Djokovic vince il suo sesto Wimbledon e il 20° Slam: Berrettini si arrende con onore

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Djokovic vince il suo sesto Wimbledon e il 20° Slam: Berrettini si arrende con onore

Novak Djokovic batte Matteo Berrettini in quattro set e vince l’edizione 2021 di Wimbledon, il suo Slam numero 20: agganciati Federer e Nadal

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[1] N. Djokovic b. [7] M. Berrettini 6-7(4) 6-4 6-4 6-3

Sesto trionfo a Wimbledon, ventesimo trofeo dello Slam (alla trentesima finale) e aggancio agli altri due fenomeni completato: Novak Djokovic lascia un solo set di speranza a Matteo Berrettini, encomiabile nell’atteggiamento e nella puntuale reazione dopo ogni break subito, poi si prende la scena e affonda un altro passo nella Storia del tennis e di questo torneo. 85° titolo, il quarto nel 2021.

WARM-UP – Difficile non percepire qualcosa di (emotivamente) diverso al momento dell’ingresso in campo, seguendo con lo sguardo della telecamera la lunga passeggiata tra i corridoi dell’All England Club a cui i finalisti sono costretti prima del loro ingresso sul campo centrale – tenuemente riscaldato dai 21 gradi di Londra. Matteo Berrettini beve un po’ d’acqua prima di sbucare e farsi vedere dal pubblico, Novak Djokovic è la solita sfinge e abbozza un lieve sorriso rivolgendosi a un pubblico con il quale non è mai scattato l’amore. Piccolo campanello d’allarme: dal pantaloncino di Matteo sbuca una fasciatura attorno alla coscia sinistra.

 

I precedenti recitano 2-0 in favore di Djokovic: un 6-2 6-1 piuttosto perentorio alle Finals 2019 e il 6-3 6-2 6-7 7-5 dei recenti quarti al Roland Garros, partita iniziata un po’ come quella londinese e diventata via via più equilibrata. Arbitra Marija Cicak, prima donna a ricevere quest’onore per la finale maschile di Wimbledon: e caspita se lo merita, lei che forse è la più brava di tutte.

IL MATCH – Le facce sono entrambe tesissime, e in qualche modo questo è un buon segnale per Berrettini: la sua tensione era infatti da mettere in conto, quella di Djokovic sorprende e in qualche modo incoraggia. Come i tre doppi falli inanellati dal serbo nei primi due game di servizio, il secondo dei quali gli costa anche una palla break ben annullata col servizio. Nel quarto game è Berrettini a offrire il fianco in due occasioni e Djokovic se le fa bastare, convertendo la seconda palla break a seguito di un rovescio profondo che induce Berrettini all’errore con il dritto (contribuisce anche un cattivo rimbalzo).

Dal 3-1 al set point fallito da Nole in risposta sul 5-2 il divario sembra evidente. Matteo commette errori davvero banali ma ha il grosso merito di difendere il servizio e portare avanti il set, confidando in un cambio di rotta che alla fine arriva. Due game più tardi infatti Djokovic torna a concedere palle break, e se annulla la prima con classe (prima e dritto sulla riga) sulla seconda perde lo scontro a rete e Berrettini ricuce lo svantaggio. Un set che sembrava segnato, dopo tre turni di servizio relativamente tranquilli (trema un pizzico Matteo sul 5-6 senza offrire altre palle break), si decide al tie-break. Matteo brucia Nole ai blocchi di partenza e va sul 3-0, si fa riprendere sul 3-3 ma un altro dritto al fulmicotone lo manda avanti di un mini-break: chiamato a chiudere sul 6-4, Matteo non si fa intimidire dal net, ripete la prima e scaraventa nei pressi della T l’ace che vale il primo set. Un set vinto col 56% di prime in campo contro il numero uno del mondo, pur non al meglio. Not too bad.

Matteo Berrettini a Wimbledon 2021 (Credit: AELTC/Edward Whitaker)

Il 40-15 in favore di Berrettini con cui si apre il secondo set fa ben sperare, ma Djokovic inserisce il pilota automatico sulla diagonale di rovescio e vince diciotto dei successivi ventitré punti (!) breakkando due volte: in un baleno è 4-0, che diventa 5-1 qualche minuto più tardi. Matteo non si perde d’animo e tiene a zero il turno di servizio successivo, con tanto di punto spettacolare a chiusura del game (tweener italiano, tentativo fallito di colpo spalle alla rete del serbo). I due sorridono, il pubblico applaude, Nole si distrae e cede uno dei due break di vantaggio – bravo Matteo a concludere di polso nei pressi della rete – ma un attimo dopo è Berrettini a trovarsi con le spalle al muro, sotto 3-5 0-40. Uno strano attacco d’imperizia di Nole (che aveva iniziato il game con un maestoso rovescio lungolinea) e il servizio di Berrettini cancellano i tre set point. Poco male per Nole, che ne raccatta altri tre col servizio a disposizione e converte il primo: 6-4, comincia adesso una finale ‘normale’ al meglio dei tre set.

