La voce del padrone (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Dopo aver guardato l’abisso, il Superuomo riscopre la luce. Djokovic è tornato: la clamorosa prigionia australiana a cavallo dell’anno, le posizioni contro il vaccino che per troppe settimane gli hanno impedito di giocare a tennis, la misteriosa malattia di Montecarlo proprio nel momento in cui la stagione stava convertendosi alla normalità, sono ormai alle spalle. Madrid aveva mandato i primi segnali con la sconfitta lottatissima in semifinale contro Alcaraz, Roma certifica la conferma: il vero Nole è di nuovo tra noi. Con gli occhi spiritati che inceneriscono le ambizioni di Ruud, il norvegese di ghiaccio, terraiolo evoluto stavolta senza armi contro la pressione costante del numero uno. Si parte ed è subito 4-0 per il Djoker, una mazzata che già indirizza il match in via definitiva: troppo concentrato il numero uno del mondo, troppi profondi i suoi dritti pesanti negli angoli per la ragnatela del povero Casper. Che lotta, suda, corre, ma si arrende in un’ora e 42 minuti senza mai costruirsi l’opportunità di stare dentro il match, se non in un paio di game a inizio secondo set. Per Djokovic è la 12^ finale (5 vittorie) e quarta consecutiva al Foro, nonché la seconda della stagione dopo Belgrado, ma con una valenza ben più consistente: «Sono molto contento, la partenza è stata favolosa, contro un avversario così forte sapevo che dovevo alzare il mio livello. Anche fisicamente mi sono sentito molto bene, infatti gli ultimi quattro game li ho giocati alla grande come i primi». Il corollario della notte che restituisce il Novak feroce è poi la celebrazione (con torta annessa) della vittoria numero 1000 in carriera, quinto a raggiungere il traguardo dopo Connors, Federer, Lendl e Nadal: «Una pietra miliare per la mia carriera, significa che ho realizzato qualcosa di importante. Negli ultimi anni avevo visto festeggiare Roger e Rafa, aspettavo con ansia che arrivasse anche il mio momento. MI piace che sia successo a Roma, qui l’atmosfera è magica, mi sento amato come in Serbia. Sono davvero, davvero fortunato e privilegiato ad aver ottenuto così tante vittorie nel Tour. È passato molto tempo da quando ho ottenuto il mio primo successo Atp, spero di poter andare avanti e conquistarne altre mille». Cominciando da oggi pomeriggio alle 16, quando si troverà davanti Apollo Tsistipas. Il greco ritrovava Zverev per la terza volta consecutiva in semifinale dopo il successo a Montecarlo e la sconfitta a Madrid, e si aggiudica questa sorta di «bella» romana ritrovando il servizio dal secondo set dopo un primo parziale in cui il tedesco è più propositivo e aggressivo. Ma con la battuta che torna a funzionare, Tsitsi può prendere il controllo dello scambio fin dal primo colpo a rimbalzo, per tenere al centro del campo Sascha e poi pizzicarlo con i lungolinea. Sulla terra, Stefanos è decisamente uno degli interpreti più completi, perché la palla più lenta gli permette di preparare meglio il suo letale top spin: «È stata una battaglia di servizi, una lotta per riuscire a prendere il controllo già con il primo colpo e metterci davvero molta pressione, cosa che penso di aver fatto davvero bene nel terzo set Sono rimasto ben dentro gli scambi, non ho regalato nulla e a un certo punto ho visto pure che lui era un po’ impaziente». Tsistipas con il Djoker è sotto 6-2 nei precedenti e non lo ha mai sconfitto silla terra, però un anno fa al Roland Garros era sopra due set a zero in finale e anche l’anno prima, in semifinale, l’aveva portato al quinto: «Ci sono molte lezioni che impari da tutte le partite contro giocatori così forti. Il margine è molto piccolo quando giochi contro di loro e devi riuscire a riempirlo. Ho rivisto quelle partite, le ho analizzate. Al Roland Garros sono stato piuttosto testardo, non volevo cambiare qualcosa che funzionava, forse è íl momento di fare qualcosa di diverso». Per regalare a Roma una finale indimenticabile.
