Djokovic atleta dell'anno per L'Équipe: "Se non fossi andato alle Olimpiadi avrei fatto meglio allo US Open"

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Djokovic atleta dell’anno per L’Équipe: “Se non fossi andato alle Olimpiadi avrei fatto meglio allo US Open”

Il serbo ha concesso una lunga intervista al quotidiano francese per l’occasione. “La rivalità fra Next Gen: Medvedev, Zverev… Djokovic!”

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Novak Djokovic - Wimbledon 2021 (via Twitter, @Wimbledon)
 

In attesa di prendere una decisione finale per quanto riguarda l’Australian Open 2022, Novak Djokovic è stato nominato sportivo dell’anno dal quotidiano francese L’Equipe, mentre al femminile il premio è andato a Elaine Thompson, velocista giamaicana campionessa olimpica nei 100 e 200 metri. Il tennista numero uno del mondo precede sul podio il nuotatore statunitense Caeleb Dressel, vincitore di cinque ori alle Olimpiadi di Tokyo (con due record mondiali e due olimpici) e il ciclista Tadej Pogacar, vincitore del Tour de France, della Liegi-Bastogne-Liegi e del Giro di Lombardia, nonché bronzo olimpico a Tokyo. A far primeggiare Nole all’interno di una concorrenza tanto accanita è stato sicuramente il Grande Slam sfiorato e perso per un soffio. Se fosse riuscito nell’impresa, il serbo avrebbe chiuso molti discorsi riguardo al più forte tennista di sempre e ne avrebbe probabilmente aperti altri che avrebbero travalicato il mondo delle palline di feltro giallo. Pur avendo mancato l’appuntamento con la storia, però, la stagione di Djokovic è stata dominante come poche altre nella storia dello sport.

In occasione della nomination, Novak si è concesso in una lunga intervista con il giornale francese, nel corso della quale ha riesaminato la stagione appena conclusa, a partire dalle tante difficoltà dovute alla pandemia e alle conseguenti limitazioni. “Si è trattato di una stagione difficile per molte ragioni. Con la pandemia, tutto il mondo ha vissuto un periodo difficile e per noi tennisti, costretti a viaggiare per il nostro lavoro seguendo regolamenti diversi in ogni Paese, è stato difficile rimanere ‘sani’ mentalmente e mantenere una routine“.

Inevitabile finire a parlare della finale dello US Open, persa contro Daniil Medvedev per 6-4 6-4 6-4. In quell’occasione Djokovic ha proprio ceduto alla pressione e al peso di un’impresa sportiva che avrebbe avuto pochi eguali nello sport professionistico. Lo stesso serbo ha ammesso le difficoltà avute nell’affrontare il match, soprattutto perché di là dalla rete l’avversario era molto centrato e poco interessato alle questioni da almanacco del tennis. “Daniil ha giocato meglio di me. Aveva un piano di gioco chiaro e lo ha eseguito a meraviglia. Onestamente non mi ha lasciato grandi chance. Si è piantato sulla linea di fondo, ha commesso pochissimi errori gratuiti ed è stato molto più aggressivo, cercando il vincente su ogni palla un po’ più corta”.

Un aspetto decisivo è stato poi quello legato al peso del momento: “Poi c’è stato anche il lato emotivo del gioco. Di solito quando in questo genere di partite non sono mai il favorito del pubblico, invece quando sono entrato in campo gli spettatori erano quasi tutti dalla mia parte. Non mi aspettavo un’atmosfera del genere e sono stato preso un po’ in contropiede. Amo essere supportato. Non sono uno che si motiva negli ambienti ostili, semplicemente è quello a cui sono sempre stato abituato. In qualche modo non sono riuscito a entrare bene nel match, ho perso subito il servizio e non sono riuscito a recuperare perché lui serviva benissimo. Sono sempre stato indietro nel punteggio, senza parlare della pressione… In tutta la mia carriera ho sempre gestito bene questo tipo di situazioni, ma in quel momento non ci sono riuscito“.

