Australian Open: qualificazioni da statunitense e main draw da messicano. La storia di Ernesto Escobedo, cresciuto nei campi pubblici inseguendo Andy Roddick

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Australian Open: qualificazioni da statunitense e main draw da messicano. La storia di Ernesto Escobedo, cresciuto nei campi pubblici inseguendo Andy Roddick

“Mi sono sempre sentito più messicano che statunitense, nonostante io sia nato e cresciuto in California”. Ernesto Escobedo ha deciso di darsi una chance, rappresentando finalmente il suo paese

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Ernesto Escobedo (foto Instagram @netoescobedo)
 

Ernesto Escobedo è uno dei 16 giocatori che sono riusciti a qualificarsi per il main draw dell’Australian Open. Nei tre match disputati non ha perso neanche un set, lasciando per strada appena 20 game. Ne sa qualcosa il nostro Luca Nardi, travolto 6-3 6-1 all’esordio, ma non hanno avuto maggior fortuna né Rio Noguchi (6-3 6-4) né il numero 11 del seeding cadetto Pavel Kotov (6-3 7-6). Fin qui nulla di strano, direte voi. Eppure qualcosa di inusuale c’è.

Neto, come veniva chiamato in famiglia, è cresciuto con il tennis nel destino. Il soggiorno della sua casa a West Covina, città situata nella parte orientale della contea di Los Angeles, in California, è decorato con una teca dedicata a Rafael Nadal e diverse foto con Jimmy Connors, Steffi Graf, Anna Kournikova e Stefan Edberg all’annuale torneo di Indian Wells. A ciò si sono anche aggiunte, nel 2016, scarpe, polsini e maglia di Roger Federer, custodite vicino ad una racchetta di John McEnroe e ad un pugno di terra rossa del Roland Garros.

Il padre e il nonno di Escobedo – di nome Ernesto Jr e Ernesto Sr in un trionfo della fantasia – nella loro città natale di Jerez, in Messico, avevano costruito un campo da tennis nel loro cortile. Pur avendo dimensioni decisamente più piccole di un campo regolamentare e servendosi di un semplice filo a fungere da rete, quelle righe hanno trasformato Ernesto Jr, il più anziano di 10 fratelli, e la sorella Xóchitl in due giocatori di tennis. Ernesto Jr, nonostante abbia viaggiato tra Messico, Stati Uniti ed Europa non ha mai guadagnato un punto ATP, mentre Xóchitl ha rappresentato il Messico alle Olimpiadi estive del 1988 a Seoul, in Corea del Sud.

Ernesto Jr è poi emigrato negli Stati Uniti, dov’è illegalmente giunto in California, stabilendosi lì con la moglie e raccogliendo fragole per 20 dollari al giorno. “La nostra famiglia si è sempre costruita dal nulla”, ha detto il papà di Ernesto, con cui si è voluto mantenere lo stesso nome di battesimo per la terza generazione consecutiva. L’ultimo Escobedo, appassionatosi al tennis ancor prima di iniziare a camminare, è nato e cresciuto negli USA, eppure si è sempre sentito più messicano. Fin da giovane è sempre stato una piccola promessa del tennis a stelle e strisce, crescendo però decisamente lontano dai riflettori. I suoi genitori si sono impegnati a farlo crescere nello sport che amava, ma lo hanno potuto fare stabilendo un budget di 5000 dollari annui, poco più di 415 dollari al mese.

Ernesto ha sempre giocato sui campi pubblici di Los Angeles e a 14 anni ha ricevuto un invito per trasferirsi in un’accademia di tennis della Florida. Offerta che, però, è stata rifiutata. “Non era pronto” dichiarò la madre Cristina, mentre il padre disse che gli “sarebbe mancato troppo, quindi non potevamo fare altro che continuare a cavarcela da soli.

In tanti dicevano che non ce l’avrebbe fatta, eppure a 17 anni Escobedo è diventato professionista, sebbene fosse ancora senza allenatore. Anche dopo aver compiuto il salto tra i pro, Neto ha continuato a vivere con la sua famiglia, alla quale è indissolubilmente legato. L’attuale numero 310 ATP ha così dimostrato come fosse possibile arrivare in alto anche senza dover per forza crescere in un club privato. La Lawn Tennis Association of Britain aveva in passato stimato che il costo per lo sviluppo di un giocatore dai 5 ai 18 anni fosse superiore a 300.000 dollari, ma Katrina Adams (presidente dell’USTA) prese Ernesto come esempio: “Lui è la dimostrazione che non devi per forza giocare in un club privato o in un country club per avere successo”.

Escobedo, dicevamo, in fondo si è sempre sentito più messicano che statunitense. Il torneo di Acapulco era infatti per lui “come un torneo di casa”, anche perché lì avrebbe potuto contare sull’appoggio di zie, cugini e parenti vari rimasti in Messico. A settembre 2016 è entrato per la prima volta tra i primi 200 giocatori del mondo, riuscendo così in un’impresa che per un messicano manca dall’inizio degli anni ’90, quando a riuscirci fu Leonardo Lavalle. Per un messicano? Sì, avete letto bene.

Escobedo è entrato nel tabellone di qualificazione dell’Australian Open da statunitense, ma ne è uscito da messicano. Come da lui annunciato tramite un post su Instagram, infatti, d’ora in avanti potrà finalmente rappresentare il suo Messico, di cui già adesso è ampiamente il numero 1. Sono solo tre, infatti, i suoi (nuovi) connazionali presenti tra i primi 1000 tennisti in classifica. Alex Hernandez, attuale n°599, Luis Patino (n°792) e Alan Fernando Rubio Fierros (n°859): in tre hanno vinto appena due incontri a livello ATP. Quantomeno in doppio la bandiera del Messico è tenuta decisamente in alto da Santiago Gonzalez, attuale n°30 delle classifiche mondiali (ma a marzo dello scorso anno è stato anche n°22).

“Ci sono molte più persone che mi conoscono in Messico di quanto non accada negli Stati Uniti“, aveva affermato in passato Ernesto, che al momento dell’elezione di Donald Trump ha anche dichiarato che se avesse vinto lo US Open e fosse stato invitato alla Casa Bianca non ci sarebbe andato. Il 17 luglio 2017 il messicano ha raggiunto la sua miglior classifica, issandosi fino alla posizione n°67 del ranking mondiale. Sarà certo difficile emulare i successi del suo idolo d’infanzia Andy Roddick, obiettivo finale della carriera di Escobedo, al termine della quale vorrebbe tornare in Messico e aprire un’accademia di tennis.

Lunedì, però, avrà la chance di raccogliere la sua quinta vittoria nel tabellone principale di un Major. Esordirà contro il giapponese Taro Daniel, con cui non partirà favorito ma, per essere un giocatore proveniente dalle qualificazioni, il tabellone poteva essere ben più severo. Il suo sarà il terzo match sul campo 12 (qui il programma completo della prima giornata dell’Australian Open) e, comunque vada, Ernesto sarà comunque certo di avercela fatta. Alla faccia di chi non ha mai creduto in lui perché “troppo alto”, “troppo lento” o “dove vuoi che vada se lo allena suo padre?”.

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