Gaudenzi sul circuito Challenger: "Non sarà mai sostenibile, andrebbe visto come un'università"

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Gaudenzi sul circuito Challenger: “Non sarà mai sostenibile, andrebbe visto come un’università”

Parole forti del presidente dell’ATP all’interno di un video del Financial Times. Veemente la risposta di Pospisil della PTPA: “Frasi incredibilmente ignoranti da parte del cosiddetto leader dell’ATP”

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Andrea Gaudenzi (foto ATP Tour 2019)
 

Le recenti dichiarazioni del presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi non faranno altro che alimentare le discussioni su guadagni e distribuzione del prize money all’interno del mondo tennistico. Non si tratta però di un’intervista, bensì di un interessante filmato pubblicato nei giorni scorsi dal Financial Times in cui vengono spiegate le difficoltà dei tennisti che non occupano una posizione tra le prime 150 del ranking WTA o ATP. Gaudenzi compare tra le testimonianze di Liam Broady (numero 128 ATP) e Alicia Barnett (numero 611 WTA) e contribuisce a spiegare quanto sia iniqua – ma allo stesso tempo inevitabile, al momento – la ripartizione dei premi nel mondo del tennis.

Il video introduce l’argomento riportando la differenza nei guadagni della stagione 2021 (derivati solo dai tornei disputati) tra il numero 1 Novak Djokovic (9,1 milioni di dollari) e il tennista coinvolto nel servizio, ovvero il britannico Broady (300.000 dollari). Inoltre, più di una tennista su tre in Top 500 WTA e quasi un tennista su quattro nella top 500 ATP hanno guadagnato meno di 50.000 dollari in prize money durante la stagione passata. “Al momento l’ammontare dei ricavi, e quindi ciò che distribuiamo in termini di prize money, non permette ai giocatori di seconda categoria di sostenere i costi”, ha ammesso Gaudenzi.

“Dobbiamo essere onesti e dire che nel circuito Challenger dovresti almeno essere in grado di pareggiare i costi”, ha continuato. “Ma allo stesso temo devi essere consapevole che è come un’università o un investimento che ti dà la possibilità di arrivare al circuito maggiore”. La testimonianza di Broady ha evidenziato come sia essenziale per un giocatore che fluttua tra la centesima e la centocinquantesima posizione essere presente nei tornei dello Slam: “Fare il secondo turno a Wimbledon [circa 106.000 dollari, ndr] quest’anno mi ha permesso di pagare il mio coach e il mio fisioterapista. Mi sono permesso così di vivere nel Tour, in realtà. Alla fine di questa stagione mi sono resto conto che spendo 12.000 sterline solo per incordare le racchette. Questo sport è incredibilmente costoso”.

 

Ciò che stona nel video del Financial Times sono le parole che Gaudenzi ha pronunciato sul finale. Non credo che sarà mai possibile avere un circuito Challenger che sia sostenibile. Questo perché semplicemente è carente l’interesse degli appassionati, degli sponsor e dei broadcaster, e lo sono anche le entrate provenienti dalla vendita dei biglietti”.

Sono dichiarazioni sulle quali potrebbe fare leva la Professional Tennis Player Association (PTPA) di Novak Djokovic e Vasek Pospisil, che chiede più trasparenza e trattamenti più equi per tutti i giocatori del Tour professionistico. E infatti non si è fatta attendere la risposta del giocatore canadese:

Questo è un commento incredibilmente ignorante [nel senso di poco informato, ndr] da parte del cosiddetto leader dell’ATP e del tennis“, ha scritto Pospisil. “Stiamo parlando di un settore che vale diversi miliardi di dollari e secondo lui va bene che solo i Top 100 guadagnino abbastanza da vivere di tennis. Questo è ciò che succede quando trasformi lo sport in un monopolio“. I rapporti tra l’ATP e la PTPA sembrano ormai piuttosto deteriorati, ma sarebbe opportuno per i fondatori e i giocatori a loro supporto chiedersi se è davvero impossibile migliorare la vita dei tennisti e delle tenniste di seconda fascia.

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Al Challenger di Vicenza è stata la giornata di Luca Nardi

Il tennista azzurro vince una sfida drammatica contro Dalibor Svrcina davanti a un pubblico numerosissimo ed entusiasta.

