Focus
Federer è tornato ma ha perso ancora una volta dopo aver avuto match point
Il fuoriclasse svizzero ha mandato segnali incoraggianti al suo ritorno in campo a Doha prima di cadere vittima di una sindrome non così infrequente per lui

Dopo ben 13 mesi, e dopo aver subito due interventi al ginocchio nel corso del 2020, Roger Federer è tornato in campo la settimana scorsa a Doha, ogni suo passo seguito dagli occhi vigili dei devoti del tennis e del mondo dello sport in generale.
Federer, essendo uno degli atleti più conosciuti al mondo, fine specialista del fioretto ma anche agonista puro nelle sue movenze artistiche, è mancato molto ai suoi ammiratori: tutti erano desiderosi di vederlo giocare ancora, speranzosi che potesse catturare ancora un po’ della magia cui li aveva abituati, e curiosi di sapere quale spinta creatrice avrebbe potuto riportare alla ribalta.
Volevano che questa nuova versione di Roger Federer fosse sublime. Speravano che li potesse ispirare ancora con la creatività e l’immaginazione che da tempo hanno reso Federer una figura divina ai loro occhi.
Federer, dal canto suo, non ha né completamente soddisfatto né completamente disatteso le aspettative, magari eccessive, dei suoi fan più accesi.
Nel suo primo match, gli ottavi di finale, ha affrontato il britannico Dan Evans, con il quale aveva condiviso alcuni allenamenti nelle settimane precedenti. Evans non era mai riuscito a strappare a Federer nemmeno un set, ma sicuramente intravedeva l’opportunità di approfittare di un avversario arrugginito da 405 giorni di digiuno da confronti ufficiali. Conseguentemente il britannico si è creato un’apertura andando a break point sul 4-4 nel primo set, subito ripresa dallo svizzero con calma olimpica. Un dritto profondo di Federer è stato sufficiente a portare Evans fuori posizione per poi trafiggerlo con uno dei marchi di fabbrica del campione, il dritto inside-out, una prodezza sufficiente a Federer per tenere il game. Una volta giunti al tie break, il 20 volte vincitore Slam è uscito da una situazione di 2-4 per poi servire sul 5-6 e set point per l’avversario. Federer ha tirato una prima chirurgicamente accurata verso il centro dal lato sinistro del campo, cui Evans non è riuscito a rispondere con profondità; Federer ha quindi avuto buon gioco a concludere con un dritto vincente. Scampato il pericolo, si è aggiudicato il tie per 10 a 8 al terzo set point, giocando ragionevolmente bene ma senza impressionare particolarmente sul servizio avversario.
Il britannico si è poi aggiudicato il secondo per 6 giochi a 3 con un break. Nel terzo set Federer ha dovuto affrontare due break point sul punteggio di 3-3, annullando il primo con un ace e il secondo con una spettacolare smorzata di dritto. A quel punto allo svizzero è bastato tenere sul 4-3 e di seguito sul 5-4. Nel decimo game, Federer ha sprecato un match point, sorpreso da Evans. Sceso a rete quest’ultimo dietro ad una prima di servizio molto profonda sul rovescio avversario, ha concluso con una volée di diritto. Evans si è quindi portato sul 5-5, ma Federer si è rimesso presto al lavoro, chiudendo il game di servizio tenendo l’avversario sul 30 con un rovescio lungolinea, per poi chiudere con lo stesso colpo nel game successivo, un break che ha lasciato l’avversario a 15.
La vittoria di Federer per 7-6 (8) 3-6 7-5 di certo non si può definire una passeggiata.
Lo svizzero è tornato poi in campo il giorno successivo per affrontare un giocatore di stampo molto diverso, cioè Nikoloz Basilashvili. Laddove Evans aveva cercato di prolungare gli scambi il più possibile, Basilashvili, da attaccante puro, è solito aggredire la palla con furia controllata, e questo è stato il suo approccio anche durante questi quarti di finale. Considerando l’avversario, un solido Federer ha conquistato il primo set con relativa facilità prima di subire il ritorno dell’avversario nel secondo, finendo sotto di due break e venendo sovrastato da fondocampo nel processo.
