Next Gen Finals, Alcaraz è di sicuro un fenomeno. Ma non è Nadal e non vincerà 13 Roland Garros

Editoriali del Direttore

Next Gen Finals, Alcaraz è di sicuro un fenomeno. Ma non è Nadal e non vincerà 13 Roland Garros

È uno stereotipo dire che Alcaraz è l’erede di Nadal. Il loro gioco non è per nulla simile. Le differenze vanno ben oltre il passaporto e la carta d’identità

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Rafael Nadal e Carlos Alcaraz - Madrid 2021 (foto Twitter @mmopen)
 

Sono a Torino e (mentre della tremenda sfortuna di Berrettini parlo in altra sede) ieri ho visto Medvedev rimontare Hurkacz in un match dominato dai servizi, molto combattuto e complessivamente ben giocato da entrambi, anche se avrei preferito vederlo su un campo meno veloce. Quando il campo è troppo veloce mi diverto meno, si vedono meno finezze, meno tocchi. È talento ovviamente anche saper rispondere a servizi che filano oltre i 210 km orari. Ma un talento che mi eccita di meno.

A sentire i colleghi serbi Djokovic, che si è fatto massaggiare a lungo il collo che gli dà qualche fastidio, tiene molto di più alla Coppa Davis che alle ATP Finals. Vedremo se questi cortesissimi colleghi ci stanno dando informazioni giuste e fondate o se lo fanno per pura cortesia, per infonderci coraggio sulle chances del nostro giocatore, che fino a ieri era Berrettini e ora sarà probabilmente Jannik Sinner.

Ma perché ho scritto questo articolo?  Ve lo dico: perché voglio parlare di Alcaraz, del presunto erede di Nadal che è succeduto proprio a Sinner nell’albo d’oro delle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals. Il diciottenne Sinner aveva perso un match lungo il torneo, con il francese Humbert (quando era già certo di aver vinto il suo girone). Il diciottenne Alcaraz invece i match li ha vinti tutti e cinque. Ha perso un solo set, e forse contro l’avversario meno forte, l’argentino Cerundolo (anche in questo caso a qualificazione già ottenuta).

Carlito è certamente un fenomeno. È spagnolo e tutti ne parlano come del nuovo Nadal. Dell’erede di Nadal. Io ricordo bene di aver visto, una sera molto tardi al Country Club di Montecarlo – la partita finì con le luci, non era rimasto a vederla quasi nessun giornalista perché c’era la festa con la serata di gala al Jimmy’z – nell’aprile dell’anno del Signore 2003, l’ancora sedicenne Rafael Nadal battere 75 63 Albert Costa, il campione del Roland Garros 2002.

Inutile dire che rimasi impressionatissimo. Fu facile prevedere che quel ragazzo di Maiorca sarebbe diventato un campione. Forse lo era già. Difatti meno di un anno dopo, a Miami 2004 di marzo, ottavi di finale, batté un certo Roger Federer per la prima di 24 volte: 6-3 6-3.

Sono ovviamente rimasto altrettanto impressionato da Alcaraz che prima ancora di dominare il Next Gen, strapazzando Korda in finale nonostante un primo set un po’ incerto (4-3 4-2 4-2), aveva messo in riga già tre Top 10, Tsitsipas, Berrettini e Sinner.

Però, lasciatemi dire, fra Alcaraz e Nadal le analogie sono di tipo anagrafico e di passaporto, ma non sono anche tecniche.

La palla arrotata del Nadal prima maniera passava ben oltre la rete, erano topponi liftatitssimi che dopo il rimbalzo facevano salire la palla sopra la spalla di chiunque non fosse un gigante di due metri. Federer ne sa qualcosa. E così tutti i tennisti – pochi ormai – con il rovescio a una mano. Era – è – un dritto pesante, difficile da controllare, da respingere lungo. Anche perché la palla del miglior Rafa raramente atterrava a più di 15 centimetri dalla riga di fondo. Un colpo unico nel suo genere, assolutamente predominante rispetto al rovescio, tant’è che Rafa colpiva da teenager l’80 per cento delle palle da fondocampo con il dritto, coprendo 7 metri degli 8,23 della riga di fondo quasi unicamente con il dritto, spostandosi vertiginosamente, e meno di un metro e mezzo con il rovescio.

