Federer è tornato ma ha perso ancora una volta dopo aver avuto match point

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Federer è tornato ma ha perso ancora una volta dopo aver avuto match point

Il fuoriclasse svizzero ha mandato segnali incoraggianti al suo ritorno in campo a Doha prima di cadere vittima di una sindrome non così infrequente per lui

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Dopo ben 13 mesi, e dopo aver subito due interventi al ginocchio nel corso del 2020, Roger Federer è tornato in campo la settimana scorsa a Doha, ogni suo passo seguito dagli occhi vigili dei devoti del tennis e del mondo dello sport in generale.

Federer, essendo uno degli atleti più conosciuti al mondo, fine specialista del fioretto ma anche agonista puro nelle sue movenze artistiche, è mancato molto ai suoi ammiratori: tutti erano desiderosi di vederlo giocare ancora, speranzosi che potesse catturare ancora un po’ della magia cui li aveva abituati, e curiosi di sapere quale spinta creatrice avrebbe potuto riportare alla ribalta.

Volevano che questa nuova versione di Roger Federer fosse sublime. Speravano che li potesse ispirare ancora con la creatività e l’immaginazione che da tempo hanno reso Federer una figura divina ai loro occhi.

Federer, dal canto suo, non ha né completamente soddisfatto né completamente disatteso le aspettative, magari eccessive, dei suoi fan più accesi.

Nel suo primo match, gli ottavi di finale, ha affrontato il britannico Dan Evans, con il quale aveva condiviso alcuni allenamenti nelle settimane precedenti. Evans non era mai riuscito a strappare a Federer nemmeno un set, ma sicuramente intravedeva l’opportunità di approfittare di un avversario arrugginito da 405 giorni di digiuno da confronti ufficiali. Conseguentemente il britannico si è creato un’apertura andando a break point sul 4-4 nel primo set, subito ripresa dallo svizzero con calma olimpica. Un dritto profondo di Federer è stato sufficiente a portare Evans fuori posizione per poi trafiggerlo con uno dei marchi di fabbrica del campione, il dritto inside-out, una prodezza sufficiente a Federer per tenere il game. Una volta giunti al tie break, il 20 volte vincitore Slam è uscito da una situazione di 2-4 per poi servire sul 5-6 e set point per l’avversario. Federer ha tirato una prima chirurgicamente accurata verso il centro dal lato sinistro del campo, cui Evans non è riuscito a rispondere con profondità; Federer ha quindi avuto buon gioco a concludere con un dritto vincente. Scampato il pericolo, si è aggiudicato il tie per 10 a 8 al terzo set point, giocando ragionevolmente bene ma senza impressionare particolarmente sul servizio avversario.

Il britannico si è poi aggiudicato il secondo per 6 giochi a 3 con un break. Nel terzo set Federer ha dovuto affrontare due break point sul punteggio di 3-3, annullando il primo con un ace e il secondo con una spettacolare smorzata di dritto. A quel punto allo svizzero è bastato tenere sul 4-3 e di seguito sul 5-4. Nel decimo game, Federer ha sprecato un match point, sorpreso da Evans. Sceso a rete quest’ultimo dietro ad una prima di servizio molto profonda sul rovescio avversario, ha concluso con una volée di diritto. Evans si è quindi portato sul 5-5, ma Federer si è rimesso presto al lavoro, chiudendo il game di servizio tenendo l’avversario sul 30 con un rovescio lungolinea, per poi chiudere con lo stesso colpo nel game successivo, un break che ha lasciato l’avversario a 15.

La vittoria di Federer per 7-6 (8) 3-6 7-5 di certo non si può definire una passeggiata.

Lo svizzero è tornato poi in campo il giorno successivo per affrontare un giocatore di stampo molto diverso, cioè Nikoloz Basilashvili. Laddove Evans aveva cercato di prolungare gli scambi il più possibile, Basilashvili, da attaccante puro, è solito aggredire la palla con furia controllata, e questo è stato il suo approccio anche durante questi quarti di finale. Considerando l’avversario, un solido Federer ha conquistato il primo set con relativa facilità prima di subire il ritorno dell’avversario nel secondo, finendo sotto di due break e venendo sovrastato da fondocampo nel processo.

Giunti al terzo set, sul 3-3 Federer è riuscito a disinnescare tre break point, il primo con un rovescio slice a cercare l’errore avversario, il secondo con un dritto imprendibile, e il terzo con una prima di servizio sul rovescio di Basilashvili. Federer è così salito 4-3, ma Basilashvili non era ancora domo. Servendo nel decimo game per rimanere in corsa il Georgiano si è trovato ad affrontare un match point, annullato mirabilmente affrontando una palla corta di Federer con un colpo molto basso che non ha lasciato allo svizzero la possibilità di incocciare un passante di rovescio. Basilashvili ha così tenuto sul 5-5, per poi chiudere sfruttando dei lungolinea di rovescio. Da qui in poi il numero 42 del mondo si è preso i due rimanenti game, vincendo otto degli ultimi undici punti, finendo per prevalere 3-6 6-1 7-5.

