Berrettini all'assalto del trono più bello. Umiltà e potenza per battere il sovrano (Crivelli). Il tempo di Berrettini (Piccardi). La scalata di Barty, come Cash (Bertellino). Il giorno di Berrettini il talento dimenticato che ora sveglia l'Italia (Rossi)

Rassegna stampa

Berrettini all’assalto del trono più bello. Umiltà e potenza per battere il sovrano (Crivelli). Il tempo di Berrettini (Piccardi). La scalata di Barty, come Cash (Bertellino). Il giorno di Berrettini il talento dimenticato che ora sveglia l’Italia (Rossi)

La rassegna stampa di domenica 11 luglio 2021

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Berrettini all’assalto del trono più bello. Umiltà e potenza per battere il sovrano (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

A volte i mostri sono reali e l’unico modo per sconfiggerli è quello di diventare un mostro più grande. Alle tre del pomeriggio, nella cattedrale laica delle racchette, dopo aver incrociato gli sguardi con una creatura sovrumana, Berrettini dovrà far sedimentare in fretta le emozioni e le palpitazioni di primo finalista italiano a Wimbledon in 144 anni. Quando il giudice di sedia, che per la prima volta sarà una donna esclamerà «play» per far cominciare il gioco, di fronte ci saranno Djokovic, il numero uno del mondo, alla 30′ finale in un Major inseguendo il 20° trionfo (il sesto ai Championships) nonché il sogno del Grande Slam, e un ragazzo romano adesso pienamente uomo partito da molto lontano, che non ha mai affrontato prima d’ora l’ultimo atto di uno dei quattro tornei più importanti e che di sé dice ancora, ricordando gli inizi, di essere stato decisamente scarso. Umiltà e volontà una sfìda estrema. la più dura che il tennis possa sbatterti in faccia. Aiuteranno Matteo il tifo del Centrale (pieno), mal troppo caldo per il serbo, e appunto le umili radici tecniche e agonistiche, perché chi è partito dal basso, chi conosce da dove e cominciato il viaggio e dove può approdare con l’etica e il sacrificio, apprezza di più i sapori del paradiso:

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Dopo una giornata di allenamento blando e relax e la consueta cena nella bolla a base di riso e pesce con la fidanzata Ajla Tomljanovic e il team, Berrettini è andato a dormire abbastanza presto perché la sveglia di oggi è puntata tra le 8 e le 8.30: colazione, warm up, palestra e qualcosa di tecnico, pranzo e poi la solitudine del campione in attesa dell’ora fatale. La stagione di Berrettini era già scintillante. dopo i dubbi maturati con l’infortunio in Australia, ma le due settimane londinesi hanno consegnato al mondo un giocatore totalmente consapevole del suo valore e delle sue qualità, capace di trarre dal successo al Queen’s la linfa per cullare ardite ambizioni anziché farsene travolgere, tanto che sono arrivate 11 vittorie di fila sull’erba

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Forza Italia E passo dopo passo, con il miglior servizio del torneo (101 ace) e la convinzione che matura quando sei migliore dei tuoi avversari nei momenti più caldi, ha finito per regalarsi un posto nella storia con la speranza di buscare pure alla leggenda. Intanto, sarà protagonista di una delle più incredibili e attese giornate di sempre per lo sport azzurro, dal prato di Wimbledon a quello di Wembley per la finale dell’Europeo: «Che dire, dotatevi di un gran bel televisore, sarà una domenica speciale. Per il tennis, certo, visto che non era mai successo prima, ma pure per il calcio. Anche i ragazzi di Mancini si sono meritati di arrivare in fondo.

