Finale Djokovic-Tsitsipas (Crivelli, Grilli, Azzolini). Martello Swiatek e la maga Jabeur, al Foro la finale più bella (Crivelli)

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Finale Djokovic-Tsitsipas (Crivelli, Grilli, Azzolini). Martello Swiatek e la maga Jabeur, al Foro la finale più bella (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 15 maggio 2022

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La voce del padrone (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Dopo aver guardato l’abisso, il Superuomo riscopre la luce. Djokovic è tornato: la clamorosa prigionia australiana a cavallo dell’anno, le posizioni contro il vaccino che per troppe settimane gli hanno impedito di giocare a tennis, la misteriosa malattia di Montecarlo proprio nel momento in cui la stagione stava convertendosi alla normalità, sono ormai alle spalle. Madrid aveva mandato i primi segnali con la sconfitta lottatissima in semifinale contro Alcaraz, Roma certifica la conferma: il vero Nole è di nuovo tra noi. Con gli occhi spiritati che inceneriscono le ambizioni di Ruud, il norvegese di ghiaccio, terraiolo evoluto stavolta senza armi contro la pressione costante del numero uno. Si parte ed è subito 4-0 per il Djoker, una mazzata che già indirizza il match in via definitiva: troppo concentrato il numero uno del mondo, troppi profondi i suoi dritti pesanti negli angoli per la ragnatela del povero Casper. Che lotta, suda, corre, ma si arrende in un’ora e 42 minuti senza mai costruirsi l’opportunità di stare dentro il match, se non in un paio di game a inizio secondo set. Per Djokovic è la 12^ finale (5 vittorie) e quarta consecutiva al Foro, nonché la seconda della stagione dopo Belgrado, ma con una valenza ben più consistente: «Sono molto contento, la partenza è stata favolosa, contro un avversario così forte sapevo che dovevo alzare il mio livello. Anche fisicamente mi sono sentito molto bene, infatti gli ultimi quattro game li ho giocati alla grande come i primi». Il corollario della notte che restituisce il Novak feroce è poi la celebrazione (con torta annessa) della vittoria numero 1000 in carriera, quinto a raggiungere il traguardo dopo Connors, Federer, Lendl e Nadal: «Una pietra miliare per la mia carriera, significa che ho realizzato qualcosa di importante. Negli ultimi anni avevo visto festeggiare Roger e Rafa, aspettavo con ansia che arrivasse anche il mio momento. MI piace che sia successo a Roma, qui l’atmosfera è magica, mi sento amato come in Serbia. Sono davvero, davvero fortunato e privilegiato ad aver ottenuto così tante vittorie nel Tour. È passato molto tempo da quando ho ottenuto il mio primo successo Atp, spero di poter andare avanti e conquistarne altre mille». Cominciando da oggi pomeriggio alle 16, quando si troverà davanti Apollo Tsistipas. Il greco ritrovava Zverev per la terza volta consecutiva in semifinale dopo il successo a Montecarlo e la sconfitta a Madrid, e si aggiudica questa sorta di «bella» romana ritrovando il servizio dal secondo set dopo un primo parziale in cui il tedesco è più propositivo e aggressivo. Ma con la battuta che torna a funzionare, Tsitsi può prendere il controllo dello scambio fin dal primo colpo a rimbalzo, per tenere al centro del campo Sascha e poi pizzicarlo con i lungolinea. Sulla terra, Stefanos è decisamente uno degli interpreti più completi, perché la palla più lenta gli permette di preparare meglio il suo letale top spin: «È stata una battaglia di servizi, una lotta per riuscire a prendere il controllo già con il primo colpo e metterci davvero molta pressione, cosa che penso di aver fatto davvero bene nel terzo set Sono rimasto ben dentro gli scambi, non ho regalato nulla e a un certo punto ho visto pure che lui era un po’ impaziente». Tsistipas con il Djoker è sotto 6-2 nei precedenti e non lo ha mai sconfitto silla terra, però un anno fa al Roland Garros era sopra due set a zero in finale e anche l’anno prima, in semifinale, l’aveva portato al quinto: «Ci sono molte lezioni che impari da tutte le partite contro giocatori così forti. Il margine è molto piccolo quando giochi contro di loro e devi riuscire a riempirlo. Ho rivisto quelle partite, le ho analizzate. Al Roland Garros sono stato piuttosto testardo, non volevo cambiare qualcosa che funzionava, forse è íl momento di fare qualcosa di diverso». Per regalare a Roma una finale indimenticabile.

Tsitsipas, che finale contro Nole (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

 

Il Djoker sta tornando. Il campionissimo dei venti Slam, il protagonista del 2021- tre vittorie e una finale nei quattro grandi tornei dell’anno – sembra ormai pronto a riaffacciarsi tra i grandissimi nel momento più caldo della stagione, a pochi giorni dal Roland Garras, e con i prati di Wimbledon già visibili sullo sfondo. A certificare simbolicamente il suo ritrovato stato di forma ieri è arrivata anche la vittoria numero 1000 della carriera ottenuta ieri sera contro lo spigoloso Ruud. Tra il serbo e il sesto trionfo al Foro Italico resta ora l’ostacolo più diffidle di questo spicchio di stagione, quello Tsitsipas già vincitore a Monte Carlo e protagonista ieri di un successo non così scontato contro Zverev. Conoscerete tutti le vicissitudini che hanno accompagnato Djokovic negli ultimi mesi: il suo ostinato rifiuto di sottoporsi a qualsiasi vaccino, il braccio di ferro perduto con il governo australiano, l’impossibilitá a giocare i grandi tornei americani di primavera, come Indian Wells e Miami. Arrivato così a Roma con appena 12 partite giocate nell’anno, con il bagaglio di alcune sconfite e qualche cenno di reazione invece nella battaglia persa una settimana fa in semifinale a Madrid contro Alcaraz, il n. 1 del mondo è riuscito giorno dopo giorno a progredire, in sicurezza e colpi. Ieri ne ha dato l’ennesima dimostrazione contro Ruud, ha cominciato alla grande, salendo 5-1 per poi accusare un breve passaggio a vuoto e chiudere comunqua6-4. Stesso copione nella seconda partita, con Ruud rimasto in gara fino al 3-2 e poi travolto da una serie di quattro giochi di fila. «Ci sono due posti al mondo dove avrei voluto festeggiare la millesima vittoria della carriera – ha detto Nole – la Serbia e qui a Roma. Dai, andiamo per altre mille!» In precedenza, Tsitsipas aveva vinto la terza sfida di fila giocata con Zverev nella semifinale di un Masters 1000 sulla terra battuta, conquistando la sua prima finale al Foro. Tsitsipas si conferma giocatore durissimo da addomesticare sulla terra. Ora punta alla doppietta Monte Carlo-Roma, centrata per l’ultima volta nel 2018 da Rafa (che da parte sua ci è riuscito ben 7 volte). Ieri Stefanos ha sofferto all’inizio, con Zverev molto a suo agio anche nel palleggio da fondo campo e bravo a sfruttare il break ottenuto sul 3-3. Perso il primo set il greco non si è perso d’animo, ha continuato a tenere alto il ritmo del palleggio mentre Zverev perdeva minuto dopo minuto gran parte delle sue certezze. Subito un break garantiva al greco il secondo set nel terzo la svolta arrivava sul 2-2, con Zverev che poi sul 3-5 abdicava definitivamente alla sua terza finale romana con un game davvero orripilante, seguito da un opportuno abbraccio molto amichevole trai due, che – si dice – non si amerebbero troppo.