E così Federer ha perso di misura un quarto di finale che sarebbe potuto andare in qualsiasi modo. Potrebbe essere in qualche modo soddisfatto del livello di gioco espresso, dopo tutti quei mesi di pausa: il suo servizio era efficiente ai livelli standard, è riuscito a portare a casa 25 ace in due confronti senza commettere nemmeno un doppio fallo. Il dritto era in ottime condizioni. Il punto dolente è il rovescio, dato che si è registrato un numero allarmante di errori su quel versante.

Ha avuto un paio di problemi anche su un paio di volée, e ha più volte sorriso amaro rivolto a sé stesso, quasi sapesse di non potersi aspettare la perfezione.

Ma forse la cosa più preoccupante è che questa sconfitta marca la ventiquattresima volta nella sua illustre carriera in cui il Maestro viene sconfitto nonostante uno o più match point a favore.

La prima volta gli accadde nel 2000. Opposto a Tim Henman nelle semifinali a Vienna, Federer vinse il primo set 6-2 ed ebbe due match point in risposta sul 5-6, 15-40 nel secondo set. Henman riuscì a vincere 2-6, 7-6 (4), 6-3. Federer aveva solo 19 anni. Nessuno fece particolarmente caso, allora, al fatto che la sconfitta fosse arrivata dopo aver avuto due match point a favore. Eppure, con il passare degli anni, questo tipo di sconfitte sono diventate sorprendentemente numerose, soprattutto all’interno di una carriera del livello dello svizzero e considerando che ha più volte dimostrato di sapere perfettamente cosa serva per chiudere le partite.

Quale commentatore potrebbe mai sostenere che Federer è preda della paura di vincere, oppure che sia incapace di chiudere match importanti? Al momento è appaiato a Nadal come numero di Major vinti, 20, e può vantare 103 titoli in singolare, secondo nell’Era Open solo a Connors con 109. Inoltre, non si può non rilevare che Federer sia stato un giocatore uso alle finali e ai match importanti, avendo vinto per 103 volte su 157 la finale di un torneo, il che restituisce una percentuale del 65,6 di vittorie totali, e 20 su 31 se circoscriviamo lo stesso calcolo alle finali di un torneo dello Slam, con una percentuale del 64,5 – si tratta ovviamente di numeri eccellenti.

Ma sono proprio queste statistiche a far apparire sorprendenti le cadute sul fil di lana che ne hanno decretato la sconfitta in alcuni match. Pensate a questo: Novak Djokovic nella sua carriera è stato battuto solo tre volte dopo aver avuto match point a favore; al contrario, per tre volte è riuscito a battere Federer stesso dopo aver annullato doppio match point. Rafael Nadal ha perso soltanto otto match nei quali ha avuto match point a favore; lo spagnolo ha battuto Federer a Roma nel 2006 dopo aver salvato due match poi nel quinto set – una vittoria fondamentale per la carriera del mancino di Manacor. Certo, sia Nadal che Djokovic sono più giovani di Federer, eppure né il serbo né lo spagnolo sono mai risultati tanto vulnerabili, nelle stesse condizioni, quanto lo svizzero.

Federer ha giocato in carriera 1515 partite, contro le 1213 di Nadal e le 1135 di Djokovic. Dopo quella prima sconfitta contro Henman con due match point a favore, non sono molte le stagioni in cui Federer non abbia subito ribaltoni del genere. È riuscito ad evitare un simile destino nel 2004, 2007, 2008, 2009, nel 2012 e nelle sei partite giocate nel 2020. Al contrario, ha perso almeno un match con match point a favore in ben 16 stagioni. Nel 2010, ha perso non meno di quattro battaglie in quelle condizioni.

Forse ancora più grave, Federer è stato vittima della sindrome da match point sprecato ben sei volte nel corso della sua stellare carriera nei Major – due volte all’Australian Open (contro Tommy Haas nel 2002 e Marat Safin nel 2005), due volte a Wimbledon (contro Kevin Anderson nei quarti di finale del 2018 e contro Novak Djokovic nell’epica finale del 2019), e due volte allo US Open (entrambe contro Djokovic nel 2010/2011). Molte di queste delusioni hanno avuto pesanti ripercussioni. Consideriamo la sconfitta nel 2005 contro Safin alle semifinali dell’AO a Melbourne. Federer era avanti due set a uno, avendo match point sul 6-5 nel tie-break del quarto set. Tentò un serve-and-volley seguendo la seconda di servizio, per poi allungarsi su una volée di rovescio lungolinea. Con il passante di Safin rimasto piuttosto basso, Federer rispose con una fine stop volley di rovescio, cui Satin replicò scattando in avanti per disegnare un lob centrale sopra la testa dello svizzero. Federer seguì a sua volta la palla, ma, anziché replicare con un lob da par suo, tentò un tweener, fallendolo miseramente.

