I mastini di Londra (Crivelli). Thiem è il nuovo Fab 4 (Mastroluca). Thiem l'irriducibile (Azzolini). Australian Open, si studia un rinvio addirittura a marzo (Crivelli)

Rassegna stampa

I mastini di Londra (Crivelli). Thiem è il nuovo Fab 4 (Mastroluca). Thiem l’irriducibile (Azzolini). Australian Open, si studia un rinvio addirittura a marzo (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 22 novembre 2020

Pubblicato

il

I mastini di Londra (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La rivoluzione londinese consegnerà alle Finals un Maestro inedito e il sesto vincitore diverso in sei edizioni. Spira il vento della nuova generazione di fenomeni, che soffia impetuoso dall’Austria di Thiem e dalle steppe russe di Medvedev, anche se l’Orso moscovita ormai ha messo le radici in Costa Azzurra. Djokovic e Nadal stavolta chinano il capo e per Rafa, che contro Daniil servirà anche per il match, senza profitto, sul 5-4 del secondo set, si aggiunge l’amara beffa del prolungamento di una maledizione che non lo vuole mai vincitore del Masters. Dopo 61 partite (24 quest’anno), il maiorchino perde un match in cui ha conquistato il primo set e si spegne alla fine sotto i colpi sghembi ma efficacissimi di Medvedev, che mai lo aveva sconfitto. Thiem invece è titanico. Pur di non offrire il petto al nemico e cadere a un passo dal sogno, ha cominciato a brandire la racchetta a mo’ di alabarda, cambiando le sorti di una sfida eroica. […] Una semifinale emozionante, di qualità eccelsa, che si risolve attorno a due momenti decisivi: i quattro match point non sfruttati da Thiem nel tie break del secondo set e la sua clamorosa rimonta da 4-0 sotto nel tie break del terzo, quando abbandona ogni tatticismo e, per dirla con le parole del serbo battuto, spacca ogni palla ottenendo sei punti consecutivi fino all’apoteosi. Se c’è un segnale che un pomeriggio del genere manda, è che l’austriaco, per consapevolezza e fiducia, ormai merita di stare in paradiso. Dopo aver capitalizzato l’unico break del primo set, maturato grazie a un dritto incrociato da leggenda, dopo aver sempre tenuto il controllo imponendo i ritmi del proprio servizio e del suo dritto a sventaglio, come testimoniano i 50 vincenti tondi contro 23, perdere in quel modo il secondo set avrebbe distrutto anche il guerriero più temprato, E invece Dommi ha tenuto a zero il primo game del terzo set, e nel tie break si è ribellato all’idea della sconfitta: «È stata una battaglia mentale oltre che fisica incredibile. Giocare contro questi campioni, per giunta alle Finals, è qualcosa di davvero speciale. Credevo che dopo la vittoria agli Us Open non avrei potuto vivere emozioni così forti, però mi sbagliavo. Adesso cercherò di essere pronto per la finale. Dopo aver combattuto così tanto in questo torneo non posso che provare a conquistarlo». Il numero uno, che deve rinunciare per ora a inseguire sei trionfi al Masters di Federer, si inchina ancora deferente: «Quello che ha fatto Dominic è stato incredibile. Io non ho giocato male nell’ultimo tie break, ho messo la prima in campo in tutti i miei punti. Lui ha semplicemente spaccato la palla. Cosa puoi farci? Si, ero 4-0, ero vicino alla vittoria, ma me l’ha strappata. Quando colpisci con tutta la tua potenza, a volte sta dentro e basta. A volte va fuori. Io non ho spinto nello scambio, ma ero sul pezzo. Lui ha distrutto la palla. Mi dispiace chiudere la stagione con una sconfitta così. Non sono sollevato che la stagione sia finita, non vedo perché dovrei. Mi piace giocare a tennis, mi piace competere e mi piace viaggiare. Lui ci ha provato, ha funzionato, se l’è meritata». […]