Il problema della normalità è che Djokovic, il più grande tennista della storia quando si tratta di far sembrare normale l’eccezionale (e non è detto che non sia il più grande e basta, di qui a poco), può modellarla a suo piacimento. Così toglie a Berrettini il servizio per la quarta volta nell’incontro – Matteo lo aveva perso cinque volte in totale tra primo turno e semifinale – e fa buona guardia sulla parità del quarto gioco, chiudendo bene a rete dopo un attacco silenzioso che richiama le movenze di un ninja. Tutto però si può dire a Berrettini tranne che non abbia l’animo per reagire ogni volta che si trova in svantaggio, e anche con l’aiuto del pubblico che lo incoraggia e al contempo spazientisce Djokovic (le finali per lui sono sempre così, da queste parti) si guadagna due palle del contro-break nel sesto game. Niente da fare, il cannibale le fa sparire dal piatto e un paio di giochi più tardi si assicura la possibilità di servire per il set. Lascia per strada il primo set point – oggi il primo non è mai quello buono – ma trasforma il secondo al termine di un punto mal giocato da entrambi. Dueauno Djokovic, come purtroppo si temeva dopo la coraggiosa rimonta di Matteo nel primo set.

Fermiamo un attimo il flusso dei punti per descrivere il tema tattico dell’incontro. Nole ha un paio di marce in più nella copertura del campo e in tutte le categorie degli spostamenti, oltre a poter vantare un margine rassicurante quando tiene i piedi sulla riga e colpisce dal lato sinistro. Lo slice di Berrettini però funziona, gli consente di recuperare campo e impedisce al serbo di attaccare; l’optimum sarebbe riuscire a sorprendere l’avversario in lungolinea, ma finora Matteo ci è riuscito poche volte. Considerando però l’aggressione costante a cui è sottoposto, i 12 gratuiti di rovescio (solo sei in più di Nole) sono un dato accettabile. Nella totale profanità delle chiacchiere di redazione si suggerisce a Matteo di utilizzare maggiormente il lob dacché Djokovic, giunto a rete ben 35 volte, ha dovuto colpire lo smash in appena un paio di occasioni. E che non gli piaccia farlo è questione nota ai più.

Nel quarto set succede una cosa non così inusuale per chi ha visto giocare Djokovic più di una decina di volte negli Slam. La partita è nelle sue mani, tecnicamente e mentalmente, e lui decide di procurarsi un altro avversario. Prima va a chiedere udienza (in serbo) a Marija Cicak, infastidito dai rumori provenienti dagli spalti, ma la giudice di sedia lo rimanda a posto; poi sbaglia una palla e tira un calcione ai fili d’erba – rimediando anche qualche fischio. Compattato ulteriormente il pubblico del centrale contro di lui, Djokovic riparte sotto 3-2. Non si sono ancora viste palle break e allora prova a farsi avanti Berrettini. Sul 15-30 Matteo piazza lo slice lungolinea di cui sopra, prende il comando dello scambio e chiama Nole a rete lasciandogli però il margine per recuperare. E Djokovic ovviamente piazza la contro-smorzata sulla riga, tirando su il pugno e buttando giù le residue speranze di Berrettini.

Novak Djokovic – Wimbledon 2021 (via Twitter, @Wimbledon)

Poteva arrivare una palla break utile a riaprire il set, e invece il break lo centra Djokovic nel game successivo, smistando lo scambio con il dritto con una facilità che tende a smentire un po’ i tre punti di differenza assegnati dal direttore nelle pagelle dei colpi. Chirurgico al punto da risultare crudele per l’avversario, dopo tre ore e 17 minuti di partita il numero uno del mondo è sicuro di poter servire per il suo sesto Wimbledon, nonché ventesimo Slam. E dopo sette minuti può alzare le braccia al cielo, sul servizio di Berrettini, nonostante il coraggio di Matteo che annulla i primi due championship point (il secondo con un drittone a 163 km/h). Djokovic passa alla terza occasione, dopo un rovescio italiano che si ferma sul nastro. Tre Slam su tre, con le Olimpiadi tra meno di un mese e lo US Open tra meno di due mesi: Novak Djokovic ha tutte le carte in regola per emulare Steffi Graf, capace di completare il Golden Slam nel 1988.

