Iga Swiatek si racconta: la storia di un'introversa polacca

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Iga Swiatek si racconta: la storia di un’introversa polacca

“Niente può prepararti alla vittoria del tuo primo Grande Slam”, spiega Iga Swiatek. “Da piccola sognavo di sentirmi naturale nelle relazioni sociali, non a diventare professionista”

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Iga Swiatek - WTA Finals 2022 (foto Twitter @wta)
 

Iga Swiatek ha aperto il proprio cuore attraverso una lettera commovente, che vi farà scoprire i lati nascosti che si celano dietro l’immagine di campionessa del tennis e numero 1 del ranking femminile, realizzata di proprio pugno per la piattaforma multimediale The Player’s Tribune che, fondata nel 2014 dall’ex giocatore della Major League Baseball Derek Jeter, pubblica conversazioni sportive quotidiane e storie di atleti professionisti con la peculiarità rappresentata dal fatto che sono i protagonisti stessi a tessere le parole dei loro scritti. Un viaggio nel profondo animo della 21enne polacca, dal quale emergono le sue difficoltà a relazionarsi in età giovanile, l’intenso rapporto con il padre, le pressioni a cui un’atleta professionista deve sottostare, ma anche – fra gli altri aspetti – la reazione avuta al momento del ritiro di Ash Barty della quale ha parlato anche in occasione della conferenza stampa pre-torneo dell’Australian Open 2023.

Sono una persona introversa, e soprattutto provengo da un posto dal quale nessuno mai si sarebbe aspettato che io potessi avere successo nel tennis. Quantomeno finora era difficile da prevedere. Dopo la mia prima vittoria al Roland Garros, da subito in Francia mi sembrò che le cose fossero rimaste normali. Ma quando sono tornata in Polonia? Beh, lì è stato davvero diverso.

La mia famiglia è stata invitata ad una cerimonia di premiazione al Palazzo Presidenziale. Questo avvenimento accadde esattamente tre giorni dopo la finale di Parigi. In quell’occasione mi onorarono di una medaglia, e nel tragitto per giungere a destinazione fummo addirittura seguiti dai paparazzi. Io e i miei familiari viviamo fuori Varsavia e sorprendentemente loro ci stavano aspettando davanti casa con le telecamere.

 

Ci ritrovammo così in auto io, mio padre alla guida ed un addetto della sicurezza. Ebbi la sensazione che stessimo andando veramente veloci, sfrecciando accanto ai negozi che vedevo così sfocati. Mio padre controllava continuamente gli specchietti retrovisori per vedere se ci stessero inseguendo e per depistarli cambiava direzione all’ultimo ad ogni incrocio. Sembrava la scena di un film americano, da una parte spaventosa ma dall’altra ci siamo divertiti ridendo costantemente per tutto il percorso che ci ha condotti in città.

Anche adesso, parlare di questi aspetti è per me molto strano. Di solito non è un classico modo polacco di comportarsi, quello di parlare apertamente dei propri successi. Ma onestamente devo ammettere che penso molto a ciò che accadde quel giorno, in quei momenti vissuti in macchina c’è stato tutto quel concentrato di adrenalina.

Pura adrenalina: solo così posso provare a spiegare cosa ho provato mentre vivevo quegli attimi. Niente avrebbe potuto preparami a quel tipo di sensazioni. Vincere il mio primo Slam, ovviamente ha rappresentato un cambiamento totale per me dall’oggi al domani. Di sicuro, ci sono ancora località del mondo in cui non verrei riconosciuta. Potranno esserci delle situazioni nelle quali, chi mi guarderà non dirà ‘Oh, lei è un’atleta, lei gioca a tennis’. Ma questa evenienza è altrettanto certo che mai accadrebbe in Polonia. Addirittura, lì ci sono state situazioni in cui sono stata riconosciuta soltanto dalla voce.

Sono grata di tutto questo, ma sinceramente delle volte mi appare tutto molto strano e disorientante.

Quando vinco, e sono ancora in campo, anche solo vedere una mia foto mi provoca tanta emozione. Perché sinceramente, per quanto possa risultare surreale, non mi interessa così tanto mostrarmi sui cartelloni pubblicitari o altre cose del genere.

Tuttavia devo ammettere che è molto divertente osservare il modo in cui i ricordi prendano forma, poiché quando ci penso… quando mi riaffiora il ricordo del primo successo al Roland Garros e quell’avventura in auto di tre giorni dopo; i mie pensieri non si concentrano sulle follie di quelle giornate o sulla medaglia ricevuta durante la cerimonia o ancora sui paparazzi che ci inseguivano. Il ricordo più limpido riguarda mio padre alla guida, io che lo guardo e vedo sul suo viso un grande sorriso.

Lui ha sempre creduto in me, anche prima di me. Il ché lo rende un grande papà o semplicemente un pazzo. Potreste facilmente immaginare quante notti da bambina io abbia passato rimanendo sveglia per tutto il tempo sognando di diventare una grande tennista, ma invece non è stato così. La verità è che di notte sognavo di potermi sentire più naturale nelle situazioni e nelle relazioni sociali.

Ci sono stati periodi della mia vita in cui ero talmente introversa che anche semplicemente parlare con altre persone rappresentava per me una grande sfida da affrontare. Fino a 18 anni, per me è stato estremamente difficile guardare le altre persone negli occhi. Odiavo questa difficoltà nel relazionarmi con gli altri. Sembrava che non fossi in grado di creare dei collegamenti con gli altri individui, ma quando mi trovavo di fronte ad alcune persone in particolare avvertivo una sensazione di vuoto nella mia mente che mi portava a non sapere cosa dire. Chiacchierare per me non era una cosa naturale.