Tsitsipas, che finale contro Nole (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)
Il Djoker sta tornando. Il campionissimo dei venti Slam, il protagonista del 2021- tre vittorie e una finale nei quattro grandi tornei dell’anno – sembra ormai pronto a riaffacciarsi tra i grandissimi nel momento più caldo della stagione, a pochi giorni dal Roland Garras, e con i prati di Wimbledon già visibili sullo sfondo. A certificare simbolicamente il suo ritrovato stato di forma ieri è arrivata anche la vittoria numero 1000 della carriera ottenuta ieri sera contro lo spigoloso Ruud. Tra il serbo e il sesto trionfo al Foro Italico resta ora l’ostacolo più diffidle di questo spicchio di stagione, quello Tsitsipas già vincitore a Monte Carlo e protagonista ieri di un successo non così scontato contro Zverev. Conoscerete tutti le vicissitudini che hanno accompagnato Djokovic negli ultimi mesi: il suo ostinato rifiuto di sottoporsi a qualsiasi vaccino, il braccio di ferro perduto con il governo australiano, l’impossibilitá a giocare i grandi tornei americani di primavera, come Indian Wells e Miami. Arrivato così a Roma con appena 12 partite giocate nell’anno, con il bagaglio di alcune sconfite e qualche cenno di reazione invece nella battaglia persa una settimana fa in semifinale a Madrid contro Alcaraz, il n. 1 del mondo è riuscito giorno dopo giorno a progredire, in sicurezza e colpi. Ieri ne ha dato l’ennesima dimostrazione contro Ruud, ha cominciato alla grande, salendo 5-1 per poi accusare un breve passaggio a vuoto e chiudere comunqua6-4. Stesso copione nella seconda partita, con Ruud rimasto in gara fino al 3-2 e poi travolto da una serie di quattro giochi di fila. «Ci sono due posti al mondo dove avrei voluto festeggiare la millesima vittoria della carriera – ha detto Nole – la Serbia e qui a Roma. Dai, andiamo per altre mille!» In precedenza, Tsitsipas aveva vinto la terza sfida di fila giocata con Zverev nella semifinale di un Masters 1000 sulla terra battuta, conquistando la sua prima finale al Foro. Tsitsipas si conferma giocatore durissimo da addomesticare sulla terra. Ora punta alla doppietta Monte Carlo-Roma, centrata per l’ultima volta nel 2018 da Rafa (che da parte sua ci è riuscito ben 7 volte). Ieri Stefanos ha sofferto all’inizio, con Zverev molto a suo agio anche nel palleggio da fondo campo e bravo a sfruttare il break ottenuto sul 3-3. Perso il primo set il greco non si è perso d’animo, ha continuato a tenere alto il ritmo del palleggio mentre Zverev perdeva minuto dopo minuto gran parte delle sue certezze. Subito un break garantiva al greco il secondo set nel terzo la svolta arrivava sul 2-2, con Zverev che poi sul 3-5 abdicava definitivamente alla sua terza finale romana con un game davvero orripilante, seguito da un opportuno abbraccio molto amichevole trai due, che – si dice – non si amerebbero troppo.
