Galeazzi, l'urlo che arrivava al cuore (Gallo, Veltroni, Dotto, Sorrentino). Berrettini: "Vedrete un giocatore diverso" (Bonsignore). I Magnifici 8 (Guerrini, Martucci, Semeraro, Jacobelli, Mastroluca, Crivelli)

Rassegna stampa

Galeazzi, l’urlo che arrivava al cuore (Gallo, Veltroni, Dotto, Sorrentino). Berrettini: “Vedrete un giocatore diverso” (Bonsignore). I Magnifici 8 (Guerrini, Martucci, Semeraro, Jacobelli, Mastroluca, Crivelli)

La rassegna stampa del 13 novembre 2021

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Galeazzi, l’urlo che arrivava al cuore (Massimiliano Gallo, Il Corriere dello Sport)

Scudetto è quando Galeazzi ti prende sottobraccio. Negli anni Ottanta era lui a certificare la vittoria del campionato. Ben prima del tricolore sulla maglia. L’arbitro fischiava la fine e Galeazzi aveva già catturato la sua preda. Che fosse Bagnoli, Bianchi, Liedhoim, Trapattoni. Poco importa. […] Con quel tono di voce rauco e quell’enfasi che lo hanno reso un marchio inconfondibile. Giampiero Galeazzi aveva un rapporto fisico con la notizia. La pedinava. Non la lasciava mai. E la confezionava come meglio non si poteva. Dove c’è la notizia, c’è Galeazzi. C’è però una differenza importante rispetto a tanti tallonatori col microfono arrivati negli anni successivi. Galeazzi non appariva mai molesto. Non era un persecutore. Anzi. Gli interlocutori gli sorridevano, lo attendevano. Anche perché sapevano che essere intervistati da lui significava o aver vinto lo scudetto o comunque la certificazione di essere il personaggio della giornata Si finiva alla Domenica Sportiva che era la Cassazione del calcio italiano. Non si poteva fare brutta figura. E i personaggi si prestavano. Tùtti. Dino Vola confezionava perle ermetiche intervallate da pause craxiane. L’Avvocato le solite battute fulminanti. Maradona nello spogliatoio di Napoli gli regalò una straordinaria interpretazione da showman nel giorno del primo scudetto.[…] Non a caso Mara Venier lo volle a Domenica In, creando scandalo nella categoria. Se n’è andato ieri, a 75 anni. E non è retorico dire che simboleggiava un giornalismo e un mondo che non esistono più. Sono dati di fatto. Non c’era Internet. II massimo dell’aggiornamento in tempo reale era Televideo, con i risultati che lampeggiavano per far capire che la partita era in corso. Imperava, di fatto, il monopolio Rai. O apparivi lì, o non eri nessuno. Non c’erano le pay tv. Né i cartelloni zeppi di sponsor per le interviste. Si facevano dove capitava, spesso in corridoi affollati. Galeazzi catturava il personaggio e via. La grande forza di quel giornalismo è che sembrava improvvisato, quasi dilettantesco. Poi, però, ti ritrovavi la dichiarazione di Maradona o Trapattoni che tenevano banco tutta la settimana. . Eppure l’intervista calcistica più impossibile non regge il confronto con quello che è stato l’impareggiabile risultato professionale di Galeazzi: aver reso popolare il canottaggio. Aver inchiodato gli italiani davanti alle tv per uno sport che definire spettacolare è un esercizio spericolato. Non è semplice stabilire se si guardava le gare per i fratelli Abbagnale o per le sue telecronache. Erano un tuttuno. Come per De Zan e il cidismo, Paolo Rosi e l’atletica. Ma col canottaggio è più complesso. Era lui a tenere viva l’attenzione per i duemila metri della gara. Era riuscito a creare un rapporto simbiotico tra la performance dei fratelloni stabiesi e la sua voce. Sembravano che stessero compiendo lo stesso sforzo. «Trentotto colpi al minuto», gridava alla Adriano Pappalardo (altro cantante anni Ottanta). E non sapevi se essere più preoccupato per la sorte sua o degli azzurri. Senza Galeazzi, la leggenda degli Abbagnale non sarebbe stata la stessa. Nonostante la loro straordinaria serie di vittorie. Perché Galeazzi decorava l’evento sportivo, lo arricchiva. Non lo subiva passivamente. Incredibili a dirsi, il suo terzo sport era il tennis. L’Esatto contrario di canottaggio e calcio. La disciplina dei fighetti, per quanto Panatta lo avesse reso popolare. E anche lì Bisteccone – era l’inconfondibile soprannome – non rinunciò al suo stile. Anche perché se non ci pensava lui a rivitalizzare i telespettatori, diventava dura. Canè non era né Berrettini né Sinner I suoi punti erano sensibilmente più rari. E allora Galeazzi si arrangiava come meglio poteva: conia il “turborovescio” e quando il tennista imbroccava un gran colpo, chiosava: «E questo è Cané». Purtroppo, mormoravano da casa. Ma si rimaneva lì incollati ad aspettare quel momento. Galeazzii ha abbattuto barriere, ha reso umani e accessibili i protagonisti dello sport italiano. In fin dei conti, è semplice descriverlo con poche parole: era un grande giornalista

Grazie, Giampiero. Che emozioni con le tue urla (Walter Veltroni, La Gazzetta dello Sport)

 

Si, certo, è rimasta nelle orecchie di tutti gli sportivi la sua formula «E ora andiamo a vincere». […] Ma Giampiero Galeazzi è stato in primo luogo, e così voglio ricordarlo, un grande giornalista, uno spettacolare cronista, un carismatico telecronista. Le tre dimensioni non si riassumono in una sola. Sono tre specialismi, difficilmente rintracciabili in un’unica persona. Emozione e competenza Il giornalismo sportivo, considerato spesso una specie di Cenerentola della nobile arte, ha sempre prodotto dei talenti capaci di saldare notizia e passione, approfondimento e partecipazione emotiva, enfasi e senso dell’umorismo. […] Lo sport è un mondo narrativo a parte che richiede di saper dosare, come in un sapiente miscelatore, caldo e freddo, sapere e commozione. Il ricordo che io ho di Galeazzi è il suo sudore, il magnifico sudore di chi fatica, di chi partecipa. Il sudore che gli imperlava volto e abiti quando, inesorabilmente per primo, intervistava, beccandolo «a caldo» – definizione non casuale il vincitore di uno scudetto o di una medaglia. O anche quando, bagnato d’acqua lanciata da altri, lo si trovava in uno spogliatoio festante, magari con l’idea di passare al Maradona di turno il microfono che cattura le voci e l’esplosione di gioia di un momento. Il giornalista Galeazzi, come il cronista Galeazzi, come il telecronista Galeazzi credo potrebbe far scrivere come suo epitaffio: «Non fu mai banale». Gigante Per questo, non certo perché era alto e grande come Bud Spencer, si è stagliato nel panorama dell’informazione televisiva. [..]. Ha partecipato a trasmissioni di successo anche non sportive come Domenica In, senza rinunciare ad essere personaggio ma sempre salvaguardando la sua identità e dignità di giornalista. Ha, come Mike Bongiorno, giocato con le parole. Una volta a Giancarlo Dotto, che gli ricordava come in una telecronaca di tennis avesse detto: «questo rovescio di Lendl è una bomba al nepal», rispose: «Un’altra volta me scappò “roulotte russa”, ma sai che per anni ho trasmesso otto ore di tennis al giorno». Ha vissuto con ironia le imitazioni che la sua simpatia alimentava, Nicola Savino ne sa qualcosa. Talvolta era eccessivo, tonitruante, e sembrava voler inseguire, anche con il tono e le parole, il suo aspetto. Aveva poi quel distacco, diverso dal cinismo, che è parte del Dna di chi è nato, cresciuto ed ha vissuto nella capitale d’Italia. La sua generazione è stata una fucina di grandi raccontatori dello sport radiofonico e televisivo. Noi abbiamo nella memoria, indelebili, delle voci, senza le quali gli eventi non erano riconoscibili: una corsa ciclistica senza Adriano De Zan, l’atletica senza Paolo Rosi, il tennis senza Bellani e poi Oddo, l’ippica senza Giubilo, Benvenuti-Griffith senza Paolo Valenti. E il canottaggio senza Galeazzi? Potrei continuare, nessuno si senta offeso. Maestri Era il tempo di Martellini, di Ciotti, di Ameri, di quel genio di Beppe Viola, del meraviglioso giornalismo, un giorno gli verrà pienamente riconosciuto, di Gianni Minà. Era il tempo di Novantesimo minuto, con la galleria di cronisti che in qualche modo erano fortemente caratterizzati. Gli spettatori si affezionavano a Tonino Carino, Cesare Castellotti, Marcello Giannini, Ferruccio Gard, Giorgio Bubba, Piero Pasini, Emanuele Giacoia, Luigi Necco. Provate a chiedere ad un coevo di quella mitica trasmissione di abbinare squadra e città a questi nomi e agli altri, non men degni; vedrete che nessuno sbaglierà. Durante uno dei collegamenti di quel programma fu proprio Galeazzi a dare per primo, da cronista di vaglia, la notizia sconvolgente degli arresti per il calcioscommesse del 1980. La raccontò agli sportivi atterriti dalla vista delle macchine della polizia in campo negli stadi usando la necessaria, deontologica, prudenza ma senza risparmiare nessuna informazione. Simpatia Galeazzi ha combattuto negli ultimi anni con un fisico che lo torturava. E credo abbia sofferto molto. Gli italiani gli hanno voluto bene. Lo ricordano con il rispetto che si deve a un vero giornalista, cronista, telecronista. E lo ricordano con un sentimento che forse lui non si sarebbe aspettato, grande e grosso com’era. Lo ricordano con dolcezza, come una voce emozionante e simpatica del proprio vissuto

“Da Diego a Jacobs, tutti i miei mitici” (Giancarlo Dotto, Il Corriere dello Sport)