Tsitsi il teoreta (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Stai manzo! Meìne íremos! Keep calm! Sokhranyat’ Spnknyctviye! Stai calmo Tsitsi, in tutte le lingue che conosce, tranne una, la prima. Puro romanesco degli anni Duemila. Seguono greco, inglese, e il russo della mamma Julia, che è anche la lingua di Sascha Zverev. Ma il concetto non cambia. Datte una calmata (sempre romanesco), perché corri? Perché insegui? Perché non rifletti? Ecco Tsitsipas versione teoreta, una delle tante nelle quali si esprime, non sempre la migliore. Alla fine del primo set il nostro si è reso conto di essere finito dentro una tormenta di ceffoni. Va bene porgere l’altra guancia, ma i jab di Zverev gli erano arrivati ovunque. ll tedesco aveva imposto il ritmo, e il greco si era convinto di poterlo sostenere, finendo per esporsi oltre il dovuto alla pioggia di sganassoni. Tennistici, s’intende. Più sul pezzo, Zverev. Più convinto. “Che fare?” si chiedeva intanto Tsitsi. in questi casi il greco ricorre ai consigli del papà, che tanto glieli dà anche se non richiesti. Anzi, la filiera della raccomandazione, di solito, nasce due file più su, dove si sistema mamma Julia, ex giocatrice. E’ lei a sollecitare il padre “digli di fare così”. E Apostolos, che è dotato di un megafono naturale, trasferisce il pizzino vocale. Di solito si fa beccare, e scatta il warning per il buon Tsitsi, ma qui a Roma non è successo. Ammesso che la scelta tattica, stavolta, non sia farina del sacco di Stefanos. In tal caso… complimenti! La mossa è stata quella di sottrarsi alla tormenta arretrando di un metro, in modo da imporre un ritmo più slow al match e poco alla volta riprenderlo in mano. Qualche colpo in più. Poi l’accelerazione (o una perfida smorzata) per aprirsi il giusto varco. E su quello chiudere il punto. Facile no? A parole certamente, ma in questi frangenti è il buon Zverev a regalare quasi sempre grandi soddisfazioni. E’ bastato che Tsitsipas mutasse atteggiamento che il tedesco ha subito concesso il break. Alla fine, il cambio tattico ha prodotto i fruiti desiderati. Su quel break Tsitsipas ha intascato la seconda frazione, e nella terza si è addirittura permesso di tormentare con i suoi pallettoni il tedesco. Prima finale romana per Tsitsipas. «Il torneo di Roma mi è sempre piaciuto, mi trovo bene su questa terra. Il pubblico sa apprezzare i match combattuti e tifa per il bel gioco, da qualsiasi parte esso venga. Con Sascha c’è amicizia e rivalità, com’è giusto che sia».

Martello Swiatek e la maga Jabeur, al Foro la finale più bella (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Roma avrà la sfida più nobile, il duello tra le più forti di questo scorcio di stagione: la campionessa in carica Swiatek, cinque finali conquistate negli ultimi cinque tornei giocati (e le quattro precedenti le ha vinte), e la tunisina Jabeur, fresca del trionfo a Madrid, dove peraltro la polacca non c’era. Non si poteva chiedere di meglio. La semifinale di Iga contro la Sabalenka è senza storia, confermando lo straordinario momento della prima giocatrice del mondo, arrivata in finale senza perdere neppure un set e concedendo appena 17 game: piantata con i piedi sulla riga di fondo, imprime al gioco un ritmo insostenibile, aggiungendoci pure la capacità di ridurre al minimo gli errori. Alla ricerca di una giocatrice di riferimento che potesse sostituirsi per continuità di risultati a Serena Williams, forse il tennis femminile ha davvero trovato la sua dominatrice, e i numeri di questa eccezionale stagione della Swiatek stanno lì a dimostrarlo. Ha inanellato la 27^ vittoria consecutiva, eguagliando la quarta striscia più vincente di sempre e la più lunga dal 2015. Un rullo compressore che sembra non avere alcuna intenzione di mollare la presa sul circuito: «Sto sorprendendo continuamente anche me stessa. E sono orgogliosa di ciò che sta accadendo. Sto capendo che non devo mettermi limiti ed è divertente. Ho letto qualcosa sulle strisce positive del passato, ma non ho tanto tempo per distrarmi». Contro la Jabeur, orgoglio di Tunisia e di tutto íl mondo arabo e reduce da 11 successi di fila, è sotto 2-1 nei precedenti, ma non si è mai giocato sulla terra. Dopo il ritiro della Barty, Ons è certamente la giocatrice più divertente e imprevedibile del circuito, oltre a possedere una spiccata simpatia che tutte le colleghe adorano. Nel tennis stereotipato di oggi, meraviglia la sua continua ricerca delle soluzioni più varie: in stagione, ha ottenuto addirittura 840 vincenti, di cui 43 contro la Kasatkina ieri. E poi è una guerriera: era sotto 6-2 5-1 nei quarti contro la Sakkari, in semifinale ha annullato un match point nel terzo set alla russa. Viva le donne. Finalmente.