Il rovescio era quasi soltanto difensivo. Ma regolarissimo, come tutto il resto. Solo molti anni dopo è diventato un colpo che può fare male. A rete Rafa veniva solo a raccogliere un punto già vinto per quattro quinti. E le volée sono molto migliorate con il passare degli anni, una quindicina d’anni. Idem dicasi per il servizio. Agli inizi della sua carriera non era certo un punto di forza. Quello era semmai l’aggressività della sua risposta, la capacità di mettere sotto pressione l’avversario, l’intensità insistente dei suoi drittoni che sbattevano gli avversari sui teloni di fondocampo.

Nessuno poteva prevedere che avrebbe vinto 13 Roland Garros, un record che credo nessuno batterà mai. Ma non c’era dubbio che il suo tennis sembrava nato e cresciuto soprattutto per vincere sulla terra battuta.

È andata come sapete. Non si è ancora ritirato, l’anno prossimo vincerà ancora ma intanto di tornei sul “rosso” ne ha vinti 62! Altri 22 li ha vinti sul cemento, altri 4 sull’erba. Se non si può dire che non sia un giocatore molto completo, capace di vincere ovunque, si deve dire anche però che da nessuna parte ha dimostrato di giocare così bene come sulla terra rossa. Bjorn Borg negli anni Settanta e lui nel terzo millennio sono stati gli indiscussi re della terra rossa.

Ecco, Carlito Alcaraz non ha le stesse caratteristiche. Credo che vincerà tanti Slam, non uno solo o due. E molto presto. Se non già nel 2022 di sicuro nel 2023. Ma lo vedo più tennista da cemento e da tennis indoor che da terra battuta, se non cambierà modo di giocare.

Ora tira sempre forte, sempre missili che passano la rete di un centimetro o due. Fucilate rischiosissime, costantemente anticipate e potentissime. Come faccia a tirare così forte, appoggiandosi e contrando i colpi anche più forti e potenti degli avversari davvero non so.

È capace di reggere 15, 20 palleggi giocati a velocità supersonica. Ma i suoi sono colpi piatti, filanti, bucano l’aria. Sparando tutto a tutta forza, al di là di certe ingenuità tipiche del tennista junior, è inevitabilmente falloso…ma solo se paragonato a Nadal, anche al primissimo Nadal.

A 18 anni Carlito sembra più solido tecnicamente di Nadal. Il suo dritto è già oggi uno dei più forti del circuito, ma il suo rovescio non è debole come quello che aveva Nadal. E sia il suo servizio sia le sue volée, sia soprattutto la decisione con cui si presenta a rete e sceglie il giusto timing per venire avanti, sono decisamente superiori rispetto a quelli che aveva Nadal alla sua età.

Insomma, secondo me Carlito non è Rafa. Chi continua a dirlo secondo me prende un granchio. Vincerà 20 Slam come Rafa. Vorrei dire che fare una profezia del genere per un giocatore che non ne ha vinto neppure uno sarebbe folle. Anche perchè quando Sampras ne vinse 14 si pensava che sarebbe rimasto record imbattibile per chissà quantpo e invece tre tennisti ne hanno vinti 20 ciascuno. Ovviamente molto dipenderà dalla concorrenza che avrà Alcaraz…Nadal si è imbattuto prima in Federer e poi in Djokovic, senza dimenticare Murray (e Wawrinka).

Però io mi sento che quanti che siano gli Slam che vincerà Alcaraz ci sarà un maggior equilibrio, non saranno due terzi sulla terra rossa e un terzo altrove. Credo che semmai il rapporto sarà rovesciato. Chi vivrà vedrà. Se durasse quanto Nadal, probabilmente non vedrò.

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