Giunti al terzo set, sul 3-3 Federer è riuscito a disinnescare tre break point, il primo con un rovescio slice a cercare l’errore avversario, il secondo con un dritto imprendibile, e il terzo con una prima di servizio sul rovescio di Basilashvili. Federer è così salito 4-3, ma Basilashvili non era ancora domo. Servendo nel decimo game per rimanere in corsa il Georgiano si è trovato ad affrontare un match point, annullato mirabilmente affrontando una palla corta di Federer con un colpo molto basso che non ha lasciato allo svizzero la possibilità di incocciare un passante di rovescio. Basilashvili ha così tenuto sul 5-5, per poi chiudere sfruttando dei lungolinea di rovescio. Da qui in poi il numero 42 del mondo si è preso i due rimanenti game, vincendo otto degli ultimi undici punti, finendo per prevalere 3-6 6-1 7-5.
E così Federer ha perso di misura un quarto di finale che sarebbe potuto andare in qualsiasi modo. Potrebbe essere in qualche modo soddisfatto del livello di gioco espresso, dopo tutti quei mesi di pausa: il suo servizio era efficiente ai livelli standard, è riuscito a portare a casa 25 ace in due confronti senza commettere nemmeno un doppio fallo. Il dritto era in ottime condizioni. Il punto dolente è il rovescio, dato che si è registrato un numero allarmante di errori su quel versante.
Ha avuto un paio di problemi anche su un paio di volée, e ha più volte sorriso amaro rivolto a sé stesso, quasi sapesse di non potersi aspettare la perfezione.
Ma forse la cosa più preoccupante è che questa sconfitta marca la ventiquattresima volta nella sua illustre carriera in cui il Maestro viene sconfitto nonostante uno o più match point a favore.
La prima volta gli accadde nel 2000. Opposto a Tim Henman nelle semifinali a Vienna, Federer vinse il primo set 6-2 ed ebbe due match point in risposta sul 5-6, 15-40 nel secondo set. Henman riuscì a vincere 2-6, 7-6 (4), 6-3. Federer aveva solo 19 anni. Nessuno fece particolarmente caso, allora, al fatto che la sconfitta fosse arrivata dopo aver avuto due match point a favore. Eppure, con il passare degli anni, questo tipo di sconfitte sono diventate sorprendentemente numerose, soprattutto all’interno di una carriera del livello dello svizzero e considerando che ha più volte dimostrato di sapere perfettamente cosa serva per chiudere le partite.
Quale commentatore potrebbe mai sostenere che Federer è preda della paura di vincere, oppure che sia incapace di chiudere match importanti? Al momento è appaiato a Nadal come numero di Major vinti, 20, e può vantare 103 titoli in singolare, secondo nell’Era Open solo a Connors con 109. Inoltre, non si può non rilevare che Federer sia stato un giocatore uso alle finali e ai match importanti, avendo vinto per 103 volte su 157 la finale di un torneo, il che restituisce una percentuale del 65,6 di vittorie totali, e 20 su 31 se circoscriviamo lo stesso calcolo alle finali di un torneo dello Slam, con una percentuale del 64,5 – si tratta ovviamente di numeri eccellenti.
Ma sono proprio queste statistiche a far apparire sorprendenti le cadute sul fil di lana che ne hanno decretato la sconfitta in alcuni match. Pensate a questo: Novak Djokovic nella sua carriera è stato battuto solo tre volte dopo aver avuto match point a favore; al contrario, per tre volte è riuscito a battere Federer stesso dopo aver annullato doppio match point. Rafael Nadal ha perso soltanto otto match nei quali ha avuto match point a favore; lo spagnolo ha battuto Federer a Roma nel 2006 dopo aver salvato due match poi nel quinto set – una vittoria fondamentale per la carriera del mancino di Manacor. Certo, sia Nadal che Djokovic sono più giovani di Federer, eppure né il serbo né lo spagnolo sono mai risultati tanto vulnerabili, nelle stesse condizioni, quanto lo svizzero.