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Alcaraz-Djokovic, sfida stellare (Azzolini, Cocchi, Nizegorodcew). Ruggito Zverev per andare oltre tutti i suoi guai (Giammò)

La rassegna stampa di mercoledì 7 giugno 2023

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E Djokovic scopre il valore dell’umiltà (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Essere Novak Djokovic è diventato difficile. Anche per lui, legittimo proprietario della griffe più vincente che si sia mai vista. Essere sempre il tennista giusto al posto giusto nel momento giusto, mette ansia. Fa salire la pressione. Crea quell’apprensione sorda e lancinante come un mal di denti che si traduce in una profonda inquietudine. E l’angoscia, da sempre, è la nemica più traditrice. Così l’uomo che ha sempre avuto una risposta corretta, opportuna, legittima e appropriata da dare ai propri avversari, qualunque fosse il lecito dubbio che questi gli abbiano proposto, vive questa parte della sua stagione, forse una delle ultime anche per lui, con le immancabili voglie di vincere e assoggettare il mondo del tennis, ma anche con la scoperta che un nuovo avversario potrebbe impedirglielo. Uno che mai si sarebbe aspettato di avere contro. Uno che molto gli somiglia. Se stesso…Non smette di vincere, del resto non l’ha mai fatto. Ma vi riesce senza sprintare come un tempo, macchina umana opposta a umani senza patente. Appare cauto, preoccupato, afflitto da pensieri che non ha mai avuto, e il gioco non sgorga com’era solito fare, non fluisce dalla testa alle membra con la facilita cui si era — e ci aveva —abituato. Lo riconosce con onestà. «Nei giochi finali del secondo set ero sul chi vive, temevo che un errore stupido, banale, di quelli che possono capitare in qualsiasi momento di un match potesse spingere l’incontro verso una deriva faticosa, difficile da correggere, da sistemare. Da recuperare…». Il match è quello con Karen Khachanov, quarti di finale di un Roland Garros che, visto con gli occhi del dominatore degli Australian Open dello scorso gennaio, appariva di facile annessione. Poi le cose si sono complicate. C’è stato l’ultimo stop per il Covid, che non gli ha permesso di prendere parte ai Masters 1000 della primavera americana, e dopo, al ritorno in campo, qualche risultato è andato di traverso. La sconfitta contro Medvedev a Dubai, sempre dolorosa da accettare. Quella con Musetti a Montecarlo. E ancora un altro stop, a Banja Luka opposto all’amico Lajovic fin lì sempre battuto. Prima dello scivolone romano contro Holger Rune. C’è stata la risalita di Carlos Alcaraz, a sfilargli il numero uno, e insieme la convinzione che sarebbe stato più difficile di come l’aveva previsto e valutato. Fino al Roland Garros che vale più di un semplice riscatto. È il torneo che può prolungare il sogno di giungere a quel Grand Slam disperso sotto le bordate di Medvedev agli US Open 2021. Perso il primo set, sotto le spinte attente, potenti sebbene un bel po’ ripetitive di Karen Khachanov, scontento di sé e dei consigli che gli venivano dal proprio team, Djokovic ha scelto di giocare accontentandosi di ciò che riusciva a fare. Scelta difficile per uno come lui, ma importante in prospettiva. Perché un bagno di umiltà fa sempre bene, e forse il Djoker ne aveva bisogno. E perché lo ha costretto a lavorare senza cercare l’impossibile. Ha tenuto lungo il palleggio e le uniche sortite che si è concesso sono giunte sui precisi drop shot che hanno avuto il merito di interrompere gli scambi da fondo campo, spesso favorevoli al russo. Su queste premesse, Nole ha costruito un tie break di rara efficacia, nel quale è sembrato tornare se stesso. Sette punti perfetti per esecuzione e tempistica che hanno cambiato segno alla partita. «Ho ritrovato le certezze perdute, in quel momento, e mi sono ritrovato in partita. Non avevo cominciato nel migliore dei modi, come se una parte di me fosse rimasta nello spogliatoio, e Khachanov giocava un ottimo tennis.  Quel tie break mi ha rilanciato. Ho tenuto bene nel set successivo, e tutto è tornato a procedere per il verso giusto». […] È la semifinale numero 45 per Djokovic, Federer ne ha appena una in più. Ma è l’unico, il serbo, ad aver ottenuto almeno dieci semifinali in tutti gli Slam. «Sono ancora in gara, l’importante è questo. Non ho idea di chi possa essere il mio avversario. Con Alcaraz la sfida è aperta, l’unica volta che ci siamo trovati di fronte  è stato lui a vincere». Accontentato. O forse non proprio, chissà. Magari, in cuor suo, la speranza che Tsitsipas potesse fare lo sgambetto ad Alcaraz, Djokovic la coltivava, ma la possibilità non ha mai preso realmente corpo, nemmeno in un terzo set in cui Carlos, forse per troppa fretta, ha messo da parte l’attenzione con cui aveva condotto il match e non è riuscito a impedire che Tsitsipas lo rimontasse dal 5-2 al 5 pari. Da lì lo spagnolo è ripartito e il match nel tie break è tornato sotto il suo stretto dominio. Un bel salto di qualità, per Alcaraz. Dai ceffoni con cui si era liberato di Musetti, alla tormenta di colpi da kappaò con cui ha steso Tsitsipas. Un messaggio su cui Djokovic è invitato a meditare.

La voce dei padroni (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

 

Non poteva che finire così, con lo scontro fra Titani in semifinale. Novak Djokovic e Carlos Alcaraz: passato, presente e futuro del tennis. E pazienza se non è finale, c’è comunque tantissimo da giocarsi: punti, gloria, storia. Novak e Carlos, non semplici giocatori di tennis. E se del serbo sappiamo, abbiamo visto, toccato con mano di cosa sia capace, lo spagnolo riesce ogni volta a stupire. Una progressione impressionante, che fa venire voglia di affacciarsi al futuro per sbirciare le prossime imprese. Forse l’ha fatto per regalare al torneo quel pizzico di suspence. Forse per fare un brutto scherzo a Karen Khachanov, o semplicemente perché è entrato in campo un po’ così, svogliato. Come i comuni mortali quando non hanno nessuna voglia di andare in ufficio. La differenza tra Novak Djokovic e i comuni mortali, anche quelli che giocano a tennis, è che lui a un certo punto mangia un dattero, va alla toilette, e torna in modalità drago. Ieri è successo più o meno così. E alla fine, liberatosi del russo in quattro set, ha portato a casa la semifinale numero 45 in uno Slam, terzo di sempre tra uomini e donne dietro a Chris Evert, a quota 52, e a una sola lunghezza da Roger Federer, che ne ha collezionate 46. Novak Djokovic è un uomo in missione. O forse con più di una missione. La sola certezza è che per tutte lo snodo è necessariamente Parigi. Qui, se vincesse il titolo, tornerebbe numero 1 al mondo., altrimenti la corona resta a Carlos. Non solo, diventerebbe il giocatore con più Slam di sempre, a quota 23, e potrebbe continuare la corsa verso il Grande Slam. Lo ha dichiarato più volte: «Voglio entrare nella storia e stabilire quanti più record possibili». Così, dopo due anni nel limbo dei non vaccinati, con tanti tornei saltati e l’America dall’altra parte della luna, può finalmente rimettere nel mirino la storia. La chiave di volta del match di ieri contro Khachanov è stata il tie break del secondo set. Lì la sudditanza psicologica imposta al russo è stata evidente. E questo è l’effetto che Nole fa ai giocatori «comuni». Con lui non si gioca mai alla pari: il russo, nel primo punto del tie break, ha tentato uno sciagurato schiaffo al volo direttamente sulla racchetta del serbo, rapido a infilarlo col suo rovescio lungolinea. In quel momento Djokovic ha ficcato il grimaldello nella testa del numero 11 al mondo scardinandone tutte le sicurezze. Khachanov non è più stato capace di fare un punto, ha ceduto il tie break a zero e ha perso il servizio anche in apertura del terzo set. Gli argini sono crollati e il serbo ha potuto dilagare. […] Al traguardo della finale manca l’ostacolo più grande Carlos Alcaraz. Uno che parla la sua stessa lingua, quella dei fenomeni, la mastica benissimo anche se ha 16 anni di meno. Uno che annichilisce gli avversari, li paralizza come Medusa col suo sguardo. Carlos lo ha dimostrato anche ieri facendo sembrare Stefanos Tsitsipas un esordiente. Ha fatto tutto lui, ha dominato, ha sbagliato, ha permesso addirittura a Stefanos di tentare la rimonta prima di metterlo ko. Il pubblico che si aspettava la grande battaglia ha dovuto accontentarsi di tre set, con la concessione di un tie break al terzo. Per lo spettacolo vero, ripassate venerdì.