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Il tempo di Berrettini (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Si avvicina il giovane sbarbato del tabloid inglese, chiede: sorry, ma come fa uno del Nuovo Salario a sbucare in finale a Wimbledon? Ora ci arriviamo, ragazzo. Due o tre punti fermi, prima. Matteo Berrettini, 25 anni, è il pioniere contemporaneo che oggi piazzerà per la prima volta la bandierina dell’Italia sul prato più famoso del mondo e domani verrà ricevuto dal presidente Mattarella al Quirinale insieme alla compagnia dei celestini di Mancini, reduce da Wembley. E il campione che spinge Sky Sport ad aprire a tutti le porte del centrale, con la diretta in chiaro anche su Tv8. E il gladiatore vero che fa saltare sulla sedia il gladiatore finto: «State guardando il tennis e Berrettini?» twitta Russel Crowe nel mezzo della semifinale con Hurkacz. Qui in Church Road, dove senza mascherina gli inglesi ingoiano té, fragole e panna, si respira un certo ottimismo. Se Matteo mette la prima come sa (è in testa alla classifica degli ace nel torneo con mi, il serbo è terzo a quota 63), se mantiene quei picchi di velocità da ogiva (223,699 km all’ora il record), se manda in crisi anche la miglior risposta a ovest del Danubio, se. A Stefano Massari, mental coach di Berrettini da nove anni, l’ultima telefonata che Matteo riceve ogni sera prima di ritirarsi in camera all’hotel Park Plaza Westminster Bridge, interessano i fatti, non le ipotesi: «La parola d’ordine con cui affrontare Wimbledon dopo aver vinto il Queen’s era istinto — racconta —, senza mai perdere lucidità. La serenità in campo è la sua ultima acquisizione, dal kappaò di Montecarlo è cambiato tanto. Matteo è capace di scavare dentro di sé finché non trova il cielo: la cosa che lo addolora di più è non dare tutto, perché se perde poi non si perdona».

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Con i suoi 95 kg di muscoli, il capitano azzurro è il più pesante dei top 20, Un torace da Hulk, montato su gambine da ballerino: «Gioco con le cavigliere perché ho caviglie e polpacci sottili e fragili. Non c’è niente che possa fare per cambiare: è genetica, tutti in famiglia siamo così» ha raccontato al New York Times, che in questi giorni si è messo in fila per intervistarlo. Modificato il fisico per reggere l’urto della vita da top player, la mente si è adeguata al nuovo scenario

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Tutto è normale per il nuovo Berrettini plasmato dal lavoro su di sé. Appena battuto Hurkacz e conquistata la finale di Wimbledon, il team lo aspettava nella club house del circolo. Credevano di vederlo arrivare stravolto, frullato dagli eventi. Macché, era serafico: «Tranquilli, va tutto bene». Basta parlare di sogni: Matteo Berrettini da Roma, quartiere Nuovo Salario, rivale del n°i *** Djokovic per il titolo più importante del tennis, è carne, ossa, barbetta, sangue, realtà. Oltre agli affetti, oggetti e simboli hanno una loro valenza in questa storia di sport nudo e crudo, né di riscatto sociale né di redenzione: il pendente regalo di Ajla che Matteo indossa appena finito il match, il tatuaggio con la data di nascita del fratello Jacopo. Ecco perché a Wimbledon, luogo di simboli e tradizioni, Matteo Berrettini si trova così a suo agio. Ti ho risposto, giovane collega inglese?

La scalata di Barty, come Cash (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Un’australiana ha sollevato il trofeo a Wimbledon 41 anni dopo Ivonne Goolagong, terza di sempre del suo Paese considerando anche Margaret Smith Court. E’ Ashleigh Barty, n.1 del mondo, arrivata ai Championship con tanti dubbi dopo il ritiro prematuro a Parigi e cresciuta partita dopo partita. Finale del coraggio o della paura contro Karolina Pliskova? Difficile dirlo, certo quella delle emozioni contrastanti, con alti e bassi da parte di entrambe le protagoniste. Ha vinto la migliore ma ha dovuto farlo più volte perché nel secondo set ha rimesso in corsa la rivale di giornata ed ex n.1 del mondo, tesa e piangente in premiazione.