Il commendo audio di Ubaldo Scanagatta

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ATP Miami, l’Italia del tennis si ferma: tra Sinner e il titolo c’è il tabù Medvedev

In uno dei giorni più importanti della storia del tennis italiano Jannik dovrà superarsi per battere un giocatore che in passato ha fatto soffrire ma mai battuto

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Jannik Sinner - Miami 2023 (foto Ubitennis)

Cinque a zero. Questo lo score dei precedenti tra Daniil Medvedev e Jannik Sinner, tutti a favore del russo. Si deve partire inevitabilmente da qui per analizzare i temi della finale del Masters 1000 di Miami 2023, che andrà in scena oggi alle 19 italiane. Già, finalmente Jannik non gioca nella notte: una buona notizia che di certo aumenterà l’attenzione e l’audience intorno a una partita attesissima. Sinner gioca per essere il secondo azzurro a vincere un trofeo Masters 1000 dopo Fabio Fognini, principe a Montecarlo nel 2019. Jannik è alla sua seconda finale 1000 da primo italiano a giocarne due: la prima fu sempre a Miami, nel 2021, persa contro Hubert Hurkacz.

Sinner-Medvedev, a Rotterdam il precedente più recente

L’ultimo incontro tra i due è recentissimo, la finale di Rotterdam dello scorso 19 febbraio. Jannik aveva vinto il primo set 7-5, per poi affondare nei due parziali successivi sotto i colpi potenti e profondi del russo (6-2 6-2). Questo dunque diventa il precedente più attendibile, forse l’unico, da prendere come riferimento per ragionare su ciò che potrà accadere all’Hard Rock Stadium. Perché gli altri sono capitati in momenti differenti: a Vienna 2022 Jannik perse 6-4 6-2, nel contesto di un autunno che lo ha visto giocare poco e maluccio a causa dei problemi fisici. Tutti gli altri precedenti sono arrivati nella parte di carriera in cui Sinner aveva ancora nel proprio angolo il precedente team, quello capitanato da Riccardo Piatti: alle ATP Finals Torino 2021 (vinse Medvedev 6-0 6-7 7-6), a Marsiglia 2021 (Medvedev 6-2 6-4) e Marsiglia 2020 (Medvedev 1-6 6-1 6-2). Senza nulla togliere al lavoro fatto dal guru comasco, che ha sviluppato il talento di Sinner come pochissimi altri avrebbero saputo fare, è con il duo Vagnozzi-Cahill che Sinner sta trovando la quadratura del cerchio per essere davvero competitivo ai massimi livelli.

Sinner: “Cercherò di fare delle cose nuove e variare il gioco”

Sono quindi tre i set vinti da Sinner in cinque precedenti con il russo già numero uno del mondo. Abbastanza per poter dire che fin qui Daniil è uno dei pochi giocatori a partire favorito con Sinner. Ma Rotterdam ha dimostrato che la forbice tra i due, che non si amano troppo (basti ricordare l’atteggiamento provocatorio di Medvedev durante la partita di Torino nel 2021), si è ridotta. Come può riuscire allora Jannik a strappare la prima vittoria contro il russo nel momento che più conta? Sicuramente avrà un grande peso l’aspetto fisico: a Rotterdam Jannik pagò alla distanza lo sforzo fatto per vincere il primo set 7-5. Da questo punto di vista, entrambi hanno giocato molto nelle ultime settimane, essendo arrivati in fondo praticamente ad ogni torneo giocato. Medvedev ha però giocato di più nell’ultimo mese, contando anche Dubai sono 17 le partite giocate, di cui 16 vinte. Conterà ovviamente molto la lucidità mentale e Sinner arriva a questo match con una grande fiducia: quella che deriva dall’aver battuto il n.1 del mondo. “Cercherò di fare delle cose nuove che ovviamente non posso svelare, cercando di mescolare il gioco – ha detto Jannik -. E comunque, se anche non dovessi riuscire a batterlo nemmeno questa volta, avrò altre opportunità in futuro”. Giusto: il tennis sa sempre come stupire e regala ogni settimana una nuova chance. La partita di oggi ha però un peso specifico diverso. E tutta l’Italia non vede l’ora di godersi lo spettacolo.

 

ATP Miami, finale: Sinner-Medvedev, ore 19, diretta tv Sky Sport e NOW TV, streaming Sky Go

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WTA Miami: Kvitova vince il nono titolo ‘1000’ e ritorna in Top 10, sfuma il Sunshine Double di Rybakina

Petra Kvitova mette in bacheca il 30° trofeo della carriera su 41 finali disputate, vincendo un primo set thrilling al tie-break per poi dominare il secondo. Elena Rybakina non migliora il proprio best ranking, mancando la prima piazza della Race

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Petra Kvitova - Miami 2023 (foto Twitter @usopen)