Djokovic-Alcaraz, ecco i mostruosi (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)

Parigi, la città delle luci, dove i desideri diventano realtà. La semifinale dei sogni è servita. Carlos Alcaraz contro Novak Djokovic. L’enfant prodige apposto al grande campione, chi insegue il primo Roland Garros (e secondo Major) contro chi punta il record assoluto di 23 Slam. Un match che (finalmente) si disputerà per la seconda volta nel circuito ATP. Al penultimo atto Alcaraz e Djokovic sono arrivati dopo due quarti profondamente diversi. Alcaraz ha letteralmente dominato il match contro il malcapitato Stefanos Tsitsipas, annichilito con il punteggio di 6-2 6-1 7-6(5). Un unico momento di difficoltà, più mentale che tecnico, è giunto sul 5-3 del terzo set: servendo per il match lo spagnolo ha perso per la prima e unica volta la battuta. «Ho smarrito un po’ la concentrazione – ha raccontato Alcaraz – ma sono stato bravo a ritrovarmi nel tiebreak». Vincenti su vincenti, pochissimi errori. […] Il quarto di finale di Novak Djokovic non è stato affatto semplice. Il serbo ha fatto fatica a entrare in partita contro Karen Khachanov, che per (quasi) due set ha decisamente giocato meglio. Il russo ha vinto 6-4 il primo set e non ha concesso alcuna chance a Djokovic sino al 6-6 del secondo parziale. «Il tiebreak ha rappresentato il turning point – ha spiegato il due volte vincitore del Roland Garros -. Conquistare o perdere quel set avrebbe fatto una bella differenza». Djokovic ha dominato il tiebreak 7 punti a 0 con una serie di punti di qualità impressionante, trovando la fiducia e la sicurezza smarrite a inizio incontro per un punteggio finale di 4-6 7-6(0) 6-2 6-4. […] «Se vuoi essere il migliore, devi sconfiggere il migliore». Djokovic e Alcaraz hanno usato le stesse identiche parole per presentare il match dei sogni, cercando di togliersi un po’ di pressione di dosso. È insolito, per Djokovic, affrontare un match da sfavorito (questo dicono le quote), ma da un certo punto di vista potrebbe anche essere un vantaggio. L’analisi del match (in campo venerdì), che per molti sarà una finale anticipata, non è semplice: la speranza è che Parigi possa regalare la partita dei sogni, dei desideri.

Ruggito Zverev per andare oltre tutti i suoi guai (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Battuto Tiafoe e approdato al 4′ turno del Roland Garros sullo stesso campo dove un anno prima, opposto in semifinale a Rafa Nadal, fu costretto al ritiro dopo esser ruzzolato nella polvere ed essersi rotto quasi tutti i legamenti della sua caviglia destra, Alexander Zverev dichiarò di non aver fatto caso alla ricorrenza perché “concentrato su quel che doveva fare”, e che l’emozione l’aveva ormai smaltita da giorni quando era entrato la prima volta per il match contro Molcan. Superato l’altra sera Dimitrov, oggi contro l’argentino Etcheverry, il tedesco ex n.2 del mondo avrà l’occasione di tornare lì dove tutto si era interrotto, ritrovando un’altra semifinale a Parigi e con lei l’integrità per puntare a quel titolo Slam che ancora gli manca lì dove il suo tennis ha maggiori chance di coglierlo. La coincidenza in questi giorni avrà di certo attraversato i suoi pensieri senza però distoglierlo dal suo obiettivo, “giocare a tennis e farlo contro i migliori giocatori del mondo“. Una partita alla volta. Nei lunghi mesi lontano dai campi, Sascha ha infatti appreso a sue spese quanto la fretta possa rivelarsi fatale […] Incappato in un edema osseo per aver forzato i tempi di recupero in vista della fase a gironi di Coppa Davis dello scorso settembre, Zverev ha fatto voto di calma e umiltà consapevole che solo dal tempo e dalle inevitabili sconfitte sarebbe passato il ritorno ai suoi standard. La convivenza con le difficoltà non è d’altronde condizione a lui estranea. Se la lunga investigazione condotta dall’Atp sull’accusa di abusi domestici sollevata dalla sua ex compagna si è conclusa di recente con un nulla di fatto, il diabete che lo costringe a punture di insulina tra un cambio di campo e l’altro è diventata, invece, una causa per la quale spendersi nel tentativo di normalizzare una condizione ben diversa dai tanti toilet break cui sempre più spesso furbescamente si ricorre. Anche della rabbia antica oggi è rimasto ben poco, solo un ruggito, quello che accompagna le sue vittorie e che insieme alla sua capigliatura gli valso il soprannome di “Leone”. Non basterà per farsi re. Ma Parigi è la città giusta per provarci. 

