Non appena oltrepassiamo la “state line” tra South e North Carolina cominciamo a intravedere la skyline di Charlotte. Trenta minuti a nord della città nel sobborgo di Concord, ha sede la ‘ Alex Bogomolov Academy”. Qui non solo giovani promesse si allenano sotto lo sguardo attento dell’ex top 30 ma da due anni a questa parte Jack Sock, lontano dai riflettori, sta cercando di ricostruire la sua carriera proprio con l’aiuto del suo amico e coach “Boogie”. Prima di lasciare Charlotte contattiamo Bogomolov telefonicamente, Sock si trova in South Carolina a celebrare il suo primo anno di anniversario con sua moglie ma Alex ci dice che è disponibile per un’intervista e così guidiamo verso il “Cabarrus Country Club” di Concord. Per essere dicembre la giornata è abbastanza tiepida, è lunedì mattina, i campi dell’accademia sono vuoti e nell’atmosfera rilassata lontano dal frastuono della grande città si sentono le urla proprio di Bogomolov. Alex ci accoglie con una calorosa stretta di mano e ci chiede di avere un pochino di pazienza dal momento che si sta allenando con un giovane ragazzo che è il miglior prospetto dell’università del North Carolina. Stanno facendo una partita ai 10 punti giocando solamente lo slice, sia dalla parte del dritto, sia dalla parte del rovescio. Modo intelligente per allenare colpi che vengono sempre meno usati nel tennis moderno. Alex si arrabbia quando commette un errore e si esalta ogni volta che vince il punto. La sua competitività è davvero travolgente, il ragazzo che sta allenando è più pacato ma si vede come tra i due c’è confidenza. Vedendo il suo spirito da lottatore sorprende che nonostante i seri problemi fisici Alex non abbia mai cercato di tornare a giocare dopo il ritiro. L’attesa si rivela piuttosto lunga, il giovane studente è il primo a mollare per i crampi mentre Alex pimpante dà l’idea che avrebbe potuto continuare per ore. Quando il ragazzo lascia i campi Bogomolov ci porta in una piccola stanza e così l’intervista può cominciare.
Vorrei chiederti innanzitutto della tua Accademia. Perché hai scelto esattamente Charlotte come città in cui vivere e creare la tua Accademia?
Innanzitutto Charlotte è situata a metà strada tra la Florida dove vive la mia famiglia e New York dove vive quella di mia moglie. Inoltre, avendo vissuto per molti anni proprio in Florida, mi attirava l’idea di vivere in un luogo dove fa più freddo, in cui puoi gustarti ogni stagione. Qui tra l’altro pagando meno soldi puoi avere una casa più grande. Così alcuni anni fa ci siamo trasferiti in una casa a dieci minuti da qui in cui ho potuto costruire un campo da tennis su cui far giocare i miei figli che a quel tempo erano molto piccoli e non avevano bisogno di nessun allenamento particolare. In futuro probabilmente la Florida sarebbe un’opzione migliore per permettere a mio figlio (ha 12 anni) di confrontarsi con altri giovani tennisti. All’inizio non volevamo nemmeno che giocasse ma ora è lui a chiederci di allenarsi (ride).
Con l’accademia il tuo obiettivo è quello di permettere a chiunque di allenarsi con un ex top 30 come te o preferisci a dedicarti a giovani promesse?
Qui abbiamo davvero qualsiasi livello. A partire da Sock che è stato top 10 che talvolta si allena con altri tennisti americani professionisti con cui è amico fino ad arrivare a bambini che vengono qui senza aver mai toccato una racchetta. Ogni persona che è venuta in questa accademia ha una storia e un passato tennistico diverso. In questo momento professionalmente sto lavorando con Jack Sock, a livello personale sto cercando di far migliorare i miei due figli mentre per quanto riguarda l’accademia sto lavorando sia con bambini che a oggi hanno poca esperienza sia con ragazzi che, se continuano a migliorare, un giorno possono realizzare qualcosa di importante. Ci piace avere la nostra indipendenza come accademia, infatti le nostre strutture sono all’interno del Cabarrus Country Club ma non devi essere un membro del club per avere accesso all’accademia.
A proposito della tua attuale collaborazione con Jack Sock, quando avete deciso di iniziare a lavorare insieme?
Nelle nostre carriere avevamo in comune l’aver vinto a Kalamazoo (città in Michigan sede di uno dei tornei giovanili più importanti degli Stati Uniti n.d.r.). È solo anni dopo il mio ritiro che abbiamo approfondito il nostro rapporto. Abbiamo cominciato a parlare di lavorare insieme allo US Open nel 2019 quando stava cercando di tornare dopo aver passato mesi fuori dai campi per l’infortunio al pollice. L’esatto momento in cui però la nostra collaborazione è iniziata è stato proprio durante l’off season tra la fine del 2019 e il 2020 quando Jack aveva perso tutti i suoi punti ATP.