La mia storia non è come quella di altri atleti, e va bene così.

Anche in campo, non sono stata quel tipo di ragazza che si innamora all’istante della racchetta. Quando ascolto storie di altri atleti che invece vanno in questa direzione, io penso tra me e me: “un bambino può davvero sentire questo tipo di sentimento?”. Per me non è stato così. Sicuramente fin da subito mi piaceva molto giocare, ma non sognavo di poter diventare una tennista professionista.

Al contrario è sempre stato il sogno di mio padre. Ha sempre voluto che le sue figlie facessero sport, che facessero attività fisica e magari che un giorno potessero diventare delle atlete. Ricordo che quando avevo dieci anni, all’epoca ero un pochino più estroversa come tutti i bambini, preferivo dopo la scuola restare a giocare a calcio con gli altri bambini piuttosto che andare a fare gli allenamenti di tennis. Allora a quel punto, mio padre veniva a cercarmi a scuola e mi gridava: “Igaaaa, vieni qui!!!”.

Ci sono stati dei momenti in cui non volevo spingermi nel tennis oltre una certa soglia e così ho fatto. Ma lui era sempre lì, non ha mai smesso di credere in me. Mi ha insegnato come avere disciplina per poter essere una professionista. Sono stati degli insegnamenti che non solo ho usato e continuo ad utilizzare nello sport, ma anche nella vita. Non è stato un padre estremamente duro. Tuttavia era molto severo riguardo alla routine di allenamenti che dovevo rispettare, e ripensando a quei momenti non posso che ritenermi molto grata. Mio padre è stata quella ricorrente voce nella mia testa che mi indirizzava nella giusta direzione.

Ricordo però perfettamente quando è scattata la mia scintilla con il tennis. Avevo 15 anni e stavo per partecipare al mio primo Slam juniores, era il Roland Garros e tutto stava per trasformarsi in realtà. L’aspetto che in quella circostanza mi stupì di più, fu il modo in cui durante le due settimane del torneo la città viveva il tennis. Tutti festeggiavano a Parigi. Ma soprattutto mi sorprese la qualità dell’accoglienza prevista per gli atleti, non l’avevo mai sperimentata prima. Dove mi sono allenata in Polonia, quando ero adolescente non avevamo nemmeno i riscaldamenti al chiuso negli allenamenti dopo la scuola. Ci allenavamo al coperto con tre gradi.

Mentre in quell’occasione, la location a Parigi era enorme e bellissima. I campi in terra battuta perfetti di un rosso acceso, riga dopo riga la perfezione. Era meraviglioso, in particolare, sentire quell’incredibile ed inconfondibile suono delle terra mentre la calpestavi con i piedi e ti accingevi a colpire la palla. Quando iniziai a giocare, a provare il campo avevo la nette percezione che la palla andasse sempre esattamente dove avrei voluto. Mi colpì tanto, perché non capita spesso di vivere – specie quando sei ad inizio carriera – sensazioni del genere. Poi quel primo Roland Garros Junior fu veramente speciale, non solo per via dell’impianto, del luogo o dell’atmosfera ma anche perché mi trovai circondata da tutti i più grandi campioni del nostro sport… vedere Nadal, Serena e tanti altri dal vivo, sul posto ed essere così vicina a loro… è stato strabiliante. Lasciai Parigi pensando unicamente a come avrei potuto lavorare di più per migliorarmi ancora.

Nonostante quell’esperienza, comunque, non ho mai realmente pensato di essere in grado o di avere la possibilità di vincere un torneo del Grande Slam e diventare numero uno del mondo, perché provenendo da un Paese che non custodisce una lunga tradizione tennistica era per me assolutamente impossibile. Credo che se fossi stata americana, avrei creduto in me stessa molto di più e fin da giovanissima poiché avrei potuto contare su un elenco così lungo di giocatrici del passato che ce l’avevano fatta, e di conseguenza avrei avuto a disposizione numerosi modelli da poter seguire. Avrei avuto un solido sistema alle spalle da poter mettere in atto con efficacia e coerenza e dunque questo avrebbe reso sensati i miei sogni. Mentre se osservavo quante donne polacche fossero riuscite a diventare delle giocatrici professionistiche, vedevo che l’unica a farcela era stata Agnieszka Radwanska e perciò vien da sé che pensai che per me fosse irrealizzabile.

È stato infatti molto divertente, quando alla fine del 2021 ho iniziato a lavorare con il mio attuale allenatore Tomasz e lui mi disse che l’obbiettivo era diventare numero uno WTA entra un anno. Io risposi ‘sì ok, certo’. Sicuramente fu molto stimolante, ma pensai che fosse il classico discorso degli allenatori dei film di Hollywood. Ad esempio per poter vincere uno Slam c’è bisogno che accadano svariati avvenimenti, e non hai la sensazione che tutto passi soltanto dalle tue mani.

Tornado alle mie radici, la Polonia non ha ancora a disposizione – come gli Stati Uniti – quel sistema sul quale basarsi per costruire e formare nuovi atleti. Sinceramente le condizioni non sono per nulla ottimali per i giocatori, non ci sono i fondi economici necessari. Crescendo non ho avuto sempre un posto dove poter giocare, quindi mio padre spesso e volentieri si è dovuto adattare e non è stato facile per lui dover investire così tanti soldi per permettermi un allenatore ed un campo dove allenarmi. Quella parte del mio rapporto con il tennis è sicuramente la più difficile da far riemergere e da condividere apertamente ma voglio essere onesta.