Immenso Giampiero, in tutti i sensi possibili. Amavo quest’uomo. I suoi racconti. Le sue sintesi folgoranti. ..Dovevo anda’ alla Doxa, invece finii alla Fiat, a Torino, come atleta. Qualche mese, poi er ghiaccio, er gelo, scappai a Roma. Me volevano manna’ in Sudamerica. Me sarvò che i tupamaros ammaazzarono dodici dirigenti della Fiat. Lo dissi a mio madre: vedi che succede da quelle parti? E così rimasi a Roma a fa’ er vitellone». Ho cominciato ad amarlo quel giorno, 14 anni fa, il Vitellone, nel frattempo diventato Bisteccone. Canottieri Roma, la sua seconda casa di sempre. Lui, al tramonto, incastrato in una poltrona di vimini, la voce inconfondibile, appena ammorbidita dai languori che salivano dal presentimento della cena, un’immagine lirica come poche. Nessuno mi dava pace e nessuno mi faceva ridere come lui. La penultima volta, lo scorso agosto al telefono, lui steso sul divano a non perdersi un frammento di Tokyo: «Piovono medaglie. Qui ce vo’ l’elmetto!». L’ultima volta, nemmeno due mesi fa, a casa sua. Lui, enorme, nudo, come un imperatore bambino, che tramava e tremava sotto un lenzuolo bianco per via del Parkinson. Mi aveva chiamato. «Dobbiamo scrivere un libro insieme». Non era tanto la sua vita che voleva raccontare, ma il mondo, di quanto era cambiato e di come non sarebbe mai più tornato lo stesso, quel suo piccolo mondo antico che gli era rimasto nelle vene e nei forzieri di una memoria lucidissima. Aveva già il titolo in testa. «Quando giocavo a piazza di Spagna». Della vecchina a via Vittoria che vendeva i pennini del calamaio, tre pennini cinque lire». Lo ascoltavo e sentivo di volergli bene. Quel delicato omone. 75 anni e non un solo giorno sprecato a contemplare ciò che era possibile vivere. Quel libro. Non c’è stato tempo. […] Come te Ia passi Giampiero? «Sto a pezzi, sto qui piegato in due sul divano, dopo la fisioterapia…». Vuoi che rinviamo? «Ma no, famola adesso, che poi devo stare con mio figlio…». Li stai seguendo questi Giochi? Sai stare a letto tutto questo tempo. Ho difficoltà serie di deambulazione. Cammino a fatica. A giorni vado, altri no». Come li stai vivendo? «Sono partiti a fari spenti con questo Covid. Mettiamoci al posto degli ‘atleti. L’incertezza. Li fanno o no? Molto duro, dal punto di vista psicologico e della preparazione. Pensavo che’ li rimandassero. I giapponesi non li volevano». Giusto non rimandarli? «Sarebbe stato meglio evitare tutto questo gigantismo. Se ne poteva fare a meno di tutte queste discipline da esibizione, lo skateboard, il surf, l’arrampicata. Hanno portato 340 persone. Sai quanti eravamo noi in Messico?» No. «Quasi la metà, 180. No, non mi sarei allargato così, viste le circostanze…». Sei andato come riserva del canottaggio. «Amo lo sport e lo odio per questo motivo. E stata la più grande delusione della mia vita. Meritavo di essere titolare». Ti brucia ancora? «Mi brucia più di prima. Se ci penso divento idrofobo. Una delle più grandi ingiustizie sportive di sempre. Fosse stato oggi sarei andato in automatico e m’avrebbero portato le valigie. C’era un discorso politico sotto, il rapporto tra società e Coni. Se fossi stato dell’Aniene sarei andato con la tromba». Tanti, forse troppi, a Tokyo, ma vincenti. E che vittorie! «La vittoria di Jacobs sui 100 metri è tecnicamente la sorpresa maggiore. Un italiano sul podio più alto. Inimmaginabile. M’ha emozionato Tamberi. S’è portato il gambale dell’operazione come un totem e se l’è messo vicino all’asticella. Roba da pazzi. Solo l’assurdità dello sport può questo. Recuperi e vittorie miracolistiche». Mai visto Giovanni Malagò così commosso. «È un combattente, un uomo che non s’è mai tirato indietro. S’è messo sulle spalle tutto il mondo sportivo, contro i politici che non lo possono vedere». Malagò, bravo e fortunato. «C’ha un culo grande così, ma se lo merita tutto». Vuole vincere ancora, è insaziabile. «Ha imparato da Agnelli e da Montezemolo». Che altro ti ha emozionato? «Le medaglie di Paltrinieri e l’oro delle ragazze del canottaggio femminile. Queste due ragazzine di Varese hanno sfondato ogni pronostico. Hanno fatto una cosa straordinaria. Erano quarte ai 200 metri…». Giampiero telecronista a Tokyo: Cosa ti sarebbe piaciuto raccontare, canottaggio a parte? «Famme pensa’…Io ho cambiato lo stile d’interpretare il racconto dello sport. l’atletica leggera non è nelle mie tonde. Mi sarebbe piaciuto raccontare i tornei oscuri che nessuno guarda, quelli sulle pedane, i tappeti, la lotta, queste cose qua». Il tennis? «Il tennis non fa parte delle Olimpiadi Iasciatelo a Wimbledon, Roland Garros. Quello è il suo mondo, la sua liturgia. Il tennis all’Olimpiade è uno sport clandestino. Più emozionato per i due ori in sequenza dell’atletica o la vittoria della Nazionale agli Europei? «I due ori dell’atletica, senza dubbio alcuno». Insinuazioni malevoli sulla vittoria di Jacobs. «Quello che ci hanno fatto gli inglesi dopo il calcio era roba da chiudere le ambasciate. Hanno rifiutato le medaglie, ci hanno sputato in faccia. Noi italiani non siamo molto amati all’estero per la brutta nomea. Hai visto Cuomo?». Cuomo, il sindaco di New York? «Lo stanno massacrando solo perché è italiano. Non contano nulla tutte le cose grandiose che ha fatto, prima da governatore, poi da sindaco’. Insomma, solo invidia e maldicenza su Jacobs? «Non credo proprio che sia dopato. Questi poi stanno sempre sotto osservazione. Stiamo parlando di un italo-americano, un Dna speciale. Ha vinto con una spontaneità impressionante. Noi, se togli Berruti e Mennea, certi ori dell’atletica li abbiamo sempre visti dal buco della serratura». Come ti sembra la copertura Rai dei Giochi? «Abbiamo una buona scuola di base. Abbiamo sempre fatto bene alle Olimpiadi. ll Migliore? Bragagna con l’atletica. Bene anche il nuoto. In altri sport ci siamo arrangiati con i tecnici, cui manca però il senso del racconto, cioè tutto. Mi sono piaciute le donne a Tokyo, nei commenti e nelle cronache». Guardi al passato? «Mai guardato al passato. Non ero mai stanco. Una furia. Adesso mi sono fermato. Tomo indietro con la mente». E? «Mi pesa il distacco dall’ambiente lavorativo. Mi manca quella cosa lì. Prima sei un ufficiale a cavallo, poi non sei nemmeno un fante pedestre». Maradona era un tuo amico. La sua morte? «Era finito in brutte mani. Sfruttato da tutto l’ambiente, parenti e amici. Anche i medici. Si sono buttati addosso come le cavallette per aiutarlo, invece l’hanno ammazzato». Hai avuto dalla Rai quello che meritavi? «Mamma Rai ti dà e ti leva. Io sono stato fortunato perché a un certo punto ero come Baudo e Martellini messi insieme. Spettacolo e sport. Ho spinto troppo. Dovevo fermarmi prima e pensare un po’ alla carriera». Invidia suscitata? M’hanno fatto veramente di tutto. Puoi immaginare…». La più difficile da sopportare? «M’hanno tolto il canottaggio due anni prima di andare in pensione. Un dispiacere enorme. Diceva Lello Bersani: tutto è permesso in Rai fuor che il successo. Ho pagato questo. Andavo tra la gente e sembravo l’apostolo. Sempre dritto come un treno, mai fregato niente dei detrattori. Trovo solo ingiusto che alcuni devono andare in pensione a una certa età e altri invece…». Un esempio? «Bruno Vespa. Direttore megagalattico, per carità, ma non c’entra. Lo stesso Marzullo». Ha annunciato l’addio anche Paola Ferrari. Ne sentirai la mancanza? «Non molto. Ci ho lavorato parecchio insieme. Ultimamente era molto migliorata. È sempre stata troppo invadente, Monopolizza lo spazio, ha prevaricato íÍ suo ruolo. Prima non si preparava, ora aveva imparato a farlo. Il tuo erede? «Mah, dicono tutti questo Pardo. È intelligente, bravo, ma fa troppe cose, lo vedo ovunque, così si perde… Sentiamoci domani, respiro male». Come va la gamba? «Sto cercando di recuperare dopo l’operazione a Bologna di cinque anni fa. La protesi al ginocchio ha portato a mille tutte le mie problematiche, la pressione sanguigna alta, la glicemia-alta, il diabete, l’aritmia cardiaca». Hai vissuto troppo generosamente. «Il ginocchio è la mia croce, me lo so’ rotto a 25 anni. Me l’aveva detto Greco, il mitico massaggiatore del Coni: “Non te fa’ tocca mai… sfiammi, fai ginnastica, creme, massaggi”». Tornassi indietro? «Non mi opererei di certo. Non mi fossi operato, oggi sarei salvo, pigliavo il bastone e chi se ne frega. M’ha dato più problemi che vantaggi questa protesi. E poi, ho fatto troppo sport…». Lo sport fa male a certi livelli. «Non c’è dubbio. Pensavo che facendo più sport avrei tenuto al riparo la muscolatura, la circolazione. Sbagliavo. Devi preservare il tuo equilibrio interno». Esempio? «Se fai il tennis non puoi fare il sollevamento pesi. Fa male assommare le cose. Io giocavo a pallone, a tennis, remavo, facevo la pallavolo, adesso il risultato è che sto piegato in due e sto respirando male». Eccessi dl cibo. «Tu sai benissimo com’era la nostra vita in giro per il mondo. Tornando indietro, starei più attento non tanto al mangiare, ma a prendere più spazio perla mia vita privata. per me e per la mia famiglia. Facevo tutto, andavo dovunque, mondiali calcio, tennis, motonautica, ciclismo’. Sei migliorato con II peso? «Un po’ so’ sceso. Oggi sto sui 150 chili. Questo non m’aiuta». La vita merita di essere vissuta? «Assolutamente sì, sempre». Spiegandoia a un ragazzo che non la pensa cosi? «Dietro ogni ostacolo che affronti, scopri cose nuove di te, nuove energie, nuova vita, senza mai spegnerti, sempre all’attacco». Campioni che si ostinano. Ha annunciato l’addio Valentino Rossi. «I grandi campiono sono immortali. Alcuni soffrono la mancanza di cultura, la scarsa capacità di adattamento. Guarda Totti, immenso in campo, il più grande calciatore italiano, ma fuori dal campo lo vedo in difficoltà». Il più grande sportivo mai raccontato? ‘Maradona, senza dubbio. Di Federer ho fatto in tempo a raccontare solo gli inizi». Il più grande telecronista Italiano di sempre? «Paolo Rosi è stato il primo telecronista moderno. Ma il più grande di tutti è stato quello della televisione svizzera… adesso m’è passato di mente il nome». Quando sei solo, il tempo che passa, gli acciacchi che aumentano e, hai paura di quello che ci sarà o non ci sarà dopo? «Non ancora. M’affaccio al balcone tranquillamente. Non mi butto di sotto». Quando devi dire grazie a qualcuno. «A mia moglie Laura che per trent’anni ho visto poco per la mia vita esagerata, ma ha tenuto da sola in piedi la famiglia». ATTO SECONDO Mi parla questa volta dalla terrazza di casa. Su una sedia di legno. In bermuda e dentro una canotta extralarge. Tre x. Prende il sole. Di ottimo umore. La voce è tornata bella e potente. Quella di sempre. Mi chiama. «Aho’, qui dovemo cambia’ tutta l’intervista». Perché, che è successo? «Ma come, non lo sai? Ma che stavi su Marte? Avemo appena vinto anche l’oro nella 4×100 uomini. Una pazzia. È come ave’ vinto la guerra». Tornavo da Marte. Dici sul serio? Non ci credo. «Incredibile. Qui piovono medaglie da tutte le parti. Tocca mettese l’elmetto… Richiamami domattina alle 10 che dovemo cambia’ tutto». ATTO TERZO La voce è tornata debole. Parla a fatica dl prima mattina dal letto dl casa. «Ho dormito male. Non riuscivo a respirare bene». Sono le notti difficili di ‘chi ha troppa vita alle spalle e troppa carne addosso. (qualcosa tra un grugnito e un sospiro) Tomando all’ultima follia di questi Giochi, l’oro della 4×100. «Ci ho ripensato. l’immnagine più bella dei Giochi? La corsa in ottava corsia di Filippo Tortu. Lui li era al bivio della sua storia di atleta: se perdeva era la fine per lui. Ha vinto contro tutti, ha vinto pure contro Jacobs… Ho rivisto il Mennea di Mosca, la corsia era la stessa». Ha vinto contro Jacobs? «Jacobs l’aveva cancellato, l’aveva sportivamente ammazzato. E mi sa che tra i due c’è pure un po’ di freddo, non si prendono tanto. L’ho capito dalle interviste dopo l’oro. Filippo era un po’ sulle sue quando gli chiedevano di Jacobs…». C’è stata poi la rosicante replica della vittoria sugli inglesi. «Lì per lì non c’ho pensato. Era un’impresa di portata mondiale. Poi ch’ho pensato e ho concluso che noi siamo veramente superiori agli inglesi… E comunque, mi raccomando, scrivi della frazione di Filippo lbrtu. Tutto il resto è noia». Il tuo podio finale? «Sul gradino più alto ci metto l’oro sui centri metri, al secondo la staffetta 4×100, al terzo ex aequo Tamberi e le due ragazze del canottaggio. Se resta uno strapuntino, gli ori della marcia». Chi t’ha messo il nome “Bisteccone”? «Gilberto Evangelisti. Al nord sarebbe considerata un’offesa, ma da noi è affettuoso». Tornerai in tivù? «La mia amica Mara m’aveva proposto una rubrica tipo “La posta degli innamorati”, ma le ho detto di no, non c’ho più lo spirito pe fa’ ‘ste cose. Io e lei eravamo una bomba in tivù. Funzionavamo sul piano fisico…». S’è fatta pienotta anche lei. «A Mara je piace magna’, cucina bene, io ne so qualcosa. Sai, il fatto di abitare da tanti anni a Campo de Fiori aiuta, la pasta la fa bene». Stavolta ci salutiamo davvero… «Ah no, aspetta, me so’ ricordato il nome del telecronista più grande di sempre. Giuseppe Albertini, quello della televisione svizzera. Nessuno come lui»

“Il mio Giampiero, tra partite, scherzi e cene avventurose” (Andrea Sorrentino, Il Messaggero)

C’è ancora la tv in bianco e nero quando Giampiero Galeazzi inizia a diventare il Bisteccone nazionale. E’ il 30 maggio 1976, Adriano Panatta ha appena battuto Guillermo Vilas nella finale degli Internazionali d’italia e in campo è soffocato dagli abbracci di Mario Belardinelli e di un nugolo di affezionati. Galeazzi piomba lì nel mucchio, telecamera al seguito, e tagliando fuori anche Gianni Minà, che sta cercando di parlare con Panatta, si prende il vincitore tutto per lui, gli rivolge le classiche domande a caldo a cui il protagonista risponde confusamente, ancora provato, ma sono emozioni autentiche, le più spontanee. […] SODALIZIO Ma quello con Panatta sarà un sodalizio che andrà oltre, perché oltre a seguire la squadra azzurra in Coppa Davis (ma non nella vittoria in Cile: all’epoca la Rai inviò solo giornalisti della radio, nessuno della tv) anche quando Adriano ne sarà il capitano non giocatore, Galeazzi formerà con lui una coppia affiatatissima di telecronisti, agli Internazionali d’Italia come a Wimbledon, per molti anni. […] Panatta ora ricorda: «Erano telecronache forse meno tecniche e schematiche di quelle di oggi, sicuramente molto più umane, come era lui. Giampiero era la parte professionale della coppia, perché si documentava in modo pazzesco, era preparatissimo e sapeva tutto già prima di arrivare in postazione. Io a volte lo facevo sbagliare apposta: quando si avventurava in qualche disquisizione tecnica, lo contraddicevo per vedere come andava a finire, lui allora cambiava versione perché era bravissimo a parlare… poi quando non ci sentiva nessuno gli spiegavo lo scherzo, e giù risate. Eravamo molto amici. Con lui ho soltanto ricordi allegri e divertenti. Trasferte in tutto il mondo, mangiate avventurose, risate, tanto tennis visto e vissuto insieme, un sacco di prese in giro tra noi. Gli volevo bene. Sapevo che negli ultimi tempi la sua salute andava declinando, ci sentivamo spesso». VITA INSIEME Anche Nicola Pietrangeli era legatissimo a Giampiero Galeazzi. Uniti dal tennis, certo, per via delle imprese dell’Italia in Coppa Davis, ma anche dalla comune passione per la Lazio, e per l’appartenenza al Circolo Canottieri Roma, che ieri ha tributato a Galeazzi un saluto con i suoi canottieri, a remo alzato nell’acqua e al grido di “Galeazzi, hip hip hurrà”. Pietrangeli si trova in questi giorni a Milano per assistere alle Next Gen Finals. E’ molto scosso per la notizia della morte dell’amico, non ha voglia di lanciarsi in discorsi particolari: «Lo conoscevo da quando era ragazzino, capitemi… l’ho seguito fin dai suoi primi passi nel mondo del giornalismo, poi ci siamo visti per una vita. In casi simili, scusatemi, ma c’è veramente poco da aggiungere, da dire. In certi casi resta solo il silenzio, l’assenza di parole, perché non servirebbero a niente. Abbiate pazienza». Due anni e mezzo fa, il 18 maggio del 2019, nel giorno del compleanno di Giampiero Galeazzi e nell’anno del centenario del Canottieri Roma, il Circolo aveva intitolato a Giampiero e a suo padre Rino (che era stato allenatore dei canottieri), il galleggiante, ossia il quartier generale. Alla cerimonia aveva assistito anche Nicola Pietrangeli, e Galeazzi aveva partecipato da par suo, arrivando a bordo di un battello.