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“Manca Nadal non è vera Parigi Sinner, più grinta” (Cocchi). Mamma Elina dall’oblio alla rinascita (Giammò). Memorie di uno scriba Il tesoro di Gianni Clerici donato alla Cattolica (Crosetti). Bad boy Rune sofferenza e vittoria dopo 4 ore (Martucci)

La rassegna stampa di martedì 6 giugno 2023

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Sentenza McEnroe: “Manca Nadal non è vera Parigi Sinner, più grinta”. (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

 Lui non le manda a dire. Se c’è una cosa che John McEnroe ha mantenuto inalterata, è certamente la schiettezza. La stessa che lo ha fatto sbottare dopo la sconfitta prematura di Jannik Sinner contro Daniel Altmaier. Una delusione anche per lui: «La vittoria se l’è proprio mangiata – ha detto Big Mac su Eurosport, dove commenta lo Slam parigino -. Non c’entra un bel niente la sfortuna, ha avuto tante chance e non le ha raccolte. Queste sono partite che fanno male, ti restano le scorie per mesi, se non per anni». ? Insomma John, questo Sinner rha fatta proprio arrabbiare. Come può uscire da questo momento il nostro numero 1? «Gli scenari a volte cambiano per un punto. Guardate cosa gli è successo a New York: avrebbe potuto vincere lo Us Open se avesse concretizzato quel match point contro Alcaraz. Sembrava davvero a un passo per fare il grande salto. Probabilmente avere tutti gli occhi addosso gli ha messo troppa pressione, forse è questo che ha inciso sul suo rendimento, anche se parliamo sempre di un ottimo giocatore» .

[…]

 

Restando in Italia, c’era una volta Matteo BerrettinL.. «Già, è stato davvero sfortunato con tutti i guai fisici che ha dovuto affrontare. Ho sentito che tornerà sull’erba, ma non sarà facile dopo tanto tempo fuori. Avrà perso fiducia, si sentirà un po’ frustrato. La cosa positiva è che ha solo 27 anni e se anche non tornerà ai livelli più alti penso che possa comunque ancora fare danni nei tornei con quel servizio e quel dritto. Sull’erba si sentirà più a proprio agio e anche se non avrà la migliore condizione atletica. Deve cercare di pensare positivo, anche se capisco che detto da fuori sembra tutto facile». ? II romano è stato attaccato anche sui social che stanno diventando un problema per molti sportivi presi di mira. li Roland Garros ha creato un’appeazione che II protegge dagli attacchi degli haters. «E un argomento di cui io non posso dire molto perché non sono su nessun social. Per fortuna quando giocavo non esistevano, ora non sento il bisogno di usarli. Penso che per molti giocatori possano essere una distrazione, soprattutto se gli haters li prendono di mira». ? Come sta vivendo questo Roland Garros senza Rafa Nadal? Sembra strano un po’ a tutti. «Senza di lui qui non è la stessa cosa. Ha fatto di tutto per tornare, ma ha dovuto arrendersi. Credo che ora che è padre i suoi orizzonti siano anche leggermente cambiati, infatti ha parlato di ritiro dopo il prossimo anno, ma modo suo, giocando. Qualunque cosa decida di fare va rispettato. Guardate Murray per esempio, anche lui ha voluto tornare per decidere autonomamente quando salutare. E non importa se non è lo stesso Murray di prima». ?

[…]

Non vede Djokovic favorito per il titolo? «Come ho detto per Nadal prima, uno come Djokovic non è mai da sottovalutare però metto prima Alcaraz tra i candidati alla vittoria». ? Lo spagnolo ormai è una certezza. Sembra non avere punti debolL «Alcaraz è la novità, quello è ha portato una ventata d’aria fresca con un tennis elettrizzante e spettacolare, ha una tale personalità che tutti sperano che vinca e lui lo avverte. Tutti vogliono vederlo giocare e vincere. Io per primo mi auguro che continui a fare bene, ha solo 20 anni è si è già guadagnato il ruolo di ambasciatore del nostro sport». ? I Big 3 sono in dismissione: Federer ha smesso, Nadal ha indicato il prossimo anno come [‘ultimo della carriera. Resta Djokovic, ma chi altro vede in grado di poter vincere più di uno Slam? «Alcaraz potrebbe vincerne dieci o anche di più, anche Rune è in grado di vincerne un po’. Carlos è già maturo, il danese deve ancora fare un po’ di esperienza ma entrambi saranno protagonisti dei prossimi anni, con qualche altro che ogni tanto conquisterà uno Slam». Il futuro non aspetta.

Mamma Elina dall’oblio alla rinascita (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Incolpevole sulle cause, per la Wta è arrivato il momento di far i conti con gli effetti di un conflitto scoppiato ormai più di un anno fa, le cui conseguenze a lungo ha cercato di ignorare, differire e gestire; fiduciosa che l’ordinaria routine avrebbe prevalso sulle straordinarie circostanze. La vetrina, contrariamente a quanto accaduto negli ultimi quindici mesi, quando ucraini russi e bielorussi si sono affrontati in anonimi incontri di primi turni, stavolta è più importante. E maggiore l’esposizione, viste le protagoniste che oggi nei quarti del Roland Garros si sfideranno con in palio un posto in semifinale. Da una parte la bielorussa Aryna Sabalenka, n.2 del mondo giunta a Parigi con ambizioni da nuova leader del ranking. Dall’altra, l’ucraina Elina Svitolina, oggi signora Monfils, ex n.3 del mondo e madre da otto mesi, rientrata lo scorso marzo sul circuito e vincitrice due settimane fa a Strasburgo del suo 18°titolo.

[…]

La lunga assenza dai campi non è bastata invece per mettere a tacere Svitolina. Precipitata nel ranking, la virtuale n.73 del mondo è comunque rimasta in prima linea promuovendo campagne di sensibilizzazione e raccolte fondi. Oggi, complice la nuova ribalta ottenuta a Parigi, non perde occasione per rilanciare il suo messaggio. Ho affrontato due russe nei miei ultimi due match – ha dichiarato dopo la vittoria contro Kasatkina, conclusa con un gesto d intesa tra le due -: non cambierà nulla, ma ci sono abituata». Non gioca solo per sé, Svitolina, sa bene che i suoi risultati «possono aiutare nello spirito tutti quelli che stanno combattendo per il nostro Paese» e che lo sport «è una delle aree più delicate su cui si ripercuote questo conflitto». Che non si sia ancora riusciti a trovare la sintesi giusta per conviverci, non vuol dire che non si debba continuare a tentare di farlo. Ad Aryna, Elina e al lom quarto di finale Slam, l’occasione di provarci.

Memorie di uno scriba Il tesoro di Gianni Clerici donato alla Cattolica  (Crosetti, La Repubblica)

Il suo ultimo gesto bianco fu scivolare fuori dalla vita, esattamente un anno fa. Ma i grandi tesori non finiscono così, nella banalità della morte. Quello di Gianni Clerici, il nostro scriba, l’inimitabile principe del tennis e della scrittura, era uno scrigno pieno di parole, le sue e quelle che lo nutrivano. Un tempo lo avremmo definito archivio però nel caso di Gianni sarebbe riduttivo. Bisogna invece immaginare una miniera d’oro piena di carta, dove le pepite sono i libri, i quaderni di appunti, i taccuini, i manoscritti, le poesie, le fotografie, le note di viaggio, le diverse stesure dei suoi romanzi, i vecchi giornali, le riviste. E poi quell’infinita dichiarazione d’amore di sua moglie Annamaria che lui chiamava Marianna, perché le parole sono un gioco: cioè tutti gli articoli di Clerici che la sua sposa ritagliava e conservava in ordinati libroni, anno per anno.