Federer ha giocato in carriera 1515 partite, contro le 1213 di Nadal e le 1135 di Djokovic. Dopo quella prima sconfitta contro Henman con due match point a favore, non sono molte le stagioni in cui Federer non abbia subito ribaltoni del genere. È riuscito ad evitare un simile destino nel 2004, 2007, 2008, 2009, nel 2012 e nelle sei partite giocate nel 2020. Al contrario, ha perso almeno un match con match point a favore in ben 16 stagioni. Nel 2010, ha perso non meno di quattro battaglie in quelle condizioni.
Forse ancora più grave, Federer è stato vittima della sindrome da match point sprecato ben sei volte nel corso della sua stellare carriera nei Major – due volte all’Australian Open (contro Tommy Haas nel 2002 e Marat Safin nel 2005), due volte a Wimbledon (contro Kevin Anderson nei quarti di finale del 2018 e contro Novak Djokovic nell’epica finale del 2019), e due volte allo US Open (entrambe contro Djokovic nel 2010/2011). Molte di queste delusioni hanno avuto pesanti ripercussioni. Consideriamo la sconfitta nel 2005 contro Safin alle semifinali dell’AO a Melbourne. Federer era avanti due set a uno, avendo match point sul 6-5 nel tie-break del quarto set. Tentò un serve-and-volley seguendo la seconda di servizio, per poi allungarsi su una volée di rovescio lungolinea. Con il passante di Safin rimasto piuttosto basso, Federer rispose con una fine stop volley di rovescio, cui Satin replicò scattando in avanti per disegnare un lob centrale sopra la testa dello svizzero. Federer seguì a sua volta la palla, ma, anziché replicare con un lob da par suo, tentò un tweener, fallendolo miseramente.
Pur avendo Federer sempre dimostrato di avere una certa inclinazione nel percepire quando più opportuno rischiare e quando rimanere conservativo, in quella occasione fu tradito dal proprio giudizio. Quali che siano le ragioni, Safin vinse gli altri due punti del tie vincendo così il quarto set, per poi prendersi un combattuto quinto parziale sconfiggendo Federer 5-7 6-4 5-7 7-6 (6) 9-7 in quattro ore e 28 minuti. Federer si aggiudicò 201 punti contro i 194 di Safin durante il match, pur perdendolo. Aveva vinto contro il russo l’anno precedente all’Australian Open, e arrivava da un record di 6 vittorie a una contro il russo – in carriera, il computo delle vittorie di Federer sarà poi di 10 a 2 in suo favore. Tuttavia, la critica semifinale di Melbourne sfuggì allo svizzero. Avrebbe giocato contro Lleyton Hewitt nella finale, un avversario battuto per sei volte di fila nel 2004, incluse una netta vittoria all’Australian Open nei sedicesimi e uno schiacciante 6-0 7-6 (3) 6-0 nella finale dello US Open. Pertanto, la sua sconfitta contro Safin ebbe conseguenze molto pesanti, in proiezione, essendo molto improbabile una sconfitta in finale.
Ma mentre la sconfitta con Safin fu significativa, perfino più pesanti furono i tre capovolgimenti di fronte subiti da Novak Djokovic durante i tornei dello Slam. Allo US Open del 2010 Djokovic serviva sul 4-5, 15-40 nel quinto set della semifinale, ma il serbo annullò coraggiosamente il primo match point con una volée di dritto in risposta ad un rovescio slice di Federer. Il secondo match point venne poi disinnescato con un dritto inside-in. Djokovic tenne quindi sul 5-5 per poi completare una rimonta che lo vide trionfare con il punteggio finale di 5-7 6-1 5-7 6-2 7-5.