Berrettini: “Vedrete un giocatore diverso” (Filippo Bonsignore, Il Corriere dello Sport)

[…] Matteo Berrettini ci ha preso gusto e non vuole fermarsi. La finale di Wimbledon ormai è storia, e che storia. È la vetta più alta (finora) della sua carriera, mai raggiunta da nessun tennista italiano. Ora c’è un’altra sfida da vincere, una sfida che, grazie alla sua straordinaria ascesa, sta diventando una consuetudine: si chiama Atp Finals, il torneo che elegge il Maestro tra i migliori otto del circuito. il numero uno azzurro è alla seconda partecipazione in tre anni (Io scorso era prima riserva) ma stavolta è molto diverso. Perché è un altro Matteo, quello che sbarcato sotto la Mole a caccia del colpo grosso: un giocatore cresciuto in risultati, costanza di rendimento, tecnica, mentalità, consapevolezza. […] «Significa molto per me essere a Torino, poter giocare questo torneo così importante in Italia è incredibile. Me lo sono guadagnato e sono molto felice. So che avrò il pubblicò dalla mia parte». MONTAGNA. Berrettini vuole sfruttare tutta l’energia dei fan per scalare la montagna di un girone tutt’altro che semplice. Certo, essendo un torneo che mette di fronte l’élite mondiale, non sarebbe stato in ogni caso agevole, ma il sorteggio non è stato particolarmente favorevole. L’incrocioo immediato con Djokovic (il serbo si è allenato ieri proprio con il romano) è stato evitato, però il gruppo Rosso comprende comunque il numero due al mondo, Daniil Medvedev, che lui definisce sorridendo «gommoso»; «l’imprevedibile» Hubert Hurkacz, «il solido» Alexander Zverev. Sarà il tedesco, numero due del ranking, il primo ostacolo domani sera. Nei precedenti quattro incroci l’azzurro ha vinto una sola volta, agli Internazionali di Roma. «Sarà dura, ma non è che contro Medvedev o Hurkacz sia meno complicato. Tutti sono forti a questo livello. Zverev quest’anno ha vinto tantissimo, su tutte le superfici, ha già vinto le Finals, nonostante sia più giovane di me, e sa già cosa aspettarsi. Sarà una bella lotta; l’importante è essere carichi e pronti». NUOVO MATTEO. Berrettini è carico. Eppure, rispetto a due anni fa, è anche un uomo più consapevole dei propri mezzi e delle proprie qualità, forte del percorso compiuto. «Rispetto al 2019, sono un giocatore e una persona diversa, con tanta esperienza in più nel Tour Anche la qualificazione è arrivata in maniera diversa: due anni la centrai per poco, quasi non me l’aspettavo. Andare a Londra è stata quasi una festa. Ora invece arrivo a Torino con tante aspettative, dunque l’approccio ai match e al torneo sarà diverso. Le partire saranno tutte dure, si giocheranno su pochi punti, per questo spero che la spinta della gente di casa faccia la differenza». Pressione? Si, ma con modera zione. «La sento, certo, ma è una pressione positiva. Non vedo l’ora di giocare, anche se dall’altra parte troverò i migliori del mondo. Del resto, pure io sono uno di loro…». Consapevolezza, appunto. Per pochissimo, gli italiani avrebbero potuto anche essere due, visto che Sinner è rimasto fuori dai “magnifici 8” per una manciata di punti, anche se sarà comunque a Torino come prima riserva. «Ho sperato tanto che ci fosse anche lui. Con Jannik ho un ottimo rapporto, ci stimoliamo a vicenda a fare meglio. Ha cinque anni in meno di me, ha vissuto un anno straordinario e sono sicuro che avrà molto presto l’occasione di giocare le Finals. Mi farà da sparring? Potremmo allenarci insieme: non voglio usarlo, sia chiaro (ride, ndr)! Io l’ho fatto l’anno scorso a Londra e, se presa nel modo giusto, è un’esperienza formativa». Berrettini applaude anche Torino: «Provo buone sensazioni stando qui: l’Italia meritava questo evento e l’organizzazione è perfetta. L’energia che mi arriva è ancora più alta rispetto a quella che sentono gli altri»

I magnifici 8 (Piero Guerrini, Tuttosport)

Chissà se Matteo Berrettini ha pensato a Dickens e al suo romanzo “Great Expections’ Anche se iltema era diverso, Matteo lo dice chiaramente, «Le aspettative sono alte». Come le speranze. Le sue, quelle di una cittä in piena frenesia per la prima volta delle Nitto Atp Finals. Le foto della passeggiata per i portici di via Roma degli otto finalisti è il miglior spot per Torino nel mondo. Forse più dei Giochi 2006, visto che il tennis è fenomeno planetario. E l’attesa è così febbrile, quasi ansiosa, proprio perché c’è anche Matteo tra i magnifici otto. Lo dice persino Novak Djokovic uno che se ne intende e che qui punta a un altro record: agganciare sua meraviglia Roger Federer in vetta con sei titoli: «Il tennis italiano sta esplodendo a livello maschile, con Berrettini, Sinner Fognini vive un momento magico. Torino mi piace, tutto è organizzato bene e si avvertono vibrazioni positive. Tùttovogliono vedere Matteo, è importante, ancor più al primo anno, avereuno di casa alle Finals». Fatto è che i due si ritrovano ad allenarsi assieme nel pomeriggio, assaggiando il campo di riscaldamento e poi il campo di gioco al Pala Alpitour Abbracci, sorrisi, Djokovic che già si era espresso: «Un’altra finale con Berrettini? Perché no? lo comunque mi sento bene. È stato un buon allenamento, siamo amici, sono contento per lui che si giochi in Italia». ll serbo avrà un giorno in più per ambientarsi, il suo debutto contro CasperRuud è lunedì .Matteo invece va in scena già domani sera, con le telecameredi Sky e Rai accese. […] «La pressione c’è, ma è pressione buona. Giocare qui sarà bellissimo, il campo mi piace e so che avrò il pubblico dalla mia parte. Giocare qui significa tanto, all’inizio dell’anno era un obiettivo, ma era presto per pensarci. Ma partita dopo partita penso proprio di essermelo meritato» Ecco, c’è una consapevolezza diversa, rispetto al passato, per Berrettini. Ne12019 atterrò a Londra prendendo l’ultimo aereo, una rincorsa trionfale e faticosa. Adesso diverso e non soltanto per la clamorosa, storica finale raggiunta a Wimbledon. La sula spiegazione è precisa come di consueto: «So che sarà difficile, dall’altro lato della rete ci sono i migìiori del mondo. Io però sono tra questi, sono uno di loro». li martello adesso ha25 anni, nel 2019 di fatto era parte del del circuito maggiare da un anno o poco più. «Sono sicuramente un giocatore e un uomo diverso. La qualificazione a Londra era arrivata all’ultimo, inaspettata. Adesso ci pensavo a inizio anno. Anche l’approccio sarà differente». Matteo trova modo di definire con un aggettivo i tre rivali di un gruppo certamente più tosto dell’anno, non fosse altro che per le condizioni ancora dubbie di Stefanos Tsitsipas.«La cosa più importante è essere carichi e determinati». E non gli spiace cominciare con uno davvero forte come Sascha Zverev. Uno che ha già vinto le Finals esattamente come Daniil Medvedev, , il detentore che ieri per via Roma portava a spasso la coppa del maestri. «Zverev quest’anno ha vinto tantissimi tornei, ha già vinto questo torneo e sa cosa aspettarsi. Nella nostra storia le partite sona state sempre delle battaglie. Le Finals sono state belle a Londra, ma sono certo che qui diventeranno speciali. Tutto è organizzato bene e la città mi piace». Ecco allora gli aggettivi per i tre avversari: «Zverev solido, Hurkacz imprevedibile, Medvedev gommoso». Già, nel suo essere sgraziato, una sorta di serpente che si muove in modo sinuoso ma anche velocissimo. Matteo aspettava intanto Sinner, per allenarsi con lui «Lo userò un pò da sparring. L’esperienza lo aiuterà. Con Jannick ho un ottimo rapporto, è più giovane di me cinque anni, ci spingiamo l’un l’altro a fare sempre meglio. Quest’anno gli sono mancati pochi punti, ma ha avuto una stagione incredibile. E quanto appreso lo aiuterà nelle prossime. Sii qualificherà nei prossimi anni». PUBBLICO RIDOTTO la brutta notizia arriva però al capitolo covid. Il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) ha cambiato idea. Non ha confermato né il giudizio sulle differenze di comportamento del pubblico del tennis rispetto a quello di altri sport, né l’intenzione espressa ufficialmente, di concedere una deroga che avrebbe consentito di riempire il Pala Alpitour al 75% della sua capienza massima. Resterà al 60%. La Fit comunica: «e davvero sorprendente come, dopo la reiterata presa d’atto di tale differenza e l’attenzione prestata alle sollecitazioni del sottosegretario Vezzali e del Dipartimento per lo Sport, il Cts abbia disconosciuto la somiglianza tra i comportamenti del pubblico del tennis e quello di cinema e teatri. E l’ inattesa retromarcia avrà purtroppo conseguenze negative per quanti avevano di recente acquistato biglietti, i posti a loro riservati sono diventati indisponibili. La Fit rimborserà integralmente, subito dopo la fine del torneo, coloro che non sono rientrati nel primo 60% di acquirenti«. E il presidente Binaghi aggiunge: «Come uomo delle istituzioni non posso che comprendere e accettare la decisione del Cts. In un momento in cui i contagi da coronavirus stanno risalendo ogni forma di prudenza è giustificata. Proprio per questo, però, mi aspetto che adesso il Cts rispetti quanta pensava in tema di equiparazione fra appassionati di tennis e spettatori di cinema e teatri e riduca immediatamente anche la loro capienza al 60%».

ATP Finals, ritorno al futuro? (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Benvenuti a Torino, benvenuti al Pala Alpitour delle Nitto ATP Finals coi primi 8 del mondo: da domani sarà conferma del passo avanti dei giovani o sarà nuovo record, il sesto trionfo al Super8 del numero 1 Novak Djokovic, l’aggancio di un altro primato di Roger Federer come coi 20 Slam, in coabitazione anche con Rafa Nadal? Nole I di Serbia di certo non s’accontenta dopo aver superato il Magnifico nelle settimane-record in testa alla classifica (345), dopo averlo surclassato al comando del ranking a fine anno (7, anche più del sestetto consecutivo di Pete Sampras), dopo aver sprintato nei Masters 1000 vinti (37 contro i 36 di Rafa) e dopo aver mancato il Grande Slam solo nella finale dell’ultimo Major. […] QUALITÀ I rivali, i giovani leoni Zverev, Tsitsipas e Medvedev, campioni delle ultime tre puntate delle Atp Finals riconoscono a Djokovic una qualità extra: la supremazia tecnico-tattica del tennis moderno, la capacità di chiudere tutti gli spazi, di annichilire, soffocare, dominare, cui ultimamente unisce anche una capacità offensiva per servizio e volée imparati dai coach Boris Becker e Goran Ivanisevic. Persino Sascha Zverev, il 24enne tedesco dalla arrogante potenza, che vuole tagliare il cordone ombelicale coi NextGen («Giovane è Alcaraz, non lo è più nemmeno Sinner») si inchina a super-Nole. Lo ha beffato all’Olimpiade ma ci ha perso nelle semifinali degli US Open e ora è 3-7 nei testa a testa: «Quando occorre, gioca il miglior tennis e dimostra perché è il numero 1: ha battuto tutti i record, è il più forte, nessuno può competere con lui, è il GOAT. Mentalmente è il più forte di sempre: ti tiene inchiodato per 35 scambi e non sbaglia più». PROCLAMA Il dio greco, Stefanos Tsitsipas, pur con tante frecce al proprio arco proclama: «Oggi esiste un solo Big 1: Djokovic. Ma Daniil, Alexander ed io gli stiamo subito dietro. E possiamo diventare i prossimi Big 3». Ha 23 anni, è 4 Atp, ma è sotto 6-2 nei testa a testa con Nole (0-5 gli ultimi) e piange ancora sui due ultimi Roland Garros. Potrebbe alzare di più la cresta il 25enne Daniil Medvedev che con Nole è 4-6 e l’ha sgambettato a settembre a New York, salendo al numero 2, ma ci ha appena perso in finale a Bercy. Invece? «Non puoi avere un’influenza mentale su Novak. Che onore, a Bercy ho perso bene, contro uno dei più forti della storia». SETTE ANNI DA NUMERO 1 Filosofia Djokovic: «Numero 1 per 7 anni, che sensazione incredibile superare il mio idolo da ragazzo, Pete Sampras, ne vado fiero. Essere numero 1 per tanto tempo è il massimo che un atleta possa sperare, ma non riesco a gustarmi i successi perché domani c’è già un altro obiettivo. E io amo battere i record. Voglio dimostrare che posso batterli tutti, è quello che mi anima. Anche se alle ATP Finals arrivo spesso un po’ usurato e non vinco dal 2015». Domani sarà? «Mi vedo allenatore: amo davvero lo sport, quando vinco, quando lo gioco coi miei bambini, quando lo guardo alla tv e quando cerco di trasmettere la esperienza e conoscenze ai futuri giocatori del Novak Tennis Centre. Sennò, a che servono? Me le porto nella tomba per dire: Ero il migliore?». I GRUPPI Novak guida il gruppo verde delle Finals con Tsitsipas, Rublev e *** Ruud, ma domani apre il gruppo rosso, alle 14 Medvedev-Hurkacz, alle 19 Zverev-Berrettini. «Quella del 2019 è stata un’esperienza formativa ma ci sono arrivato per il rotto della cuffia, ora sono una persona e un giocatore diverso. I miei compagni? Sasha: solido, Hubert imprevedibile, Daniil: gommoso». Benvenuti, dopo 51 anni, alle prime Atp Finals italiane solo col 60% di pubblico al Pala Alpitour: il comitato tecnico scientifico che indirizza l’azione del Governo sul Covid ha bocciato la deroga al 75%. La Fit rimborserà chi non rientra nel 60%. 