Quando ripenso a quel periodo e a mi padre, ricordo perfettamente di come tutto non fosse pienamente “liscio”. Lui ha sempre cercato di proteggermi da quella che era la realtà esterna al tennis. Fu un vogatore olimpico e penso che il suo principale obbiettivo sin dall’inizio, quando notò per la prima volta il mio talento e quello di mia sorella, fosse quello di renderci delle atlete migliori di quanto non fosse stato lui. Fondamentalmente ha dedicato tutta la sua esistenza per aiutarci a compiere questo obbiettivo. Non l’ha mai detto apertamente, ma è facile da intuire osservando i suoi comportamenti.

Ha sempre mostrato molto pudore nel condividere con gli altri le sue emozioni. Una cosa, tra l’altro, quella di aprirsi poco abbastanza riscontrabile in tutti i polacchi della sua generazione. Poi soprattutto da padre, credo che non sia facile parlarne con la propria figlia perché vuoi mostrarti forte e privo di preoccupazioni. Ma sono sicura che le sue emozioni siano ancora lì, a quel tempo il denaro era veramente poco quindi non deve essere stato assolutamente facile per lui. Non abbiamo mai avuto una conversazione a stampo emotivo, ma ho sempre percepito come si sentisse e quanto credesse in me.

Ricordo però quando lo chiamai appena seppi che Ash [Barty, ndr] aveva deciso di ritirarsi.

Era marzo, avevo un appartamento a Miami per il WTA 1000 perché nei sei mesi precedenti avevo soggiornato in Hotel. In quel momento mi trovavo con la mia psicologa e lei mi disse quello che aveva appena saputo. All’inizio non avevo compreso, poi le domandai: “Ma come è possibile?”. Infine iniziai a piangere.

Dopo essermi lentamente ripresa, vivevo in un certo stato confusionale perché non sapevo cosa sarebbe accaduto. Io era stata n. 2 del mondo per soli tre giorni. Così presi il telefono e chiamai mio padre in Polonia, svegliandolo nel cuore della notte. Di solito non lo chiamo mai, ci sentiamo via messaggio. Per questo vedendo la chiamata si preoccupò, pensando fosse successo qualcosa di brutto. Tuttavia sembrava così assonnato, che secondo me non ha elaborato del tutto la situazione. Appena ha saputo della notizia, mi ha risposto con un tono di voce che lasciava trasparire un sentimento del tipo: “Bene, fantastico”. Io invece non riuscivo a smettere di singhiozzare e di piangere. Onestamente però quel mio stato d’animo, nulla aveva a che fare con il mio potenziale avanzamento in classifica. Può sembrare alquanto strano, ma invece ero rimasta talmente turbata e scioccata dal fatto che Ash si ritirasse a 25 anni.

Perché avevo sempre avuto nella mia mente, come immagine, quella di ritirarsi a 32 anni quando il tuo corpo non ce la fa più. Inoltre, poi, non riuscivo a crederci poiché Ash aveva indubbiamente il miglior tennis in circolazione. Non potevo semplicemente resettare, dimenticare e andare avanti. Anche perché non sapevo se fosse felice della scelta compiuta. Poi, tuttavia, vedendo il video che aveva pubblicato su Instagram ho capito tutto.

Ed ora comprendo ancora di più la sua decisione.

Ogni anno avverto, in modo diverso, quanto sia dura la vita in Tour. Hai molti obblighi a cui devi adempiere e devi imparare la strategia migliore per bilanciare questo con il lavoro sul campo che devi svolgere. Realizzi, quindi, che il tuo compito non è soltanto quello di “mettere la palla in quella determinata porzione di campo”. Diventa tutto più complicato man mano che vai avanti, a volte ti accorgi che sinceramente è meno divertente rispetto al passato. E’ complesso mostrare ogni volta lo spirito fanciullesco che hai dentro la mente o in corpo.

Perché ci sono le aspettative: avere la sensazione di aver giocato bene e sapere che devi continuare ad esprimerti a quel livello, senza errori.

Dopo aver rivinto il Roland Garros lo scorso anno, pensavo che dopo avrei potuto giocare senza pressione. Invece a Toronto e a Cincinnati ho compreso come sia molto difficile essere la numero uno del mondo, poiché ogni giocatrice vuole batterti. E questo le porta a giocare contro di te, il loro miglior tennis.

Ho sempre lottato con la mia sensazione interna di dover necessariamente fare tutto correttamente per l’intera durata di un match. E questo poi ti costringe a provare la stessa sensazione anche nella vita di tutti i giorni, dove avverti la percezione di dover svolgere il tuo compito molto bene sino alla fine. Ad esempio quando pulisco casa, sento che sto sprecando tante energie ma non voglio fermarmi perché voglio completare il mio compito perfettamente. In pratica non mi fermo mai, se non sento di aver dato abbastanza. A volte devo sforzarmi per sentirmi orgogliosa di me stessa.

Ma dall’altra parte sono altrettanto consapevole che dover svolgere tutto nel migliore die modi, è anche la strada vincente che mi ha portato fino a questo punto della mia vita; nonostante sia molto difficile da perseguire e ci sia l’opzione che diventi autodistruttiva.