Tsitsi il teoreta (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Stai manzo! Meìne íremos! Keep calm! Sokhranyat’ Spnknyctviye! Stai calmo Tsitsi, in tutte le lingue che conosce, tranne una, la prima. Puro romanesco degli anni Duemila. Seguono greco, inglese, e il russo della mamma Julia, che è anche la lingua di Sascha Zverev. Ma il concetto non cambia. Datte una calmata (sempre romanesco), perché corri? Perché insegui? Perché non rifletti? Ecco Tsitsipas versione teoreta, una delle tante nelle quali si esprime, non sempre la migliore. Alla fine del primo set il nostro si è reso conto di essere finito dentro una tormenta di ceffoni. Va bene porgere l’altra guancia, ma i jab di Zverev gli erano arrivati ovunque. ll tedesco aveva imposto il ritmo, e il greco si era convinto di poterlo sostenere, finendo per esporsi oltre il dovuto alla pioggia di sganassoni. Tennistici, s’intende. Più sul pezzo, Zverev. Più convinto. “Che fare?” si chiedeva intanto Tsitsi. in questi casi il greco ricorre ai consigli del papà, che tanto glieli dà anche se non richiesti. Anzi, la filiera della raccomandazione, di solito, nasce due file più su, dove si sistema mamma Julia, ex giocatrice. E’ lei a sollecitare il padre “digli di fare così”. E Apostolos, che è dotato di un megafono naturale, trasferisce il pizzino vocale. Di solito si fa beccare, e scatta il warning per il buon Tsitsi, ma qui a Roma non è successo. Ammesso che la scelta tattica, stavolta, non sia farina del sacco di Stefanos. In tal caso… complimenti! La mossa è stata quella di sottrarsi alla tormenta arretrando di un metro, in modo da imporre un ritmo più slow al match e poco alla volta riprenderlo in mano. Qualche colpo in più. Poi l’accelerazione (o una perfida smorzata) per aprirsi il giusto varco. E su quello chiudere il punto. Facile no? A parole certamente, ma in questi frangenti è il buon Zverev a regalare quasi sempre grandi soddisfazioni. E’ bastato che Tsitsipas mutasse atteggiamento che il tedesco ha subito concesso il break. Alla fine, il cambio tattico ha prodotto i fruiti desiderati. Su quel break Tsitsipas ha intascato la seconda frazione, e nella terza si è addirittura permesso di tormentare con i suoi pallettoni il tedesco. Prima finale romana per Tsitsipas. «Il torneo di Roma mi è sempre piaciuto, mi trovo bene su questa terra. Il pubblico sa apprezzare i match combattuti e tifa per il bel gioco, da qualsiasi parte esso venga. Con Sascha c’è amicizia e rivalità, com’è giusto che sia».
Martello Swiatek e la maga Jabeur, al Foro la finale più bella (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Roma avrà la sfida più nobile, il duello tra le più forti di questo scorcio di stagione: la campionessa in carica Swiatek, cinque finali conquistate negli ultimi cinque tornei giocati (e le quattro precedenti le ha vinte), e la tunisina Jabeur, fresca del trionfo a Madrid, dove peraltro la polacca non c’era. Non si poteva chiedere di meglio. La semifinale di Iga contro la Sabalenka è senza storia, confermando lo straordinario momento della prima giocatrice del mondo, arrivata in finale senza perdere neppure un set e concedendo appena 17 game: piantata con i piedi sulla riga di fondo, imprime al gioco un ritmo insostenibile, aggiungendoci pure la capacità di ridurre al minimo gli errori. Alla ricerca di una giocatrice di riferimento che potesse sostituirsi per continuità di risultati a Serena Williams, forse il tennis femminile ha davvero trovato la sua dominatrice, e i numeri di questa eccezionale stagione della Swiatek stanno lì a dimostrarlo. Ha inanellato la 27^ vittoria consecutiva, eguagliando la quarta striscia più vincente di sempre e la più lunga dal 2015. Un rullo compressore che sembra non avere alcuna intenzione di mollare la presa sul circuito: «Sto sorprendendo continuamente anche me stessa. E sono orgogliosa di ciò che sta accadendo. Sto capendo che non devo mettermi limiti ed è divertente. Ho letto qualcosa sulle strisce positive del passato, ma non ho tanto tempo per distrarmi». Contro la Jabeur, orgoglio di Tunisia e di tutto íl mondo arabo e reduce da 11 successi di fila, è sotto 2-1 nei precedenti, ma non si è mai giocato sulla terra. Dopo il ritiro della Barty, Ons è certamente la giocatrice più divertente e imprevedibile del circuito, oltre a possedere una spiccata simpatia che tutte le colleghe adorano. Nel tennis stereotipato di oggi, meraviglia la sua continua ricerca delle soluzioni più varie: in stagione, ha ottenuto addirittura 840 vincenti, di cui 43 contro la Kasatkina ieri. E poi è una guerriera: era sotto 6-2 5-1 nei quarti contro la Sakkari, in semifinale ha annullato un match point nel terzo set alla russa. Viva le donne. Finalmente.