Pur avendo Federer sempre dimostrato di avere una certa inclinazione nel percepire quando più opportuno rischiare e quando rimanere conservativo, in quella occasione fu tradito dal proprio giudizio. Quali che siano le ragioni, Safin vinse gli altri due punti del tie vincendo così il quarto set, per poi prendersi un combattuto quinto parziale sconfiggendo Federer 5-7 6-4 5-7 7-6 (6) 9-7 in quattro ore e 28 minuti. Federer si aggiudicò 201 punti contro i 194 di Safin durante il match, pur perdendolo. Aveva vinto contro il russo l’anno precedente all’Australian Open, e arrivava da un record di 6 vittorie a una contro il russo – in carriera, il computo delle vittorie di Federer sarà poi di 10 a 2 in suo favore. Tuttavia, la critica semifinale di Melbourne sfuggì allo svizzero. Avrebbe giocato contro Lleyton Hewitt nella finale, un avversario battuto per sei volte di fila nel 2004, incluse una netta vittoria all’Australian Open nei sedicesimi e uno schiacciante 6-0 7-6 (3) 6-0 nella finale dello US Open. Pertanto, la sua sconfitta contro Safin ebbe conseguenze molto pesanti, in proiezione, essendo molto improbabile una sconfitta in finale.

Ma mentre la sconfitta con Safin fu significativa, perfino più pesanti furono i tre capovolgimenti di fronte subiti da Novak Djokovic durante i tornei dello Slam. Allo US Open del 2010 Djokovic serviva sul 4-5, 15-40 nel quinto set della semifinale, ma il serbo annullò coraggiosamente il primo match point con una volée di dritto in risposta ad un rovescio slice di Federer. Il secondo match point venne poi disinnescato con un dritto inside-in. Djokovic tenne quindi sul 5-5 per poi completare una rimonta che lo vide trionfare con il punteggio finale di 5-7 6-1 5-7 6-2 7-5.

Nel 2011, Federer e Djokovic si scontrarono al penultimo round dello US Open per il quarto anno di seguito. Djokovic risalì dai due set a zero forzando lo svizzero a un quinto set. Federer, quasi rivitalizzato dopo quella maratona, andò a servizio per il match sul 5-3, 40-15. Per il secondo anno consecutivo, Federer raggiungeva un doppio match point contro Djokovic nelle semifinali dello US Open. Ma la storia recente si ripeté ancora, con Djokovic a tentare il tutto per tutto in risposta ad un servizio slice dal lato destro del campo, producendo un dritto vincente sulla diagonale. Fu un colpo che risuonò in tutto il mondo. Sul 40-30, Federer tentò un servizio al corpo più che accettabile, che però Djokovic contrastò con una risposta di rovescio che indusse lo svizzero all’errore di dritto. Djokovic vinse poi quattro game di seguito, per finire con un impressionante 4-6 6-7 (7) 6-3 6-2 7-5. Per il secondo anno di fila, il serbo recuperava da doppio match point a sfavore su Federer a New York. In entrambi quegli anni, l’avversario della finale fu Rafael Nadal. Federer sarebbe per la verità stato sfavorito in quegli anni contro Rafa, eppure chi può dire come sarebbe andata a finire?

Passiamo a Wimbledon 2019. Djokovic e Federer si affrontavano per la terza volta in finale sul Centrale, con il serbo in vantaggio dopo le due vittorie del 2014/2015. Fu il match definitivo della loro rivalità, che vede ora in vantaggio il serbo per 27-23. Djokovic seguiva 5-3 nel tie-break del primo set, per poi risalire con quattro punti consecutivi e assicurarsi il parziale. Federer navigò senza problemi per tutto il secondo set, ma Djokovic risalì da set point contro nel terzo set per assicurarsi il successivo tie-break.

