo da predestinati che a turno è stato affiancato ai loro nomi. Lo stesso che oggi si concede a Jannik Sinner, vittorioso a Sofia per la prima volta nel Tour a 19 anni 2 mesi e 30 giorni. Meno solerte di Rafa e Nole, se proprio ci tenete, ma più degli altri. E quel che conta, in linea con i fenomeni. Con la vittoria bulgara, giunta allo scadere della stagione più bizzarra che si sia mai disputata, Sinner mette da parte i dubbi sulle proprie qualità e si propone nella veste ormai compiuta di miglior tennista della sua generazione. Sinner è da ieri il primo nato nel 2001 a farsi largo nell’albo d’oro di un torneo. Ma la corsa ai record è diventata da tempo una specialità nella quale misurarsi, dopo aver recitato nei panni del primo Millenials ad aver vinto un match nella categoria dei Masters 1000 (a 17 anni e 8 mesi) e il primo ad approdare agli ottavi e poi ai quarti di un torneo del Grand Slam (all’ultimo Roland Garros), un exploit da diciannovenne che condivide con il solo Nadal. Un libro dei primati personali, quello di Jannik, che comincia ad arricchirsi di note a margine niente affatto scontate: Semola al momento è il più giovane fra i tennisti inseriti nella Top 100, dove quest’anno è salito dal numero 72 al numero 43 per approdare da lunedì prossimo al numero 37, a un passo dalle teste di serie nei tornei dello Slam. Resta il tennista italiano più giovane ad aver battuto tre Top Ten (David Goffin n.10 a Rotterdam, Stefanos Tsitsipas n.6 a Roma e Sascha Zverev, n.7 a Parigi). Ovvio chiedersi se Semola sarà anche il primo Millenials a qualificarsi per le Finals torinesi. […]

Nato per stupire (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

E mentre noi suiveurs annotiamo la data nel libro del tennis, sabato 14 novembre 2020, un’epifania tennistica che stupisce solo i profani, Jannik Sinner sta seduto composto in panchina, finendo di ciucciare la polpa dal nocciolo di un dattero. Ha appena tagliato la sua linea d’ombra, quel piccolo rito obbligatorio che segna il passaggio dall’età dei sogni a quella dei fatti: a Sofia, disinnescando il servizio del canadese Vasek Pospisil in cima a un rebus lungo tre set (6-4, 3-6, 7-6), ha vinto il primo titolo Atp della carriera. Ha 19 anni, 2 mesi e 29 giorni. Sarebbe autorizzato a sparare mortaretti in campo, invece se ne sta lì, compito dietro la mascherina, in attesa che le hostess bulgare si allineino per la premiazione. Cosa ti frullava per la testa in quel momento, Jannik? «Mah, niente di preciso — ci risponde —. Più che altro stavo provando a capire perché avevo perso il secondo set…». Capire. Riordinare i pensieri in base a uno schema logico che faccia risultare tutto, perlomeno, razionale. Se il tennis di Sinner è fluido come l’acqua dei ruscelli della sua valle altoatesina, il vero talento di Jannik è nella testa. «Non c’è palla che colpisca che non abbia un senso. E di quelle che sbaglia, il senso lo comprende subito dopo» dice di lui coach Riccardo Piatti, che sei anni fa ha accolto a Bordighera quella palla di neve rotolata giù dai monti; l’ha scongelata, dotata di un italiano più che accettabile e di un gioco formidabile. Goffin, Tsitsipas, Zverev, i top-10 stritolati lungo una stagione a ostacoli nella quale ha rotto il ghiaccio con il successo e ha raggiunto i quarti al Roland Garros, sono tre solidi indizi che fanno una prova: il predestinato sta arrivando nonostante la pandemia gli abbia sfilato dal braccio oltre la metà dei match con cui Piatti sperava di sfamarlo quest’anno. E anche Nadal, il vecchio dinosauro che gli ha ruggito in faccia a Parigi, è stato un test superato. Non è tanto il torneo di Sofia, l’Atp 250 che chiude la stagione, a dirci che Jannik è pronto per reggere gli urti del grande tennis. E il modo («Nel secondo set ho cominciato a pensare troppo e lui a giocare meglio, allora nel terzo mi sono messo a servire più preciso e nel tie break, sì, mi sono piaciuto»). Un anno fa a Milano sbancava Next Gen, l’anticamera del futuro. Ieri ha dedicato il titolo a Piatti, fresco 62enne («Insieme abbiamo considerato il lockdown una sfida per migliorarci») e alla famiglia, si è regalato un lampo gioioso da giamburrasca con i coriandoli blu nella zazzera rossa («Certo che mi sono emozionato: sono umano») e il n.37 del ranking. Pausa, sorriso: «Bello, ma ora comincia il lavoro duro».

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