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ATP Finals: Domenico Procacci, regista de “La squadra”: “Se non ci fosse stata questa rinascita tennistica in Italia, la serie sarebbe stata più nostalgica”
“Panatta e Bertolucci avrebbero potuto fare i comici” afferma Procacci. “Federer e Nadal dimostrano che anche oggi si possono creare rapporti bellissimi”. Dopo il successo su Sky, la docuserie è pronta a sbarcare sulla Rai

Mentre Nick Kyrgios e Thanasi Kokkinakis si allenavano sotto gli occhi dei fan al Pala Alpitour ieri, 17 novembre, nella lounge di Intesa Sanpaolo, abbiamo intervistato il regista della docuserie “La squadra”, Domenico Procacci. Oltre ad essere un produttore cinematografico, editore e produttore discografico, Procacci è anche noto per aver fondato la casa di produzione cinematografica Fandango. Un anno fa, si aspettava la tanto attesa presentazione al Film Festival di Torino, oggi invece non si parla d’altro che dell’enorme successo riscosso dalla docuserie che racconta l’incredibile storia di quattro grandi campioni italiani: Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli. Un gruppo capace di raggiungere quattro finali di Davis e di sollevare il trofeo nel 1976 in Cile. Un successo che si preannunciava già all’anteprima presentata alla casa del Cinema a Villa Borghese, lo scorso Aprile, ma oggi Procacci può confermare di essere “molto contento dei risultati e dei commenti positivi del pubblico”.

D: Intanto complimenti per l’incredibile lavoro. Inizio col chiederle se è soddisfatto del successo riscosso su Sky?
Procacci: “Sono molto contento di com’è andata su Sky. Son contento dei commenti degli appassionati di tennis ma anche dei commenti molto positivi di chi non è così appassionato di tennis. Credo che loro abbiano apprezzato soprattutto il racconto dei personaggi e sono anche contento delle critiche. Ora la serie passerà anche alla Rai, sul canale Rai 2, il 25 novembre, il 2 dicembre e il 9 dicembre. Quindi sono molto contento perché sentiremo anche commenti di un pubblico diverso da quello di Sky”.
D: La federazione vi ha aiutati? Se sì, in che modo?
Procacci: “La federazione è stata collaborativa. Ci ha aiutati dandoci tutto il materiale fotografico di Angelo Tonelli che è di proprietà della federazione, le autorizzazioni che ci servivano. Forse si potevano creare più vicinanze tra questo prodotto che alla fine parla ed è fatto di tennis, e la federazione stessa. Ma per il resto, la federazione ci ha dato tutto quello che ci serviva e non ho avuti problemi”.
D: È stata una coincidenza che l’uscita della docuserie sia avvenuta proprio nell’anno in cui si è ricominciato a parlare così tanto di tennis italiano? O è stata proprio la rinascita del grande tennis made italy a ispirare “La squadra”?
Procacci: “È stata una coincidenza, quando sono partito con quest’idea eravamo proprio alla vigilia del grande tennis italiano. Quello che penso però è che se non ci fosse stata questa grande rinascita in Italia, sarebbe stata una docuserie più nostalgica che celebrativa. Invece grazie alla grande squadra che si è formata negli ultimi anni, forte quanto quella di allora o forse anche di più, la docuserie è stata una celebrazione del tennis. Ed è un bel momento per ricordare quella squadra che in quegli anni ha fatto tanto e ora viene celebrata nuovamente”.
D: Quale pensa che sia la differenza più grande tra quei quattro campioni e i campioni italiani di oggi?