Nel 2011, Federer e Djokovic si scontrarono al penultimo round dello US Open per il quarto anno di seguito. Djokovic risalì dai due set a zero forzando lo svizzero a un quinto set. Federer, quasi rivitalizzato dopo quella maratona, andò a servizio per il match sul 5-3, 40-15. Per il secondo anno consecutivo, Federer raggiungeva un doppio match point contro Djokovic nelle semifinali dello US Open. Ma la storia recente si ripeté ancora, con Djokovic a tentare il tutto per tutto in risposta ad un servizio slice dal lato destro del campo, producendo un dritto vincente sulla diagonale. Fu un colpo che risuonò in tutto il mondo. Sul 40-30, Federer tentò un servizio al corpo più che accettabile, che però Djokovic contrastò con una risposta di rovescio che indusse lo svizzero all’errore di dritto. Djokovic vinse poi quattro game di seguito, per finire con un impressionante 4-6 6-7 (7) 6-3 6-2 7-5. Per il secondo anno di fila, il serbo recuperava da doppio match point a sfavore su Federer a New York. In entrambi quegli anni, l’avversario della finale fu Rafael Nadal. Federer sarebbe per la verità stato sfavorito in quegli anni contro Rafa, eppure chi può dire come sarebbe andata a finire?
Passiamo a Wimbledon 2019. Djokovic e Federer si affrontavano per la terza volta in finale sul Centrale, con il serbo in vantaggio dopo le due vittorie del 2014/2015. Fu il match definitivo della loro rivalità, che vede ora in vantaggio il serbo per 27-23. Djokovic seguiva 5-3 nel tie-break del primo set, per poi risalire con quattro punti consecutivi e assicurarsi il parziale. Federer navigò senza problemi per tutto il secondo set, ma Djokovic risalì da set point contro nel terzo set per assicurarsi il successivo tie-break.
A quel punto Federer vinse di nuovo una battaglia al quarto, guadagnandosi la disputa del set decisivo. Nel quinto set Djokovic tentò la fuga sul 4-2, venendo ripreso tuttavia dallo svizzero sul 4-4. A quel punto a Federer riuscì il break nel quindicesimo game, per poi servire sul match 8-7, raggiungendo il 40-15 con ace consecutivi. Per la terza volta nella propria carriera negli Slam, Roger Federer si vide sconfitto da Novak Djokovic dopo aver avuto due match point a favore. Sul primo match point, lo svizzero sbagliò un dritto scagliando la palla a lato del campo. Il secondo match point fu annullato dal serbo con un passante diagonale di dritto. Alla fine, lo svizzero subì il break che riportò il punteggio sull’8-8 per la disperazione di una grossa percentuale del pubblico presente. La contesa venne risolta grazie al primo tie-break di sempre disputato al quinto set del torneo londinese, con Djokovic comodo nel raggiungere il titolo grazie ad un punteggio di 7-6 (5) 1-6 7-6 (4) 4-6 13-12 (3). Federer non è mai riuscito a battere sia Nadal che Djokovic nello stesso torneo della Slam, eppure avrebbe collezionato il ventunesimo slam se fosse riuscito per la prima volta nell’impresa. Al contrario, fu Djokovic ad assicurarsi la sedicesima corona. Sicuramente la più esaltante delle vittorie per il serbo, la più devastante delle sconfitte per il Maestro di Basilea.
Ecco qui. La sindrome del match point ha colpito Federer più di quanto si pensi. Non va dimenticato, tuttavia, che anche lo svizzero ha portato a termine la sua buona dose di rimonte spettacolari. In 24 occasioni si è trovato a vincere recuperando almeno un match point, non poco.
La lista dei trionfi arrivati in questo modo ne include quattro negli Slam: due allo US Open, una a Wimbledon, una all’Australian Open. Nessuna di queste rimonte aiutò lo svizzero a sollevare il trofeo nello Slam in cui occorsero, ma in altre categorie di tornei sì: l’ultima di queste è avvenuta nel 2017 a Miami durante un quarto di finale contro Tomas Berdych nel quale salvò due match point per poi sconfiggere Nadal in finale. Sono altre cinque le occasioni in cui Federer è riuscito ad aggiudicarsi un torneo dopo aver salvato almeno un match point in corso d’opera, inclusa una vittoria nel girone delle ATP Finals contro Andre Agassi nel 2003 e un’altra contro Andy Roddick nel 2006, entrambe propedeutiche alla vittoria finale.