A quel punto Federer vinse di nuovo una battaglia al quarto, guadagnandosi la disputa del set decisivo. Nel quinto set Djokovic tentò la fuga sul 4-2, venendo ripreso tuttavia dallo svizzero sul 4-4. A quel punto a Federer riuscì il break nel quindicesimo game, per poi servire sul match 8-7, raggiungendo il 40-15 con ace consecutivi. Per la terza volta nella propria carriera negli Slam, Roger Federer si vide sconfitto da Novak Djokovic dopo aver avuto due match point a favore. Sul primo match point, lo svizzero sbagliò un dritto scagliando la palla a lato del campo. Il secondo match point fu annullato dal serbo con un passante diagonale di dritto. Alla fine, lo svizzero subì il break che riportò il punteggio sull’8-8 per la disperazione di una grossa percentuale del pubblico presente. La contesa venne risolta grazie al primo tie-break di sempre disputato al quinto set del torneo londinese, con Djokovic comodo nel raggiungere il titolo grazie ad un punteggio di 7-6 (5) 1-6 7-6 (4) 4-6 13-12 (3). Federer non è mai riuscito a battere sia Nadal che Djokovic nello stesso torneo della Slam, eppure avrebbe collezionato il ventunesimo slam se fosse riuscito per la prima volta nell’impresa. Al contrario, fu Djokovic ad assicurarsi la sedicesima corona. Sicuramente la più esaltante delle vittorie per il serbo, la più devastante delle sconfitte per il Maestro di Basilea.

Ecco qui. La sindrome del match point ha colpito Federer più di quanto si pensi. Non va dimenticato, tuttavia, che anche lo svizzero ha portato a termine la sua buona dose di rimonte spettacolari. In 24 occasioni si è trovato a vincere recuperando almeno un match point, non poco.

La lista dei trionfi arrivati in questo modo ne include quattro negli Slam: due allo US Open, una a Wimbledon, una all’Australian Open. Nessuna di queste rimonte aiutò lo svizzero a sollevare il trofeo nello Slam in cui occorsero, ma in altre categorie di tornei sì: l’ultima di queste è avvenuta nel 2017 a Miami durante un quarto di finale contro Tomas Berdych nel quale salvò due match point per poi sconfiggere Nadal in finale. Sono altre cinque le occasioni in cui Federer è riuscito ad aggiudicarsi un torneo dopo aver salvato almeno un match point in corso d’opera, inclusa una vittoria nel girone delle ATP Finals contro Andre Agassi nel 2003 e un’altra contro Andy Roddick nel 2006, entrambe propedeutiche alla vittoria finale.

Lasciando da parte match point e rimonte, possiamo ora domandarci dove può arrivare Federer oggi? Non una domanda facile. Pensavo che avrebbe partecipato al torneo a Dubai, dato che a Doha è riuscito a disputare solo due match, mentre ha preferito riprendere gli allenamenti in solitaria. Nessuno può giudicare lo stato fisico e quello del gioco di Roger Federer meglio di Roger Federer, ma sicuramente avrà bisogno di molti altri match nelle gambe se vuole seriamente puntare alla vittoria del nono Wimbledon a luglio. Avendo già deciso di saltare Miami, potrà disputare solo incontri sul mattone tritato prima dell’avvio della stagione sull’erba – si preannunciano quindi decisioni molto importanti sul suo programma.

Non penso che sia davvero convinto di poter puntare al secondo Roland Garros, quindi è lecito domandarsi se intenda andare a Parigi. Nel 2019 scelse di tornare al Roland Garros per la prima volta in quattro anni, raggiungendo le semifinali prima di disputare la finale a Wimbledon. Il comune sentire è che Wimbledon quest’anno sia la sua ultima possibilità per puntare al ventunesimo titolo nei Major. Compirà 40 anni in agosto, e non ha più vinto lo US Open dai tempi della sua quinta vittoria consecutiva nel 2008. Sicuramente dirotterà tutte le sue energie nervose sul torneo londinese, ed anche se si dovesse presentare nella migliore delle forme possibili sarebbe molto dura per lui, anche se non impossibile, sollevare il trofeo all’All England Club.

Rimane il fatto che sicuramente non rinuncerà alla battaglia. È doveroso ricordare che si tratta di un campione vero, dotato di una riserva inesauribile di ambizione oltre che della capacità di lasciarsi alle spalle sia le più sfolgoranti vittorie che le brucianti sconfitte per concentrarsi sugli obiettivi immediati.


Traduzione a cura di Michele Brusadelli

Steve Flink si occupa di tennis a tempo pieno dal 1974, quando ha iniziato a lavorare per World Tennis Magazine, dove è rimasto fino al 1991. Ha poi lavorato per Tennis Week Magazine dal 1992 al 2007, mentre negli ultimi 14 anni ha scritto per tennis.com e tennischannel.com. Flink ha scritto quattro libri sul tennis: “Dennis Ralston’s Tennis Workbook”, pubblicato nel 1987; “The Greatest Tennis Matches of the Twentieth Century”, nel 1999; “The Greatest Tennis Matches of All Time”, nel 2012; e “Pete Sampras: Greatness Revisited”. Quest’ultimo è uscito nel settembre del 2020 e può essere acquistato in lingua originale su Amazon.com. Flink è entrato a far parte della International Tennis Hall of Fame nel 2017.

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