Procacci: “C’è una grande differenza tra i giocatori di quegli anni e i campioni di oggi. In questo sport sono cambiate tante cose, non c’è più quella comunanza tra i giocatori che c’era in quegli anni. Loro viaggiavano da soli, senza entourage, quindi la sera andavano a cena fuori con i giocatori con cui il giorno dopo avrebbero giocato probabilmente contro. Oggi se un giocatore viaggia e va a un torneo, si muove con un team composto da tante persone ed è con loro che andrà a cena fuori. Poi è vero che la comunanza non è sparita del tutto perché se uno guarda la foto più bella forse del tennis, quella tra Federer e Nadal che si tengono per mano e piangono insieme all’addio di Roger, dopo essere stati rivali tutta la vita, dimostra che i rapporti belli si possono creare lo stesso. E so che all’interno del gruppo Davis italiano ci sono altrettanti bei rapporti di amicizia”.
D: Lei ha nominato Federer e Nadal, rivali e amici storici. Allora penso a Panatta e Bertolucci: si è parlato tanto di questo loro rapporto sempre molto ironico, questo loro modo di prendersi sempre in giro. È vero che forse oggi invece i giocatori tendono a prendersi troppo sul serio? Forse anche per “colpa” delle grandi pressioni degli sponsor?
Procacci: “Beh banalmente oggi girano molti più soldi. Ci sono dei team molto costruiti che sicuramente aiutano il giocatore ad essere più inquadrato anche se a volte ne limitano l’espressività. Però poi se uno guarda Kyrgios e Kokkinakis, che sono due eccezioni, non è neanche sparito del tutto. Panatta e Bertolucci, ho cenato con loro proprio ieri sera e credo, come uomo di spettacolo, di poter dire che sarebbero potuti essere anche dei comici di altissimo livello, oltre che dei grandissimi campioni. Però non è mai detta l’ultima parola, magari lo diventeranno (ride)”.
D: Con questa serie crede che Adriano, Paolo, Corrado e Tonino siano riusciti a riprendersi quella gloria che quasi mezzo secolo fa gli venne tolta?
Procacci: “Sì, mi auguro di sì. Penso che sicuramente un po’ più di gente abbia capito la grandezza di quello che hanno fatto in quegli anni. Anche per le persone che quegli anni non li hanno vissuti, per una questione di età, hanno avuto modo di conoscere dei personaggi che anche per me sono stati davvero interessanti da raccontare, delle belle persone, ognuno con le sue diversità. Per raccontare una storia ci vogliono dei fatti, e quelli c’erano a tutti gli effetti, ma io ho trovato anche dei grandissimi personaggi”.
D: C’è qualcosa che avrebbe potuto fare e che non ha fatto, o che avrebbe fatto diversamente?
Procacci: “Quello che mi dispiace e aver lasciato fuori altre cose divertenti che avrei voluto mettere. Qualcuno mi ha detto che sei puntate erano troppe ma io invece avrei voluto continuare perché mi sono divertito davvero molto”.
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ATP Miami, Sinner: “Ho sfruttato le mie chance e ho sbagliato poco da fondocampo”[ESCLUSIVA]
L’azzurro al termine del match con Rublev: “Quando servo così bene mi sento più tranquillo in risposta”

Jannik Sinner continua a volare nel Miami Open presented by Itaù: il tennista altoatesino ha superato in scioltezza 6-2 6-4 Andrey Rublev, conquistando per la terza volta consecutiva i quarti di finale nel torneo della Florida. Una prestazione convincente e soddisfacente quella dell’attuale numero 11 del mondo che ha analizzato così la sua prova ai nostri microfoni e in conferenza stampa.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Congratulazioni, bellissima vittoria. Ho notato che negli ultimi match hai limitato molto il numero degli errori, adesso pensi di più al colpo che devi giocare. È una cosa che ti aiuta a sbagliare di meno?
Jannik Sinner: “Stiamo lavorando molto su ogni colpo da giocare in partita, ma devo sempre avere la palla giusta per giocarlo. Come avevo detto quando ho vinto con Dimitrov, stiamo lavorando per essere più imprevedibili, gli avversari altrimenti ti conoscono bene. Sicuramente oggi ho sbagliato poco da fondocampo, ho giocato le palle giuste. Ho servito bene e quindi mi sento più tranquillo in risposta, potendo rischiare di più”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Servizio e risposta sono stati importanti in questo match: hai servito molto bene e l’hai messo sotto pressione con la risposta. Hai fatto qualcosa di particolare che ha funzionato bene?
