Felipe Virgili, il talento che per la maglia azzurra ha lasciato le Baleari: "Voglio fare del tennis la mia professione" [ESCLUSIVA]

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Felipe Virgili, il talento che per la maglia azzurra ha lasciato le Baleari: “Voglio fare del tennis la mia professione” [ESCLUSIVA]

Il 17enne Felipe, grande protagonista della stagione juniores, ha scelto di gareggiare per l’Italia e ora punta all’Australian Open Junior: “Dove mi vedo a 20 anni? Come minimo in top 500”

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Virgili premiazione a Telde
 

Felipe Virgili, omonimo ma non parente di Adelchi e Augusto, ha 17 anni, ne compirà 18 il prossimo 20 gennaio, ed è nato in Spagna, per la precisione a Minorca, da genitori italiani che si erano trasferiti nell’isola. Da un anno vive a Lecce dove il Circolo Tennis Mario Stasi lo ha ‘adottato’, schierandolo in Serie A e seguendolo nel suo percorso di crescita. In questa stagione ha ottenuto molti successi di prestigio nel circuito juniores, vincendo ben cinque tornei (Hasselt, Telde, Pescara, Porec e Dubrovnik), e finendo per essere notato dalla Federazione che l’ha convocato a Tirrenia per una settimana di stage. Anche perché lui, in possesso di doppio passaporto, si è sempre sentito italiano e vuole competere dalla prossima stagione sotto la nostra bandiera. L’abbiamo contattato proprio a Tirrenia per conoscerlo meglio.

Felipe Virgili – Instagram

Buongiorno Felipe, allora come sta andando la tua prima esperienza al Centro Federale di Tirrenia?
E’ un’esperienza fantastica e rimarrò qua tutta la settimana. Alterniamo il lavoro fisico a quello più propriamente tecnico. Per quanto riguarda la parte fisica, visto che sono in piena preparazione invernale, continuo col mio programma originale. Per la parte tennistica gioco con gente sempre diversa e anche molto forte, quindi il confronto è molto stimolante. Ad esempio questa mattina ho giocato con Francesco Passaro”.

Ti ha massacrato?
No dai (ride, ndr), ho anche fatto bella figura. Poi siamo legati dalla comune prospettiva del prossimo Australian Open, dove io giocherò il torneo junior mentre lui farà le qualificazioni dei ‘grandi’. E quindi ne parliamo spesso”.

Come si svolge la tua giornata?
“Due ore di tennis la mattina e poi un’ora e mezza di palestra. Nel pomeriggio altre due ore di tennis e infine un po’ di scarico”.

Chi c’è lì con te?
“Federico Bondioli, Giacomo Nosei e Mattia Ricci. Poi ci sono alcuni ragazzi più grandi: Passaro, come ti dicevo, Federico Arnaboldi e Luca Potenza”.

Proprio in questi giorni hai cambiato bandiera, dico bene?
“Sì, io ho sempre avuto il doppio passaporto ma ero tesserato per la Federazione spagnola. Però il mio desiderio, fin da piccolo, era di giocare per l’Italia e proprio in questi giorni pare che siamo arrivati a capo di una procedura burocratica/diplomatica che si è rivelata più complessa del previsto”.

La Federazione spagnola non voleva mollarti?
“Mi piace pensare che sia così”.

Ma tu ti senti più italiano o spagnolo?
“Italiano italiano, l’ho sempre detto fin da piccolo. Ai mondiali, tanto per dire, tifo sempre Italia. E adesso, dopo un anno di permanenza a Lecce, mi accorgo che ho anche smesso di pensare in spagnolo”.

Raccontaci la storia di questa tua particolare famiglia.
“I miei si trasferirono a Minorca una ventina di anni fa. Andarono là per fare le vacanze e se ne innamorarono. Poi la famiglia è cresciuta (adesso sono in sette fratelli, cinque maschi e due femmine, ndr), e cinque di noi figli sono nati sull’isola. Mio padre di Bologna e mamma di Modena, ma da tempo siamo perfettamente integrati nella comunità isolana e nessuno pensa di tornare nella nebbia padana. Mio padre ha un’agenzia immobiliare e mamma prepara dolci per i ristoranti dell’isola. E tutti, chi più chi meno, si interessano di tennis: mia madre è arbitro internazionale e due miei fratelli sono maestri”.