Portando un ulteriore esempio su questo aspetto, quando ho trionfato per la prima volta a Parigi pensavo di non aver dimostrato abbastanza. Mi sentivo come se mi fosse successo per caso, di vincere il RG, come se mi fossi trovata al posto giusto nel momento giusto e giocando bene in qualche modo era accaduto. Quindi approcciandomi alla stagione 2021 volevo ulteriormente mettermi alla prova e questo mi ha portato a vivere fin da inizio anno momenti davvero terribili. A Parigi volevo giocare come l’anno precedente, ma le condizioni erano totalmente diverse perché arrivai al torneo senza aver disputato alcun match nei due mesi antecedenti e dunque sprovvista di fiducia. Inoltre per la prima volta nella mia carriera, avevo stipulato un contratto con un grande sponsor e ho sentito questa ennesima pressione sulle mie spalle. Anche perché non aver ripetuto quanto di eccezionale avevo fatto nel 2020, ottenendo nuovamente quello che avrei voluto, ha rappresentato una forte delusione per me. Era un qualcosa su cui dovevo lavorare, ma anche imparare a conviverci.

Le cose sono poi cambiate con l’Australian Open, anche se il vero grande spartiacque dove ho lottato con me stessa come mai prima si è consumato in estate durante le Olimpiadi di Tokyo. Ho pianto in campo dopo aver perso in due set e avevo la sensazione che le persone mi stessero giudicando. Poi sono volata in Messico, a Guadalajara, ma ero esausta mentalmente e fisicamente. Non sapevo davvero cosa fare, mi sono sentita impotente in campo e sono scoppiata in lacrime nuovamente. Ero preoccupata di come le persone mi avrebbero visto, se si sarebbero vergognate di me e se avrebbero pensato che una campionessa non può comportarsi in quel modo.

Penso che sia per questo, che quando ho saputo di Ash sono affiorate in me così tante emozioni contrastanti. Ci sono delle idee che abbiamo di noi come giocatrici, che ci provengono dalla considerazione che hanno di noi i nostri genitori, i media che identificano in alcune caratteristiche imprescindibili come deve essere fatto e come deve comportarsi un atleta. Ma quando ho visto Ash mostrarci una possibilità diversa, che si può scegliere un percorso differente, mi sono sentita sollevata. Perché quanto stai vivendo un viaggio del genere in cui combatti per l’eccellenza, a volte puoi anche dire: “Va bene, basta”. Sei tu l’autista dell’auto, sei tu e solo tu che controlli la direzione intrapresa.

Per cui a volte, la soluzione migliore per risolvere questo problema è fregarsene. Onestamente so che può sembrare inopportuno agli occhi di molti, ma se esiste qualche tipo di segreto del mio successo nell’ultimo anno è quello di auto-concedermi la libertà di non preoccuparmi di quello che possa pensare la gente. Questo è ciò che veramente mi ha portato a vincere un secondo torneo del Grande Slam e poi un terzo. Questo è ciò che veramente mi ha portato a diventare la numero uno del mondo. Lasciar andare. Quando ora ho dei momenti di insicurezza, sapete come agisco.

Adesso ho 21 anni e anche se mi sento ancora più introversa rispetto al passato, per me rimane ancora piuttosto difficile aprirmi. Tuttavia ho imparato che per certi versi è ancora più difficile nascondere le proprie emozioni.

In realtà, in tal senso mio padre è un ottimo esempio.

Non molti sapevano di questo lato spiccatamente sensibile di mio padre, fino a prima che scrivessi questa lettera. Non mostra quasi mai le sue emozioni per le questioni importanti. Mentre piange a dirotto durante i film e penso quindi che questo lo abbia ereditato da lui. Lo scorso anno è stato un anno molto difficile, per questo ho deciso di realizzare un video stupido che poi ho condiviso su Twitter dove ho ricreato la scena del “Il Re Leone”, nella quale Mufasa mostra a Simba il loro regno. Il doppiatore polacco di Mufasa ha fatto il video con me. Io volevo fare soltanto qualcosa di speciale e diverso per festeggiare. Nella scena in questione dice ad un certo punto a Simba: “un giorno sarà tutto tuo”, ma lo ha fatto dicendo il mio nome. Quando l’ho mostrato a mio padre, ha cominciato immediatamente a piangere.

Sono rimasta particolarmente toccata, non mi sarei mai aspettata che avrebbe reagito in quel modo. Uno della sua generazione, che mostra in quel modo le sue emozioni. In quel momento ha capito ancora di più quanto valesse per lui il fatto che io avessi avuto successo nel tennis così come nella vita, perdipiù rimanendo sempre durante l’intero percorso al mio fianco. Non sapevo cosa dire in quel frangente, ma penso che nessuno dei due avesse bisogno di sentirsi dire qualcosa.

Quando ripenso a tutto quello che ho passato, apprezzo ancora di più quello che ho ottenuto. Io e mio padre possiamo essere orgogliosi reciprocamente. Non so ancora se vorrò essere famosa dappertutto, ovunque, se vorrò essere una star globale ma sono entusiasta anche solo di poterlo sognare.

Continua così.