Zverev lancia la sfida a Djokovic. “E non chiamateci più giovani” (Stefano Semeraro, La Stampa)

[…] Le Atp Finals più giovani degli ultimi 12 anni hanno un Patriarca che vuole tornare padrone: il 34enne numero 1 del mondo Novak Djokovic. Ma guai se a Sascha Zverev, che insieme a Daniil Medvedv, Stefanos Tsitsipas e Matteo Berrettini del Djoker è il più accreditato rivale, parlate di età. «Non sono giovane – dice Sasha, che le Finals le ha vinte quando era davvero implume, tre anni fa – Ho 24 anni, che non sono il mio concetto di gioventù. Giovane è uno come Alcaraz, che ne ha 18. Quest’anno ho vinto le Olimpiadi, Medvedev gli Us Open, due grandi tornei. Djokovic si è preso tre Slam, quindi è giusto che sia lui il numero 1, ma l’età dei top ten si sta abbassando e questo è un bene per il tennis». Sascha, numero 3 del mondo, è anche il primo avversario di Berrettini nel match serale di domani. «Matteo qui è il supereroe, ed è normale. Il nostro è il girone più difficile, perché Medvedev è il campione in carica e anche Hurkacz gioca bene sul veloce, alle Finals del resto non ci sono match facili. Io però ho giocato molto bene per tutta la stagione e non vedo l’ora di scendere in campo». Medvedev, anche lui, dopo essersi allenato con Djokovic ostenta sicurezza («devi allenarti con i migliori, se hai paura che palleggiando scoprano qualche tuo segreto, allora la vita diventa difficile… »), e ammette che l’unico soprannome che gradisce è “L’Orso”, «perché è il significato del mio cognome in russo». Tsitsipas invece confessa di avere male alla spalla («a Parigi era insopportabile, ora va meglio») e di essersi appassionato al minimalismo: «ho letto vari libri, e ho capito che a volte davvero less is more, meno è di più». Chissà se maturo è meglio

“Le Finals? La tempesta perfetta” (Xavier Jacobelli, Corriere dello Sport Speciale ATP Finals)

Le Atp Finals a Torino? «Una cosa mai vista. E a Torino la vedremo per cinque anni: pensi che soddisfazione!». Sorride Angelo Binaghi, 61 anni, cagliaritano, laureato in ingegneria, presidente federale dal 2001, il Re Mida del tennis italiana e del padel. […] Ne ha ben donde. Definisce con tre parole lo straordinario evento che trasforma Torino nella capitale mondiale della racchetta: «La Tempesta Perfetta. Le Finals sono la degna consacrazione tennistica di questo 2021, l’anno fra i più memorabili nell’intera storia dello sport italiano, scandito da risultati straordinari: dal calcio alle Olimpiadi, alle Paralimpiadi, al volley al nuoto e a tutti gli altri sport che si sono colorati d’azzurro. E, sopra ogni altra cosa, per noi della FIT, l’irresistibile progressione nella classifica ATP degli atleti italiani». Binaghi coniuga l’orgoglio dei dirigente sportivo per l’impresa che si è compiuta all’entusiasmo per il modo in cui è stata realizzata. Confida: «Ma lo sa che ancora non mi sembra vero? Pensare che tre anni fa, solo per una mera, schietta curiosità, ci siamo avvicinati al pianeta ATP convinti che hai saremmo riusciti a vincere la corsa per aggiudicarci le finali». E, invece… «E invece, tre anni dopo abbiamo battuto la concorrenza di 40 fra le città più importanti del globo. Adesso siamo qui a presentare una manifestazione che, letteralmente, vedrà tutto il mondo. Al tempo della pandemia siamo riusciti a organizzare in Italia il più importante appuntamento tennistico dell’anno». Come ci siete riusciti? «Grazie al Sistema Torino e al Sistema Piemonte che hanno funzionato alla grande. Federazione, istituzioni pubbliche e partner privati hanno dimostrato che cosa significhi lavorare tutti insieme per raggiungere un unico obiettivo, anteponendo sempre l’interesse collettivo. Le Finals a Torino sono un riconoscimento alla grandezza delle capacità organizzative dell’Italia. L’abbiamo capita sin dal primo sopralluogo torinese e, ancora una volta, voglio ringraziare Chiara Appendino, allora sindaca della città. Il suo contributo è stato determinante». PROMOZIONE. Chiunque vinca al Pala Alpitour, per Torino sarà un successo. Binaghi annota: «Questo evento si rivelerà un formidabile strumento di promozione della prima, storica capitale italiana e del suo territorio; imprimerà un forte sviluppo al turismo, alla valorizzazione di una regione ricca di attrattive e di eccellenze in ogni settore, alla vocazione sempre più marcata di Torino città aperta ai grandi eventi: dello sport; della cultura, come ha dimostrato l’eccezionale successo del Salone del Libro; della musica, con l’Eurofestival che arriverà in city* nella primavera 2022. E un’altra considerazione s’impone gli appassionati che affolleranno le tribune del Pala Alpitour nel linguaggio dei consumatori sono definiti high spender cioé persone disposte a spendere anche molto per acquisire beni e servizi. Il, che significa concreti benefici per alberghi, ristoranti, tassisti, esercizi commerciali». Un Effetto Finals paragonabile a ciò the per Torino e il Piemonte furono i Giochi del 2006? «L’accostamento è più che mai pertinente. Non stiamo parlando di un’edizione unica, ma di un appuntamento che si ripeterà per cinque anni consecutivi. Le Finals sono fra gli avvenimenti sportivi più televisti ai quattro angoli del pianeta, quanto a audience concorrono con la finale del mondiale di calcio, il Superbowl, la finale di Champions League, le Olimpiadi. E, nella rigorosa osservanza delle normative anti-Covid che hanno impedito di portare la capienza al cento per cento, pensi che addirittura nove giorni prima del via erano già stati venduti 120 mila biglietti, per oltre 15 milioni di euro, quanto una buona squadra di calcio incassa in due anni. Inoltre, grazie all’indotto sul territorio, prevediamo almeno altre 10 mila presenze, fra le quali oltre 200 giornalisti italiani e stranieri. Abbiamo l’ambizione di affermare che questa sarà la migliore edizione di sempre». Dopo la cinquantaduesima edizione delle Finals, dal 25 al 29 novembre il Pala Alpitour sarà teatro delle sfide di Coppa Davis (gruppo D: Croazia, Australia, Ungheria; gruppo F.: Usa, Italia, Colombia, con il quarto di finale che opporrà la prima del gruppo D contro il prima del Gruppo E). Il sigillo di Binaghi tradisce un legittimo orgoglio: «Per un mese, Torino sarà al centro del tennis mondiale. E non è un modo di dire». ORGOGLIO. Voltandosi indietro, il presidente della Federtennis rivede «vent’anni di lavoro durissimo. Oggi ne raccogliamo i frutti e per questo devo ringraziare gli atleti, i dirigenti, i tecnici che hanno reso possibile l’incredibile trasformazione del nostro movimento, moltiplicando l’interesse, la passione, la pratica del nostro sport. Dobbiamo essere orgogliosi del modo in cui si allenano e giocano i nostri tennisti. Quest’anno, Matteo Berrettini ha disputato la finale di Wimbledon, è il n.7 al mondo; Jannik Sinner, 20 anni, in singolare è stato capace di conquistare cinque titoli ATP su sei finali disputate: abbiamo un top ten di vent’anni, non è fantastico?». E poi c’è il padel. Nel maggio scorso, in calce agli Internazionali d’Italia, Binaghi rimarcò: «I numeri del movimento sono senza precedenti e il padel sta diventando uno dei primi dieri sport praticati nel nostro Paese. Siamo sempre più la Federazione Italiana Tennis e Padel». […] E poi ci sono le Next Gen di Milano, un’ulteriore, pubblica attestazione delle capacità organizzative italiane. Da Milano a Torino, in questi giorni la staffetta del grande tennis si sta rivelando un formidabile strumento non soltanto sportivo, della ripartenza di una Nazione che ha resistito anche alla pandemia. Binaghi annuisce: «i risultati agonistici, le grandi manifestazioni internazionali che ospitiamo, l’incremento della base dei praticanti in un contesto di totale rispetto delle norme anti-Covid sono i fattori alla radice del momento d’oro che stiamo vivendo. Ma il bello deve ancora venire»

I dominatori del futuro assaltano le Finals (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport Speciale ATP Finals)

[…] Daniil Medvedev, Stefanos Tsitsipas e Alexander Zverev puntano a diventare il nuovo trio di riferimento del circuito ATP. il russo, campione in carica, ha tolto a Novak Djokovic la possibilità di completare il Grande Slam. GENIO UEDVEDEV. L’esultanza ripresa da FIFA, spiegata quasi in codice durante la premiazione, rivela una mente dall’intelligenza pronta che viaggia su un tempo tutto suo. Competitivo e cerebrale, definito come assolutamente geniale dal suo allenatore Gilles Cervara, Medvedev anche in campo sorprende. I suoi colpi piatti generano traiettorie sfuggentii, scivolose per gli avversari. Ma soprattutto vede e occupa lo spazio facendo spesso il contrario di quello che ci si aspetterebbe. […] Camaleontico, capace di adattarsi alla situazione e cambiare piano di gioco anche a partita in corso come pochi altri, mostra una delle qualità che caratterizzano i campioni: colpisce la palla e insieme gioca con la palla. Un dettaglio che fa la differenza. ZVEREV IL DURO. Il 2021 è stato anche l’anno di Alexander Zverev, che ha ottenuto i risultati migliori in rampo nel momento in cui la sua vita fuori dal campo è finita maggiormente sotto i riflettori. E non per una buona causa. L’ex fidanzata Olya Sharypova l’ha accusato di violenze psicologiche e fisiche che sarebbero avvenute due anni fa, anche se il tedesco si è sempre dichiarato innocente. È diventato padre, ma la mamma della bambina, l’ex modella Brenda Patea con cui ha avuto una relazione, ha detto che non vuole l’affidamento congiunto. Eppure, mai come quest’anno Zverev ha dimostrato di poter realizzare quel potenziale intravisto negli anni passati. Ha vinto cinque titoli, un record nel circuito ATP condiviso con il norvegese Casper Ruud, compreso l’oro olimpico a Tokyo. Nel suo 2021 da record, ha raggiunto le 300 vittorie in carriera nel circuito ATP una serie iniziata sette anni fa contro Robin Haase nel torneo di casa ad Amburgo. Ha la sesta percentuale di successi più alta tra i giocatori in attività nel circuito maggiore e torna a disputare le Nitto ATP Finals per la quinta volta sperando di replicare il titolo del 2018. In quell’occasione riuscì a battere Roger Federer in semifinale e in finale Djokovic che a settembre l’ha fermato allo US Open. «Non è un segreto che il servizio sia la chiave del mio gioco —spiegava a New York—, quando funziona faccio grandi partite, quando non va peRdo come successo a Wimbledon». […] REBUS TSITSIPAS. Vale sempre più anche per il greco Stefanos Tsitsipas, attaccato per le pause troppo lunghe che si concede tra un set e l’altro, per i dubbi sui vaccini e per il comportamento del padre-coach un po’ troppo esplicito nel dargli consigli durante le partite. «Sto provando a diventare un giocatore più egoista, perché i grandi giocatori sono così: vogliono tutto per loro» ha detto il greco, finalista al Roland Garros e arrivato a un set dal titolo a Parigi. Interessato ai viaggi, cura un video-blog in cui racconta i luoghi in cui gioca, non certo un passatempo comune fra gli sportivi. Il suo tennis lo rispecchia molto, è tanto armonico quanto complesso, affascinante ma distante, non semplice da decifrare. «Quando entro in campo, riesco a tenere separati lo sport e quello che mi sta succedendo nella vita. Non è un bene quando le emozioni prendono il sopravvento. Riuscire a bloccare tutto, e a stare semplicemente nel momento, è la qualità che hanno sviluppato i campioni». La stessa a cui aspira Tsitsipas, ancora troppo cerebrale per capire che si può far bene anche senza complicare il gioco