[15] P. Kvitova b. [10] E. Rybakina 7-6(14) 6-2

Nelle precedenti apparizioni al Miami Open Presented By Itaù, Petra Kvitova non era mai andata oltre i quarti di finale arrendendosi in tre circostanze al terzultimo atto del torneo – 2014, 2019 e 2022 -. Mentre nell’edizione 2023 non solo è finalmente riuscita a rompere questo muro imperituro, ma addirittura si è spinta fino alla vittoria finale – diventando fra l’altro la terza tennista ad alzare il trofeo a 33 anni dopo le statunitensi Chris Evert nel 1986 e Serena Williams nel 2015, nell’ottavo ed ultimo successo di Serena in Florida – conquistata ai danni della giocatrice del momento: la campionessa di Wimbledon Elena Rybakina si è dovuta infatti inchinare 7-6(14) 6-2 al termine di quasi due ore di partita, dove a indirizzare la contesa è stato un primo set decisosi al tie-break in cui la 33enne ceca si è costruita due chance di break lungo il corso del parziale regolare prima di strappare il servizio avversario e trovarsi ad avere l’opportunità di apporre il sigillo finale sul 5-4. Qui però, la mancina di Bìlovec si è spenta emotivamente permettendo alla kazaka l’aggancio. Giunti al gioco decisivo, è andato in scena un vero e proprio psicodramma con la bellezza di cinque set point a testa, dei quali uno ciascuna con la battuta a disposizione; quello materializzatosi sulla racchetta di Petra si è rivelato decisivo nel 30° punto del tie-break mandato così agli archivi dopo 22 minuti di durata.

 

Dopodiché, Il vulcano Kvitova ha eruttato tutta la sua mastodontica forza motrice dominando in lungo e largo il secondo set, che avrebbe potuto avere un punteggio ancora più a senso unico se la n. 12 del mondo non avesse mancato la palla per involarsi sul 4-0 “pesante”. Alla fine a decretare la differenza nel match è stato l’improbo 54% di prime in campo della kazaka con conseguente 48% di punti vinti sulla seconda. Per Petra un successo che significa il ritorno in Top Ten dopo un lontananza di quasi due anni (al 10 posto), l’ultima toccata e fuga nell’élite mondiale risaliva al settembre 2021, ma anche 9° titolo di categoria ‘1000’ a cinque anni di distanza dall’ultimo ottenuto al WTA 1000 di Madrid 2018 e 30° alloro complessivo in carriera alla 41esima finale disputata: un ruolino di marcia pazzesco nelle partite che valgono dei titoli, una percentuale di vittorie superiore al 70%. Eccezionale pure il balzo che compie a livello di classifica avulsa, relativa esclusivamente al 2023, con 13 posizioni guadagnate che la fanno entrare di forza in Top Five assestandosi alla quinta piazza: era 18esima prima del torneo.

Sfuma invece il sogno di Elena, dopo essere entrata nel ristretto cerchio di coloro che hanno raggiunto la finale nella stessa stagione in Australia e al Sunshine Double – altre cinque donne in totale ci sono riuscite: Monica Seles nel 1991, Graff nel 1994, Lindsay Davenport e Martina Hingis nel 2000, Maria Sharapova nel 2012 – di poter compiere la doppietta, Indian Wells e Miami, che nella storia hanno realizzato soltanto in quattro. Si infrange, inoltre, per lei la possibilità di prendersi il primo posto nella Race e di migliorare il suo Best ranking, rimarrà n. 7 al mondo: sarebbe diventata sesta in caso di trionfo. Infine va segnalato come si assesti ad 11 vittorie di fila la striscia d’imbattibilità di Rybakina, 13 se non si considera il walkover contro Coco Gauff negli ottavi del WTA 1000 di Dubai inserendo così nel computo anche i successi su Andreescu e Bouzkova e scovando l’ultima sconfitta subita per mano di Beatriz Haddad Maia ai quarti del WTA 500 di Abu Dhabi.

Warm-Up

Trentottesima finale combined del WTA 1000 di Miami, la cui fondazione ed introduzione nel circuito risale infatti al 1985, che mette in palio il titolo del terzo evento stagionale di tale categoria dopo Dubai e Indian Wells. A contendersi lo scettro di campionessa del torneo che si disputa presso la location dell’Hard Rock Stadium dei Miami Dolphins, sono la testa di serie numero 10 Elena Rybakina e la numero 15 del tabellone femminile Petra Kvitova. La 23enne russa, ma naturalizzata kazaka dal 2018, nativa di Mosca va a caccia del secondo alloro in appuntamenti “mille dopo quello appena conquistato in California, il che le consentirebbe di completare il Sunshine Double: un’impresa riuscita solamente a quattro donne della racchetta nella Storia del tennis, addirittura in due occasioni alla tedesca Steffi Graf (1994 e 1996), alla belga Kim Clijsters nel 2005, alla bielorussa Vika Azarenka nel 2016 e all’attuale n. 1 del ranking WTA Iga Swiatek nel 2022; l’ultima in ordine cronologico ad aver raggiunto questo prestigioso traguardo, il quale per l’appunto come è facilmente deducibile dai grandi nomi ora menzionati è stato Eldorado tennistico solamente per giocatrici che nella loro carriera sono state in grado di arrivare ad occupare il trono mondiale. Chissà che ciò non possa essere di buon auspicio per il prosieguo della sua vita da atleta per la detentrice di Wimbledon, che intanto prova a regalarsi la quinta affermazione nel Tour maggiore a quattro anni di distanza dalla prima in assoluto ottenuta al WTA 250 di Bucarest nel luglio del 2019. Il suo record complessivo nelle finali disputate nel Circuito WTA parla di un differenziale abbastanza negativo con 4 successi che fanno da contro altare ad 8 KO.