Jannik Sinner: “Sicuramente di stare aggressivo sulla seconda, quando serve la prima è difficile rispondere, serve forte e preciso. Oggi ha servito il 70% di prime, quindi dovevo sfruttare ogni chance che avevo. Nel primo set ho sbagliato la volée sulla prima palla break e nel secondo set un dritto. Oggi sono riuscito a sfruttare le mie chance, ma arriveranno anche le giornate in cui farò più fatica a sfruttarle”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: In questi tornei in cui a volte c’è un giorno di pausa e a volte no, per alcuni giocatori è più difficile gestire la routine. Per te com’è questo ritmo?
Jannik Sinner: “Alla fine ti devi adattare. Nei giorni di riposo ti alleni in base a quanto hai giocato il giorno prima, se stai servendo peggio fai un po’ più di servizio. Ieri ho fatto un po’ meno perché mi sono sentito meglio. Oggi mi riposerò perché so di rigiocare domani, quindi devo gestirmi”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Parlaci del tuo prossimo avversario.
Jannik Sinner: “Con Emil sarebbe una partita dura, ci conosciamo abbastanza bene, ci siamo allenati nella preparazione insieme. È un giocatore solido, sta iniziando a servire bene. Van de Zandschulp forse serve un po’ meglio, si muove bene da fondocampo e tira forte. Sarebbe una partita nuova, non ci siamo mai allenati insieme”.
Interessanti anche le dichiarazioni ai giornalisti in inglese, soprattutto riferite al suo atteggiamento in campo: “Sono un giocatore migliore adesso. Cerco di trovare sempre a strada migliore per interpretare il match, ho un piano chiaro in testa e cerco di portarlo avanti. Cerco di fare sempre il possibile e di dare il meglio, con il migliore atteggiamento possibile che posso tenere”.
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WTA Miami, Trevisan: “Ho tolto certezze a Ostapenko sin dall’inizio, le ho fatto giocare sempre una palla in più” [ESCLUSIVA]
Intervista esclusiva di Ubitennis alla toscana dopo il successo contro Jelena Ostapenko: “Ho cercato sempre di farla difendere”

Una grande Martina Trevisan ha conquistato per la prima volta in carriera un quarto di finale a livello WTA 1000 nel Miami Open presented by Itaù, superando con un netto 6-3 6-3 Jelena Ostapenko, ex campionessa del Roland Garros. Con questa vittoria, la tennista fiorentina si è issata virtualmente addirittura al numero 20 del ranking mondiale. La numero 1 d’Italia ha rilasciato delle parole al nostro inviato in Florida, Vanni Gibertini.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Congratulazioni Martina. Un’ottima partita, sicuramente lei (Ostapenko, ndr) ti ha dato una mano, ma tu hai approfittato di tutte le occasioni che ti ha concesso.
Martina Trevisan: “Lei ha iniziato molto bene perché nel primo game ha fatto subito tre, quattro vincenti. Da parte mia sono stata brava a toglierle le certezze che aveva inizialmente, l’ho portata a un punto in cui ha perso un po’ di pazienza e mi ha concesso qualcosa in più, ma credo che sono stata brava a toglierle certezze in quel momento”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: All’inizio del secondo set si sentiva forte una voce parlare, non so se anche in campo si è sentito come dagli spalti.
Martina Trevisan: “Fortunatamente non ho sentito questa voce, ma c’era un sacco di movimento, c’era uno che si alzava costantemente con la maglietta arancione”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Ultimamente si è parlato molto del lasciare più libertà agli spettatori, ne hanno parlato sia Jessica Pegula che Frances Tiafoe. Che cosa ne pensi tu?