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Luca Nardi - Roma 2023 (foto Francesca Micheli, Ubitennis)
Luca Nardi - Roma 2023 (foto Francesca Micheli, Ubitennis)

La partita di Luca Nardi contro il ceco Dalibro Svrcina è stata una sorta di viaggio agli inferi con il tennista pesarese che ha avuto tutto il tempo di scavare dentro di sé alla ricerca dei propri fantasmi che poi è fortunatamente riuscito ad esorcizzare. Conoscete tutti il non ancora 20enne talento marchigiano, con la sua classe cristallina che si manifesta in una facilità di tocco che non ha eguali. La pallina esce dal suo piatto corde con una fluidità che spesso annichilisce l’avversario, purtroppo alternata a momenti di assenza che portano a svarioni inaspettati. E’ stata un po’ la storia del match di secondo turno contro Dalibor Svrcina, di un anno più grande di lui. Quanto a talento e facilità di tocco non è che il ragazzo ceco sia molto da meno, e anche quanto a distrazioni ha dato vita a una bella gara con l’azzurro. Se poi aggiungiamo che entrambi hanno avuto dei grossi problemi fisici con ripetuti interventi del fisioterapista (due volte per Nardi e una per Svrcina) avrete il quadro di come sia stata drammatica la partita che ha visto Nardi partire lento, perdere il primo set e manifestare fastidio alla coscia sinistra già abbondantemente fasciata. E anche la faccia tradiva un certo disagio, almeno fino a quando un ragazzo, che passava in motorino sulla strada adiacente, non urlava a squarciagola “Forza Nardi!!!”, strappandogli un sorriso. Poi, per quei capovolgimenti di fronte che solo il tennis sa offrire, cambiava improvvisamente lo scenario con l’italiano che cominciava a sbagliare molto meno, passando il testimone all’avversario. Il numerosissimo pubblico si rianimava e sospingeva Nardi a vincere un secondo combattutissimo set e un terzo in cui Svrcina aveva ormai alzato bandiera bianca. Così Nardi col punteggio di 3-6 7-6(5) 6-2 poteva alzare le braccia al cielo dopo quasi tre ore di lotta e consegnarsi ai selfie e alla firma degli autografi.

Nei quarti gli toccherà lo spagnolo Pabro Llamas Ruiz (n.22 ATP) che ha eliminato in rimonta uno Stefano Travaglia (4-6 6-1 6-2) troppo impegnato a lamentarsi delle condizioni del campo e a battibeccare con il giudice arbitro per concedere la necessaria concentrazione a un match che si stava complicando. Male anche Franco Agamenone che spreca molto contro l’argentino Roman Andres Burruchagae e finisce per arrendersi 7-6(3) 6-2. A fine partita Franco era piuttosto sconsolato e si lamentava della sua stagione che fin qui gli ha riservato ben poche soddisfazioni. E toccandosi la testa ci diceva che il problema era tutto lì dentro. Come per tutti gli atleti, del resto, sempre alla ricerca di quella convinzione di sé così difficile da trovare e tanto facile da perdere. Adesso si giocherà l’ultima fiche sulla terra del Challenger di Perugia e poi preparerà la stagione sull’erba. Oltre a cercare un nuovo mental coach dopo la separazione da Mirta Iglesias.

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Al Challenger di Skopje è il momento di Valkusz

In un torneo di livello abbastanza modesto, vince l’ungherese Mate Valkusz che rompe così il ghiaccio

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Mate Valkusz vince a Skopje - (foto via Instagram)

Mentre il mondo del tennis si sta apprestando a celebrare il rito del Roland Garros, il circuito Challenger ha lasciato ai suoi migliori protagonisti una settimana off per poter competere nelle qualificazioni dello Slam parigino (a proposito complimenti a Cobolli, Zeppieri e Vavassori che hanno guadagnato un posto nel main draw). Così è rimasto in calendario il solo Challenger 75 di Skopje (Macedonia del Nord, terra battuta) dove le seconde linee hanno sgomitato per conquistarsi un posto al sole. C’è riuscito l’ungherese Mate Valkusz che in finale ha avuto la meglio sull’argentino Francisco Comesana col punteggio di 6-3 6-4, in un match a senso unico che non ha toccato le due ore di gioco. Buon torneo per il quasi 25enne nativo di Budapest che ha un po’ faticato nei primi turni, costretto al terzo sia da Paulson che da Nagal, per poi ingranare le marce alte e volare verso il suo primo successo a livello Challenger. In precedenza era già arrivato due volte in finale, nel 2018 a Cordenons (battuto da Paolo Lorenzi) e un mese fa a Ostrava dove aveva dovuto arrendersi a Zdenek Kolar. Con questo successo Valkusz migliora il proprio best alla posizione n.225 ATP, quarto miglior ungherese in classifica. Comesana ha invece mancato l’appuntamento con la terza vittoria Challenger, dopo le due ottenute nel 2022 (Corrientes e Buenos Aires).