Dall’altra parte delle reta, con l’obiettivo di guastare la festa alla favorita indiscussa, una tennista di dieci anni più grande: classe 1990 nativa della città di Fulnek ma cresciuta a Bìlovec, in Repubblica Ceca. Attualmente numero 12 delle classifiche, con un passato però da seconda forza del ranking mondiale essendo stata in tre diversi momenti n. 2 del mondo – ottobre 2011, giugno 2015 e gennaio 2019 -. Curiosamente anche Petra ha sinora vinto i suoi titoli Majors “soltanto” in quel di Londra, aggiudicandosi Church Road nel 2011 per poi ripetersi nel 2014 superando in finale rispettivamente Maria Sharapova ed Eugenie Bouchard. Ha inoltre disputato un’ulteriore atto conclusivo a livello Slam, perdendo nel 2019 in Australia da Naomi Osaka. La mancina ceca è stata anche “Maestra” nel 2011 alle WTA Finals di Istanbul, in cui nella sua prima partecipazione all’evento superò Azarenka nel match valevole per l’importante riconoscimento di fine anno. Approccia a questa sua prima finale relativa alla parentesi tennistica nord-americana coast to coast dal deserto californiano alla Florida, con un bilancio complessivo nelle partite che assegnano titoli assolutamente positivo dato che recita 29 vittorie a fronte di 11 sconfitte. Petra cerca infine il 9° alloro in un WTA 1000, l’ottavo è giunto in altura nel 2018 Madrid – dove in carriera ha trionfato anche nel 2011 e nel 2015 -, che le permetterebbe di rompere un digiuno nelle conquiste sul cemento che non la vede vincere un torneo da oltre due anni. Sempre per quanto concerne gli eventi ‘1000’, ha perso 4 finali a queste latitudini: l’anno scorso a Cincinnati per mano di Caroline Garcia, l’ultima.

Dal punto di vista tattico si fronteggiano due tenniste dal pedigree tecnico assai simile, entrambe difatti improntano i loro incontri alla ricerca di una costante ed asfissiante aggressività. Sia Elena che Petra prediligono la sezione di fondocampo, come giardino dell’Eden dove far sprigionare tutta la potenza di cui dispongono. Dunque la sfida che si preannuncia all’orizzonte, sarà contraddistinta da continui confronti a tutto braccio da ambo i lati del campo; il che fa presumere che la differenza verrà delineata banalmente da chi delle due riuscirà a sbagliare meno. Chiaramente, poi, ambedue le protagoniste costruiscono le loro rispettive fortune con il progressivo tentativo di andare a cogliere angoli sempre più acuti del rettangolo di gioco, questo schema serve a potersi aprire successivamente il lato opposto del campo per una comoda chiusura del punto. Proprio soffermandoci su questa potenziale situazione strategica, è molto probabile che sia la ceca ad interpretare il ruolo di giocatrice maggiormente offensiva e che sia disposta a lasciare andare a tutta le sue esecuzioni per attaccare senza soluzione di continuità la rivale, perché in possesso di un vantaggio in termini di potenza pura che però anche per via del suo superiore chilometraggio incontra innumerevoli difficoltà negli spostamenti laterali ed in generale nella copertura degli spazi. Mentre, al contrario, la kazaka nonostante sia una delle tenniste più alte del circuito – 1,84 contro l’1,82 della tre volte finalista Slam – può contare su di una mobilità straordinaria per quelle che sono le sue leve, già messa in mostra meravigliosamente nello scontro contro Sabalenka al BNP Paribas Open – match che ripresenta gli stessi motivi tattici anche se con sfumature diverse. Dunque seppur sia Rybakina che Kvitova amino costruire il punto su scambi brevi, a dover perseguire di più questo tipo di piano tattico dovrà essere l’ex n. 2 poiché come detto la 23enne di Mosca si sa ben disimpegnare nella difesa e nel successivo contrattacco – ovviamente per quelli che sono i canoni su cui si svilupperà questo incontro, sarebbe stato un discorso diametralmente opposto se al di là delle rete ci fosse un’opponente alla Swiatek.

Altra chiave di volta essenziale per dirimere la vicenda, e che si collega allo scenario poc’anzi descritto, è il rendimento sui due fondamentali d’inizio gioco: nessuna delle due, se vuole avere reali chances di vittoria, non può esimersi dal mettere sul campo un’elevata percentuale di prime. Sono infatti entrambe giocatrici che possiedono nel loro bagaglio, un servizio incandescente in grado di bombardare perennemente la retroguardia avversaria quando in giornata. Perciò la pericolosità, l’efficienza e l’incisività della prima sono parametri imprescindibili, anche perché se si dovrà ricorrere alla seconda palla con un certo ritmo tutte e due potrebbero entrare in un loop negativo e subire le fiammate provenienti dalla reciproca risposta: capace, quest’ultima, o di generare direttamente la conquista del quindici oppure di mettere già nelle condizioni migliori chi ribatte di poter comandare il palleggio a proprio piacimento.