Lasciando da parte match point e rimonte, possiamo ora domandarci dove può arrivare Federer oggi? Non una domanda facile. Pensavo che avrebbe partecipato al torneo a Dubai, dato che a Doha è riuscito a disputare solo due match, mentre ha preferito riprendere gli allenamenti in solitaria. Nessuno può giudicare lo stato fisico e quello del gioco di Roger Federer meglio di Roger Federer, ma sicuramente avrà bisogno di molti altri match nelle gambe se vuole seriamente puntare alla vittoria del nono Wimbledon a luglio. Avendo già deciso di saltare Miami, potrà disputare solo incontri sul mattone tritato prima dell’avvio della stagione sull’erba – si preannunciano quindi decisioni molto importanti sul suo programma.
Non penso che sia davvero convinto di poter puntare al secondo Roland Garros, quindi è lecito domandarsi se intenda andare a Parigi. Nel 2019 scelse di tornare al Roland Garros per la prima volta in quattro anni, raggiungendo le semifinali prima di disputare la finale a Wimbledon. Il comune sentire è che Wimbledon quest’anno sia la sua ultima possibilità per puntare al ventunesimo titolo nei Major. Compirà 40 anni in agosto, e non ha più vinto lo US Open dai tempi della sua quinta vittoria consecutiva nel 2008. Sicuramente dirotterà tutte le sue energie nervose sul torneo londinese, ed anche se si dovesse presentare nella migliore delle forme possibili sarebbe molto dura per lui, anche se non impossibile, sollevare il trofeo all’All England Club.
Rimane il fatto che sicuramente non rinuncerà alla battaglia. È doveroso ricordare che si tratta di un campione vero, dotato di una riserva inesauribile di ambizione oltre che della capacità di lasciarsi alle spalle sia le più sfolgoranti vittorie che le brucianti sconfitte per concentrarsi sugli obiettivi immediati.
Traduzione a cura di Michele Brusadelli
Steve Flink si occupa di tennis a tempo pieno dal 1974, quando ha iniziato a lavorare per World Tennis Magazine, dove è rimasto fino al 1991. Ha poi lavorato per Tennis Week Magazine dal 1992 al 2007, mentre negli ultimi 14 anni ha scritto per tennis.com e tennischannel.com. Flink ha scritto quattro libri sul tennis: “Dennis Ralston’s Tennis Workbook”, pubblicato nel 1987; “The Greatest Tennis Matches of the Twentieth Century”, nel 1999; “The Greatest Tennis Matches of All Time”, nel 2012; e “Pete Sampras: Greatness Revisited”. Quest’ultimo è uscito nel settembre del 2020 e può essere acquistato in lingua originale su Amazon.com. Flink è entrato a far parte della International Tennis Hall of Fame nel 2017.
ATP
ATP Miami: Ruud cade, Ruusuvuori approfitta del buco, Rublev col pilota automatico si prepara per Sinner
Negli altri match del giorno la sorpresa è la sconfitta di Ruud per mano di Van de Zandschulp; l’olandese troverà Ruusuvuori che continua nel buon momento. Rublev mostruoso, brutto cliente per Sinner

Riportiamo qui di seguito il risultato e il dettaglio dei match della prima giornata del torneo maschile di Miami 2023 a nostro avviso più interessanti
[26] Van De Zandschulp b. [3] C. Ruud 3-6 6-4 6-4

Continua il momento no del norvegese, numero 4 del mondo ma che da lunedì vedrà concretizzarsi una notevole emoraggia di punti. Casper infatti l’anno scorso aveva raggunto proprio a Miami la sua prima finale 1000, sconfitto da Alcaraz. Alla luce delle statistiche (per una legenda dei grafici potete rivedere qua), il match è stato senz’altro combattutto, con Ruud che non ha sfigurato, specie al servizio, ma che però nei momenti topici non è riuscito a salire di livello e a far valere la sua migliore classifica. Se andiamo infatti a vedere le principali metriche vediamo che sulle prime di servizio in campo entrambi i giocatori hanno fatto registrare un ottimo 69% con una percentuale di realizzazione sulla prima di 75% (48/64) per Ruud e 67% (56/83) per Van de Zandschulp. Anche in risposta, le performance di realizzazione sulla seconda di servizio hanno visto prevalere Ruud, con un a 55% (21/38) contro il 48% (14/29) dell’olandese. In generale quindi ci si sarebbe aspettati una vittoria di Cristian che infatti ha anche vinto più punti del suo avversario (110 a 103). La chiave del match insomma sono stati i punti importanti, con Ruud che ha convertito solo il 13% delle proprie occasioni, (2/15), contro il 50% (3/6) di Van De Zandschulp. Match che insomma ha visto alcuni game fiume, come il decimo gioco del secondo set o quasi tutti i game alla fine del match, nei quali la bagarre è stata notevole e va dato atto all’olandese di aver mantenuto i nervi saldi, anche grazie al contributo del servizio; sono stati 12 alla fine gli ace dell’olandese, contro i 6 del norvegese.