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: ma Sinner sapeva che nei quarti poteva incontrare Medvedev? Un martedì da leoni, emozioni indicibili, Vavassori, Zeppieri, Monfils

Tutte pernici ieri al Roland Garros. Maratone con rimonte incredibili, battaglie all’ultimo sangue, spettacolo continuo. E il tennis italiano, 3 vittorie su 4, 11 su 15 al primo turno, si è fatto onore

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Jannik Sinner - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)
Jannik Sinner - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Era solo il primo martedì del Roland Garros 2023, ed è stato un martedì da leoni. Sì, una di quelle giornate – peraltro dopo le tante maratone già seguite domenica e lunedì – che chi le ha vissute non potrà mai dimenticarle. È la forza di questo straordinario sport. Sempre più popolare perfino quando si rischia di essere soffocati dalla troppa folla, dalle troppe code attorno ai campi aperti ai possessori dei cosiddetti biglietti “annexes” o “ground”. Meglio queste code, tuttavia, di quelle che si devono fare ai servizi igienici del Foro Italico…che sono tutto fuorchè igienici. Non mi stancherò mai di sottolinearlo. Prima o poi spero che qualcuno ci metterà mano. Diego Nepi, ci pensi tu?

Giornate di emozioni indescrivibili, anche perché ci vorrebbero ore e ore per raccontarne una minima parte. Sia che fosse un appassionato italiano, o anche un serbo seppure con minor gioia e felicità, quelli che hanno visto e sofferto per 5 ore e 10 minuti l’epica battaglia sul campo 8 fra Vavassori e Kecmanovic, non la dimenticheranno. Papà coach Vavassori, e non solo lui, avrà rischiato l’infarto con i 4 matchpoint annullati al serbo nel terzo set e poi pure con il quinto nel terzo tiebreak consecutivo. La partita – ricordo a chi non avesse letto la cronaca puntuale – si è conclusa soltanto al ventesimo punto del tiebreak finale. E’ stata una delle più incredibili rimonte…almeno fino a quella ancora più pazzesca che ha concluso la nottata ben dopo la mezzanotte…

 Sì, alludo a quella vinta da Gael Monfils, il più showman degli showman, e talvolta con eccessi border-line –come ricorderanno tutti coloro che videro quel quarto di finale dell’US open di qualche anno fa che fu vinto da Matteo Berrettini – che alla fine sono costati cari al malcapitato argentino Baez. Già stato vittima di Zverev qui al Roland Garros nel 2022: si era procurato, invano, il matchpoint. Stamattina è rimasto vittima – quando era calata la notte e si era fatto anche molto freddo dopo una giornata invece caldissima come tutte queste prime tre degli Internazionali di Francia – di una atmosfera divenuta per contrasto assolutamente incandescente.

 

Monfils, in vantaggio due set a uno, aveva perso il quarto set 6-1 e si trovava sotto 4-0 30-40 nel quinto. Insomma aveva fatto un solo game su 11. Non so come abbia fatto, giuro, ma sebbene avesse la testa sott’acqua, è riuscito miracolosamente a risalire la corrente. Certo il pubblico letteralmente impazzito per lui gli ha dato un’incredibile energia. Lui che era rimasto praticamente fermo e senza tennis da un anno per i vari acciacchi fisici. Eppoi mica è più un ragazzino mr Svitolino. Non c’è oggi che spenda più di lui con quel suo tennis da “rematore” di fondocampo eppur anche con quelle incredibili improvvise accelerazioni, cambi di ritmo, dropshots, tutto un repertorio imprevedibile e affascinante.

Ma alla fine, in mezzo al delirio collettivo e nonostante i crampi che sembravano averlo implacabilmente attanagliato, è riuscito ad evitare il supertiebreak nel quale avrebbe probabilmente finito per soccombere. Se non faceva scena, se non recitava come tante altre volte – lui che ha vinto al Roland Garros 11 volte al quinto set su 15 –   sembrava non reggersi proprio più in piedi. E invece, ancora una volta, ha finito per vincere 7-5 al quinto. Pazzesco! Non so chi abbia visto i francesi sullo Chatrier…sembravano tutti fuori di testa. Come dicevo partita davvero indescrivibile. 3 ore e 51 minuti di lotta furibonda, tremenda, appassionante. Una meraviglia indimenticabile. Anche se gli argentini preferirebbero dimenticarla.

Quindi dopo i tifosi italiani e serbi, anche gli appassionati francesi e argentini hanno vissuto emozioni grandissime. E che dire allora di quegli altri italiani che hanno seguito per 5 set e 3 ore e 20 minuti Zeppieri e contro quel matto di BublikCi sarà stato anche qualche tifoso kazako no? Io la partita l’ho rivista un po’ su Discovery Plus, che ce la fa vedere tutte. E di cui su Ubitennis ritrovate gli highlights.

Ma vogliamo parlare di quanto successo per 4 ore e un quarto fra il campione di Roma nonché n.2 del mondo Daniil Medvedev e un brasiliano, Thiago Seyboth Wild, che in tre apparizioni al Roland Garros aveva sempre perso al primo turno delle qualificazioni?

Beh, era dai tempi delle tre vittorie di Guga Kuerten a Parigi che la torcida brasileira non godeva così. Sotto di due set a uno, il ragazzo di 23 anni, ex speranza mondiale junior che giocava soltanto il suo secondo Slam dopo quello disputato nel 2020 a New York, ha rimontato e battuto  il russo che aveva scalzato Djokovic dalla seconda posizione mondiale. Medvedev grazie all’inatteso trionfo romano su una superficie che non ha mai fatto mistero di non amare _”Meno male che la stagione sulla terra battuta è finita” ma non è che quella sull’erba lo ispiri troppo di più – aveva reso possibile il maligno sorteggio  che ha messo nella stessa metà del tabellone i due principali favoriti del torneo, Alcaraz e Djokovic.