Mi dicevi che a Tirrenia ti mancano i dolci di tua madre.
“Puoi dirlo! Non è che qui si mangi male ma io a tavola sono abituato a farmi onore e qui non mi lasciano prendere il bis (immaginiamo per motivi dietetici, ndr) e io sto impazzendo (ride, ndr). A fine cena mi tocca mangiare 15 mandarini per cercare di saziarmi!

Come sei finito a Lecce?
“Mi chiamò Mario Stasi, il nipote del fondatore del Circolo, per giocare la Serie A. Quattro anni fa mi mandò il contratto e io accettai, con la possibilità, essendo minore di 16 anni, di essere tesserato come ‘vivaio’. Poi c’è stato il Covid e allora ho esordito solo nel 2021 ma devo dire che mi sono subito innamorato della città, così non appena il Circolo mi propose di trasferirmi e di allenarmi là a tempo pieno ho accettato senza esitazioni. Città bellissima e clima stupendo, molto simile a quello cui sono abituato in Spagna. E al Circolo mi hanno trattato da subito come uno di famiglia”.

Parlami del tuo staff.
“Mi alleno con Andrea Trono e Tommaso Mannarini”.

Adesso il circolo ha perso Franco Agamenone.
“Mi è dispiaciuto molto da un punto di vista umano ma devo dire che comunque il livello degli allenamenti è rimasto molto alto”.

Siete arrivati in finale nel campionato di A2.
“E abbiamo perso con Bisenzio. Bravi loro, ma noi siamo stati comunque molto soddisfatti perché avevamo iniziato l’anno con l’unico obiettivo di salvarci e invece abbiamo chiuso in testa il nostro girone eliminatorio”.

Tu sei un mancino naturale che però gioca con la destra.
Colpa di mio fratello Daniele (ride, ndr). Quando eravamo piccoli io impugnavo la racchetta con la sinistra ma lui, che era di poco più grande di me, pensava che fosse obbligatorio giocare con la destra e quindi mi forzò a cambiare mano. Ed è l’unica cosa che oggi faccio con la destra perché mangio e scrivo con la sinistra”.

Quali sono i punti forti del tuo repertorio e dove invece devi migliorare?
Il punto forte è sicuramente il diritto, quelli da migliorare il rovescio (che gioca a due mani, ndr) e il gioco di volo. Ma in quest’ultimo anno sono migliorato tantissimo, anche nel servizio. La parte atletica invece va già benissimo, ma essendo spagnolo questa cosa ce l’hai nel sangue (ride, ndr), su quella mentale sto lavorando assieme alla mia mental coach che si chiama Mar Montra”.

Parliamo del programma 2023. Inizi come abbiamo detto in Australia, e dopo cosa farai?
Continuerò coi tornei junior, privilegiando quelli più importanti, cioè i Grado 1 e 2 e poi cercherò di giocare qualche Future, un circuito dove non ho mai giocato. Sperando di conquistare quanto prima i miei primi punti ATP”.

Dove ti vedi a 20 anni?
“Mi piacerebbe essere in top 500, come obiettivo minimo. Poi è ovvio che mi piacerebbe fare anche meglio. In ogni caso voglio fare del tennis la mia professione”.

Quando sei in giro per tornei cosa fai nei momenti off?
Guardo video di pesca”.

Come? Ho capito bene? Niente Netflix o musica ma video di pesca?
“Esatto (ride, ndr), a me piace tanto andare a pesca. Sia pesca subacquea che con la canna. Per un isolano è abbastanza normale. Poi vado anche a caccia. Ad esempio a Lecce ho trovato un amico che va spesso a beccacce e io lo accompagno”.

Quindi fai quelle cose tremende tipo svegliarti alle quattro del mattino?
“Proprio così, svegliarmi prima dell’alba e andare nel bosco, in mezzo alla natura, mi piace tantissimo”.

Chi sono i tuoi migliori amici nel mondo del tennis?
“A Lecce c’è un gruppo fenomenale, con Omar Brigida, Lorenzo Vaccaro, Alessandro Coccioli, Giannicola Misasi e Valerio Trabacca siamo come una famiglia. Organizziamo gite, cene e cerchiamo di stare assieme il più possibile”.

A Natale rientri in famiglia a Minorca?
“Sì, dal 20 al 26 poi torno a Lecce ad allenarmi in vista dell’Australian Open. Partirò per l’Australia ai primi di gennaio”.

Grazie del tuo tempo Felipe, buone Feste e buona carriera, ti seguiremo con attenzione.
Grazie a te e a tutti i lettori di Ubitennis”.

Segui su Instagram: @massimogaiba

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