Osservando il periodo di forma odierno, indubbiamente nonostante la ceca abbia dalla sua un’eccezionale battuta, Elena in questo momento è la migliore battitrice del Tour: a suffragare tale tesi, c’è l’inequivocabile dato con cui si presenta a questa finale, ovvero l’aver scagliato sempre almeno la doccia cifra di ace (o anche di più) in cinque partite consecutive di uno stesso torneo. A livello femminile, ciò non accadeva da Wimbledon 2016 e dai tempi di una certa Serena Williams; da molti considerata – e ne hanno ben donde – la tennista con il servizio più performante della storia. Per cui si può affermare come sia ancora più importante per Petra, piuttosto che per la russa di nascita, una presenza continua in campo della propria prima. A chiusura di questo excursus tattico, l’altra faccia della medaglia dei colpi di avvio punto: chi delle due riuscirà a premere l’acceleratore costringendo l’altra a subire la propria incessante pressione in risposta, ha un alta probabilità di portarsi a casa il titolo ma come dichiarato ciò non può che essere legato alla prestazione della prima di servizio avversaria. Kvitova, comunque, ha un vantaggio rispetto alla più giovane rivale: le traiettorie mancine sia nella prima slice da sinistra che soprattutto sulla diagonale rovescia di Elena, le sbracciate a ritmo forsennato sulla direttrice sinistra diranno molto dell’esito finale del match in base a chi saprà reggere di più e dove però Petra ha a disposizione il proprio dritto, possono mandarla in grande confusione.

Due i precedenti, 1-1, recentissimi: vittoria kazaka a casa della sfidante ai quarti di Ostrava 2022 per 7-6(5) 6-4, rivincita della mancina lo scorso gennaio ad Adelaide per 6-3 7-5.

Primo Set: Kvitova vince una frazione al cardiopalma, con un tie-break thrilling da 30 punti

Kvitova vince il sorteggio e dopo qualche titubanza sceglie di iniziare il match in risposta. La decisione della tennista ceca si rivela assolutamente azzeccata, visto che Rybakina comincia la propria partita abbastanza contratta con il fondamentale d’inizio gioco mettendo in campo soltanto tre prime su otto punti totali ed inciampando anche nel primo doppio fallo dell’incontro. Elena si ritrova così costretta a dover fronteggiare immediatamente due palle break consecutive, tuttavia dal 15-40 la 23enne kazaka riaggiusta il mirino del servizio e si toglie d’impiccio rimontando per tenere il suo primo turno di battuta. Agli antipodi il game di servizio inaugurale di Petra, che serve una sola seconda e si intasca con autorità il gioco che le vale l’1-1. In generale pare molto chiaro sin dagli albori della finale, l’atteggiamento tattico assunto della due volte campionessa di Wimbledon: risponde da una posizione estremamente aggressiva non solo sulla seconda avversaria, dove addirittura mette i piedi in campo, ma anche e soprattutto la attua sulla prima stazionando ampiamente sulla riga bianca di fondo. Dunque l’inizio di match ha un’unica padrona, dato che la mancina in campo si crea ancora l’opportunità per inerpicarsi a break point nel terzo game dando sfogo alle sua maggiore completezza tecnica, prima mediante un’intelligente risposta bloccata e poi subito dopo estraendo dal cilindro una meravigliosa palla corta di rovescio che lascia di sasso la sua più giovane avversaria. Ma l’ex n. 2 del mondo a questo punto spreca malamente la ghiotta chance sparando via in corridoio un comodo dritto incrociato quando il punteggio segnava 15-30, sfumata l’opportunità Rybakina ha sfruttato la scia favorevole derivante dal regalo offertole e grazie ad un ace e ad una prima vincente riesce ad impattare sul 2-2.

Anche Petra, nel quarto gioco, è costretta a dover affrontare il suo primo round di servizio che si prolunga ai vantaggi: ciò però accade più per demeriti della n. 12 al mondo che per effettivi meriti della recente campionessa di Wimbledon, visto che la più esperta in campo si fa trovare impreparata in più di una circostanza in uscita dal servizio denunciando una mobilità fisica – in verità mai stata suo fiore all’occhiello neanche del Prime della carriera – decisamente limitante. Mentre la classe ’99 di Mosca continua a fare grande fatica nel regolare la sua risposta affinché risulti molto più incisiva ed efficacie di quanto non lo sia stata finora, ovvero praticamente nulla. Proprio per questo a metà parziale, dall’angolo di Elena – in primis dal coach italo-croato Vukov – arriva il suggerimento di modificare il posizionamento in ribattuta prendendo metri sul campo e allineandosi così alla scelta tattica di Kvitova. Nel frattempo l’ex n. 2 del ranking aumenta vertiginosamente i giri del motore per quanto riguarda il rendimento del suo straordinario bimane, indiscutibilmente il miglior colpo da fondocampo su cui può contare la 33enne di Bilovec, che inizia a lasciare andare brillantemente sia sull’incrociato che nell’accelerazione in lungolinea. E così, dopo una serie di quattro giochi dove i servizi sono stati perfetti, la tds n. 15 si ritrova avanti 5-4 per infliggere pressione alla kazaka che serve per prolungare la contesa. Elena si inguaia da sola, commettendo un sanguinoso doppio fallo sul 30-15 mai poi è Petra a salire in cattedra ancora con il suo fantasmagorico rovescio, sia coperto in spinta sia tagliato in contenimento. Il break questa volta si materializza, alla terza opportunità complessiva, tuttavia proprio nel momento della verità si assiste alla reazione da campionessa vera qual è la kazaka che senza strafare genera un ritmo progressivo nella costruzione del punto non andando mai eccessivamente sopra giri che manda in confusione la ceca, rea di sciogliersi sul più bello: 5-5, la frazione non è ancora terminata. Rybakina, ora, ha aumentato a dismisura la performance della sua macchina a propulsori alieni, mettendo a referto una sequenza di 5 ace in 6 punti consecutivi al servizio. Una sequela che assume dei tratti ancora più dirompenti, dato che gli ultimi tre scagliati corrispondo ai primi suoi tre punti nel tie-break. A metà 13esimo game, le due si scambiano un mini-break: prima Kvitova commette un fragoroso gratuito con il colpo che fino a quell’istante aveva fatto più male all’avversaria, poi dal 4-2 Elena si fa riprendere per via di una seconda che permette a Petra di entrare di forza in ribattuta.

Nelle fasi finali del tie-break, il livello se è possibile cresce ulteriormente: sul 5-5 la ceca si tira fuori da uno scambio che la stava vedendo soccombere con un bimane incrociato sublime, ma Elena non ci sta e cancella il set point con il 7esimo ace della sua partita. Il primo set point giunge anche per Rybakina, che tuttavia nonostante l’avversaria non metta in campo la prima e con lo scambio in mano scaraventa abbondantemente oltre la linea di fondo un dritto decisamente facile. 8-7 e secondo set ball per Kvitova, scambio che si allunga con nessuna delle due che spinge a tutta: entrambe colpiscono a tre quarti di velocità, chiaramente con il braccio irrigidito dalla tensione. Ad un certo punto il rovescio di Elena sembra atterrare fuori, gli spalti si fanno sentire disturbando però palesemente la ceca nell’esecuzione del colpo: ma la palla di Rybakina è rimasta in campo, nonostante Petra chieda il controllo del falco. Lo psicodramma, ormai tale da diversi minuti, continua imperterrito: vanno via un secondo set point per la kazaka sul 9-8 e il terzo a favore di Kvitova sul 10-9, che si deve mangiare le mani per una risposta di dritto affossata in rete sulla seconda avversaria. Il momento di rottura sembrerebbe palesarsi dopo il terzo set point sfumato anche per Elena, grande tenuta della diagonale sinistra di Petra, visto che Kvitova non riesce a preparare con il giusto tempismo l’uscita dal servizio e si ritrova investita dalla risposta kazaka: secondo mini-break per la 23enne russa, terzo in totale, ma la chiusura è ancora rimandata perché Elena manda in corridoio il rovescio, 12-12. E dopo il quarto anche il quinto set point va alle ortiche per la finalista di Melbourne, questa volta però di nuovo in risposta: 13-13. Sul 14-13, grandissima Elena con un dritto inside-in carichissimo. Sul 14-14, è stavolta il turno per Petra di prendersi il secondo mini-break: il quinto set point per lei, il primo con il servizio, è quello buono. 7-6, 16 punti a 14, Kvitova al termine di uno straordinario primo set durato oltre l’ora e cinque di gioco.

La vincitrice di Indian Wells deve vedere così interrotta la sua striscia immacolata nei tie-break disputati nel 2023, prima di oggi ne aveva vinti 7 sue 7, mentre rimane candido quello della ceca: 4 su 4. A pagare dazio per Elena, è stata la bassa percentuale di prime in campo: solamente il 53%, che pure è stata abile nel far fruttare vincendo l’86% e mandando a referto 10 ace, dopo un solo set è già doppia cifra come le precedenti 5 partite.

Secondo Set: Kvitova è in The Zone, domina in lungo e largo

Petra è letteralmente on-fire, adesso lascia andare ancora di più le sue violenti sbracciate. E’ uno spettacolo vederla in azione sospinta dalla fiducia che genera un primo set vinto in quel modo da sfavorita. Da par suo, Elena le dà una mano continuando a fare troppa fatica nel tenere con continuità la prima palla di servizio in campo. La finalista all’Happy Slam 2019 vola in men che non si dica sul 3-0 “leggero”. La domanda da porsi in questo preciso è la seguente? Rybakina avrà le energie mentali necessarie per risollevarsi dopo lo schiaffo emotivo subito considerando lo sforzo profuso nell’ultimo periodo venendo da 11 vittorie consecutive e in particolare da due primi turni qui in Florida dove la spuntata soltanto al terzo – con Badosa al 2°T ha dovuto cancellare anche un match point -.

In un primo istante parrebbe di no, dato che Kvitova si procura una palla per il 4-0 “pesante”. Ad un passo dal definitivo capitombolo nel dirupo, Elena abbozza un tentativo di reazione e ai vantaggi si mantiene quantomeno attaccata all’ultima carrozza del treno ceco, che viaggia spedito più non posso. Riesce a procurarsi perfino l’opportunità per il doppio break, ma la chance sfuma inesorabile. È sostanzialmente l’ultima vera possibilità in favore di Rybakina per provare a ribaltare un esito che oramai appare scritto poiché dopo quattro giochi tenuti a zero da chi serviva, Petra Kvitova chiude i conti con il secondo break della frazione: 6-2 in 36 minuti, con un durata complessiva da 1h42′ che è stato manifesto a tutto tondo del suo tennis.

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Flash

WTA Miami, Rybakina riflette dopo il ko: “La stanchezza ha inciso. Russi a Wimbledon? Giusto così”

La kazaka si ferma a un passo dalla doppietta: “Avessi vinto il primo set forse sarebbe finita diversamente, ma complimenti a Petra”. Ora la Billie Jean King Cup, poi la terra rossa: “Ho fiducia di poter fare altrettanto bene”

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Elena Rybakina - WTA Miami 2023 (Twitter @wta)
Elena Rybakina - WTA Miami 2023 (Twitter @wta)

Niente Sunshine Double per Elena Rybakina, che si è fermata a un passo dalla doppietta Indian Wells-Miami con la sconfitta in finale contro Petra Kvitova. Un’ulteriore dimostrazione di quanto l’impresa riuscita un anno fa a Iga Swiatek sia difficile sotto tanti punti di vista: la kazaka, peraltro, aveva già dato qualche segnale di affaticamento nella semifinale contro Jessica Pegula. Ecco le sue parole in conferenza stampa dopo la partita.

D: Elena, dicci i tuoi pensieri sulla finale.

 

RYBAKINA: “C’è stato un primo set molto duro, e questo ha fatto la differenza all’inizio del secondo set. Sono comunque felice, in generale, delle settimane che ho avuto. Non sono molto soddisfatta di come ho giocato il secondo set della finale, ovviamente, ma in generale è stato un mese positivo qui negli USA”.

D: Dopo la grande quantità di partite che hai giocato nell’ultimo mese, pensi abbia pesato la stanchezza?

RYBAKINA: “Ovviamente mi sentivo stanca, già da dopo Indian Wells, direi. Ho semplicemente cercato di andare oltre, dando tutto quello che avevo. Forse se avessi vinto il primo set sarebbe andata diversamente nel secondo, ma essendo stanca, non ho avuto la giusta disciplina mentale in certe occasioni. Ho preso alcune decisioni stupide, ma in generale Petra ha giocato bene”.

D: E’ stato un grande mese per te. Guardando alla stagione su terra battuta, pensi di poter essere pericolosa come lo sei stata sui campi in cemento quest’anno?

RYBAKINA: “Penso di aver avuto buoni risultati in passato sulla terra. Per questo credo di potere giocare bene. Il tema è stare bene e rimanere motivata, perché quando giochi così tante partite, non è facile fare tutti questi viaggi. Mia sorella è qui per aiutarmi a non pensare solo al tennis. Dovrò fare una buona preparazione. Non ho molto tempo, ma penso di poter fare buone cose”.

D: Cosa pensi della decisione di Wimbledon di ammettere giocatori russi e bielorussi?

RYBAKINA: “Non sapevo di questa novità. Penso che la situazione sia questa in tutti i tornei, era l’unico Slam dove non potevano giocare, ma ovunque giocano senza bandiera. Penso sia stata una giusta decisione”.

D: Hai in mente di giocare anche la Billie Jean King Cup? Affrontate la Polonia senza Swiatek.

RYBAKINA: “Non sapevo che Iga non ci sarà. Comunque la Polonia ha diverse ottime giocatrici. Sarà dura. Al momento l’intenzione è quella di giocare”.

D: Hai infilato una serie di 13 vittorie senza sconfitte. Lo stesso aveva fatto Sabalenka. Swiatek invece l’anno scorso ne ha fatte di più. Quale parte di una striscia così è la più difficile?

RYBAKINA: “Quello che ha fatto Iga non è per nulla facile. Ovviamente però arriva un giorno in cui perdi. La parte più difficile è quella fisica, perché viaggi un sacco e le condizioni cambiano rapidamente”.

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