[6] A. Rublev b. [29] M. Kecmanovic 6-1 6-2

Oggi Rublev andava di fretta e non c’è stato scampo per il malcapitato Kecmanovic. A vedere il match la differenza sembrava decisamente superiore fra i due: ricordiamo che il serbo è comunque n.35 al mondo. Ma Andrey oggi era decisamente ingiocabile, basti pensare al mostruoso numero di vincenti sparati (34!) in soli 15 game. Partita nella quale il serbo non è mai nemmeno riuscito ad arrivare a palla break, mentre il russo al servizio quando ha messo la prima a sfoderato una percentuale di realizzazione dell’84%. Basta insomma dare anche solo un’occhiata al grafico per confrontare quanto sia striminzita l’area di Kecmanovic comparata con quella di Rublev; decisamente non c’è stata partita e se Rublev riuscirà a mantenere questo livello di forma anche nei prossimi turni decisamente potrebbe diventare una mina vagante molto pericolosa. Insomma per Sinner decisamente non un buon cliente da incontrare, speriamo che possa avere le polveri un po’ più bagnate di oggi
E. Ruusuvuori b. [WC] T. Daniel 6-3 7-6 (3)

Zitto zitto Ruusuvuori continua nel suo buon momento dimostrando di essere un cliente poco simpatico per chiunque su superfici dure. Anche approfittando del buco nel tabellone il finlandese è bravo a giocare una partita giudiziosa e a prevalere sul giapponese Daniel, in precedenza giustiziere di Zverev. Il finalandese troverà Van de Zandschulp che ha sconfitto Ruud. Un match che sarà fra due outsider con una grossa opportunità di fare bei punti e che vedrà il vincitore scontrarsi contro il vincente di Sinner – Rublev. Ma veniamo alla partita. Match tirato nel quale le prime di servizio in campo sono state il 70% per Ruusuvuori e il 65% per Daniel, con una percentuale di realizzazione sulla prima pari a 75% (40/53) e 78% (29/37) rispettivamente. In risposta invece, le performance di realizzazione sulla seconda di servizio sono state pari a 55% (11/20) e 52% (12/23). La combinazione di efficienza al servizio e di incisività in risposta ha portato in dote ai due giocatori un numero di palle break pari a 5 per Ruusuvuori e 7 per Daniel. La gestione della pressione in queste situazioni di break point ha avuto come risultato un tasso di conversione pari a 40% (2/5) e 14% (1/7). La partita insomma è stata decisa dal giocatore che ha gestito meglio i punti importanti; non a caso il secondo parziale si è deciso al tie break, dove il finlandese ha fatto valere il suo maggior peso, spegnendo gli ardori di un Daniel che comunque torna a casa con lo scalpo di Zverev da questo torneo.