Martina Trevisan: “Penso che sia uno sport in cui abbiamo bisogno di silenzio e di calma rispetto ad altri sport. Loro sono più abituati alla confusione con il basket e il football, ma a mio parere è meglio così”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Tornando alla partita di oggi, come si fa a gestire una giocatrice che non ti dà ritmo, spara tutto ed è capace di fare i punti in un modo e nell’altro.
Martina Trevisan: “La cosa che mi ero prefissata di fare era di contrattaccare quando avrei avuto la possibilità perché a lei non piace difendere. Sono entrata in campo con molta decisione e ho cercato di farle giocare sempre una palla in più”.
Vanni Gibertini, Ubitennis: Tu giocherai domani contro un’avversaria sicuramente forte, una tra Rybakina e Mertens. Parlaci di entrambe.
Martina Trevisan: “Con Rybakina non ci ho mai giocato, ma sappiamo come gioca. Con Mertens ci ho giocato ad Abu Dhabi un mese fa, ma siamo a Miami e sarebbe sicuramente una partita diversa, so come prepararla”.
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Varvara Gracheva diventerà presto francese? La fredda reazione di Tarpischev
Cresciuta tennisticamente in Francia dove risiede da sette anni, la moscovita classe 2000 avrebbe completato la procedura di naturalizzazione

Nata a Mosca il 2 agosto 2000, Varvara Gracheva si sta facendo notare in questo inizio di stagione. Dopo il balzo del 2019 dalla posizione n. 479 alla 108 del ranking, è rimasta per buona parte degli ultimi tre anni all’interno della top 100, arrivando tra le prime 60 per un breve periodo durante la scorsa estate per poi perdere una quarantina di posizioni. In queste settimane, dopo il terzo turno all’Australian Open battendo anche Daria Kasatkina, ha messo a segno diverse vittorie che tra l’altro l’hanno portata in finale a Austin e agli ottavi a Indian Wells. In California, partendo dalle qualificazioni, si è arresa solo alla futura campionessa Elena Rybakina, risultato che l’ha premiata con un nuovo best ranking al n. 54 che è tuttavia già “scaduto”, dal momento che è ancora in gara a Miami e virtualmente 44a nella classifica live, in attesa del match di ottavi contro Kvitova nella tarda serata italiana di lunedì.
Varvara fa ora parlare di sé anche per un motivo non direttamente legato alle sue prestazioni sul campo da tennis. Secondo quanto riporta l’Équipe citando beIN Sports, la tennista al momento senza bandiera sarebbe sul punto di ottenere la cittadinanza francese. Sulla procedura è stato mantenuto uno stretto riserbo e, sempre stando al quotidiano parigino, sia la federtennis francese sia la Direction Technique Nationale (preposta alla formazione dei campioni e allo promozione dello sport) erano state istruite a non divulgare la notizia, che alla fine è evidentemente trapelata.
Varvara vive in Francia e si allena all’Élite Tennis Center da quando aveva sedici anni e il processo di naturalizzazione non sarebbe in alcun modo legato all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A quanto pare, la procedura è stata completata lo scorso 5 marzo ed è ora al vaglio del ministro degli Interni, restando dunque solo da attendere la pubblicazione ufficiale del decreto.
Sulla vicenda si registra anche un commento non esattamente conciliante di Shamil Tarpischev, il capo della federtennis russa. “Sono in un training camp in Turchia, non ho informazioni su Gracheva, quindi non posso commentare. Ma non vedo grandi perdite per noi. Abbiamo tante ragazze talentuose e stiamo lavorando sulla prossima generazione”, ha detto, come riportato da ubitennis.net.
Da parte francese, la speranza è che possa gareggiare sotto il drapeau tricolore già dal Roland Garros e partecipare alla Billie Jean King Cup, anche se difficilmente già alle qualificazioni di metà aprile, con les bleues attese a Coventry dalla Gran Bretagna. Oltre a considerare i vantaggi di un passaporto comunitario per chi viaggia continuamente come i professionisti del tennis, Varvara sta per diventare la seconda tennista di Francia, dietro alla numero 4 Caroline Garcia e davanti ad Alizè Cornet, 66a.