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«Papà teneva tutto, era un collezionista nato» racconta la figlia Carlotta. «Nel suo studio abbiamo trovato testi corretti a mano da Giorgio Bassani e Mario Soldati, i taccuini delle interviste, i libri che leggeva per scrivere i suoi, alcuni incipit di romanzi che non hanno visto la luce e naturalmente le diverse versioni dei suoi testi. Credo se ne possa ricavare una sorta di “metodo Clerici” prezioso per i giovani, compresi, forse, i suoi aspiranti colleghi di domani». Quando non era in giro per il mondo Gianni lavorava nel meraviglioso studio a vetrate sul lago di Como, il luogo che oggi in qualche modo si trasferisce a Brescia. Era, di fatto, quasi un museo. «Per noi si tratta di un dono incomparabile, ottenuto grazie alla fondamentale mediazione del prof. Francesco Rognoni, ordinario di Letteratura inglese e angloamericana», spiega Pierangelo Goffi, responsabile della biblioteca della Cattolica di Brescia. «Si tratta di oltre mille libri, e delle preziose carte di uno dei più grandi giornalisti di sempre. Ce ne prenderemo cura, ne faremo oggetto di studio e ricerca, come meritano».

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«Lo aiutavo come potevo col pc, e c’era da diventare matti perché i computer e la rivoluzione digitale non erano proprio il suo forte. A volte accadeva che papà mi dettasse i pezzi ed era comunque uno spettacolo seguire l’avventura delle sue parole proprio lì, in quel preciso momento, mentre nascevano». Molti degli oggetti appartenuti a Gianni si trovano già nella Hall of Fame di Newport, ad esempio la sua famosa collezione d’arte, ma il corpus bresciano non sarà da meno. Sarà la chiave per entrare nelle stanze del nostro amato scriba, ammalianti di capoversi e fantasia, dove la luce delle parole rischiarerà ancora per molto tempo i giorni e i ricordi. 

Bad boy Rune sofferenza e vittoria dopo 4 ore (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

È giusto che il match del torneo si disputi sul campo intitolato alla mitica Suzanne Lenglen. È giusto che, a dispetto di presunzione e fretta e poi gambe molli e rabbia il duello che blocca tutto il Roland Garros davanti ai tabelloni luminosi lo vinca il nuovo Connors, il bad boy con la faccia d’angelo, l’Holland del tennis, Holger Rune, che ha più coraggio. rafforzato dall’incoscienza dei suoi 20 anni e dal ricordo della beffa del super tie-break di Melbourne contro Rublev: «Mi sono detto: Comunque vada, questi momenti rimarranno per sempre con te, rilassati e vivili al massimo». È giusto che lo sconfitto, il pedalatore argentino Francisco Cerundolo, portabandiera dei peones del purgatorio Challenger, riceva gli onori delle armi, dopo 3 ore 59′ e l’eloquente 7-6 3-6 6-41-6 7-6 (7).

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E’ giusto che l’ultimo protetto di Mouratoglou faccia un test così importante contro un avversario col quale non lega e ci ha perso 4 volte su 4, sempre sulla terra, ma ha battuto 3 settimane fa a Roma. MAIA LA BRASILIANA. È giusto anche che la storia del tennis donne passi per lo stesso stadio intitolato alla indimenticabile tennista: 55 anni dopo i trionfi Slam del 1968 di Maria Ester Bueno, la deliziosa ballerina del net tanto amata anche a Roma, la mancina Beatriz “Bia” Haddad Maia, batte dopo una maratona di 3 ore 38′ Sara Sorribes Tormo e riporta una brasiliana nei quarti Majors. E’ giusto, ma anche sfortunatissimo il doppio Kato-Sutjiadi, squalificato per aver colpito involontariamente una raccattapalle: se la stava cavando con un richiamo, ma le avversarie, Bouzkova e Sorribes Tormo hanno richiamato l’arbitro: “La ragazza sta piangendo”. Oggi quarti uomini Alcaraz-Tsitsipas e Djokovic-Khachanov, oltre a Muchova-Pavlyuchenkova e Svitolina-Sabalenka. 

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Rassegna stampa

Musetti all’esame Alcaraz (Azzolini, Bertolucci, Nizegorodcew). Capolinea Cocciaretto: «Cerco ancora continuità» (Giammò). Nadal dopo l’operazione: «Spero di recuperare in 5 mesi» (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 4 giugno 2023

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Musetti l’artista ci prova ancora (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Fu lui a condurre la danza, come un tanguero argentino che intrecci passi proibiti di milonga offrendo alla sua bella un’unica certezza, quella che lasciandosi trascinare nei vortici della danza avrebbe evitato di cadere troppo presto ai suoi piedi. Cronaca di una vittoria che qualcuno definì di straordinaria casualità, dimenticando come fra due oppositori di livello assai vicino, le doti artistiche finiscono sempre per aggiungere slancio a chi potrà disporle sul campo. Era il 25 luglio di un anno fa, Rothembaun Club di Amburgo, Lorenzo Musetti opposto a Carlos Alcaraz, il giovane di El Palmar che di lì a poco diverrà numero uno. E fu un’impresa vera. Pochi però seppero coglierne l’aspetto più sorprendente. Lollo riuscì a resistere agli scossoni, violenti, tremendi, minacciosi che Alcaraz gli scatenò contro per tutto il match. Musetti vinse sopportando, difendendosi, conservandosi, e lasciò che a tratteggiare i tocchi e i drop che poi fecero la differenza fossero le sue qualità di raffinato artigiano. Oppure pensavate che l’arte, in campo tennistico, potesse nascere fuori dalla fatica, dal dolore, dalla sopportazione? I due si ritrovano oggi, campo Centrale, terzo match, e c’è grande curiosità. Il tempo trascorso da quei giorni di Amburgo ha dato sia all’uno sia all’altro, secondo misura e necessità. Svelto e vorace, Alcaraz ha colto titoli prestigiosi, quattro Masters, uno Slam, il numero uno. Musetti è salito ai piani alti tra molte buone prove, togliendosi la soddisfazione di battere Djokovic negli ottavi a Montecarlo. L’unico, con Rune, a infilare gli ultimi due numeri uno del Tour. Partecipando all’attesa, Mats si è esposto con lecito, ma forse eccessivo fervore, a favore di Musetti. Sostiene gli ricordi Federer e avrebbe potuto fermarsi già lì. C’è qualcuno di più grande che possa fare da nume tutelare al nostro ragazzo di Carrara? E invece Mats ha aggiunto pure Kuerten, Guga, Gustavo, che a Parigi visse, in comunanza con un pubblico divenutogli spontaneamente amico, tre stagioni liete, alternando vittorie e sorrisi indimenticabili. E il bello è che nella celebrazione di Mats non è quello di Federer il nome che appare osé al punto da avvertirlo fuori luogo. E’ quello di Guga, che certo sorprendeva come anche Musetti sa fare, ma lo faceva inventando smorzate da ogni posizione e in tutti gli stili. Carpiate, con il triplo avvitamento, anche con il doppio salto mortale. Della pallina, ovviamente, non il suo. Ma chissà che Guga non fosse capace anche di quello, buffo com’era: un tipo che si muoveva come un fumetto e quando si lanciava sulla palla sembrava che una parte del corpo gli si allungasse come una molla, e tutto il resto lo seguisse qualche secondo dopo. Anche Musetti sostiene di ispirarsi a Federer, e il fatto che tutti l’abbiano preso sul serio testimonia dell’alta considerazione di cui gode il ragazzo. Non dovrà diventare un tormento l’idea di introdurre nel proprio tennis il più alto numero di variazioni possibile, perché molte di queste Lorenzo le ha già nel proprio bagaglio tecnico. Problematico invece sarà rendere naturale il fluire delle stesse, nel corso dei match, produrre variabili in automatico, senza pensarci, proprio come faceva Roger. Si tratterà di un lungo studio, e di un’ancora più lunga applicazione, ma Lollo è l’unico che ce la possa fare. Contro di lui, Alcaraz ha una sola possibilità, che però rientra nei confini naturali del suo tennis. Dovrà spingere a tavoletta sin dai primi scambi, dovrà triturare il gioco di Musetti e più ancora la positività con cui l’italiano sembra lietamente convivere in questo Roland Garros che finora l’ha visto incapace di sprecare un solo set, e addirittura regolare una testa di serie come Norrie quasi fosse un ragazzino. Se Carlos avrà il passo cui nessuno resiste, Musetti non avrà grandi chances, ma se Lorenzo saprà aprirsi varchi invitanti, e su quelli lavorare con colpi e variazioni che non daranno modo ad Alcaraz di dare continuità al proprio incedere, il match potrebbe cambiare di segno, e una nuova impresa assumere connotati realistici. […]

L’ora di Musetti, test di maturità (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

 

Il consiglio è di mettersi comodi in poltrona e godersi lo spettacolo: la sfida di oggi degli ottavi tra Alcaraz e Musetti promette di essere elettrizzante, oltre a mettere di fronte due tra i talenti più luminosi della nuova generazione. E se lo spagnolo ha già illustrato le sue qualità vincendo gli Us Open e issandosi fino al numero uno del mondo, il carrarese ha trovato nel rosso parigino il terreno fertile per dimenticare un avvio di stagione complicato e rilanciare la candidatura verso traguardi di grande prestigio su quella che rimane la sua superficie d’elezione. Non c’è dubbio che il confronto contro Alcaraz rappresenti per Lorenzo un esame decisivo per testare le ambizioni di fronte al giocatore che, insieme a Djokovic, rappresenta in questo momento l’ostacolo più alto su un campo da tennis. La sensazione, a dire il vero, è che il nostro giocatore abbia trovato la forma ideale proprio nell’appuntamento che conta di più e quindi possa presentarsi al match con la condizione tecnica e psicologica perfetta per rimanere sulla scia del numero uno del mondo. Confortato pure dal precedente di 11 mesi fa ad Amburgo, con la vittoria in finale[…]. A Parigi, Musetti è stato capace di sorvolare un tabellone complicato grazie al ritrovato equilibrio tra le sconfinate soluzioni di gioco a disposizione e le scelte strategiche adeguate ai vari momenti della partita, fino a dominare in modo imbarazzante Norrie, che pure è numero 13 della classifica. Dopo i tormenti di inizio stagione, determinati anche da alcune scelte sbagliate di calendario, che hanno portato a qualche inattesa sconfitta di troppo finendo per minarne le certezze in una pericolosa spirale di dubbi, Musetti ha scavato dentro di sé per ritrovare voglia e motivazioni e il ritorno sulla terra europea ne ha accompagnato la rinascita. La vittoria di Montecarlo su Djokovic, seppur contro un rivale ammaccato, è stato il segnale che la via intrapresa stava finalmente indirizzandosi verso la giusta direzione. Conosciamo tutti le enormi qualità di Alcaraz, la sua completezza in ogni zona del campo, la sua debordante strapotenza fisica, ma proprio la ricchezza del suo arsenale finisce a volte per confonderlo, rendendone meno lucide le scelte, con la conseguenza di consegnare tratti di partita agli avversari. Musetti, fornito di un bagaglio tecnico di raffinata qualità, dovrà appunto provare ad ampliare queste crepe dello spagnolo, intanto rimanendo sempre attaccato mentalmente alla sfida, cercando poi di complicargli il percorso con variazioni di ritmo, cambi di traiettorie, il giusto mix tra improvvise accelerazioni da fondo e palle senza peso, in modo che Carlos debba fare fatica a leggere i vari momenti della partita e a imporre il proprio poderoso canovaccio tecnico. […]

«Musetti, serve la perfezione» (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)

Non si sono affrontati spesso, ma si conoscono da anni. Sin da quando, giovanissimi, prendevano parte ai più importanti tornei internazionali Under 12 e Under 14. Carlos Alcaraz e Lorenzo Musetti si affronteranno nel pomeriggio odierno, sul Philippe Chattier, per una sfida che vale un posto nei quarti di finale del Roland Garros. […] Lo scorso anno, nella finale dell’ATP 500 di Amburgo, Musetti riuscì a imporsi a sorpresa 6-4 6-7 6-4. Il pronostico pende nettamente dalla parte di Alcaraz, ma il risultato non è affatto scontato. «Dall’altra parte della rete prima di tutto ci sarà un amico – ha raccontato Musetti – Alcaraz ha aperto una nuova via, quella della Next Generation, conquistando il primo Slam dell’era post Fab 3. Per giocatori come me, Rune, Sinner, e chiunque altro vaglia provare a inseguire risultati di prestigio, Carlos è fonte di ispirazione». Alcaraz contro Musetti è potenza ed esplosività centro talento e sagacia tattica, colpo bimane opposto al rovescio a una mano; è anche la personalità straripante del numero 1 al mondo contro un ragazzo che sempre di più sta maturando e capendo come affrontare i momenti di difficoltà, dentro e fuori dal campo. «Sarà una grande sfida – ha spiegato lo spagnolo dopo il successo al terzo turno contro Shapovalov – Musetti è un talento, sta esprimendo un tennis di alto livello e ha battuto ottimi avversari. Ricordo molto bene la sfida di Amburgo, che è stata per me davvero complicata. Ho voglia di affrontarlo e penso che il pubblico si divertirà, poiché tra me e Lorenzo ci saranno scambi intensi e grandi colpi». Musetti ha già battuto Alcaraz, ma il tennis “3 set su 5” è quasi un altro sport. Alcaraz al quinto set ha perso solamente una volta su nove. […] Atleticamente sembra imbattibile. La sensazione è che non faccia fatica, che non si stanchi mai. Musetti può aggrapparsi a uno stato di forma eccellente e ai precedenti (siamo nella pura scaramanzia) di “Carlitos” con gli italiani: sei le vittorie azzurre contro Alcaraz nei 15 precedenti; Sinner (tre volte), Sonego, Berrettini e lo stesso Musetti sono riusciti a sconfiggerlo. «Musetti dovrà essere perfetto». Fabio Colangelo, direttore tecnico de La Stampa Sporting e coach internazionale, non usa giri di parole. «Le prestazioni di Lorenzo contro Shevchenko e Norrie sono state straordinarie, ma per sconfiggere Alcaraz servirà qualcosa in più». […] «Il tema principale sarà la profondità dei colpi e la capacità di aggredire Alcaraz al momento giusto. Dovrà servire tante prime, variare e giocare al meglio il kick alla battuta, per tenere lo spagnolo lontano dal campo. Lorenzo dovrà anche scegliere la palla giusta per eseguire il rovescio lungolinea in accelerazione, colpo che sarà fondamentale per giocarsela alla pari». […]