ATP
ATP Miami, Sinner: “Con Dimitrov la chiave è stata la risposta, il secondo set un gioco di scacchi”
Intervista esclusiva di Ubitennis a Jannik Sinner, dopo il successo su Grigor e il passaggio agli ottavi: “Sto provando ad aggiungere qualcosa al mio gioco per essere meno prevedibile”

Jannik Sinner ha staccato il pass per gli ottavi di finale superando 6-3 6-4 in 1h28′ di match la testa di serie numero 21 Grigor Dimitrov, in quello che era il loro secondo scontro diretto dopo gli Internazionali d’Italia 2020 dove il bulgaro si impose in rimonta con un doppio 6-4, ed ora al prossimo turno troverà il n. 6 del tabellone Andrey Rublev – il russo ha sconfitto Miomir Kecmanovic. Dopo la vittoria, nella sala conferenze della Florida, l’azzurro si è concesso in esclusiva ai microfoni dell’inviato di Ubitennis al Miami Open Presented By Itaù Vanni Gibertini. Ecco, di seguito, le parole rilasciate dall’altoatesino.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Due set quasi diversi perché nel primo ci sono stati scambi più monotoni, con lui che cercava di tenere la palla bassa. Nel secondo, invece, lui ha decisamente cambiato qualcosa e poi ci sono stati tutti quei break all’inizio che hanno cambiato la dinamica del set. Cosa è cambiato tra i due parziali?
Jannik Sinner: “Sicuramente io avendo vinto il primo comunque non ho dovuto cambiare tanto, è stato bravo lui a cambiare diverse giocate. Insomma, era una partita non dico più equilibrata ma più un gioco di scacchi dove gli scambi erano più lunghi e più tosti. Però niente, credo che alla fine ho risposto molto bene che forse oggi era un pò la chiave della partita e credo quindi di poter essere contento“.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Quindi sei soddisfatto della tua prestazione al servizio e in risposta?
Jannik Sinner: “In risposta sì, al servizio anche. Soprattutto all’inizio ho servito molto bene, poi forse il lancio di palla ho iniziato a farlo un pò troppo in avanti. Ho sbagliato due, tre giocate con il servizio però fa parte della mia crescita. Ho fatto comunque un serve&volley che ho messo dentro, e che diciamo non accade spesso. In generale sto provando ad aggiungere qualcosa al mio gioco perché devo investire per il futuro. Quello che sto provando a far è cercare di essere meno prevedibile e da questo punto di vista la partita di oggi si è svolta molto bene“.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Andrey [Rublev, ndr] al prossimo turno. Partita ovviamente tosta, l’ultima volta vi siete affrontati al Roland Garros lo scorso anno in quello che speriamo sia stato il tuo ultimo ritiro. Cosa ci puoi dire che dovrai fare giocando contro di lui?
Jannik Sinner: “Va bè, la tattica ora non la dico. Lui è sicuramente un giocatore che serve molto bene, tira forte il dritto e anche di rovescio è molto solido. Quindi sarà una partita diversa rispetto a quella con Dimitrov. Quindi certamente dovremo stare entrambi attenti ai nostri game di servizio, e poi vedere quello che succede in risposta. Lui risponde molto bene, ma bisognerà comunque vedere quando giocheremo e in quali condizioni. Oggi ad esempio abbiamo giocato di sera, il campo era più lento perché non c’era vento mentre con il vento la partita cambia “.
Vanni Gibertini, Ubitennis: L’ultima cosa, oggi il pubblico ha creato una bella atmosfera. Te ne sei reso conto anche dal campo?
Jannik Sinner: “Si, si sentiva. Il campo era pieno dal primo punto e alla fine questo è il bello dello sport, credo che giocare in quest’atmosfera sia molto, molto bello. C’era pubblico sia per me che per lui e alla fine è stata una partita bella, intensa, di qualità e livello alti che alla fine è quello che conta“.
ATP
ATP Miami: Sinner liquida Dimitrov e accede agli ottavi. Ora c’è Rublev
Jannik Sinner continua il suo buon momento sconfiggendo in due set Grigor Dimitrov. Agli ottavi trova Andrey Rublev

(da Miami il nostro inviato)
[10] J. Sinner b. [21] G. Dimitrov 6-3 6-4

Le file che arrivavano fino alla fontana della Plaza centrale già durante il match tra Keys e Krejcikova lasciavano presagire che l’incontro tra Jannik Sinner e Grigor Dimitrov sarebbe stato uno dei più ambiti per gli spettatori di questa domenica al Miami Open presented by Itaù. E così è stato, con il Grandstand pressochè gremito in ogni tribuna, pieno di fans di uno e dell’altro giocatore. Un bello spettacolo per il pubblico del tennis, che si sta sempre più ritrovando dopo gli anni post-COVID piuttosto dimessi, e un bel risultato per Jannik Sinner, che ha messo in campo una prestazione decisamente convincente per raggiungere il quarto turno a Miami per la terza volta in carriera.