Del senno di poi son piene le fosse“, recita un adagio famoso, ma è anche vero che di qualcosa bisogna pur parlare, e riflettere a mente fredda sul passato aiuta talvolta a inquadrare meglio certe scelte. Ripensando alla sua programmazione, Djokovic ammette che la trasferta olimpica a Tokyo probabilmente ha drenato le sue energie in maniera deleteria, facendolo arrivare piuttosto stanco all’ultimo Slam dell’anno. “Forse sarebbe stato meglio se non fossi andato alle Olimpiadi prima dello US Open. Avrei avuto più energie fisiche e mentali. Sono arrivato a Tokyo col serbatoio al 50% e in quelle condizioni così difficili, con un’umidità incredibile e due partite in pieno giorno, le energie sono diminuite ancora. L’ho sentito nella semifinale contro Zverev [1-6 6-3 6-1 il risultato finale, ndr], un match che avrei potuto vincere. Quando sono tornato dai Giochi sentivo di aver bisogno di più tempo per recuperare, ma non ne avevo a disposizione e sono andato subito a New York. Una cosa è certa: mi sarei sentito meglio preparato a New York se non avessi disputato le Olimpiadi. Detto questo, non mi pento di esserci andato“. Chi scrive pensa che forse l’essere partito dal Giappone senza una medaglia abbia forse minato un po’ le certezze di Nole, ma alla fine a New York il serbo ha sbagliato una sola partita, l’ultima, quindi le energie non erano probabilmente così a secco.

Tra le vittorie, invece, Nole ricorda con particolare affetto la semifinale e la finale del Roland Garros, vinte contro il rivale di sempre Rafael Nadal e il rampante Stefanos Tsitsipas, rispettivamente in quattro e cinque set. “In termini di qualità le due partite con Nadal e Tsitsipas sono state incredibili. La sola differenza – senza sembrare arrogante e senza nulla togliere a Tsitsipas – è stata che contro di lui, anche sotto due set a zero, avevo la sensazione di poter vincere, di avere più controllo della situazione. Contro Rafa, su ogni punto, mi chiedevo se avrei vinto o perso. Quando ho fatto il break sul 3-2 nel quarto set ho iniziato a sentirmi un po’ meglio, anche perché sentivo che lui stava perdendo un po’ di energia. È stata una guerra, l’intensità era incredibile. Una delle mie vittorie più belle sicuramente“.

Gli unici che nel 2021 si sono opposti con continuità a Djokovic sono stati Medvedev e Alexander Zverev, per i quali il serbo ha speso parole al miele sia dal punto di vista tennistico che personale. Queste le sue parole sul teutonico: “Li apprezzo come persone. Ho avuto buoni rapporti con loro fin dal nostro primo incontro. Per quanto riguarda Sascha, conosco bene suo fratello Mischa, che è della mia stessa generazione e insieme al quale ho giocato molto da junior. Mischa si portava dietro la famiglia e anche Sascha, quindi me lo ricordo da quando era un bambino. Giocava con mio fratello Djordje che ha solo due anni più di lui. L’ho sempre incoraggiato e consigliato e lui mi ha sempre rispettato e ammirato. La nostra relazione si è costruita in questo modo. Tra i miei rivali maggiori è probabilmente quello con cui ho il rapporto più stretto”.

Sull’attuale N.2 ATP ha invece detto: “Con Medvedev ci siamo conosciuti a Montecarlo e ci siamo allenati insieme prima di un incontro di Coppa Davis nel 2017 [il russo si ritirò nel quarto set, ndr]. Adoro il suo carattere, sembra che voglia dire ‘sono come sono. Non copio nessuno’. Non è politicamente corretto, è come me. Mi ci rivedo un po’. Mi piacciono le persone che non si presentano come perfette, sia sul campo che fuori, per questo apprezzo sia Sasha che Daniil. Inoltre sono giocatori di tennis incredibili”. Chiosa finale con una risata: “Ecco le rivalità tra Next Gen: Medvedev, Zverev, Djokovic”.

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