Thiem è il nuovo Fab 4 (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Ha festeggiato le 300 vittorie con un messaggio ambientalista scritto in rosa sull’obiettivo della telecamera. “300 play for the ocean” ha scritto l’austriaco Dominic Thiem, che pensa agli oceani anche dopo aver domato Novak Djokovic al termine di una sfida con tutte le sfumature delle emozioni. Thiem, numero 3 del mondo, ha chiuso 7-5 6-7(10) 7-6(5). Ha mancato quattro match-point nella battaglia che ha deciso il secondo set, ma ha reagito con la forza della tenacia e della sicurezza. E’ il terzo giocatore a vincere un tie-break contro Djokovic dalla finale di Wimbledon del 2019. Diventa anche il primo, dopo il serbo, a raggiungere due finali consecutive alle ATP Finals. «Nel tie-break del secondo set mi è venuto un po di “braccino” perché affrontare una leggenda dello sport è sempre speciale» ha detto nell’intervista post-partita Thiem. «Dopo aver vinto lo US Open, credevo che in campo mi sarei sentito più calmo. invece no, ero teso e nervoso come prima» ha ammesso Thiem. Però qualcosa di diverso c’è. Prima del 2019, Thiem era sotto 2-5 nelle sfide contro il serbo, 3-8 contro Nadal e in parità (2-2) contro Federer. Negli ultimi due anni, ha un bilancio positivo conto tutti e tre: 3-2 su Nole, 3-1 su Rafa, 3-0 su Roger. Alle ATP Finals aveva già sconfitto Djokovic un anno fa, al termine di un’altra maratona. Anche questa sfida si è decisa su pochi punti. L’austriaco, forte di 26 vincenti a 14 di dritto e soprattutto degli 11 di rovescio contro 3, ha giocato con più decisione nei momenti che hanno indirizzato il terzo set. Djokovic, al contrario, si è rivelato più efficace negli scambi brevi, ma ha ha subito la spinta di Thiem quando il punto si allungava, ovvero nelle situazioni in cui è abituato a fare la differenza con il suo asfissiante pressing da fondo. Il tie-break decisivo è un romanzo nel romanzo di una partita manifesto della stagione. Djokovic sale 4-0, Thiem però ribalta la situazione. «Ho tirato a tutta ogni colpo, e ogni colpo entrava. È stato straordinario, ma non va così in ogni partita» ha ammesso Thiem. […] Djokovic non vincerà il sesto titolo alle ATP Finals. «Normalmente, se giochi sempre a tutto braccio qualche volta sbagli. Thiem dallo 0-4 nel tie-break del terzo set ha fatto tutto bene – ha ammesso Djokovic – Non penso di aver giocato male quei punti, non spingevo al massimo ma mi sentivo comunque dentro lo scambio. Giù il cappello, posso solo dirgli bravo». […]

Thiem l’irriducibile (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Ogni tennista prima o poi si paragona a un pugile, perché il tennis è boxe senza contatto. La frase è di Andre Agassi, o più verosimilmente del tanto bistrattato padre, l’orco Emanoul Aghassian, che pugile lo fu davvero in gioventù e fino ai Giochi olimpici di Helsinki 1956, affrontati da iraniano prima di fuggire sotto falso nome verso la meta promessa, gli Stati Uniti, per fare l’allenatore di suo figlio in uno sport che non aveva mai visto né conosciuto, il tennis, che insegnò sulla base delle sue conoscenze, immaginando rovesci come uppercut e smash come ganci al fegato. Dominic Thiem e Novak Djokovic hanno restituito attualità ai precetti del vecchio Aghassian in una semifinale delle Atp Finals trasformata fin dal primo colpo in una rissa in quindici round. Incontro di rara violenza ma boxe doveva essere, e boxe è stata, da cima a fondo, per due ore, 54 minuti e 7 secondi. Non si è tirato indietro Thiem, il vincitore, e non è arretrato Djokovic, il numero uno sconfitto, ma ancora sul gradino più alto della classifica. Ne è sortito un match tempestoso, quasi furioso, giocato a distanza ravvicinata, guardandosi negli occhi, nel quale i momenti più caldi si sono addensati nei due tie break, dove Domi e Nole a turno hanno mostrato una vitalità da gatti di strada. Il serbo – unico a subire un break nel corso del match, sul 6-5 del primo set – è stato capace di rinvenire da quattro match point, anche grazie ai buoni uffici dell’austriaco, reo di un doppio fallo sulla seconda palla del match assai simile a un cazzotto sparato da lui stesso direttamente contro il suo naso. E Thiem, invece, ha saputo riprendersi dopo quel festival di occasioni sprecate, in un tie break di fine terzo set che l’ha visto subito sotto 0-4, un punteggio che contro Djokovic, normalmente, fa da preludio alla sconfitta più beffarda. Lì Thiem ha capovolto il verdetto dell’incontro con un coraggio ai limiti della follia. Ha spinto ancora di più, e nessuno lo riteneva possibile; ha trovato angoli sperduti nel campo del Djoker; ha servito ace più simili a mattonate tirate dal settimo piano di un palazzo; e non ha lasciato più niente al serbo, che sull’ultimo colpo ha reclinato la capa e si è consegnato all’avversario ormai trasformatosi in un ossesso: 7-5 6-7 (10) 7-6 (5), Ha meritato, Dominic. È stato l’unico a segnare un break sul suo cartellino. L’unico ad avere i match point. L’unico anche a firmare un tabellino finale con 50 vincenti e 39 errori non forzati (+11), contro i 23 vincenti e i 27 errori del serbo (-4). Ha vinto più punti a rete (16 su 17 addirittura) e giocato meglio al servizio (12 ace) conquistando alla fine 4 punti in più di Nole, 119 a 115. Assume tinte autunnali la stagione di Djokovic, vincente all’inizio, poi impigliatasi fra rovi non previsti, ma resistenti e pieni di spine. Le polemiche per il Tour estivo a tutto virus organizzato in Serbia e Croazia; le perplessità per le sue dichiarazioni contro il vaccino anti-Covid e altre amenità da para-guru sparse ai quattro venti; la squalifica per una pallata casuale a una giudice di linea a metà US Open (che tutti spiegano con la sfortuna, ma sarebbe bastato non tirarla), la terribile sconfitta subita da Nadal nella finale di Parigi; e ora questa batosta ricevuta a suon di legnate . Ha giocato bene, dunque sarebbe eccessivo ipotizzare un rapido tramonto. «In effetti, credo di aver giocato i colpi che dovevo giocare, ma sullo 0-4 del tie break, lui ha realizzato qualcosa di irreale. Gli entrava tutto a una velocità altissima. Sono dispiaciuto; ma non mi sento in colpa. In quelle condizioni, c’è solo da farsi da parte». E schivare quei bolidi. Il tramonto è ancora lontano. Ma qualche soffio di vento freddo ha cominciato a provocargli i primi starnuti.