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Un match dai due volti, con un primo set un po’ più monocorde, fatto di scambi sulle diagonali e impostato in maniera più tradizionale da Dimitrov, e un secondo set decisamente movimentato con ben cinque break ma soprattutto splendidi scambi ad alta velocità.
PRIMO SET – Con uno splendido tramonto che arrossava il sole a ovest del Grandstand, il match iniziava con Dimitrov che provava a utilizzare il suo rovescio tagliato per tenere la palla bassa e impedire a Sinner di caricare con in colpi da fondo, soprattutto il rovescio. L’italiano pareva centratissimo e commetteva pochissimi errori, lasciando a Grigor il compito di dover prendere i rischi. Un game di servizio da dimenticare sul 2-2 con un doppio fallo e tre errori gratuti costava a Dimitrov il break a zero, e quel passaggio a vuoto era sufficiente per consentire a Sinner di siglare il primo set per 6-3 in 35 minuti.
SECONDO SET – Alla fine del primo parziale una buona fetta di spettatori sulle tribune avevano guadagnato i ristoranti fuori dal Grandstand, forse prevedendo una rapida fine della partita. Ma costoro non avevano fatto i conti con Dimitrov, che approfittando di uno dei consueti brevi cali di attenzione di Sinner (quattro errori anche per lui) si prendeva il break di vantaggio in apertura di set per l’1-0, e poi allungava sul 2-0 recuperando un game da 0-40 appoggiandosi alla prima di servizio.
Se nel primo set il bulgaro aveva giocato in maniera più conservativa, nel secondo appiattiva le traiettorie dei suoi colpi e soprattutto iniziava a giocare molto di più aprendo il campo, senza rimanere bloccato sulle diagonali. Questa modifica nel suo gioco, accoppiata alla capacità di spinta e di rincorsa da parte sia sua sia di Jannik davano vita a scambi molto vivaci, conclusi a volte da colpi estremamente spettacolari.
Sinner era però molto abile a mantenere il contatto con il suo avversario, sfruttando un doppio fallo nel turno di battuta seguente e ottenendo subito il controbreak per il 2-2. Il ritmo saliva, sul 30-30 Dimitrov si prendeva di prepotenza il gradino più alto del podio negli highlights odierni, e Sinner seguiva il suo avversario alzando il suo livello di gioco.
Dimitrov tornava in vantaggio di un break sul 3-2, ma questa volta non riusciva a consolidare: uno smash di Sinner cancellava la palla del 4-2, si esaltava nel corri e tira e poi incassava il controbreak sul quinto doppio fallo di Dimitrov. Nel game probabilmente più importante del match, Sinner rimontava da 15-30 e teneva la battuta con un serve and volley passando in vantaggio 4-3. Due game più tardi Dimitrov provava a tagliare il campo come un panettone utilizzando le traiettorie esterne al servizio, ma Jannik metteva la marcia superiore in risposta entrando in campo a martellare sulla seconda e aggrediva il turno di servizio di Dimitrov. Il bulgaro annullava i primi due match point con il servizio, ma sul terzo l’ennesima risposta aggressiva di rovescio chiudeva il match dopo 87 minuti di gioco.
Sinner affronterà al prossimo turno Andrey Rublev, testa di serie n. 6 e recente finalista al Dubai Duty Free. I precedenti tra i due sono in parità (2-2) ma due di questi sono terminati in ritiro: il primo a Vienna nel 2020 e l’ultimo, lo scorso anno al Roland Garros, quando Sinner dovette abbandonare il torneo per un infortunio al ginocchio.