Con il talento che Jack ha è sorprendente vederlo ancora fuori dai top 100. Come ti spieghi che dopo aver raggiunto il best ranking al numero 8 del mondo nel 2017 l’anno seguente senza particolari infortuni è uscito fuori dai top 100 e da quel momento non è ancora riuscito a tornarci?
Quello che è successo a Jack è un qualcosa di abbastanza comune per molti tennisti. Hai una stagione in cui ottieni tanti punti e l’anno seguente senti la pressione. Penso che il suo primo errore sia stato quello di rilassarsi dopo aver ottenuto il best ranking alla fine del 2017. Non si è allenato tanto duramente quanto avrebbe dovuto durante quella off season e in quel modo ha iniziato il 2018 con alcune sconfitte inaspettate. La fiducia è venuta a mancare e quella stagione è stata davvero terribile. Poi a inizio 2019 si è infortunato al pollice, non ha potuto lavorare sulla sua forma fisica per ben sei mesi e così quando è tornato alla fine di quell’anno era sovrappeso e si è fatto male anche alla schiena. Ha dovuto ripartire dai challenger ma a livello fisico non era in grado di giocare nemmeno a quel livello e quando ha perso tutti i suoi punti ha pensato seriamente al ritiro. Quando abbiamo cominciato a parlare non aveva alcun allenatore e nessun piano per tornare ad alto livello. Assieme a sua moglie stavano cercando una sistemazione a Charlotte ma era difficile per lui trovare un coach. Penso che siamo stati fortunati a vicenda a trovarci. È giusto dire però che quando è arrivato in top 10 era ancora piuttosto giovane e fino a quel momento non aveva mai avuto pressione di dover vincere a tutti i costi visto che non aveva mai troppi punti da difendere. Tra l’altro a Bercy nel 2017 avrebbe dovuto perdere al primo turno (contro Kyle Edmund).
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Possiamo dire che probabilmente fu abbastanza fortunato a giocare il torneo della carriera in un momento di transizione in cui c’era più spazio per entrare in top 10 rispetto a anni prima?
È stato bravo a sfruttare l’occasione ma è giusto dire che 1000 punti sono davvero tanti e solo quel torneo gli avrebbe permesso di rimanere in top 30 per parecchi mesi. Inoltre dopo quell’exploit ha cominciato ad avere bye in tutti i tornei che giocava e era un qualcosa a cui non era abituato. Così mentre le sconfitte nel 2018 aumentavano lui si trovava a iniziare nei tornei sempre il mercoledì o il giovedì contro giocatori che erano già rodati e più in fiducia di lui. Pochi mesi dopo che avevamo iniziato a lavorare è arrivata la pandemia che ha davvero rovinato i nostri piani. A marzo del 2020 aveva appena giocato la finale al Challenger di Indian Wells contro Steve Johnson, era finalmente in fiducia per la prima volta dopo tanto tempo e soprattutto ci avevano appena detto che Jack avrebbe ottenuto la wild card sia a Indian Wells sia a Miami. Sarebbe stata la prima occasione per lui per confrontarsi di nuovo contro i migliori ma quella sera stessa il circuito ATP è stato sospeso e i nostri piani sono saltati nuovamente. Ha smesso di pagarmi dal momento che non avevamo alcuna idea di quando il circuito avrebbe ripreso, si è dedicato al golf e ha preso di nuovo tutti i chili che aveva perso nei mesi precedenti. È tornato allo US Open dove al secondo turno ha perso contro Mannarino ma poi a fine anno ci siamo dovuti fermare nuovamente perché si è sposato. È stato difficile nelle ultime due stagioni dare continuità al tuo lavoro.
Sei un coach di vecchio stampo che lavora in silenzio e non ama scherzare troppo mentre ci si allena o hai un approccio più “leggero”?
Io e Jack in questo siamo diversi. Faccio fatica a prendere molti giorni liberi durante l’off season mentre lui, per quanto si alleni duramente, ha un approccio più leggero . Non mi piace perdere tempo quando ci alleniamo e quando viaggiamo tutto deve essere organizzato alla perfezione. In passato abbiamo litigato spesso perché come detto il suo approccio è più rilassato, sto ancora imparando come rivolgermi a Jack senza essere troppo aggressivo così non risponde in maniera troppo emotiva. Dal canto suo lui sta cercando di rispettare maggiormente l’allenamento e la mia etica di lavoro. Non mi piace perdere tempo, per questo stiamo ancora cercando di conoscerci.