“Dopo New York dovevo fermarmi. Ora sono di nuovo io” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport Speciale ATP Finals)

La prima esperienza di Djokovic alle Finals non fu particolarmente memorabile: era il 2007 e il ventenne di belle speranze Nole perse tutte e tre le partite del Round Robin contro Nadal, Ferrer e Gasquet. Lasciò passare dodici mesi, si qualificò di nuovo e cambiò decisamente la qualità della sua partecipazione: insomma, vinse il torneo.[…]. Voglia di vincere Adesso, 13 anni dopo, Nole li ha decisamente raggiunti nell’empireo, arrivando addirittura a una vittoria dal Grande Slam, un’impresa che gli arcirivali non hanno mai sfiorato, e la delusione di New York, certamente una delle più dolorose della carriera, si è trasformata una volta di più nell’occasione per ripartire. Tornato in campo, ha subito trionfato a Parigi. E a Torino, da grande favorito, inseguirti la sesta per la alle Finals, che lo porterebbe ad eguagliare Federer: «Quest’anno non ho giocato tanto come in altre stagioni, ma ho disputato diversi tornei mentalmente ed emozionalmente più complessi da gestire. Hanno richiesto un notevole dispendio di energie e avevo bisogno di un break prima di affrontare il finale di stagione. Ho iniziato bene quest’ultima parte dell’anno, vincendo a Parigi, e spero di continuare così». Anche se non si nasconde le insidie di un torneo che negli ultimi anni si è sempre aperto alle sorprese: «Le Finals arrivano a fine stagione e sono difficili da affrontare, anche se è vero che nella prima parte della mia carriera sono state un successo per me. Poi, dopo il 2015, non ho più vinto. Può essere che manchi l’energia necessaria, quella che sei costretto a spendere durante la stagione, e di conseguenza puoi arrivare a non averne abbastanza per l’ultima parte. Del resto, non puoi giocare sempre al top contro i migliori 8 del mondo. Negli ultimi anni Dimitrov, Tsitsipas e Zverev erano molto giovani e tanto motivati: non avevano molto da perdere, può essere una ragione dei loro successi». Nole è anche entusiasta del nuovo approdo italiano del torneo: «Londra è stata un successo per questo torneo, ma io sono sempre stato dell’idea che questo evento debba muoversi più spesso, perché è un’ottima promozione. E niente meglio delle Finals può dare visibilità al tennis. Essere in Italia è speciale, qui il movimento del tennis sta crescendo con Berrettini e Sinner e prima con Fognini. È bello vedere l’eccitazione per questo torneo da parte dei fan italiani. E l’organizzazione è super, non vedo l’ora di cominciare». L’avversario La sua 14 partecipazione alle Finals si concretizzerà lunedì nella sessione pomeridiana contro Ruud, una delle rivelazioni dell’anno: «Casper è uno dei lavoratori migliori del Tour e merita di essere qui per la prima volta. Ha avuto una grande stagione, ha vinto molto ed è migliorato tanto sul veloce, che non era la sua superficie migliore. E un ragazzo simpatico, ci vado molto d’accordo, so che sta facendo tutto il possibile per crescere. Non avrà molto da perdere, spero di poter iniziare a Torino come ho finito a Bercy». Ma il Nole fenomeno in campo non dimentica la politica: «La Ptpa (la sua associazione dei giocatori nata in alternativa all’Atp, ndr) si sta strutturando, vogliamo dare ai giocatori una rappresentanza che non hanno mai avuto, ma senza contrapposizioni». Un leader è per sempre

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Rassegna stampa

Non è solo uno Slam (Crivelli). Sinner e Fognini Parigi come ci piaci (Ercoli). Cocciaretto firma l’impresa (Giammò). Fognini dà spettacolo a Parigi (Azzolini). Sinner domina (Strocchi). Fognini show (Martucci). Dalla Errani a Fognini: terra senza età a Parigi (Tiseo).

La rassegna stampa di martedì 30 maggio 2023

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Non è solo uno Slam Parigi mette in palio la corona di Alcaraz (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Una normale giornata in ufficio, che si complica soltanto nel terzo set, quando il titano e il gigante si rilassano dopo la gita di piacere e allungano la fatica, fino a rischiare un quarto set che avrebbe pesato inutilmente sulle gambe in un torneo di cui giustamente vorrebbero vivere l’apoteosi. Novak Djokovic e Carlos Alcaraz approdano dunque in scioltezza al secondo turno, perché l’americano di radici serbe Kovacevic e il nostro Cobolli sono germogli troppo teneri per la fame dei mostri. Flavio, che ha un anno in più di Carlitos, per un’ora sembra un bambino impaurito, poi reagisce d’orgoglio fino al 5-5 del terzo set, si prende gli applausi del Lenglen ma nei due game che restano si inchina alla assai differente abitudine del numero uno del mondo a gestire i momenti caldi. […] Già, il primo posto in classifica, che Alcaraz ha rioccupato a Roma e che torna in palio al Roland Garros, coinvolgendo anche Medvedev, il più vincente di stagione, e da lontano pure Tsitsipas, malgrado una fase della carriera non certo smagliante. È il tennis del post Big Four, signori, che apre ventagli di possibilità sconosciuti fino a 5 anni fa. Ovviamente, l’attesissima, eventuale, semifinale tra Carlos e Novak, apparecchiata dal computer che li ha messi dalla stessa parte, pronuncerebbe una parola decisiva nel loro duello, anche se Medvedev si è guadagnato di essere padrone del suo destino se arriva in finale con uno dei due. Intanto il murciano, primo del ranking, preferisce ragionare sul breve periodo: «Mi concentro su un torneo per volta se voglio stare vicino a Djokovic in classifica, anche se essere dove sono è già un privilegio; per me lui è il migliore al mondo. Non posso permettermi di abbassare la guardia. Anche se penso che il primo avversario sia dentro di noi: ogni giocatore deve per prima cosa controllare se stesso e le proprie emozioni, quindi giocare contro l’avversario. In ogni momento un tennista deve saper prendere la decisione corretta ed è molto difficile, perché hai poco tempo tra un punto e l’altro». […] Ma in materia, Alcaraz è decisamente più preparato di quanto raccontino i suoi vent’anni: «Quando ero più piccolo, in campo ero completamente diverso. Ero spesso arrabbiato, lanciavo racchette, mi lamentavo. Poi ho imparato a controllare le mie emozioni. Il mio sogno è di diventare il più forte di sempre. So che è un obiettivo molto ambizioso, ma non ho paura di provarci: farò il possibile». Intanto il Djoker gli porta già il rispetto che si deve ai più grandi: «Carlos mi piace per come si gestisce dentro e fuori dal campo, porta energie nuove nel tennis, una bella personalità e ha meritato di tornare numero uno. Ma è anche Il mio obiettivo, insieme agli Slam, perché la continuità sul lungo periodo è la qualità migliore dei campioni». Che la corsa abbia inizio.

Sinner e Fognini Parigi come ci piaci (Lorenzo Ercoli, Il Corriere dello Sport)

 

Al Roland Garros è esordio da manuale per Jannik Sinner. Eccessivi, almeno in prima istanza, gli allarmismi che hanno seguito la sconfitta di Roma contro Francisco Cerundolo. Nella vittoria d’esordio per 6-1 6-4 6-1 sul francese Alexandre Muller è stata netta l’impronta dell’altoatesino, che in sessione serale ha fatto di tutto per finire in tempi celeri. La prima uscita conferma che a Parigi ci sono potenzialmente le condizioni di terra più adatte al tennis del numero uno d’Italia. In suo favore depongono il quarto di finale del 2020 […] e quanto fatto nel 2022 fino al ritiro per l’infortunio al ginocchio sinistro nel terzo set della sfida di ottavi di finale contro Rublev. Al secondo turno ci sarà Daniel Altmaier, vincente per 6-3 6-4 6-4 contro Marc-Andrea Huesler. Con il tedesco Jannik ha già giocato sulla lunga distanza, allo US Open dello scorso anno, spuntandola per 5-7 6-2 6-1 3-6 6-1 in un primo turno da 3 ore e 35 minuti. […] Se il responso serale dello Chatrier è stato scontato, non è accaduto niente di diverso nel pomeriggio quando Carlos Alcaraz ha trionfato su Flavio Cobolli. Dopo la settimana da favola vissuta a Roma, con l’ingresso in main draw davanti al tifo di casa, il classe 2002 azzurro si è ripetuto al Roland Garros dove si è regalato il primo tabellone principale in uno slam. Per fermarlo sono serviti i colpi del numero 1 del mondo, che in poco meno di 2 ore ha chiusa con lo score di 6-0 6-2 7-5. Da una parte lo spagnolo, al pari di Sinner, non si è portato nessuno strascico della delusione capitolina e da subito ha imposto i ritmi folli ai quali ci ha ormai abituati. Dall’altra Cobolli al primo confronto con un giocatore ed un campo così importante è apparso teso e si è sciolto un po’ solo dopo l’ovazione del pubblico francese al primo game vinto per il 6-0 2-1. Il famoso piede dall’acceleratore è stato leggermente alzato solo nel terzo set, lì dove Alcaraz in alcuni frangenti ha esagerato con dropshot e discese a rete. Il controbreak per il 5-5 è forse l’highlight del match dell’italiano, che due game dopo è stato però costretto ad andare a rete per la stretta di mano. Da una partita proibitiva per classifica e caratteristiche, Cobolli prende il buono dell’esperienza e di uno swing del rosso che certifica i suoi miglioramenti dopo un anno di assestamento che ha seguito l’exploit del 2021. […] Sulla scia del Foro Italico si è presentato in fiducia anche Fabio Fognini, che sotto la Torre Eiffel trova la sua seconda casa tennistica […]. Da antologia il quarto di finale, mai giocato per infortunio, del 2011; quando un azzurro tra i migliori otto di uno slam se non era utopia era una fantasiosa suggestione. «Aliassime avrà avuto ciò che ha avuto, ma vincere 3 set a 0 con un top ten non è mai facile». Rifarsi alle parole di Fabio è il modo più facile per analizzare il 6-4 6-4 6-3 con cui ha spazzato via il numero 10 del mondo. I meriti del taggiasco sono soprattutto nel primo set, dove Auger-Aliassime ha fatto partita alla pari prima di calare per gli evidenti problemi fisici. Questa settimana numero 130 ATP, Fabio per infortunio ha saltato tornei dove storicamente ha costruito una grossa parte del suo ranking. Dalla terra passerà tanto della sua risalita, come conferma la scelta di saltare l’erba e giocare a giugno il Challenger di Perugia. La vittoria di ieri vale solo un +5 in classifica […], ma un successo nel secondo turno contro il terraiolo australiano Jason Kubler, varrebbe quanto meno il rientro in top 120. Giornata negativa per Marco Cecchinato, arresosi per 6-1 6-1 6-3 al classe 2004 Luca Van Assche.

Cocciaretto firma l’impresa. Trevisan ko (Ronald Giammò, Il Corriere dello Sport)

Porta la firma di Elisabetta Cocciaretto la sorpresa più grande della seconda giornata del Roland Garros. Una sorpresa che profuma di vera e propria impresa perché l’italiana, che mai aveva vinto prima d’ora un match nello Slam parigino, è riuscita a battere in due set la ceca Petra Kvitova, n.10 del mondo e testa di serie n.10 del seeding. Ex n.2 del mondo con due titoli di Wimbledon in bacheca, la ceca è giocatrice che nonostante le due semifinali colte in carriera al Roland Garros intrattiene da sempre un rapporto con la terra rossa fatto di alti e bassi. E brava si è dimostrata l’azzurra n.44 del mondo, vincitrice di un titolo meno di due mesi fa in Messico sul circuito Challenger, ad esplorarne fin da subito tenuta e dimestichezza. Più agile e brevilinea della rivale, Cocciaretto ha variato nel gioco rubando il tempo alla sua avversaria costringendola di sovente all’errore. «E la vittoria più bella della mia carriera», ha dichiarato radiosa sul Lenglen l’azzurra a fine match. Ed è un successo, che oltre all’intelligenza con cui è stato conquistato, premia anche un carattere che in prossimità del traguardo ha saputo tenere a bada nervi e ultimi ruggiti di una Kvitova che, fallosa e prevedibile con le seconde palle, solo con l’orgoglio ha provato a rimanere aggrappata al match. […] Un orgoglio che non è bastato invece a Martina Trevisan, semifinalista dell’ultima edizione ed eliminata ieri al primo turno dall’ucraina Elina Svitolina. Arrivata a Parigi un anno fa sulla scia di un titolo vinto pochi giorni prima a Rabat, stavolta il Marocco le è stato fatale lasciandole in eredità un infortunio al polpaccio che le è costato il ritiro dal suo quarto di finale. La toscana ha trovato inoltre in Svitolina la peggior avversaria tra quelle che potevano toccarle in sorte al primo turno. L’ucraina ha infatti trascorsi da n.3 del mondo che né la maternità vissuta lo scorso ottobre né l’anno d’assenza dal circuito son sembrati annacquare più di troppo. Il titolo vinto la settimana scorsa a Strasburgo le ha regalato un pieno di fiducia in vista del suo sbanco a Parigi. Al resto hanno pensato le motivazioni, anche quelle extra sportive. «Sapevo che sarei tornata fin da quando ero incinta: lo volevo per me e per il mio paese […] Riuscire a regalare alla mia gente e ai bambini questi piccoli momenti di gioia può aiutarli a guardare il lato bello delle cose e a divertirsi nonostante l’orribile situazione che stanno vivendo». La sconfitta costerà a Trevisan lo status di n.1 azzurra costringendola a ripartire a ridosso della top50. Un percorso che la toscana ha però già dimostrato di saper compiere e che è ora è chiamata a ripetere già a partire dalla stagione sull’erba.