Capolinea Cocciaretto: «Cerco ancora continuità» (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Finisce contro la statunitense Bernarda Pera l’avventura di Elisabetta Cocciaretto al Roland Garros, ma resta un po’ di rammarico per l’occasione avuta e per le condizioni in cui l’azzurra è stata costretta a giocarsela. Al fastidio al ginocchio sinistro, che già nel turno precedente l’aveva costretta a ricorrere a un bendaggio, ieri si è aggiunto anche un problema muscolare alla coscia destra, fasciata nel corso del primo set e da lì diventata motivo di costante apprensione, tanto nel gioco quanto nella testa dell’azzurra. «È dalla seconda partita che avevo male al ginocchio – ha poi dichiarato Cocciaretto – solo un’infiammazione, niente di grave, ma non avendolo caricato per via della tensione alla fine mi venuto un fastidio all’adduttore e per evitare che peggiorasse l’ho fasciato». Peccato. Perché, dopo la sua prima vittoria contro una Top 10 (Kvitova al 1′ turno) e la conferma arrivata contro la svizzera Waltert, sarebbe bastato davvero poco più di quanto fatto per portare a casa una partita dal copione davvero imprevedibile, in cui i break concessi sono stati addirittura superiori ai turni di battuta conservati. Fallose ed emozionate entrambe per un match che avrebbe proiettato la vincitrice al suo primo ottavo in uno Slam. Cocciaretto si è dimostrata meno robusta dell’americana sulla seconda di servizio e meno lucida nell’evitare alcuni errori proprio nelle fasi cruciali dell’incontro. «Quel problema un po’ ha influito e mi è dispiaciuto non essere al 100% – ha ancora sottolineato – Ho avuto le mie occasioni, ma non sono riuscita a restare concentrata su quel che dovevo fare, e credo di dover ancora trovare la continuità per giocare e vincere più partite a questo livello». Detto del rammarico, resta l’orgoglio con cui l’azzurra ha provato a far di necessità virtù, riuscendo anche a portarsi sul 2-0 prima di regalare alla sua rivale la chance di rifarsi sotto nel secondo set. Giunte al tie-break, e incappata in altri due errori, la marchigiana ha infine visto involarsi la sua avversaria e con lei il sogno di approdare al suo primo ottavo Slam. […]

Nadal dopo l’operazione: «Spero di recuperare in 5 mesi» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Compleanno da convalescente. Come gli era successo soltanto nel 2016, quando si ritirò prima del terzo turno del Roland Garros a causa di un infortunio al polso sinistro. Stavolta Nadal, 37 anni compiuti proprio ieri, a Parigi non c’era neppure andato (non accadeva dal 2004) per i guai al muscolo ileopsoas della gamba sinistra che lo tiene fermo da gennaio, quando usci al secondo turno degli Australian Open per mano dello statunitense McDonald. Anzi, i saluti ai milioni di tifosi che lo hanno festeggiato sui social sono arrivati dal divano di casa dopo la foto dall’ospedale del giorno prima: il vincitore di 22 Slam, infatti, venerdì a Barcellona si è sottoposto a un intervento in artroscopia al muscolo lesionato per risolvere definitivamente il problema. Dopo la notizia dell’operazione, ieri Rafa ha fornito dettagli più precisi: «Tutto è andato bene e l’artroscopia è stata effettuata per pulire e rinforzare il tendine dello psoas sinistro che mi ha costretto ai box dallo scorso gennaio. Inoltre è stata sistemata una vecchia lesione del labbro dell’anca che certamente aiuterà una migliore guarigione del tendine. Inizierò subito la riabilitazione funzionale progressiva e il normale processo di recupero mi dicono che sia di 5 mesi, se tutto va bene. Ancora una volta grazie per il sostegno che mi avete mostrato e mi mostrate ogni giorno. Inoltre è il giorno del mio compleanno. Non lo festeggio dove avrei voluto, ma comunque grazie». Dunque, le previsioni illustrate durante la conferenza stampa del 18 maggio nella natia Maiorca, quando annunciò che non avrebbe giocato a Parigi e probabilmente avrebbe dovuto fermarsi per tutta la stagione, si sono rivelate aderenti alla realtà. Conoscendo la feroce determinazione del fuoriclasse dl Manacor e ammettendo che la riabilitazione possa procedere senza intoppi, è plausibile immaginare un Nadal pronto a novembre, a stagione ormai conclusa ad eccezione delle finali di Coppa Davis, in programma a Malaga dal 21 al 26 di quel mese. Se la Spagna dovesse qualificarsi è molto suggestiva l’ipotesi, già ventilata dalla stesso giocatore, di far coincidere il rientro con quell’appuntamento. Molto più realistico immaginare un Nadal pronto per l’inizio del 2024, proiettato sugli Australian Open e poi su quella che per sua stessa ammissione sarà l’ultima annata sul circuito, magari alla ricerca di quel 15′ sigillo al Roland Garros cui quest’anno ha dovuto rinunciare a malincuore: «II piano – come ha detto tre settimane fa – è quello di giocare nella prossima stagione i tornei che più di tutti ho amato e che maggiormente hanno segnato la mia storia da professionista anche per non disputare un anno da comparsa». Ti aspettiamo, Rafa.

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