Musetti e Trevisan, la bell'Italia (Bertellino). Tartarini: «Musetti lo dimostra, il modello funziona» (Ercoli). Le mie prigioni (Audino)

Flash

Musetti e Trevisan, la bell’Italia (Bertellino). Tartarini: «Musetti lo dimostra, il modello funziona» (Ercoli). Le mie prigioni (Audino)

La rassegna stampa di mercoledì 21 dicembre 2022

Pubblicato

il

Musetti e Trevisan, la bell’Italia (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Tennis italiano in festa ieri a Genova per la consegna dei Supertennis Awards 2022, andata in scena presso il Centro Congressi Porto Antico. Entusiasmo e siparietti simpatici nella rivisitazione di un anno che ha confermato i grandi livelli raggiunti dal tennis azzurro, sia in campo maschile che femminile. Il premio di miglior giocatore del 2022, «per il suo tennis raffinato ed elegante», tra le motivazioni, è andato al ventenne carrarino Lorenzo Musetti, capace di vincere i suoi primi grandi tornei nel circuito maggiore e in particolare di sconfiggere nella finale del 500 ATP di Amburgo il futuro n° 1 del mondo Carlos Alcaraz: «Un passaggio – ha detto Musetti – che ha cambiato radicalmente il mio percorso dandomi maggior fiducia nei miei mezzi e mi ha proiettato in un’altra dimensione». Musetti è così salito al posto n°23 del ranking mondiale bissando il grande risultato nel 250 ATP di Napoli dove ha sconfitto Matteo Berrettini, con il romano condizionato dall’infortunio al piede. Lo stesso Musetti è stato determinante nel lanciare l’Italia di Coppa Davis alle Finals di Malaga grazie alla prestazione offerta a Bologna. Il premio alla miglior giocatrice è invece stato assegnato a Martina Trevisan, semifinalista al Roland Garros e capace di andare a bersaglio per la prima volta in carriera in un WTA 250, sulla terra rossa di Rabat. L’impresa dell’anno l’ha invece compiuta il torinese Lorenzo Sonego. Dalle vacanze alle Maldive è stato convocato in Coppa Davis a Malaga a causa degli infortuni di Berrettini e Sinner e in due giornate memorabili ha sconfitto prima l’americano Tiafoe, poi il canadese Shapovalov: «Due vittorie di grande spessore – ha detto – esaltate dalla maglia azzurra alla quale ho sempre tenuto molto». L’allievo di Gipo Arbino ha centrato anche il suo 3° titolo ATP, nel 250 ATP di Metz. Le imprese di Davis gli daranno lo sprint ulteriore per partire con grande carica nel 2023. Premio “Most improved” in campo maschile a Francesco Passaro che in soli otto mesi ha scalato il ranking ATP, da n° 500 all’attuale best ranking di 119. […]

Tartarini: «Musetti lo dimostra, il modello funziona» (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

«Qualche anno fa avevo vinto il Supertennis Award come miglior maestro, adesso mi fa molto piacere vincerlo da coach: il 2022 è stato un ottimo anno per noi». Simone Tartarini, al fianco del fido allievo Lorenzo Musetti, celebra il successo alla serata degli Awards delle racchette. L’accoppiata tecnico-giocatore ha fatto incetta dei premi della federazione al termine di una stagione che ha visto il ventenne di Carrara chiudere da numero 23 ATP. Durante la serata di Genova pero, come è giusto che sia, la testa di entrambi era già agli ultimi giorni di preparazione e alla partenza per la trasferta australiana.

Lei e Lorenzo premiati come coach e giocatore dell’anno. Quanto vi fa piacere, considerando la folta concorrenza italiana?

A fine anno è giusto fare un bilancio, ma poi bisogna guardare avanti. Venerdì partiremo per l’Australia e stiamo già pensando a United Cup e Australian Open. Fa sempre piacere ricevere questi premi, anche se durante la stagione naturalmente non ci pensiamo. Tra l’altro sarei dovuto essere anche tra candidati a coach dell’anno dell’ATP ma non ho potuto partecipare perché non ho raggiunto ancora il numero minimo di tornei per l’eleggibilità.

La preparazione come procede? Non avete fatto esibizioni, ma immagino vi siano state offerte.

La stagione è finita tardi con la Coppa Davis, quindi abbiamo rifiutato un paio di esibizioni perché valevamo fare una mini off-season incentrata sull’allenamento; ma ogni team guarda in casa propria e fa le sue scelte. In campo abbiamo margini tecnici e tattici, ci stiamo focalizzando sui colpi di inizio gioco: fondamentali per fare la differenza con i Top 10.

A febbraio Lorenzo andrà in Sudamerica. Una scelta inaspettata, da cosa è dipesa?

Nel 2022 abbiamo fatto un investimento giocando tanto sul veloce e dando un peso relativo ai risultati. La scelta ha dato i suoi frutti e per la nuova stagione Lorenzo vuole provare la trasferta sudamericana: giocheremo Buenos Aires, Rio de Janeiro e Santiago. A 20 anni è il momento di saggiare tutto, così che tra qualche anno potremo scegliere con ulteriore consapevolezza.

Capitolo Italia: dal 2023 di Berrettini e Sinner cosa si aspetta?