Fognini dà spettacolo a Parigi – Tutto in famiglia Così Fabio rinasce E batte Aliassime (Daniele Azzolini, Tuttosport)

C’è aria di casa in queste vittorie di mezza stagione che restituiscono a Fabio Fognini voglie ormai sopite e titillano l’orgoglio di un ex ragazzo […] che ritiene di avere ancora un compito, in questo tennis che ha percorso in lungo e in largo per oltre venti anni. Quello di essere il rappresentante, il portavoce, di un gioco ancora capace di esaltare, di scuotere dentro gli appassionati, di meravigliare con tante piccole magie che meritano racconti a volo radente sul mito, là dove l’impossibile assume forme realistiche. Un’impresa familiare, la riscossa posta in atto da Fabio. La stagione era cominciata nella difficoltà più gronde che vi sia, quella di attribuirsi un ruolo, per sentirsi ancora competitivo ed evitare di finire nel tritatutto di questo tennis che mescola randellate a colpi proibiti. Fabio ha chiesto aiuto a Corrado Barazzutti, e l’ha ottenuto dai Masters della primavera americana. Ha voluto con sé Flavia, che è consigliera innamorata ma le cose gliele dice in faccia. Non ha rinunciato ai figli. Le foto della festa romana con il giovane Federico tra le braccia, hanno fatto il giro del mondo. Quando le risposte non arrivano, solo chi ti conosce meglio e ti vuole bene in un modo che non è lecito discutere, ha il potere di saldare in un racconto unico, firmato con affetto a più mani, tutti i risvolti positivi. «È vero, la chiave familiare esiste in questa fase della mia carriera, e devo a essa molto del positivo che ho tirato fuori. Con Flavia però siamo convinti che tutto vada fatto nel modo giusto. Abbiamo tre figli, e tutti insieme, noi, i nonni, Corrado e il team potremmo riempire il vagone di un treno. Chi fa il mio mestiere sa che vi sono momenti in cui la testa, le emozioni, devono riposare. Quando ho portato con me Federico nel giro di campo ero felice e sentivo la sua eccitazione, è stato un bel momento e avevo voglia di condividerlo con lui. Non so se la cosa si ripeterà tanto presto, il nostro mestiere vive anche di silenzi, di momenti introspettivi, e necessita di un misurino per determinare in ogni momento le giuste formule. Però, è vero, quando mi è sembrato di aver toccato il fondo, la spinta che ho ricevuto dalla mia famiglia è stata potente e necessaria». Ha battuto Murray e Kecmanovic a Roma, con Rune non è andata come voleva e se ne dispiace, «a me non piace troppo il gioco che praticano questi ragazzi, ma non mi dispiace incontrarli, credo sia interessante anche per loro. Con Rune ero cotto dalla stanchezza e dalle emozioni. Peccato». Ma ha ripreso il discorso sospeso a Parigi, sui campi dove ha ottenuto l’unico quarto di finale in uno Slam. «Ora che il tempo è ridotto, e non so quanto ancora potrò darci dentro, il dispiacere per non essere riuscito a firmare con un bel risultato, almeno una prova dello Slam, lo avverto più di prima. Ma ho giocato contro avversari speciali, che non lasciavano niente a nessuno». Auger Aliassime viene da un lungo stop, e non è al massimo delle sue possibilità. Fognini lo sa bene e lo sottolinea. Ora affronterà Kubler, questo Roland Garros potrebbe diventare davvero interessante. Ma i conti Fabio li fa con se stesso, ormai, e l’interesse va sulla prova in sé, sulle buone sensazioni che continua a ricevere dal suo tennis ritrovato. Gli chiedo se anche lui ritenga il tennis ligure, di cui è il capostipite moderno, il più rispettoso delle antiche regole, delle tradizioni che lo rendono anche nella veste attuale, un gioco di grande efficacia e insieme di estrema pulizia stilistica. Gli ricordo che sono tre, al momento, le vittorie di scuola ligure in questo Roland Garros. La sua, quella di Musetti con Ymer e quella di Arnaldi con Galan […]. «Qualcosa di vero c’è, ma certe liaison è più facile evidenziarle dall’accostamento tra il mio tennis e quello di Musetti, che a me pace moltissimo. Anche Arnaldi è in gamba, ma come taglia fisica è già portato a provare colpi in parte diversi dai nostri. Ha più servizio, ad esempio…Sono ragazzi di valore, mi fa piacere che ci sia un buon rapporto fra noi. Anche se io vengo davvero da un altro tennis, nel quale s’insegnava a entrare nella testa degli avversari. Oggi s’insegna prima di tutto a non farli pensare. Ma io non ci riesco a non pensare. Ho passato una vita con psicologi dello sport, e ho lavorato a lungo su me stesso». Poco importa. La differenza la fanno gli applausi del pubblico. Ieri, terzo set, su una palla corretta dal nastro che Auger Aliassime ha potuto appoggiare di lato, Fabio si è prodotto in uno scatto da autentico centometrista, gettandosi quasi in tuffo sulla sfera. Nel farlo si è accorto che la palla probabilmente l’avrebbe raggiunta, ma non avrebbe poi avuto la forza per trasformarla in punto. Allora ha pensato di giocare un colpo nuovo, lì per lì, colpendo la palla con una torsione accentuata del polso e un disegno simile a una giravolta. Lo stadio gli ha tributato cinque minuti di applausi sinceri. Quattro vittorie italiane, poi la prima sconfitta. Cobolli contro Alcaraz. Dite, avrebbe potuto fare di più? La punizione nei due set iniziali è stata severa, poi Flavio è riuscito a far gioco e ha costretto lo spagnolo ad allungare il set. Non una brutta prova. Battuto e promosso, Cobolli ne è uscito rinfrancato.

Sinner domina Che impresa Cocciaretto (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Mentre su Parigi calavano le prime ombre della sera sugli spalti dei campi principali del Roland Garros sventolavano alte la bandiere verde-bianco-rosse. Se l’affermazione in tre set sul “Philippe Chatrier”, senza particolari paterni, per rompere il ghiaccio ed entrare in modalità torneo, di Jannik Sinner, n.9 del ranking mondiale e 8 del seeding […], sul francese Alexandre Muller […] rientra nella norma vista la differenza di velocità e pesantezza di palla tra i due, ha i contorni dell’impresa di giornata quella compiuta poco prima da Elisabetta Cocciaretto. Sul palcoscenico del “Suzanne Lenglen” la 22enne di Fermo […] ha infatti eliminato, in un’ora e 27′ di partita, la ceca Petra Kvitova, 33 anni, n.10 della classifica mondiale, due volte trionfatrice a Wimbledon […] e due volte semifinalista all’ombra della Torre Eiffel […]. «È stato un onore giocare su questo campo e con una campionessa che è stata uno dei miei idolo […]. Da italiana mi piace tanto giocare sulla terra, voglio dedicare questa vittoria alla famiglia del mio coach Fausto Scolari perché se ottengo questi risultati è anche merito suo». Al sorriso della marchigiana […] fa da contraltare invece la delusione di Martina Trevisan, che a distanza di dodici mesi da una semifinale da favola deve salutare subito lo Slam su terra. A sbarrarle la strada a l’ucraina Elina Svitolina, fresca vincitrice del titolo a Strasburgo dopo essere rientrata nel tour ad aprile dopo un anno di stop per la maternità […]. Tornando al torneo maschile, è stato un esordio sul velluto anche per Novak Djokovic. Per la prima volta dal 2018 non ha il n.1 accanto al suo nome, ma è l’ultima delle preoccupazioni per il 36enne di Belgrado che punta al 23° trofeo Slam per restare da solo in vetta alla graduatoria dei più titolati di sempre nei major. Non poteva rappresentare un reale pericolo lo statunitense Aleksandar Kovacevic, n.114 Atp, alla seconda partita nel circuito maggiore, che si è trovato a condividere il campa con il suo idolo 18 anni dopo aver tifato per lui, al 1° turno degli US Open 2005 contro Gael Monfils, ed essersi fatto scattare una foto insieme al termine di quel match. La condizione fisica, in particolare del gomito destro, era quel che più interessava verificare a Djokovic e la risposta è stata confortante. Anche a livello di numeri: 41 vincenti, tra cui 10 ace, dato significativo in una giornata ventosa, e nessun timore nello scendere a rete, raccogliendo il 73% dei punti. Superando Kovacevic, il campione serbo ha colto il 16° successo in nove partite sulla terra rossa nel 2023. Nole affronterà al 2° turno l’ungherese Marton Fucsovics […]. 

Fognini show: «Vivo giorno per giorno» (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Dopo il 5-0 di domenica, l’Italia del tennis chiude 3-3 la seconda giornata al Roland Garros. La piccola, volitiva, 22enne di Ancona Elisabetta Cocciaretto sfrutta la terra rossa e anche grinta, corsa, tattica e servizio per neutralizzare la palla pesante di Petra Kvitova, differenza di esperienza, qualità e classifica […], eliminarla per 6-3 6-4 e promuoversi contro la qualificata svizzera Waltert. «È la mia vittoria più grande: sul Suzane Lenglen, contro un mio idolo, la mia prima contro una top 10». Poi Jannik Sinner chiude la giornata sullo Chatrier dominando da pronostico il Muller francese per 6-1 6-4 6-1. Al secondo turno torva il tedesco Altmaier: agli US Open di settembre l’ha battuto al 5° set, ed è in vantaggio 70 posti in classifica […]. Vale tanto per il morale, il 6-4 6-4 6-3 di Fabio Fognini su Felix Auger Aliassime. Il 22enne canadese, sia pur menomato, è il numero 10 del mondo, e il veterano azzurro, a 36 anni, nell’esaltare il pubblico con il suo talento, vede uno spiraglio dopo tanti problemi fisici e la discesa al 130 del mondo: «La mia carriera è agli sgoccioli, non so quanti Roland Garros giocherò ancora, potrebbe anche essere l’ultimo. Intanto sono contento di poter giocare un altro match nel mio Slam preferito. Vivo giorno per giorno». Incrocia l’australiano Kubler, non certo un asso della terra come il re di Montecarlo 2019. […] I primi favoriti Djokovic e Alcaraz, si distraggono nel terzo set contro Kovacevic e Stefano Cobolli: Nole allunga il match 6-3 6-2 7-6, Carlitos da 6-0 6-2 5-3 e match point si fa agganciare sul 5-5, poi chiude 7-5. Il ventenne spagnolo e il 21enne italiano sono il manifesto di un tennis col sorriso, di due felici di esserci, con il romano che, sotto 0-6 0-2, festeggia col pubblico il primo game come se avesse vinto la partita contro quell’iradiddio di potenza e cambi di ritmo. Perdono male due ex semifinalisti italiani a Parigi. Martina Trevisan, forse preoccupata dai punti in classifica da difendere di 12 mesi fa, non entra mai in partita e cede 6-2 6-2 all’ex numero 3, Svitolina, neo signora Monfils e neo mamma. Marco Cecchinato crolla peggio, per 6-1 6-1 6-3, contro il gioiellino di Francia, il 19enne Van Assche, al primo Major, con rovescio al bacio ma forse non abbastanza centimetri d’altezza. Oggi, contro pronostico, i qualificati Vavassori-Kecmanovic e Zeppieri-Bublik, e le ragazze Paolini-Cirstea e Bronzetti-Jabeur.

Dalla Errani a Fognini: terra senza età a Parigi (Giandomenico Tiseo, Il Giornale)

Lampi di classe e una dedica speciale. La stagione della terra rossa è giunta al suo culmine e il Roland Garros ha aperto le proprie porte già da qualche giorno. In casa Italia, quelli della vecchia guardia hanno fatto vedere di esserci e non c’erano di certo queste attese. Il riferimento è a Fabio Fognini e a Sara Errani. Il ligure aveva avuto in sorte la testa di serie n.10 del tabellone, il canadese Felix Auger-Aliassime. Sulla carta si poteva pensare a un impegno fuori dalla portata per il Fognini attuale, con tanti dubbi legati al suo fisico. Tuttavia, ieri, i pezzi del puzzle erano tutti al loro posto e il tennis dell’italiano è stato scintillante: 6-4 6-4 6-3. Indubbiamente, Auger-Aliassime non era al massimo, visto il suo avvicinamento con problemi alla spalla, ma i meriti del giocatore di Arma di Taggia sono evidenti. «Sicuramente è una sorpresa che io sia ancora qui. A 36 anni, non so quanti Roland Garros giocherò ancora, ma grazie a tutti! Sono vecchio e fortunato, perché gioco con dei giovani fortissimi. Sono felice di essere al secondo turno», ha dichiarato Fognini a caldo. Per Sarita, finalista nel 2012 a Parigi, un’affermazione contro la svizzera Jil Teichmann […] per 3-6 6-4 6-4. Una vittoria con il cuore, trovando dentro di sé la forza di imporsi rispetto a un’avversaria quotata, pensando a chi non c’è più: «Partita difficile, in una giornata difficile. È venuta a mancare mia nonna, mi sono svegliata con questa notizia. Lei guardava tutte le mie partite, ovviamente questa vittoria è per lei. È difficile essere lontano da casa quando succedono queste cose, lontano dai miei, da mia mamma. Mi dispiace da un lato esser qua», aveva detto domenica sera la Errani. Non solo vecchia guardia. Ieri sera il giovane Sinner ha esordito battendo facilmente in tre set […] il francese Muller. Nulla da fare per Cobolli con Alcaraz […] e Cecchinato con van Assche […]. Tra le donne impresa della Cocciaretto con la top ten Kvitova: 6-3, 6-4. Fuori la Trevisan con la Svitolina: 6-2, 6-2.