 I due giocheranno sempre nello stesso giorno, fino a quando dovessero eventualmente scontrarsi. Giocano oggi sul centrale uno dopo l’altro, Alcaraz con il giapponese Taro Daniel, Djokovic in sessione notturna con Fucsovics. Nessuno dei due dovrebbe rischiare di perdere, sebbene il Djokovic di Roma e Montecarlo non sia stato il vero Djokovic. Se giocheranno sempre negli stessi giorni la colpa è di Medvedev.

Non so se Sinner e il suo team guardino i tabelloni, a volte dicono di no, altre volte dicono di sì. Certo la strada verso i quarti di finale, quando teoricamente Sinner n.8 e Medvedev n.2 avrebbero potuto incrociare i loro destini, è oggi ancora lunga.

 Jannik dovrà prima liberarsi domani del tedesco Altmaier, n.79 ATP, ma pericoloso quando in giornata con il servizio, poi probabilmente di Dimitrov, quindi di Tiafoe o di Zverev (mi fa più paura il tedesco perché prima o poi ritroverà l’antico splendore: inciso, anche lui come Medveved perse al primo turno a Parigi nel 2017 poco dopo aver trionfato a Roma). Tiafoe sulla terra rossa mi pare più limitato, anche se la personalità per produrre più d’un exploit non gli manca davvero.

Nell’area originalmente presidiata da Medvedev le teste di serie sopravvissute al primo turno sono Nishioka, De Minaur e Coric. Ma ci sono anche due argentini come Cachin (vittorioso su Thiem) e Etcheverry da non sottovalutare. Un altro argentino a Roma ha giocato un brutto scherzo a Sinner.

Però, e non solo i ragazzi vestiti da Carote (e da Lavazza che li ha portati a Parigi dove averli visti a Roma) in onor di Pel di Carota Jannik Sinner – che di Pel di Carota, nomignolo che gli aveva affibbiato il sottoscritto, non aveva mai sentito parlare, tantomeno letto – per Sinner cominciano a sognare cose grandi, nonostante lo choc romano che di nome fa Cerundolo.

Fra i tanti spettatori che non dimenticheranno mai la giornata vissuta ieri a Porte d’Auteuil non vanno dimenticati i tedeschi che hanno visto il loro Hanfmann (quarti di finale a Roma e ottimo protagonista anche a Cagliari) prevalere 6-4 al quinto sull’altro brasiliano Monteiro il quale, rimontati due set era avanti 40-0 sul 4 pari al quinto, ma ha perso il servizio proprio in quel momento.

Insomma, per i brasiliani ieri è stata una giornata di gioie e dolori.  Forse conviene affidarsi alla Haddad Maia. Anche i finlandesi, se c’erano (? Non li ho visti), si saranno entusiasmati per il loro Ruusuvuori venuto a capo in 5 set del francese Barrere. Così come i giapponesi – c’erano, c’erano, ne ho visti tanti – per Nishioka che ci ha messo anche lui 5 set per battere Mister Muscolo, l’americano Wolf. Ribadisco: sono state giornate intense, intensissime, indimenticabili, per chi le ha vissute.

Ho accennato alle gioie e ai dolori di tanti Paesi e chissà quante ne ho dimenticati. Anche perché ho trascurato colpevolmente il tennis femminile. Mi sono eccitato quasi soltanto per la vittoria schiacciante della sedicenne (compiuti il  29 aprile) enfant prodige russa (non so come si dice in russo enfant-prodige, e se lo sapessi non potrei scriverlo con la mia tastiera, Gianni Clerici le chiamava tutte Lolita) Mirra Andreeva che ha lasciato soltanto 3 game alla Riske Amritray in un giorno in cui sono saltate diverse teste di serie:Kalinina con Parry, Bouzkova con Wang Xin, la campionessa di due anni fa Krejcikova con l’ucraina Tsurenko, la Azarenka con la Andreescu, la Cirstea con la nostra Paolini, la Rogers con la Martic.

Allora adesso chiudo qui ripetendo quanto ho detto ieri sera a caldo intorno alle 20 sia sull’Instagram di Ubitennis – seguiteci ragazzi, se volete ..uova fresche, siamo solo a 16.000 followers vorrei arrivare almeno a 20.000 per Wimbledon…sbrigatevi! – sia sul rituale video quotidiano di fine giornata: 11 italiani sui 15 in tabellone hanno passato il primo turno. Molti contro pronostico, come le tre vittorie su quattro ottenute questo martedì: Vavassori con Kecmanovic, Zeppieri con Bublik, Paolini con Cirstea. La sola a non compiere il miracolo è stata la campionessa di Rabat, la Bronzetti. Ma chiederle di battere la Jabeur era chiederle troppo.

Oggi 6 azzuri affrontanto il secondo turno. Il mio pronostico l’ho già “azzardato” come faccio sempre su Instagram, peggio per voi se non vi siete ancora iscritti. “Chi non li azzarda i pronostici non li sbaglia”, era solito ripetere Rino Tommasi,  spesso con l’aria di rimproverare un po’ l’amico Gianni Clerici che invece non amava sbilanciarsi.

Gianni però quasi tutte le sere veniva da me in sala stampa e mi chiedeva: “Ubaldo, ma Ubitennis le ha già pubblicate le quote degli incontri di domani?”. Stavolta allora lo chiedo io alla redazione. E vediamo se i miei quattro favoriti, sui sei che scendono in campo oggi, hanno quote favorevoli oppure no. Serve per capire se i bookmakers la pensano come il sottoscritto oppure no. Più tardi verifico.