Per me Matteo, al netto dei tanti infortuni, ha fatto un altro anno incredibile. La sua priorità è stare bene nell’arco di una stagione perché maturità e livello di tennis ci sono. Jannik a fine anno forse non stava esprimendo il suo miglior tennis, ma si sta assestando con il nuovo team e assimilerà nuove strategie di gioco. Nel 2023 proverà a stabilizzarsi nei primi dieci, quest’anno ha chiuso comunque in Top 15 ma forse c’erano aspettative più alte. […]

Questo metodo pagherà anche con il nostro tennis femminile?

Con il senno di poi si è persa l’occasione di seguire la generazione d’oro della Fed Cup e c’è stato un buco generazionale. Ora ho visto qualche giovanissima giocare bene, ma il gap non è facile da colmare perché il livello del tennis femminile è alto nella fascia media. Il movimento sta dando qualche segnale con Trevisan, Paolini, Bronzetti e Cocciaretto: spero si creino i presupposti per trascinare le più giovani.

Nel 2023 con che risultato andrete via felici da uno Slam?

Lorenzo agli Australian Open sarà testa di serie e l’obiettivo è quello di arrivare alla seconda settimana, ma non esistono match scontati. Nel circuito ci sono tanti avversari forti e quest’anno potrebbero tranquillamente esserci quattro vincitori di Slam. Sarà difficile vedere un dominatore, anche se per me Djokovic parte davanti agli altri. Noi in generale vogliamo tenere uno standard alto che possa darci garanzie di classifica nella stagione.

Le mie prigioni (Uski Audino, La Stampa)

«In prigione non sei nessuno. Sei solo un numero. Il mio era A2923EV. Non mi chiamavano Boris», racconta il campione di Wimbledon Boris Becker. Ha passato sette mesi nelle carceri inglesi, prima di essere rilasciato giovedì scorso. Un tribunale di Londra lo aveva condannato ad aprile a due anni e mezzo di reclusione per evasione fiscale e per aver occultato beni per circa 2,5 milioni di sterline nella procedura di fallimento. Uscito prima del tempo, ieri sera Becker è stato intervistato per la prima volta dal suo rilascio dall’emittente tedesca Sat.1, in un colloquio fiume in onda durato oltre un paio d’ore. Nello studio Becker è accompagnato dalla giovane compagna Lilian de Carvalho Monteiro e proprio ricordando davanti agli spettatori gli attimi di addio prima della sentenza del tribunale londinese ha un momento di commozione e tace. Dimagrito, scavato in viso, i capelli tornati biondo-rame come a all’inizio carriera e non più con punte biondo platino com’è di moda nel jet-set, la leggenda del tennis ha perso l’aria scanzonata di chi sfida il mondo e vince, di chi infila una conquista dopo l’altra e a cui tutto viene perdonato. Insieme a una giacca nera e una maglietta nera, Boris ha indosso un’aria penitenziale. «Credo di aver riscoperto la persona che ero prima. Ho imparato una dura lezione. Una lezione molto cara. Molto dolorosa. Ma l’intera vicenda mi ha insegnato qualcosa di importante e di buono. E alcune cose accadono per un motivo», dice il 55enne cresciuto nella provincia del Baden-Wuerttemberg, rimasto nel cuore dei tedeschi “il diciassettenne di Leimen” che nel 1985 vinse Wimbledon. Sei diventato un’altra persona?, chiede il giornalista Steven Gätjen. «No, sono la stessa persona, forse più umile» la risposta di Becker. «Ho perso peso, è vero. E in prigione per la prima volta nella mia vita ho sofferto la fame». E il suo nome non lo ha protetto: «Ero un numero. E non gliene fregava niente di chi ero, anche quando firmavo non potevo farlo con il mio nome ma scrivendo il mio numero». «Dopo la condanna in tribunale mi hanno portato direttamente in prigione – racconta Boris – senza un attimo per poter dire addio alla mia vita di prima, nulla di più brutale. Sono stato gettato in una cella con tante persone e avevo paura: qualcuno era li per omicidio, qualcun altro era li per traffico di droga. Io mi sono ritirato in me e ho abbassato lo sguardo a terra, mi sono dovuto confrontare con tutta un’altra realtà rispetto alla mia». Le prime settimane la leggenda del tennis le ha trascorse nel carcere duro di Wandsworth prima di essere trasferito a metà maggio nella struttura di Huntercombe, vicino a Nuffield, nell’Oxfordshire. «La prima prigione era estremamente pericolosa e altrettanto sporca, lì incontri chiunque e ogni giorno sei impegnato a sopravvivere» ricorda Boris. «Quando sono stato gettato in una cella con 25-30 persone avevo paura, per fortuna qualcuno mi ha riconosciuto. Questo fatto mi ha fatto sentire protetto». […] Sul processo, l’ex tennista fa poche concessioni: «Sono sincero e mi guardo volentieri allo specchio. Prima della sentenza sapevo che le probabilità di condanna erano cinquanta e cinquanta. Ho cercato di spiegare la mia innocenza durante le tre settimane di durata del processo, ma non ho mai ammesso la mia colpevolezza e non so se questo sia stato apprezzato» perché «forse non ho mostrato abbastanza pentimento». […]

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement