Djokovic d'annata in finale dopo 5 mesi nella sua Belgrado:"L'età è un numero" (Scognamiglio)

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Djokovic d’annata in finale dopo 5 mesi nella sua Belgrado:”L’età è un numero” (Scognamiglio)

La rassegna stampa del 24 aprile 2022

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Djokovic d’annata in finale dopo 5 mesi nella sua Belgrado:”L’età è un numero” (Ciro Scognamiglio, La Gazzetta dello Sport)

Erano cinque mesi e mezzo che non raggiungeva una finale: il 7 novembre Novak Djokovic vinse l’ultimo atto di Parigi-Bercy contro Daniil Medvedev. Ma il fatto è che in questi cinque mesi e mezzo gli è successo di tutto: e cosi il fatto che oggi il serbo affronti un altro russo, Andrej Rublev, sulla terra rossa del torneo di casa – Belgrado, Atp 250 – non è una «semplice» occasione, l’ennesima, di aggiornare la contabilità dei successi in carriera. […]

Controverso Quel successo finale di Parigi Bercy (il n’ 86) finora è rimasto l’ultimo. Da allora Djokovic non ha semplicemente perso le Atp Finals di Torino, ma soprattutto è stato rimandato a casa dall’Australia – senza poter partecipare allo Slam di gennaio – perché la corte federale del Paese aveva confermato la decisione di cancellargli il visto: decisive le sue controverse idee contrarie al vaccino per il coronavirus. Inoltre, non ha potuto partecipare ai due Masters 1000 americani di Indian Wells e Miami a causa delle regole di ingresso nel paese, che impediscono a chi non è vaccinato (come lui) di entrare negli Stati Uniti. Una serie di eventi che hanno finito dl condizionare pure il suo rendimento sportivo, nonostante nel frattempo sia ritornato numero 1 al mondo: prima di respirare l’aria di casa di Belgrado – il Novak Tennis Center è anche un suo luogo di allenamento – il Djoker aveva perso nei quarti a Dubai in due set dal ceco Vesely (123) e al debutto a Montecarlo contro lo spagnolo Davidovich Fokina (46). Un bilancio di due vittorie e due sconfitte, per niente degno di lui. «Ma la Serbia è un’opportunità unica per me, mi nutro di buone energie. Amo stare qui e amo gareggiare». L’accesso in finale comunque se lo è dovuto sudare: come già contro Djere e Kecmanovic nei due turni precedenti, Djokovic ha ceduto il primo set al russo Khachanov (n’ 26) prima di dilagare e imporsi 4-6 6-1 6-2. Rublev, invece, si è liberato in semifinale del nostro Fabio Fognini senza troppe difficoltà come dimostra il 6-2 6-2. Romanzo Il fatto che Djokovic ritrovi in finale un altro russo, poi, è a dir poco simbolico. È vecchia di appena tre giorni infatti la sua presa di posizione contro il torneo di Wimbledon che ha deciso di escludere i tennisti russi e bielorussi a causa della guerra scatenata da Putin in Ucraina. «Una decisione folle, quando il governo interferisce con lo sport il risultato non è mai buono – le sue potenti parole -. Condannerò sempre la guerra. Non la sosterrò mai, essendo lo stesso cresciuto durante il conflitto in Jugoslavia. Mai tennisti e gli atleti non c’entrano niente». Lo stesso Rublev, numero 8 del mondo, non le aveva mandate a dire: «Una decisione totalmente discriminatoria, le ragioni che hanno addotto sono illogiche. E poi non servirà a niente: sarebbe meglio destinare il montepremi alle famiglie che soffrono». Storia In semifinale, Djokovic ha messo solo il 57% di prime palle nel primo parziale, poi ha cambiato marcia: «Il secondo e il terzo set sono stati i migliori che ho giocato quest’anno. Ho utilizzato l’energia del pubblico (più di 8.000, ndr), è stato fenomenale, probabilmente il migliore che abbia mai avuto in carriera». Il tutto quando ormai manca meno di un mese all’appuntamento più importante su terra in stagione, il Roland Garros, che quest’anno comincia nel giorno del 35° compleanno del Djoker, il 22 maggio. «È il traguardo più grande su questa superficie e, in parte, ho il pensiero di arrivare ben preparato a Parigi. Sapete, la gente si abitua a vederti ad alto livello per dieci, quindici anni. Si aspettano sempre che tu vinca il 99% delle partite. Ma non è possibile. Devi accettare il fatto che perderai degli incontri, che a volte non ti sentirai bene, che hai ancora bisogno di più tempo per prendere il ritmo». Ad ogni modo, l’età non sembra costituire un problema: «È solo un numero. Onestamente, mi sento più giovane di quanto rifletta la carta d’identità». E allora questa ha tutta l’aria di essere un’altra finale, l’ennesima, ma non certo l’ultima.

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