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Rassegna stampa

Roland Garros al via (Bertolucci, Azzolini, Martucci, Semeraro). Gioia Bronzetti, a Rabat il primo titolo WTA (Giammò)

La rassegna stampa di domenica 26 maggio 2023

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Parigi ora è un rebus (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Siamo pronti ad immergerci nel fascino di Parigi e del regno della terra rossa. È tempo di Roland Garros, il secondo Slam stagionale, quello che richiede una preparazione atletica superiore alla norma e che finisce per esaltare le doti dei grandi maratoneti, purché dotati di talento. L’assenza di Rafa Nadal dopo 18 anni apre il ventaglio dei possibili protagonisti, perché l’assenza di colui che ha alzato per ben 14 volte la Coppa dei Moschettieri toglie al torneo parigino il punto di riferimento sicuro, íl rifugio certo di ogni pronostico. Gli appuntamenti di antipasto sul rosso europeo hanno senza dubbio consolidato delle gerarchie, ma due settimane intense e la fatica fisica e mentale delle partite tre su cinque possono sempre celare delle insidie. Malgrado l’avvicinamento al Roland Garros non sia stato brillante, credo che Novak Djokovic vada considerato il primo favorito. Ha l’esperienza per gestire il logorante cammino di un torneo del genere e la mancanza di Nadal fornisce carburante aggiuntivo alle sue ambizioni: l’11 giugno, giorno della finale, potrebbe ritrovarsi da solo al comando della classifica degli Slam con 23, senza dimenticare che il traguardo del Grande Slam, fallito d’uno soffio due anni fa, rimane in testa ai suoi sogni. L’incognita, ovviamente, riguarda le condizioni del gomito destro sofferente e l’eventuale necessità, per Nole, sceso al numero 3 del mondo, di battere i primi due giocatori della classifica per aggiudicarsi il torneo. A Barcellona e Madrid, vinti in carrozza, Alcaraz ha mostrato di poter trattare la terra rossa come un dominio personale. A Roma si è limitato a timbrare il cartellino per tornare n.1 del mondo, e le quasi due settimane di riposo successive ci restituiranno sicuramente un giocatore al massimo della forma. Con la ritrovata freschezza atletica, la sua completezza tecnica potrebbe esaltarsi, ma lo spagnolo dovrà essere capace di gestire la pressione del primo Slam affrontato da numero uno dei mondo […]. La vittoria agli Internazionali non può essere certo archiviata alla voce fortunato incidente di percorso: a Roma Danill Medvedev ha dimostrato di aver finalmente appreso l’arte del gioco e dei movimenti sulla terra. Del resto, più che di idiosincrasia tecnica, si trattava soprattutto di un blocco mentale. È vero che il rosso probabilmente non sarà mai la sua superficie d’elezione, però le sue enormi doti in difesa, la capacità di far giocar male gli avversari e la fiducia incamerata con gli eccezionali risultati di questo scorcio di stagione lo inseriscono senz’altro nel ristretto novero dei favoriti. […] Sinceramente, ero convinto che Tsitsipas sarebbe arrivato a Parigi con almeno un titolo importante sulla terra: ci andato vicino a Barcellona, ma come ormai è una costante nella sua carriera, gli manca sempre un centesimo per arrivare a un euro. Eppure, per le sue caratteristiche tecniche, non si può non inserirlo tra possibili contendenti al titolo. Sul suo stesso piano, però, metto il ragazzino terribile Rune, anche se resta da verificare sul campo la resistenza alle due settimane: tuttavia per talento e personalità non mi stupirei di vederlo compiere un lungo cammino nel torneo. Dopo la prova opaca a Roma, Sinner è chiamato a un rapido riscatto, per il quale possiede senza dubbio tutte le qualità. Per una volta, il sorteggio sembra dargli una mano, ma sarà fondamentale per Jannik non sprecare energie preziose nelle prime uscite, magari complicando partite già vinte. L’obiettivo sono i quarti contro Medvedev […]. Quanto a Musetti, Parigi è l’occasione per dimostrare che sulla terra il suo gioco vario e spumeggiante può impensierire ogni avversario, ma il sorteggio non è stato così benevolo: Norrie al terzo turno è un osso duro e poi gli ottavi con Alcaraz farebbero tremare i polsi. […]

Alcaraz e Sinner, le stelle più attese all’esame rosso (Daniele Azzolini, Tuttosport)

 

Il ritorno di Carlos Alcaraz nel triangolo più famoso del tennis su terra rossa, là al Bois de Boulogne, serrato tra Avenue de la Porte d’Auteuil e il Boulevard dedicato all’antico comune cui la Porta dava accesso, vive delle stesse attese che 18 anni fa – era il 2005 – quella stessa Francia innamorata di tutto ciò che di magico, e di sorprendente o improponibile si possa architettare con una racchetta, aveva riservato a Rafa Nadal. Tra i due, il campione uscente e il favorito subentrante, stabilito che esistano attinenze ma non vere e proprie somiglianze tennistiche come aveva avallato una stampa spagnola mossa dal frettoloso entusiasmo con cui di norma si sparano le balle più grosse, corre però un filo comune. Quello che il pubblico stesso ha finito per tendere tra l’uno e l’altro, avvicinandoli proprio per la loro capacità di accendere la miccia a colpi che lasciano di stucco. Al solo osservare Alcaraz, pare s’ingeneri un forte bisogno di imitazione, uguale a quello che muoveva Nadal. Una necessità in qualche modo simile alla “sindrome da Cavalcata delle Valchirie” molto ben descritta da Woody Allen.. . «Ogni volta che ascolto il terzo atto dell’Opera di Richard Wagner avverto la necessità di invadere il giardino del mio vicino di casa». Allo stesso modo, i colpi di Carlos, come quelli di Rafa a suo tempo, finiranno in tutti i circoli di Parigi, a uso e consumo di tutti gli appassionati che vogliano scoprire come trasformarsi da tennisti in artificieri della domenica. Eppure, non è la prima volta che Alcaraz gioca al Roland Garros. E sebbene la sua conquista sia giunta – alla stessa età, 19 anni, in cui Rafa vinse Parigi – sul cemento degli US Open, i francesi, e certo anche gli spagnoli, sono convinti che saranno questi i campi del futuro impero di Carlos. L’anno scorso lo videro in una versione non ancora compiuta, poco consapevole della sua forza. Rischiò tanto in secondo turno con Ramos Vinolas, che lo costrinse al quinto set, poi dette il meglio con Korda e Khachanov, ma non con Zverev, che aveva sconfitto in finale a Madrid. Usci nei quarti, lasciando la sensazione chiara che i campi di terra rossa più lenti, non siano adeguati al suo tennis di strappi e rincorse. È da queste osservazioni che Alcaraz è chiamato a riprendere il discorso. E dovrà mostrare altro, se vorrà essere il campione di oggi o dei futuri Roland Garros. «Vergo da un periodo molto intenso. Non ho giocato a Melbourne, dove ero convinto di poter fare bene, ma poi ho ottenuto risultati importanti, a parte Roma, dove pero ho ripreso la vetta della classifica. Ho avuto dei giorni di riposo imprevisti, sono stato un po’ in famiglia, ne sentivo il bisogno. Poi ho ripreso gli allenamenti, che tra una partita e l’altra ero stato costretto a trascurare. Sono qui per giocarmela al meglio. Riposato e pronto a gettarmi nella mischia», ha detto nella prima conferenza stampa parigina, dopo essersi augurato di vedere Nadal presto in campo, ed essere al suo fianco su questi stessi campi per i Giochi 2024. «Io e lui in doppio, sarebbe magnifico». Primo avversario Flavio Cobolli. […] Flavio è alla sua prima qualificazione in uno Slam, e sta crescendo. Vale i primi cento, e questo è l’obiettivo del 2023. Alcaraz ha un altro passo, ma con gli italiani non si è mai trovato a proprio agio. Le ha prese da Berrettini e da Sinner, e ha rischiato di brutto anche con Zeppieri l’anno scorso nei quarti di Umag. Flavio ha intenzione di fare bella figura. «L’idea di sfidare il numero uno sul Centrale, mi dà forza. In fondo, si gioca a tennis per avere queste opportunità, no?». E’ un’Italia di molte risorse, ma stretta a doppio filo a Sinner, alla sua voglia di far bene, che non manca mai. Anche su di lui e il suo tennis, pero, pendono gli stessi dubbi che si coagulano intorno ad Alcaraz, e cioè che si trovi meglio sui rimbalzi regolari e veloci di una superficie in cemento. «Mah, su questi campi mi sono trovato sempre bene», risponde, «stavolta vi giungo rilassato e ben preparato. Non guardo mai il tabellone. Preparo le partite tenendo conto dell’avversario, ma senza andare oltre con lo sguardo. C’è un bel gruppo di italiani quest’anno, addirittura nove. Ci manca Berrettini. Ma ha un gran carattere e sono convinto che presto sarà di nuovo fra noi». […] «Non esistono strade facili per giungere al successo. Manca Nadal, ma non altri tennisti considerati tra i più forti. Anche io mi considero in questo gruppo, punto al numero uno, alle grandi vittorie. Credo anche di aver dimostrato di essere forte dentro. Ogni torneo può diventare quello della grande impresa, lavoro per questo. Intanto, voglio andare alle Finals di Torino. Sono messo bene in classifica. Sta a me continuare così».

Parigi al via. Sinner: voglio diventare numero 1 (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Quarant’anni dopo l’ultima impresa di un francese, con Yannick Noah che domava Mats Wilander, il Roland Garros numero 127 parte oggi sulla terra rossa di Parigi con quasi 50 milioni di euro di premi, nel nome del grande assente, il 36enne spagnolo Nadal, l’infortunato campione uscente e primatista-record 14 volte. In pole position fra favoriti i due ventenni Alcaraz e il danese Holger Rune, quindi l’ultimo dei Fab Four, Djokovic, che s’è spento dopo il 22° trionfo Slam (co-record con Nadal) agli Australian Open di gennaio, lo specialista Tsitsipas, il 21enne italiano Jannik Sinner e due russi, Medvedev, neo campione di Roma, e Rublev, mai protagonista nei Majors. Oggi fanno l’esordio 3 dei 9 italiani: Matteo Arnaldi (n. 109)-Galan (Col, 90), Lorenzo Musetti (18)-Mickael Ymer (Sve, 53) e Lorenzo Sonego (45)-Shelton (Usa, 35). […] Intervistato da Supertennistv, Sinner, confessa: «Se chiudo gli occhi, il mio obiettivo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti, non pensare di non aver dato il 100%». A Parigi, difficile uscire dal trio di favorite Swiatek-Sakalenka-Rybakina, con outsider Krejcikova e Garcia. Oggi debuttano 2 delle 6 azzurre: Giorgi (n. 36)-Cornet (Fra, 50), Errani (70)-Teichman (75).

Senza Federer e Nadal dopo 25 anni (Stefano Semeraro, La Stampa)

Comincia il Roland Garros e, stranissima sensazione, non c’è Nadal. Era dal 2005 che Rafa non marcava visita, dal 1998 che al via non si presentavano né lui né Federer (nel ’99 Roger entrò con una wild card), stavolta il Campeon non ce l’ha fatta a riprendersi dall’infortunio che lo infastidisce dagli Australian Open. L’appello monco certifica la fine di un’epoca, con annesso senso di spaesamento. Chi vincerà? Dopo 14 trionfi del Cannibale, l’ultimo l’anno scorso, non eravamo più abituati a chiedercelo, ma superata la vertigine si aprono prospettive interessanti. I favoriti, anche secondo i bookmaker, sono quattro, guarda caso gli stessi che possono ambire/sperare di ritrovarsi al numero 1 fra due settimane. In ordine di classifica: Carlitos Alcaraz, che n. 1 lo è appena ri-diventato; Daniil Medvedev, l’unico a vincere 5 tornei nel 2023, compreso il primo sulla terra a Roma; Novak Djokovic, che a 36 anni insegue il 23esimo Slam che gli consentirebbe di staccare Nadal; Stefanos Tsitsipas, l’eterno incompiuto ancora alla caccia del primo major. Poi, certo, la meglio gioventù: Holger Rune, i nostri Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, il finalista dello scorso anno Casper Ruud, Felix Auger Aliassime. Dopo anni di quasi dittatura scopriamo uno Slam aperto, programmaticamente incerto, in un tennis che sta scremando la sua nuova classe dirigente ma non ha ancora battezzato un leader maximo – ammesso che sia possibile, fra discontinuità e infortuni agevolati da un groviglio di concause. […]

Gioia Bronzetti, a Rabat il primo titolo WTA (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Quale luogo migliore di Rabat – città “fortezza della vittoria” – per aggiudicarsi il primo titolo in carriera? Per Lucia Bronzetti da Rimini quella di ieri, più che una finale assomigliava a un appuntamento col destino: diabolico tanto nell’individuare la capitale del Marocco quale sede dell’incontro quanto nel metterle di fronte un’avversaria, l’austriaca Julia Grabher, simile per ranking e record stagionale e come lei dalla bacheca ancora sguarnita. Occorreva essere forti. E il percorso fatto nel torneo dall’italiana, da lunedì nuova n.65 del mondo, era di quelli che non potevano certo arrestarsi di fronte aIl’ultimo ostacolo, specialmente dopo una semifinale dominata e vinta in due set contro l’americana Stephens. Momento e condizione avevano, infatti, trovato conferma in un primo set da lei chiuso agevolmente, ma è stato nei successivi due parziali che la riminese ha dato i meglio di sé ribaltando l’inerzia di un match che, complici errori e paure, Grabher era riuscita a riportare dalla sua. Sul 5-4 in suo favore e a due punti dalla vittoria, Bronzetti aveva infatti finito col perdere il servizio due volte regalando il set all’austriaca, cinica nel cogliere al volo l’occasione e lucida nel concretizzarla con un altro break in avvio di terzo set. Scossa e costretta a difendere tre palle break sul 3-1, l’italiana è invece riuscita a inanellare ben quattro game consecutivi ripresentandosi ancora una volta alla battuta per il match inciampando però nuovamente in due gratuiti di troppo. Anziché paralizzarla, la beffa patita poco prima è risuonata invece come un allarme cui la ventiquanrenne ha risposto con maturità aggredendo il servizio della rivale e chiudendo il match nel game successivo alla prima occasione. «Sono felicissima per il mio primo titolo, grazie al mio team: senza di voi non sarei qui oggi», ha dichiarato emozionata l’allieva di coach Piccari a fine match. E lui ha risposto così: «E’ un titolo inaspettato ma era entrata in un buon momento di forma dopo il Foro Italico e Firenze. Bravissima, né la sfortuna e né le difficoltà sono riuscite a scalfire la sua forza di volontà che deve restare il marchio di fabbrica». […]

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Rassegna stampa

C’era una volta Rafa. Parigi è in cerca di un nuovo padrone (Azzolini). Tutti contro Alcaraz (Bertolucci, Nizegorodcew).

La rassegna stampa di venerdì 26 maggio 2023

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C’era una volta Rafa. Parigi è in cerca di un nuovo padrone (Daniele Azzolini, Tuttosport)

L’addio di Rafa, immediato forse no, prossimo di sicuro, accentua nei tennisti quel senso di libertà che viene dall’essersi sottratti al giogo ventennale, e fa sentire amica la democrazia, che in ambiente agonistico è strumento potente sebbene a nessuno sia dato conoscere le ricadute che potrebbe avere. Il Roland Garros indossa la sua miglior veste “open”, e lo fa con accortezza, distribuendo il tabellone nel modo più appropriato, quasi a dare risalto alle possibilità di ognuno dei più alti in classifica, che poi è il tema conduttore di questa edizione senza padroni. Sbaglierebbero i primi, i più forti, a sentirsi già nei quarti, pronti alle sfide che alla fine risulteranno decisive, ma a colpo d’occhio il sorteggio ha offerto spazi di manovra a dir poco invitanti a ognuno di loro. Per una volta, la lista degli ipotetici quarti di finale, potrebbe davvero assumere forme realistiche, senza causare sin dai primi confronti sul campo, eccessive mortificazioni ai giornalisti che l’hanno veicolata. Quest’anno, per la prima volta, (1) Alcaraz-(5) Tsitsipas, (3)Djokovic-(7)Rublev, (6)Rune-(4)Ruud e (8) Sinner-(2)Medvedev, valgono davvero una piccola scommessa (io non posso farle, voi andateci piano, 5 euro bastano) presso il vostro bookmaker preferito. E’ il primo Roland Garros senza Nadal e Federer, che si sono spartiti le prime due piazze sul rosso fino all’arrivo di Djokovic. Hanno giocato quattro finali, due semifinali e le ha vinte tutte Rafa […]. Djokovic entrò compiutamente in scena nel 2006 e ha condiviso con Nadal dieci Roland Garros, finendo per le terre in otto occasioni. Tre finali, quattro semi e tre quarti. Rafa non fu mai sconfitto in finale, ma lasciò al serbo la semifinale del 2021, nell’anno che sembrava destinato a chiudersi con la conquista del Grand Slam da parte del Djoker. Medvedev la pensava diversamente… Mi è capitato spesso di descrivere i tornei come sorretti da un pensiero, e una personalità, quasi umani. Niente di Animistico nel descriverli così, posso assicurarlo, ma la sensazione che seguano un loro disegno, a volte, non riesco a scacciarla. Così, l’idea che dietro questa abbondanza di democrazia rivolta ai molti iscritti alla lista dei possibili vincitori, vi sia un torneo alla ricerca di una nuova iscrizione al Club degli Imbattibili, in modo da ripristinare rapidamente i termini della disputa come una sfida al più forte, al padrone della terra rossa, che devo dire, bussa con forza nella mia testa. Se fosse vera, la domanda sorgerebbe spontanea… Chi dopo Nadal? In due non hanno paura a dichiararlo apertamente. Anzi, l’hanno già fatto. Alcaraz accogliendo la sconfitta a Roma con l’ungherese Marozsan (battuto nelle qualifiche parigine dal diciottenne cinese Juncheng Shang) come un’occasione per «riposare e prepararmi al meglio per Parigi». E Rune, che ha ringraziato Roma per l’affetto e per averlo preparato al meglio per le fatiche del Roland Garros. Djokovic ha le sue chance, ma a Roma è sembrato parecchio lontano dalla forma migliore. Medvedev ha vinto gli Internazionali e mostrato un tennis che può funzionare bene anche a Parigi. Sinner è in quinta posizione, come Tsitsipas, Ruud e forse Rublev. Pronti ad approfittarne, ma di un tanto sotto gli altri. Alcaraz ha Musetti (subito contro Ymer) o Norrie negli ottavi. Tsitsipas chiederà il via libera ad Auger-Aliassime, che in primo turno affronta Fognini. Djokovic potrebbe ritrovare Cecchinato (al via con van Assche, diciottenne francese) o Davidovich-Fokina in terzo turno, Hurkacz negli ottavi, ma sta meglio di altri e punta dritto alle semifinali (contro Alcaraz). Nell’altra metà del tabellone, Rune vede una semifinale con Medvedev. Sinner comincia contro Muller, ma prima di Medvedev potrebbe incrociare Zverev negli ottavi. Tra gli altri italiani, Sonego ha un pessimo avvio contro Ben Shelton, e in caso di vittoria troverebbe Humbert o Mannarino con la Francia intera, sul proprio cammino. Vavassori e Zeppieri, già promossi nelle qualifiche (in attesa di Cobolli), attendono l’assegnazione di un posto in tabellone. Poi le ragazze. Sarebbe interessante se la sfida in atto tra Swiatek e Sabalenka trovasse in finale l’approdo conclusivo. […]

Tutti contro Alcaraz (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

 

Niente sarà mai più come prima al Roland Garros. Non trovare ai nastri di partenza il re della terra battuta che ha alzato il trofeo per ben 14 volte non può lasciarci indifferenti. Rafael Nadal ha provato in tutti i modi a tornare a giocare nel suo regno del Bois de Boulogne, ma il suo fisico, provato dalle mille sfide sostenute, ha detto no. Rafa sul rosso e ancor di più sulla lunga distanza era praticamente imbattibile e toglieva il gusto di pronosticare il vincitore. L’amarezza dei tifosi per l’assenza dello spagnolo sarà comunque bilanciata dal sospiro di sollievo dei colleghi che, finalmente, potranno affrontare le due settimane parigine con prospettive più accattivanti. A partire proprio dal nuovo numero uno mondiale Carlos Alcaraz. Il passo falso di Roma non può sminuire le credenziali di Carlos che, seppur molto giovane, possiede la personalità, II bagaglio tecnico e la gagliardia fisica per disimpegnarsi a dovere. Le quasi due settimane di riposo lo avranno certamente ritemprato, il numero uno nuovamente raggiunto rappresenterà una motivazione in più ma allo stesso tempo lo sottoporrà a pressioni enormi che dovrà essere in grado di gestire mentalmente. La vittoria al Foro Italico e una parte di tabellone meno affollata da nomi pesanti hanno intanto prepotentemente alzato le quotazioni di Daniil Medvedev. Se il russo è stato in grado di domare i campi lenti e le palle pesanti del torneo romano, dovrebbe essere in grado di destreggiarsi a dovere su quelli più rapidi di Parigi. Finalmente adesso dimostra di aver digerito anche la superficie più ostica grazie all’intelligenza tattica e alla tenacia nel voler tornare in alto nel ranking. Lo scivolamento al terzo posto in classifica di Nole Djokovic ha procurato uno sbilanciamento nel tabellone e più precisamente nella parte superiore: il Djoker troverebbe eventualmente Alcaraz già in semifinale, l’ipotesi peggiore per lui. Il campione serbo viene da un periodo avaro di successi e approda al Roland Garros con poca fiducia e un gomito che non mette giudizio, ma se c’è un giocatore nel lotto degli iscritti capace di gestire e risolvere i problemi più complessi e sicuramente lui. Ha puntato la stagione sul raggiungimento del Grande Slam e, dopo aver vinto la prima tappa in Australia, non vorrà di certo farsi sfuggire la seconda e di conseguenza il grande sogno, sfuggito per una sola partita nel 2021. La sfrontatezza di carattere non preclude a tutti noi di ammirare le enormi qualità tecniche e fisiche di Holger Rune. Solo la giovane carta d’identità e la scarsa esperienza potrebbero tarpare le ali al danese dalla debordante personalità. Tsitsipas e Rublev dovranno sgomitare parecchio per farsi largo in mezzo a una concorrenza molto agguerrita. In partenza non conosco sorteggi favorevoli nei tornei importanti, ma in particolare nei tabelloni a 128 si possono liberare spot che al momento della compilazione sembravano impossibili da raggiungere. L’importante è farsi trovare pronti nel momento in cui la strada dovesse presentarsi meno impervia. Questo potrebbe accadere nella parte bassa anche al nostro Jannik Sinner, testa di serie numero 8. Non dovrà però caricarsi di troppe aspettative che irrigidiscono il braccio, tolgono sensibilità e appannano le idee. […]

Tutti contro Alcaraz nell’anno 1 dopo Nadal (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)

L’album più ascoltato fu “Buoni e Cattivi” di Vasco Rossi, l’Oscar per il miglior film andò a “Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re”, mentre la Serie A era stata appena conquistata dal Milan di Shevchenko e Kakà. Nel maggio del 2004 Rafael Nadal, che all’epoca era già un Top 50 ATP non partecipò al Roland Garros a causa della frattura dello scafoide del piede sinistro. Da quel momento, sino a oggi, Rafa non aveva mai saltato il “suo” torneo. Nel frattempo Carlos Alcaraz aveva appena spento la prima candelina. Diciannove anni dopo Parigi è pronta a vivere una nuova edizione senza Nadal. Una sensazione strana, che si respira in ogni angolo dello splendido impianto francese: dalla sala stampa al “Philippe Chatrier” (campo centrale) sino al “Suzanne Lenglen” e, soprattutto, alla Players lounge, dove i giocatori si chiedono chi sarà il prossimo vincitore. Carlos Alcaraz è l’erede designato. Nel circuito ATP e, ancor di più, sulla terra rossa di Parigi. Il paragone, che sia forzato o meno, risulta inevitabile. Rafa aveva compiuto 19 anni da due giorni quando nel 2005 conquistò per la prima volta (alla prima apparizione) lo Slam francese, anche se la vetta del ranking arrivò solamente nell’agosto dei 2008. Ma, in quel caso, c’era un certo Roger Federer a farla da padrone (soprattutto sulle altre superfici) . Carlos Alcaraz al numero 1 è giunto in anticipo. Addirittura da teenager. Oggi, a 20 anni, è il principale favorito per il primo Roland Garros, ma la sensazione è che abbia un margine davvero sottile sui diretti inseguitori, in particolar modo su Djokovic. La pressione dell’erede è una variabile impazzita e il passaggio del testimone è tutt’altro che scontato. Le prove di forza di Carlos Alcaraz nel 2023 sono state impressionanti: sette tornei giocati, quattro trofei alzati al cielo e la miseria di tre match persi su 33 disputati. Ma la sensazione di dominio assoluto, che il miglior Nadal dava sul “rosso”, non è ancora paragonabile al regno di “Carlitos”. I favori del pronostico non sono facili da gestire, soprattutto se gli avversari sono agguerriti, determinati e (almeno alcuni) in grande forma. Lo scorso anno la più grande delusione di Alcaraz arrivò proprio al Roland Garros, quando fu sconfitto in quattro set da Alexander Zverev. Novak Djokovic non arriva a Parigi al top della condizione, ma va considerato che il campione serbo ha ormai come obiettivo solamente i tornei del Grande Slam. In Australia ha vinto e convinto e, nonostante qualche acciacco, la sensazione è che si sia preparato al meglio per alzare il livello proprio al Roland Garros. La nuova classifica ATP che ha visto Djokovic scivolare al terzo posto, ha cambiato le carte in tavola delle teste di serie e la sfida con Alcaraz dovrebbe verificarsi (se non ci saranno sorprese) in semifinale. Una difficoltà in più per lo spagnolo, che dovesse superare l’ostacolo Nole arriverebbe in finale, potenzialmente, con tante energie fisiche e nervose già sprecate. […]

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