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Roland Garros, preview day 4: Camila, si può fare. Sonego e Arnaldi contro la fantasia mancina. Vondrousova-Kasatkina da urlo

Grande attesa per Giorgi, i ragazzi ai test Humbert e Shapovalov. Match da non perdere nel tabellone femminile, come Kokkinakis-Wawrinka

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Camila Giorgi - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Chiusi i primi turni del Roland Garros, c’è quasi da alzarsi a cantare l’inno d’Italia, con ben 11 giocatori approdati al secondo turno (chi con un’impresa, chi con un inspiegabile miracolo alla Vavassori). C’è anche di che leccarsi i baffi e avere occhi vigili, specie dopo l’eliminazione di Medvedev, su qualsiasi match. Ecco i cinque che meritano di più oggi.

Lorenzo Sonego – Ugo Humbert

Sciabola e fioretto- Una partita da non sottovalutare, che tanto potrebbe essere il match del giorno, tanto potrebbe rivelarsi una passeggiata, in un senso o nell’altro. Sulla terra, il favore del pronostico tira sicuramente più verso Sonego, che nel 2020 raggiunse anche gli ottavi qui. D’altro cante Humbert è ultimamente in netta ripresa, si è rialzato fino al n.38 e soprattutto gioca in casa, quindi è una partita che non va assolutamente sottovalutata. Il francese ama variare, tagliare tanto e giocare soprattutto sulla diagonale di rovescio, colpo che ben padroneggia e che spesso da fondo sa fare molto male agli avversari. Lorenzo ha nel dritto, specie quando riesce anche a girare attorno alla palla, la sua arma migliore, per quanto le sue caratteristiche da guerriero gli permettano di ben gestire anche le variazioni. Alla luce di ciò, è lecito aspettarsi, dalle 12:30 circa, una partita interessantissima e dai mille volti, come tradisce anche l’equilibrio delle quote: 1,90 su Sisal, 1,92 su Snai e 1,95 su Better sono offerte per l’affermazione dell’azzurra, mentre Humbert (leggermente favorito) è a 1,86 su quest’ultima, che alza di un minimo l’1,85 delle prime due.

 

Camila Giorgi – [3] Jessica Pegula

Chi non smette di sognare…- Delle partite di domani, specie per noi italiani, quella che probabilmente più di tutte merita attenzione è quella che vedrà protagonista la nostra Camila Giorgi. Affronterà, come match d’apertura (11:45) sullo Chatrier, Jessica Pegula, contro cui ha perso sei volte su sette, l’ultima un mese fa a Indian Wells. Le due si assomigliano come notte e giorno, si fuggono l’un altra: l’italiana è imprevedibile, dotata di un tennis puro e talento cristallino, che ben si incarna nel poderoso rovescio che tanto a lei piace quanto meno alle avversarie. La n.3 del mondo è invece una giocatrice schematica, che concede poco ai fotografi ma anche poco agli errori, giocando sempre partite definite strategicamente e con pochi rischi. Si gioca sulla terra, Pegula ha un obiettivo in testa, chiaro che partirà favorita. Se Giorgi però, sin da subito, riuscirà ad imporre il suo ritmo da fondo ed entrare con il rovescio per togliere il tempo all’americana (sempre con pochi doppi falli, si intende) allora potrebbe scapparci il colpaccio. E anche i siti online in questo senso favoriscono alla grande, ma non in modo del tutto scontato, Jess: la sua vittoria è a 1,33 su Sisal e Snai, 1,34 su Better, mentre l’upset di Giorgi è un po’ più alto su quest’ultimo, a 3,30, rispetto al 3,20 degli altri due.

Matteo Arnaldi – [32] Denis Shapovalov

Sregolatezza e ambizioni- La seconda partita di Matteo Arnaldi in uno Slam subito pone un avversario non proprio accessibile, tutt’altro che preparabile o prevedibile: Denis Shapovalov. Il canadese è in crisi, alle volte quasi sembra abbia dimenticato come si giochi (causati dal problema al ginocchio “Mi sono sentito bene negli allenamenti, molto meglio. Non ero contratto. Mentre a Madrid è stata brutale. Ero sempre più dolorante durante i doppi, il che non è l’ideale”), ma resta un giocatore spettacolare, di primissima fascia. La superficie e l’entusiasmo però danno a Matteo i giusti crediti per entrare in campo, alle 14:00 circa, con l’obiettivo di fare partita pari e credere anche nel colpaccio. Innegabile che molto passi dall’umore e dalla fiducia di Shapo, ma non tutto. Arnaldi dovrà essere bravo a gestire i momenti del match, e le folate del canadese, impostandola su un palleggio a basso ritmo e regalando il meno possibile, così da far innervosire l’avversario, che cercherà vincenti in continuazione. Su questo piano l’azzurro può entrare in partita, e con le giuste convinzioni per dare il meglio del suo (ottimo) gioco, pulito e semplice, può sognare un importante terzo turno. Non a caso i bookmakers pendono dalla parte del n.106 al mondo: Sisal “solo” a 1,75, mentre Snai e Better alzano un po’ a 1,80 e 1,82; l’affermazione del canadese è invece a 2,00 su queste ultime, per un piccolo calo a 1,95 su Sisal.

Stan Wawrinka – Thanasi Kokkinakis

Botte da orbi- Si potrebbe brevemente riassumere così il primo confronto, alle 12;30 circa, tra due amanti della palla pesante e delle badilate da fondo come Stan Wawrinka e Thanasi Kokkinakis. Lo svizzero ha più esperienza, qui ha anche vinto, ha però l’unico difetto di una forma fisica non eccellente, data anche l’età. che l’australiano potrebbe sfruttare. Kokkinakis ama spingere da fondo e cercare presto però soluzioni risolutive, specie col dritto, lato su cui è molto forte. Wawrinka va bene su ambo i lati, e in più sa giocare all’occorrenza un buono slice per disorientare la fiducia e fargli perdere i riferimenti da fondo. Potrebbe essere a tutti gli effetti, considerando la qualità del palleggio e la voglia di entrambi i emergere, la partita del giorno. L’australiano è poco abituato alla terra, specie a questi livelli…e potrebbe alla lunga far pendere la bilancia della contesa in maniera ben definita, per quanto le agenzie si mostrino quasi esattamente alla pari: l’affermazione di Wawrinka è pagata 1,80 volte la quota su Sisal, 1,85 su Snai e 1,87 su Better, mentre l’affermazione australiana vale rispettivamente 1,92 volte i soldi puntati su Snai, 1,94 su Better e 1,95 su Sisal.

Marketa Vondrousova – [9] Daria Kasatkina

Calcolo e insidie- Marketa Vondrousova, finalmente riavvicinatasi ai livelli che qui le regalarono addirittura una finale nel 2019, può tranquillamente essere considerata una mina vagante, avendo la capacità vincere contro chiunque nella giornata giusta. E oggi, alle 13:00 circa dovrà essere una di quelle, se vorrà avere ragione di una giocatrice sempre temibile come Daria Kasatkina. La ceca gioca indistintamente bene da fondo, e ama soprattutto spezzare in continuazione il ritmo con palle corte giocate sempre alla perfezione (specie dal lato del rovescio). Dasha invece, semifinalista uscente, è una giocatrice che si basa su un tennis strategico, compassato, fatto di scambi lunghi e attacchi quando lei ritiene sia il momento, ma generalmente dirige da fondo come un ragno con la sua tela in attesa di un errore dall’altro lato della rete. Contro una giocatrice che non dà certezze, e che anzi si crogiola nell’offrire palle diverse e spigolose, alla lunga potrebbe rivelarsi un limite. E in effetti anche le quote tracciano una chiara favorita: la vittoria di Vondrousova è a 1,40 su Sisal e Better, 1,38 su Snai, mentre il passaggio della tds n.9 è rispettivamente a 2,80, 2,95 e 3 su Sisal, Snai e Better.

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ATP

Roland Garros, Medvedev dopo l’eliminazione: “Ripenserò a questa partita per molto tempo. Contento sia finita la stagione su terra”

“Ci sono cose di questa superficie che non mi piaceranno mai” – dichiara Daniil Medvedev, già fuori dal Roland Garros. “Però la vittoria a Roma è stata straordinaria”

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Daniil Medvedev - Roland Garros 2023 (foto Roberto dell'Olivo)

Daniil Medvedev, suo malgrado, ha regalato la sorpresa fin qui più grande del Roland Garros 2023. La sconfitta con Seyboth Wild, n° 172 ATP, per di più dopo che sembrava che il “mal di terra” gli fosse passato con il titolo romano, ha fatto scalpore tra gli appassionati, e c’era grande attesa per capire quello che avrebbe dichiarato il russo in conferenza stampa a fine match. E, come sempre, il n° 2 del mondo non le ha mandate a dire, soprattutto quando è tornato a parlare del suo rapporto con il rosso, stuzzicato ancora una volta dai giornalisti.

D. Daniil, non deve essere facile per te. Puoi riassumere però il match in poche parole?

DANIIL MEDVEDEV: “Partita difficile, non so cosa dire. Non la guarderò nuovamente in TV ma credo che Seyboth Wild abbia giocato bene, e io non credo di essermi espresso così male. Se continuerà a giocare così, credo possa arrivare entro la fine dell’anno nei primi 30. Spero che anche nei prossimi match disputi partite allo stesso livello, altrimenti ne rimarrei deluso e mi chiederei: perché ha giocato così bene proprio contro di me?”.

 

D. Sei sembrato infastidito nei confronti del pubblico in qualche momento. Qual era il tuo feeling?

DANIIL MEDVEDEV: “È andata bene. L’unico problema è stato quando ho chiesto alla giude di sedia di controllare una pallina che secondo me era molto vicina alla riga. Stavo discutendo con lei sul rimbalzo della palla e ho detto semplicemente al pubblico di zittirsi, perché non stavo dialogando con loro. Per il resto, nessuna criticità”.

D. È parso che tu abbia faticato ad adattarti al vento. È stato particolarmente difficile per te?

DANIIL MEDVEDEV: “È stato difficile, sì. È strano perché c’è lo stesso vento da 6 giorni a questa parte, cosa che non ho mai visto a Parigi. Ma è parte del gioco, sia quel che sia. Di certo, con queste palline pesanti, adattarsi al vento non è stato semplice. Penso che alcuni giocatori, come il mio rivale odierno, o come Alcaraz, o in parte come Tsitsipas hanno un grande vantaggio, perché possono creare potenza facilmente, cosa che io non posso fare. Il vento è certamente tra i motivi per cui ho perso”.

D. Eri scontento della tua attitudine nella fase finale della partita? Sembrava scuotessi la testa come se non fossi soddisfatto di qualcosa…

DANIIL MEDVEDEV: “Non direi che ci sia stato questo tipo di problema. