I momenti opposti di Francia e USA nel tennis maschile – 1a parte. L’assenza di ricambio generazionale dei transalpini che ora sperano in... Tsonga

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I momenti opposti di Francia e USA nel tennis maschile – 1a parte. L’assenza di ricambio generazionale dei transalpini che ora sperano in… Tsonga

Analizziamo lo stato di salute del settore maschile francese e di quello americano. Partiamo dai “cugini”, alla ricerca di una nuova “Belle Époque”

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Sono due dei Paesi storicamente al centro del sistema-tennis. Ospitano due dei quattro Slam, sono sul podio nella classifica delle nazioni plurivittoriose in Coppa Davis. Sono Stati Uniti e Francia. Insieme contano più di 110 Slam vinti nel singolare maschile (anche se bisogna evidenziare una netta prevalenza americana in questo dato), ma gli USA non vincono dal 2003 e per quanto riguarda i francesi bisogna riavvolgere il nastro di altri 20 anni. I transalpini, però, possono rendere orgoglioso monsieur Chauvin (il leggendario soldato da cui trae origine il termine “sciovinismo”) ricordando la vittoria della Coppa Davis nel 2017 e facendosi così beffe degli americani che non alzano l’insalatiera dal 2007. In questa prima parte analizzeremo proprio la situazione dei nostri vicini di casa e cugini francesi, mentre nel secondo episodio sarà il turno degli States.

Indubbiamente gli scarsi risultati negli ultimi 15 anni di entrambi i Paesi hanno come principali responsabili i Big Three (four se consideriamo anche Murray). La Francia ha infatti avuto una generazione d’oro con Gasquet, Monfils, Tsonga e Simon che ha però avuto la sfortuna di incrociare una delle concentrazioni di campioni più straordinarie della storia dello sport. Se però, come vedremo nella seconda parte di questo focus, gli Stati Uniti sembrano usciti dal tunnel, non si può dire lo stesso per les Bleus.

Lo dimostrano i risultati degli ultimi due Slam: a Wimbledon un solo francese ha superato i primi due turni e non è una giovane promessa ma il solito Gasquet. Al Roland Garros, su una superficie storicamente favorevole ai giocatori di casa, al terzo round sono arrivati solo due francesi (a fronte, ad esempio, di quattro americani – mai stati grandi terraioli): Gaston e il “ritirando” Simon. Se desiderate un dato ancora più plastico, sappiate che c’è il serio rischio che per il secondo anno consecutivo i transalpini portino a casa un solo torneo ATP e ciò non era mai successo nel nuovo millennio.

La Francia ha attualmente solo due giocatori under 25 nella top 100, Halys e Gaston. E sono rispettivamente alle caselle 73 e 74 (anche l’Italia e il Canada ne hanno due ma sono decisamente più avanti; la Spagna ne ha quattro e uno è Alcaraz; l’Argentina tre di cui un paio – Baez e Cerundolo – in grande ascesa; per l’impressionate dato degli USA potete aspettare la seconda parte o andare a contarli). È evidente che non vi sia stato un ricambio generazionale all’altezza: Tsonga ha giocato la sua ultima partita a Parigi due mesi fa, Simon aspetterà fine anno per appendere la racchetta al chiodo, Monfils non gioca da quasi tre mesi e Gasquet fa quello che può. La carriera di Pouille si è arenata dopo la semifinale all’Australian Open del 2019 con cui si era per un momento guadagnato il titolo di degno successore dei quattro moschettieri contemporanei (a loro volta eredi dei moschettieri degli anni ’20 e ’30 – Cochet, Lacoste, Brugnon e Borotra). E all’orizzonte non si vede ancora nessun prospetto interessante.

Il primo francese nella classifica Next Gen è 31esimo, mentre è troppo presto per caricare di responsabilità il neo campione Junior del Roland Garros – Gabriel Debru (16 anni). Se fosse davvero lui il prossimo capofila dei transalpini, significherebbe comunque aver saltato a piè pari l’intera generazione Z. Humbert, classe ’98, sembrava lanciatissimo fino a qualche mese fa e dopo la vittoria ad Halle nel 2021 era salito al numero 25 del ranking. Il suo 2022, però, è stato disastroso: ha vinto due partite di fila solo a Wimbledon, da cui non ha potuto nemmeno trarre beneficio per la classifica, ed è infatti sceso al #152. Moutet, 23 anni e numero 102 del mondo, ha grande talento ma i suoi limiti fisici e caratteriali non sono un mistero.

A maggio gli Internazionali d’Italia hanno visto la presenza di spagnoli (7), americani (6), argentini (4), etc.. Francesi presenti? Zero. L’Equipe, allora, contattò Jan de Witt, l’ex allenatore di Simon e Monfils. “Il tennis maschile francese cambia direzione ogni due o tre anni. Facciamo qualcosa, poi arrivano nuove persone e facciamo qualcosa di diverso. Se vogliamo costruire un programma che porti i giocatori al top, ci vorranno almeno cinque anni, probabilmente otto o dieci per iniziare a vedere dei risultati”. Il problema, secondo il coach nato in Germania, non è quale sistema utilizzare ma sceglierne uno e non avere fretta di cambiare. Che sia l’aiuto esterno della federazione a livello tecnico ed economico (Italia) o l’investimento nelle strutture interne (Canada).

Il punto più basso toccato dal movimento tennistico dei nostri poco amati cugini è però coinciso con il Roland Garros del 2021: nessun giocatore (su 29 – donne comprese) al terzo turno. In quel caso RMC Sport ha evidenziato lo scarto tra la potenza finanziaria della Federazione francese (FFT) e i risultati sul campo inesistenti. Per analizzare la situazione la testata francese sentì Patrice Hagelauer, Direttore Tecnico Nazionale dal 2010 al 2013 e l’ex giocatore Gianni Mina, il “baby Monfils” ritiratosi l’anno scorso a soli 29 anni e mai andato oltre la posizione numero 219. Parlando di quest’ultimo, Hagelauer disse: “Abbiamo pensato troppo a certi giocatori. Tecnicamente non era abbastanza bravo, quindi non credevamo davvero nelle sue qualità e nei suoi punti di forza”. Insomma, anche posizioni tecniche troppo radicali hanno inficiato il ricambio generazionale.

Mina confermò il fatto di non aver percepito fiducia in lui e aggiunse un altro particolare su quegli anni: “In Francia eravamo in un periodo di eccessiva fiducia. Dovevamo prepararci a ciò che sarebbe successo ma c’era un certo comfort sia da parte dei giocatori che degli allenatori. Se gli allenatori non hanno energia, è difficile portare i giocatori al massimo livello”. Anche l’ex Presidente della FFT Guidicelli, ricordando gli anni in cui era vice e cioè quando Monfils & co. erano ancora verdi, riferì a RMC di un periodo in cui il gap generazionale era già evidente, ma l’attenzione era focalizzata solo sul presente.

Anche Tsonga disse la sua dopo il Roland Garros horribilis dell’anno scorso: “Il compito della Federazione deve essere fornire i mezzi ai piccoli club per poter seguire al meglio i giovani, indipendentemente da dove si trovino”. Insomma, per l’ex numero 5 del mondo, la FFT dovrebbe allargare lo sguardo oltre il Centro Tecnico Nazionale di Parigi. Jo sta provando a dare una mano al movimento con la sua All-In Academy, fondata insieme a Thierry Ascione (suo ex allenatore). Dopo essere stato protagonista in campo, chissà che non possa essere lui a contribuire a un nuovo splendore del tennis maschile francese. Che sia un’Age des lumières o una Belle Époque, poco cambia.

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