US Open, verso Djokovic-Berrettini: verità ereditate dalle sfide di Roland Garros e Wimbledon

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US Open, verso Djokovic-Berrettini: verità ereditate dalle sfide di Roland Garros e Wimbledon

Cosa ci dicono i numeri delle due precedenti sconfitte di Berrettini contro il numero uno Djokovic? La chiave è sempre la seconda. Occhio a dritto inside-out e servizio al corpo. Sì al back di rovescio

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Matteo Berrettini - US Open 2021 (photo Andrew Ong/USTA)
 

Ridurre tutto ai numeri rischia di essere un errore, soprattutto quando la cifra emotiva dell’incontro è parecchio significativa come in questo caso, ma è comunque l’opzione migliore che abbiamo per presentare il quarto di finale dello US Open 2021 tra Novak Djokovic e Matteo Berrettini, terzo confronto diretto di questa stagione – tutti giocati in tornei dello Slam, peraltro consecutivi. Il serbo ha battuto l’italiano ai quarti di finale di Parigi, perdendo il terzo set set, e poi lo ha battuto ancora in finale a Wimbledon, perdendo soltanto il primo set.

Berrettini proverà ad emulare con un turno d’anticipo l’impresa di Roberta Vinci, che nel 2015 fermò la numero uno del mondo Serena Williams in semifinale, a due passi dal Grande Slam. Sembrava impossibile allora, alla vigilia del match, e sembra impossibile anche oggi. Ma cosa ci raccontano i numeri delle due recenti sfide tra Djokovic e Berrettini, raccolti nel charting completo di Tennisabstract (trovate qui la sfida del Roland Garros e qui quella di Wimbledon)? Soprattutto, danno una qualche concretezza alle chance di vittoria di Matteo?

QF ROLAND GARROS – [1] Djokovic b. [7] Berrettini 6-3 6-2 6-7(5) 7-5
F WIMBLEDON – [1] Djokovic b. [6] Berrettini 6-7(4) 6-4 6-4 6-3

Prima di tutto un dato statistico piuttosto curioso. Nelle due partite è stato giocato lo stesso numero di punti, 276 a Parigi e altrettanti a Londra, con la differenza che nella prima sfida Djokovic ne ha vinti ben 30 in più (153 a 123) mentre nella seconda ‘soltanto’ 14 (145 a 131). Berrettini ha vinto entrambi i set al tie-break e nel complesso ha portato a casa quasi gli stessi game (17 a Parigi, 18 a Londra), ma i due incontri si sono articolati molto diversamente.

Al Roland Garros c’è stata poca partita nel primo set, pochissima nel secondo ma ce n’è stata molta nel terzo e nel quarto, sebbene Berrettini non sia mai riuscito a breakkare Djokovic fallendo nel primo set le uniche tre palle break; la pausa per l’uscita del pubblico dallo stadio dopo cinque game del quarto set – si era ancora in tempi di coprifuoco a Parigi – ha forse tolto un po’ di energie a Berrettini, che anche grazie al pubblico era riuscito a vincere il tie-break di un terzo set nel quale aveva avuto pochissime occasioni in risposta.

A Wimbledon è stata ancora la solidità mentale a consentire a Berrettini di vincere il primo set, un parziale nel quale Djokovic era partito con un vantaggio molto confortante ed era sembrato in completo controllo delle operazioni fino al 5-2, game nel quale aveva addirittura fallito un set point. Poi, però, sebbene non si possa dire che Berrettini abbia giocato male i tre set successivi, non possiamo neanche dire che sia mai andato realmente vicino a mettere in discussione l’esito della partita.

Elemento comune dei due set vinti? La capacità di Berrettini di sfruttare le incertezze del numero uno del mondo. Con un grammo di garra in meno, Matteo avrebbe potuto tranquillamente perdere entrambe le partite in tre set. Questo è sia un buon segnale – Djokovic sa che non può concedersi troppe sbavature, e questo potrebbe mettergli pressione – sia un cattivo segnale, perché vuol dire che Berrettini forse non sarebbe riuscito a vincere neanche un set senza un concreto aiuto del suo avversario.

Smaltita questa premessa generica, solo per metà affidata ai numeri, svisceriamo brevemente similitudini e differenze tra le due partite attraverso quattro piani d’analisi: servizio, risposta, direzione dei colpi e lunghezza degli scambi.

SERVIZIO

ROLAND GARROS – Berrettini non è riuscito a far valere granché la sua superiorità al servizio: sommando le tre categorie di punto diretto col servizio, ossia ace, unreturned serve e servizi che producono l’errore forzato del ribattitore, Djokovic ha totalizzato 35 punti (il 27% dei suoi servizi totali) e Berrettini 41 (il 28%). La partita è stata vinta dal serbo soprattutto con la seconda: mostruosa la sua difesa del servizio più debole (65%) nonostante ne abbia tirate più del suo avversario. Difficile, se non impossibile, battere Djokovic quando vince il 73% dei punti con il servizio.

WIMBLEDON – Berrettini aveva approcciato la finale londinese forte di un servizio d’acciaio che era stato sopraffatto dal ribattitore soltanto cinque volte nelle precedenti sei partite del torneo. Djokovic ha spazzato via le sue certezze, breakkandolo sei volte (su 15 palle break). C’è un dato che testimonia in modo particolare la difficoltà di Berrettini, che ha messo in campo il 59% di prime e ha dovuto giocare in totale ben 32 punti in più del suo avversario al servizio; colpisce soprattutto il fatto che Berrettini abbia giocato tante seconde (ben 63), quasi quante le prime di Djokovic (75). In sintesi, vincere il primo set col 56% (!) di prime in campo è stato un miracolo statistico, che infatti non si è ripetuto.

Un paio di chicche: in entrambe le partite, Djokovic ha preferito la soluzione esterna con il servizio (50% dei servizi a Parigi, il 42% a Londra) mentre Berrettini ha utilizzato un profilo più equilibrato, utilizzando molto più del suo avversario il servizio al corpo, soprattutto con la seconda (addirittura 37 volte su 63 seconde giocate nella finale di Wimbledon).

RISPOSTA

Inutile girarci attorno, è qui che la forbice tra i due giocatori si allarga. In entrambe le partite Djokovic ha vinto più della metà dei punti in risposta alla seconda di Berrettini, il 55% a Parigi e addirittura il 60% a Londra, riuscendo a portare la lunghezza media degli scambi oltre la soglie dei cinque colpi. Ricordate l’abuso dei servizi al corpo di Berrettini? Beh, non ha pagato troppo se è vero che il serbo ha trasformato in punto il 58% dei servizi (ricevuti) al corpo a Parigi e il 53% a Londra.

Considerando la percentuale di punti in vinti in risposta contro la prima e la seconda di Djokovic nei due match, Berrettini ha superato la soglia del 40% soltanto contro le seconde tirate da Djokovic a Wimbledon, e comunque di poco (42%). Il serbo gli ha cercato parecchio il rovescio, soprattutto nella seconda sfida, e grazie all’utilizzo dello slice l’italiano si è difeso sorprendentemente bene vincendo più punti quando ha avviato lo scambio con una risposta di rovescio.

Novak Djokovic – WImbledon 2021 – Credit: AELTC/Ian Walton

DIREZIONE DEI COLPI

Passando da Parigi a Londra, la differenza principale nel profilo dei colpi di Berrettini (il campione di dati si basa soprattutto sui colpi successivi al terzo dello scambio) ha riguardato il rapporto tra dritti incrociati e dritti anomali inside-out; a Parigi erano stati più i primi, mentre a Wimbledon Matteo ha colpito il 37% dei dritti in traiettoria inside-out. Se vi state chiedendo se la scelta ha pagato, la risposta è un secco no – poiché nella prima sfida i vincenti a uscire sono stati 12 (su 46 colpi tracciati) mentre nella seconda soltanto 5 (su 57 colpi tracciati). Pur essendo un colpo notevole nell’arsenale di Berrettini, il problema è che va a scontrarsi con la difesa di rovescio di Djokovic. Una scelta tattica che invece ha pagato è stato il maggiore utilizzo del rovescio in slice; a Wimbledon, Matteo ha diviso equamente i rovesci tra top e traiettoria tagliata.

LUNGHEZZA DELLO SCAMBIO

Ultima considerazione sulla lunghezza degli scambi. Dividendoli in quattro categorie (1-3 colpi, 4-6, 7-9 e 10+) non è possibile rintracciarne neanche una in cui, in una delle due partite, Berrettini abbia prevalso. L’italiano è riuscito a pareggiare il suo avversario soltanto per quanto riguarda gli scambi brevi giocati a Wimbledon (77 punti a testa), mentre la categoria che lo ha visto maggiormente in ambasce è decisamente quella degli scambi compresi tra i 4 e i 6 colpi: al Roland Garros se ne sono giocati 58 (su 276 punti totali) e Djokovic ne ha vinti 34 (il 59%), mentre a Wimbledon sono stati addirittura 80, il 29% del totale, e Djokovic ne ha vinti 45 (il 56%).

La verità dei numeri è questa. E conferma che, comunque vada, Berrettini è chiamato a compiere una vera impresa anche solo per fare davvero partita pari.

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