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Boris Becker in visita al Trofeo Bonfiglio

Sotto lo sguardo attento del campione tedesco esce di scena l’ultimo italiano in gara, il pugliese Gabriele Vulpitta

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Boris Becker al trofeo Bonfiglio (ufficio stampa Trofeo Bonfiglio)
Boris Becker al trofeo Bonfiglio (ufficio stampa Trofeo Bonfiglio)

Venerdì è stata soprattutto la giornata di un grande ex, Boris Becker, tornato al Tennis Club Milano Alberto Bonacossa 41 anni dopo la sua apparizione al Trofeo Bonfiglio, per incontrare il suo vecchio amico Stefano Bonfiglio, lontano parente di quell’Antonio Bonfiglio a cui è intitolato il trofeo. “Ricordo bene questo bellissimo circolo – ha commentato il sei volte campione Slam – ma avevo appena 14 anni e sinceramente non ho memoria dei match che ho disputato”. Ce lo ricordiamo noi: correva l’anno 1982 e il tedesco venne sconfitto al secondo turno da un avversario più esperto, l’italiano Corrado Aprili (6-7 7-6 9-7 lo score) in una partita durata oltre quattro ore. Il successo che gli era sempre sfuggito a livello Under 18 sarebbe giunto incredibilmente solo tre anni dopo a Wimbledon, quello vero, quando a soli 17 anni, 7 mesi e 15 giorni Becker divenne il primo minorenne a trionfare ai Championships, stabilendo un record di precocità ancora oggi imbattuto. Il 55enne tedesco, sorridente e in buona forma fisica, si è intrattenuto per un’ora nel pomeriggio guardando i match in programma, concedendosi volentieri alle moltissime richieste di selfie degli appassionati e parlando persino di padel: “Ogni tanto mi diverto a giocarlo”.
Intanto, anche l’ultimo italiano in gara in singolare, Gabriele Vulpitta, ha salutato il torneo nel match dei quarti di finale andato in scena sul campo Tribuna e perso per 6-2 6-2 contro la testa di serie n.1 del torneo Rodrigo Pacheco Mendez. Partito con un evidente timore reverenziale nei confronti di un avversario che occupa la 3ª posizione del ranking mondiale, il 17enne azzurro non è riuscito a esprimere il bel gioco offensivo che lo aveva portato sino a qui. Troppo lontano dalla riga di fondo, i colpi del pugliese non lasciavano il segno, merito certo anche delle qualità di un avversario che frequenta abitualmente il circuito Challenger ed è già n.880 ATP. Dopo un primo set condizionato dai troppi errori, il livello del tarantino si è alzato nel secondo parziale, ma a quel punto l’esperienza del mancino messicano ha fatto la differenza. “Temevo il match di oggi – ha detto il 18enne che vive a Mérida, nello Yucatan – perché giocavo contro un italiano che aveva battuto tre ottimi avversari. Sapevo che sarebbe stata dura e ho cercato di iniziare subito concentrato e solido. Poi, nel secondo set, ho cominciato anche a essere un po’ stanco, ma sono riuscito a controllare il suo ritorno. Tutti sono qui per vincere il torneo e ogni punto, ogni game è importante. Ovviamente ho le mie chance di vincere il Bonfiglio, ma dovrò meritarlo”. Sabato, ad attendere il messicano in semifinale, ci sarà uno dei giocatori più interessanti di questa 63ª edizione dei Campionati Internazionali d’Italia juniores, l’austriaco Joel Schwaerzler. Nell’altra semifinale si affronteranno lo statunitense Williams e il cinese Zhou.
Da un messicano a un’americana di origine spagnola: Kaitlin Quevedo. I due ragazzi sono molto amici, tanto che il primo a bordo campo a festeggiare il successo della 17enne yankee è stato proprio Pacheco Mendez. Opposta alla 16enne bulgara Iva Ivanova (già artefice dell’eliminazione della testa di serie n.1), la giocatrice della Florida, una delle più accreditate pretendenti al titolo, ha rischiato seriamente l’eliminazione. Dopo un primo set chiuso in poco più di un quarto d’ora, il match per la 17enne, già n.526 WTA, si è complicato. “All’inizio ho giocato molto bene – ha detto – ma nel secondo set ho perso l’iniziativa e lei ha lasciato andare il braccio, così il match è diventato molto combattuto. Nel terzo set sono stata brava a resettare la mente e a tornare a essere aggressiva come nel primo parziale”. È finita 6-0 6-7 6-4 in un’ora e 52 minuti. In semifinale, la Quevedo troverà la testa di serie n.6, la giapponese Sayaka Ishii. Gli azzurrini, un po’ deludenti in singolare, si stanno invece facendo onore nel tabellone di doppio con Noemi Basiletti e Gaia Maduzzi che, battendo il duo Jandova/Oved per 6-4 6-0, hanno conquistato la finale dove troveranno la coppia Grant/Oluwadare. Finale anche per Federico Cinà che, in coppia con il giapponese Sakamoto, sfiderà Demin/Pacheco Mendez. Sabato, a partire dalle ore 11, sono in programma gli incontri di semifinale dei singolari. Nel pomeriggio anche le finali dei doppi.

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