Dal punto di vista tecnico ho notato come la sua discesa nel ranking sia coincisa con un maggior utilizzo dello slice con il rovescio. Quest’anno allo US Open ha giocato un’ottima partita contro Zverev e colpiva il rovescio a due mani piatto. È un aspetto su cui state cercando di lavorare?
L’aspetto su cui stiamo lavorando maggiormente è proprio la fiducia. Quando è sereno è in grado di giocare sia il rovescio incrociato sia il lungolinea proprio perché la mente è sgombra. Mentre quando non è in fiducia tende a girarsi troppo dalla parte del dritto, è un qualcosa di cui abbiamo parlato molto negli ultimi anni. Lui ha bisogno di una o due partite per entrare in ritmo, ha vinto il Challenger di Little Rock quest’anno perché è riuscito ad aggiudicarsi match molto duri che gli hanno dato una bella iniezione di fiducia. Quando sente l’odore del sangue si trasforma e il rovescio non è più un problema.
Nonostante le difficoltà lavorative siete in grado di avere un buon rapporto di amicizia?
Sua moglie Laura va molto d’accordo con i miei figli e così quando viaggiamo andiamo tutti insieme. È ottimo anche per i miei figli così riescono a viaggiare, a vedere posti diversi nel mondo e a prendere confidenza con i palcoscenici tennistici più importanti. Io e Jack abbiamo un rapporto molto buono, ero anche al suo matrimonio e una buona atmosfera è importante anche per la fiducia di chi scende in campo ovviamente.
Nel 2011 ti sei aggiudicato il premio “most improved player of the year”, sei passato in una sola stagione dal numero 166 al numero 33 del mondo. Pensi che la tua esperienza nello scalare la classifica così rapidamente possa essere d’aiuto anche per Sock?
Penso che il 2022 sarà un grande anno per Jack. Negli ultimi due anni ha giocato davvero pochi tornei ma con una buona programmazione penso possa finalmente tornare ad alti livelli. Non so dire con esattezza in che posizione lo troveremo tra un anno ma il nostro primo obiettivo è ovviamente la top 100. La cosa migliore di Jack è che può attere qualsiasi giocatore, quindi se riusciamo ad arrivare nei palcoscenici più importanti si può togliere delle soddisfazioni. Al Roland Garros nel 2020 quando il suo livello era più basso di quello di oggi ha passato un turno contro Opelka e ha tolto un set a Thiem.
La top 100 è alla portata, se mi chiedi top 10 ti dico che questa volta per arrivare tra i primi dieci dovrebbe fare molto di più di quello che fece nel 2017. Quattro anni fa non penso sapesse nemmeno lui come avesse raggiunto quella posizione. Oggi è un giocatore più umile, giocare Challenger e perdere da giocatori più deboli gli ha fatto capire che nulla è scontato. Se riesce a motivarsi più di quanto non abbia mai fatto in passato allora forse può avere una chance di tornare a quel livello. Non penso che Jack fino ad oggi sia stato in grado di andare oltre i suoi limiti.
Quando Jack è tornato a giocare challenger pensavo che con la sua esperienza sarebbe stato in grado di vincerne parecchi. Come ti spieghi le difficoltà riscontrate in questo tipo di tornei?
Io sono cresciuto giocando Challenger e ho sempre pensato che scalare la classifica passando da questi tornei fosse molto difficile. Nei Challenger i giocatori sono tutti affamati, devono realizzare il loro sogno e sono molto motivati. Quando vai a giocare tornei ATP qualche volta il tuo avversario è infortunato o magari ha giocato alcuni ottimi tornei quindi è un pochino demotivato. A livello ATP assieme a Jack quest’anno abbiamo avuto più successo che nei Challenger, è dura per qualcuno come lui che è stato in top 10 andare a giocare tornei minori, perdere e presentarsi di nuovo nel prossimo torneo.
La sua stagione è comunque stata buona, è stato nominato per il premio “comeback player of the year” ma penso che avrebbe potuto fare meglio in alcuni tornei.
Qual’è la vostra programmazione per l’inizio della nuova stagione?
Ha finito tardi con la Davis Cup in Italia quindi non andremo in Australia. Abbiamo bisogno di allenarci con continuità a dicembre e a gennaio, inizieremo con un Challenger a fine gennaio e poi andremo al nuovo torneo Atp di Dallas per continuare il mese di febbraio a Delray Beach.