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«Congratulazioni per il tuo torneo – ha replicato la vincitrice al termine rivolgendosi alla ceca -, ma questo oggi è stato il mio sogno di bambina che si è concretizzato. Mi sono detta che dovevo continuare a lottare quando hai iniziato a giocare meglio nel secondo set. La scorsa notte non ho dormito pensando che avrei calcato questo campo centrale e potuto vincere il titolo. Ho un team incredibile, è stata una sfida per tutti noi. Alcuni sono rimasti a casa ma siamo un gran gruppo. Spero che Ivonne sia fiera di me». Tutto questo dopo un tentativo di scalata alla tribuna per salutare i “suoi; modello Pat Cash quando qui vinse nel 1987. Soprattutto dopo la vera scalata al titolo che ad un certo punto è parso molto vicino (6-3 3-1 e servizio), poi si è improvvisamente allontanato. Karolina Pliskova ha iniziato a servire da par suo contrastando i tagli e i controtagli della Barty, che non ha chiuso nemmeno sul 6-5 e servizio. Nel tie-break la ceca ha pareggiato i conti approfittando di un doppio fallo finale della tennista aussie. L’inerzia del match sembrava diretta verso la ceca, che però non ha capitalizzato il momento. Break in avvio di terzo set per la Barty, che è salita sul 3-0. Ha servito per il trofeo sul 5-3 e questa volta non ha tremato, anche se la tensione era tangibile in ogni anfratto del centrale.

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Il giorno di Berrettini il talento dimenticato che ora sveglia l’Italia (Paolo Rossi, La Repubblica)

Stavamo per giocarcelo, il primo finalista italiano di Wimbledon. Già, avremmo potuto perderci Matteo Berrettini da juniores. Il fenomeno che oggi, alle 15 (diretta su Sky e in chiaro su Tv8) scende in campo sul Centrale per conquistare la coppa Slam più ambita del tennis.

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Questo è il magnifico presente. Eppure, andando a ritroso nel tempo, c’è stato un giorno — lui era diciassettenne, probabilmente non ne è neppure al corrente — in cui il mondo stava per alzargli un muro che forse gli avrebbe impedito di progredire e di entrare nel mondo dei professionisti. È un episodio che oggi — fortunatamente — si può raccontare sorridendoci su, sospirando per lo scampato pericolo. A ricordarlo è proprio il presidente della Federtennis, Angelo Binaghi: «Credo fosse il luglio del 2013, l’occasione un consiglio federale: all’ordine del giorno c’erano anche i prestiti d’onore per i giovani promettenti. Un consigliere, Fabrizio Tropiano, fece presente che nell’elenco non figurava Matteo Berrettini, all’epoca al Circolo Magistrati Corte dei Conti. Nacque un battibecco con Sergio Palmieri, director degli Internazionali ma che all’epoca guidava anche il settore tecnico: “Vediamo…”. Tropiano riceve man forte da un altro collega, Sandrin, e sottolineano le perplessità sul report dei contributi. Pare che al giovane Berrettini fossero stai destinati 10 mila euro, con differenze abissali verso altri suoi coetanei. La discussione si prolunga e alla fine — solo grazie alle proteste e insistenze di Tropiano — Berrettini (senza saperlo) riesce a ottenere una cifra più accettabile, che gli potesse consentire di giocare, di investire su se stesso». I prestiti d’onore sono contributi che la Federtennis elargisce a ragazzi che potrebbero avere un futuro, e sono fondamentali perché è a livello giovanile che molte carriere vengono stroncate proprio per mancanza di fondi.

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In attesa di quel che verrà, l’ombelico del mondo è Londra, Church Road. Da un lato Novak Djokovic che vuole raggiungere a 20 Slam Federer e Nadal e puntare sempre più forte al Grande Slam, dall’altro la storica prima volta di un ragazzo che non ha più paura di nulla: «C’è un intreccio tra quello che è il sogno e quello che è la realtà, e la cosa incredibile è che tutto è credibilissimo, perché per me — se gioca come ha fatto in semifinale — ha chance di portare a casa la partita». Chi lo dice? Vincenzo Santopadre, coach di Matteo. «Quel folle che aveva detto prima del torneo che Matteo era pronto per vincere uno Slam, e direi che ci siamo vicini, no?».

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