Australian Open, si studia un rinvio addirittura a marzo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Dopo il Roland Garros d’autunno, si avvicina l’ipotesi degli Australian Open di primavera. Il Covid continua a condizionare le scelte del mondo e non si accontenta di aver stravolto il calendario del tennis per il 2020, allungando ombre tetre pure su quello del 2021, a cominciare dal primo Slam stagionale, per tradizione giocato nelle ultime due settimane di gennaio, l’estate di Melbourne che coincide con l’inverno dell’emisfero boreale. La questione ormai è nota: lo stato del Victoria non consentirà ai tennisti di arrivare in città entro il 1° gennaio, obbligandoli poi a una quarantena di 14 giorni in cui non sarà consentito allenarsi. Significa che se verrà confermato il 18 gennaio come data di inizio degli Australian Open, i giocatori dovranno affrontarli praticamente senza preparazione; seppur mantengano al momento un atteggiamento conciliante e teso a preservare al massimo la possibilità di disputarlo comunque, è difficile immaginare possano accettare un salto nel buio così rischioso. D’altronde i governi dei singoli stati federati, di fronte a un numero di contagi che ormai si conta in qualche decina, vogliono evitare a tutti i costi un’ulteriore ondata provocata da casi di ritorno, ovvero da persone che portano il virus arrivando dall’estero. Il premier del Victoria, Daniel Andrews, è stato chiaro. «Non è semplice avere potenzialmente più di mille arrivi nel Paese tra atleti, staff e media per l’evento: deve essere fatto tutto in sicurezza». In un quadro che muta ogni giorno, c’è comunque già una certezza: il rinvio dei tornei juniores a data da destinarsi. Una scelta che secondo alcuni si rifletterà anche sull’evento dei grandi, come in fondo sembra confermare lo stesso Andrews: «Sono fiducioso che gli Australian Open si giocheranno nella prima parte del 2021. L’esatto periodo e le esatte misure che adotteremo però non sono ancora decisi». Se non si dovesse rispettare la scadenza originaria, la soluzione più indolore sarebbe quella di spostarli in avanti di una settimana, per consentire ai giocatori di avere almeno dieci giorni di preparazione sulle spalle e provocare un impatto minimo sul resto del calendario, peraltro ancora allo studio. Il rischio però è che a fine gennaio la situazione dei contagi peggiori come conseguenza delle aperture natalizie e dunque si finisca per allungare la sospensione addirittura a marzo o aprile, con un pericolosissimo accavallamento con i Masters 1000 americani di Indian Wells e Miami e l’inizio della stagione europea sul rosso, ammesso e non concesso che il virus dia una tregua e consenta di tornare alla normalità. Una decisione definitiva è attesa in un paio di giorni. Che saranno davvero bollenti.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement