Un altro tennis: viaggio alla scoperta del wheelchair tennis (prima parte)

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Un altro tennis: viaggio alla scoperta del wheelchair tennis (prima parte)

Intervista al fiduciario lombardo della FIT per il tennis in carrozzina che ci spiega il passato, il presente e il futuro della disciplina

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Stephane Houdet, atleta francese
 

Dal 24 agosto al 5 settembre a Tokyo si sono disputati i 16esimi Giochi Paralimpici estivi. L’Italia si è comportata molto bene e ha chiuso la manifestazione al nono posto nella classifica per nazioni con un totale di 69 medaglie. Nessuna di queste però è arrivata dalla specialità del tennis in carrozzina (in inglese wheelchair tennis), né in campo maschile, né femminile.

Come mai? Siamo partiti da questa domanda per fare un viaggio in due puntate alla scoperta di questo sport che – come avremo modo di vedere – merita molta più attenzione di quanta sino ad oggi gliene sia stata concessa.

Ospite della prima puntata è Gianni Gioia, da tre anni fiduciario lombardo della FIT per il tennis in carrozzina e direttore di Gioiatennis, società sportiva lombarda che si occupa principalmente di tennis.

Gianni, quali sono le origini del tennis per disabili nel mondo e in Italia?
Il tennis in carrozzina nasce negli Stati Uniti nel 1976 su iniziativa di Brad Parks, un diciottenne californiano rimasto vittima di un incidente sugli sci che iniziò a praticarlo per scopi riabilitativi. In Italia arrivò nel 1987 grazie all’iniziativa di quattro ragazzi toscani inizialmente dediti al ping-pong che si innamorano di questa disciplina in seguito all’incontro con un atleta italo-svizzero.

Attualmente quanti sono gli atleti italiani che lo praticano  a livello agonistico?
Prima della pandemia il nostro movimento poteva contare su 170 atleti; 150 di questi nella categoria open e 20 in quella quad. Non tutti però hanno ancora ripreso a gareggiare.

La componente femminile quanto pesa numericamente?
Sono 15, tutte nella categoria Open.

Quali sono le principali differenze tra categoria Quad e Open?
Nella categoria Open gareggiano persone che non sono in grado di giocare a tennis in posizione verticale a causa di una invalidità a uno o entrambi gli arti inferiori, mente nella categoria Quad chi soffre d’invalidità anche agli arti superiori. Nella categoria Open, inoltre, il circuito femminile è separato da quello maschile. Non è così in quella Quad: il tabellone dei vari tornei è unico e gli uomini e le donne si sfidano sul campo da gioco.

Come è possibile impugnare la racchetta se si hanno importanti invalidità agli arti superiori?
Di norma gli atleti che praticano quad fissano la racchetta alla mano con bendaggi e di conseguenza effettuano tutti i colpi con la medesima impugnatura. È una disciplina sportiva difficile, tecnicamente, da praticare e per questo il numero di atleti che vi si dedicano è sensibilmente inferiore rispetto a quello di chi si cimenta nell’Open. Invito però tutti a guardare le immagini del più forte giocatore al mondo oggi in attività nel quad, Nick Taylor, per capire quali vette può raggiungere un essere umano grazie alla forza di volontà.

Chi è il giocatore italiano più forte in questa specialità?
Alberto Saja, nr 30 del mondo.

Quanti tornei vengono organizzati in Italia ogni anno e su quali superfici?
11 nazionali più un Master a fine anno. I tornei durano dai 4 ai 5 giorni e vi prendono parte dai 20 ai 30 atleti. I due più prestigiosi sono quelli che si disputano al Foro Italico e ad Alghero; quest’ultimo è  dotato del montepremi più importante – nel 2021 è stato di 32.000 euro – e attrae quindi giocatori di alto livello non solo italiani. Il wheelchair tennis si può praticare su qualunque superficie: terra rossa, cemento ed erba sintetica. A causa dell’attrito, di norma la superficie meno gradita ai giocatori è l’erba sintetica, mentre la più gradita è quella veloce ma anche su terra rossa in condizioni di campo normali si può giocare senza alcun problema.

Da cosa è dipeso il fatto che nessun italiano abbia preso parte alle paralimpiadi giapponesi?
Alla manifestazione potevano partecipare soltanto 54 atleti; i primi 42 giocatori del ranking più 12 wild card. Nessun italiano purtroppo aveva una classifica sufficientemente alta per accedere; la FIT aveva richiesto una wild-card che purtroppo non è stata concessa.

Il Wheelchair rientra sotto l’egida della FIT: cosa fa concretamente la nostra federazione per incoraggiarne la diffusione?
Dividiamo gli aspetti organizzativi da quelli economici partendo dai primi. Da tre anni la FIT ha introdotto a livello regionale la figura del fiduciario che ha lo scopo di promuovere questo sport sul territorio. Personalmente sono anche istruttore di tennis e di tennis in carrozzina e svolgo quindi un duplice ruolo: organizzativo e tecnico. Con l’Associazione sportiva dilettantistica tennis senza barriere di Rho stiamo svolgendo un intenso programma in Lombardia allo scopo di coinvolgere ragazzi affetti da disabilità. Ci tengo a citare tra questi Sergio Cortese, mio primo allievo e persona alla quale sono legato da antica amicizia. I fiduciari delle diverse regioni hanno altresì il compito di cooperare attivamente all’ organizzazione di tornei a squadre e individuali. Il Comitato Italiano Paralimpico a sua volta segnala agli organi regionali preposti situazioni di potenziale interesse.

Oltre a quello organizzativo, la FIT dà indirettamente anche un importante contributo economico ai neofiti. Poiché le carrozzine sportive sono molto costose (nella seconda parte dell’intervista scopriremo quanto, nda) la Federazione ha stipulato una convenzione con una ditta produttrice – Lab 3.11 –  che garantisce ad un neo-praticante la possibilità di utilizzare gratuitamente la carrozzina per alcuni mesi.

In conclusione Gianni, qual è la via maestra da seguire per chi desidera saperne di più?

Contattare i comitati regionali della FIT per farsi dare tutti i riferimenti del fiduciario regionale di riferimento. Chi abita in Lombardia può scrivere al sottoscritto al seguente indirizzo mail: info@sbtennis.it.

Permettimi però di aggiungere una cosa, forse la più importante tra quelle che ho detto sino ad ora. Per me vale la pena conoscere questo sport, non solo perché è divertente, ma anche perché offre emozioni uniche sotto il profilo umano. Lo spirito di adattamento e la positività con la quale chi pratica il wheelchair tennis affronta le difficoltà che la vita gli mette innanzi non solo sul campo da gioco, non finisce mai di sorprendermi. Credo che tutti possano imparare qualche cosa da queste persone.

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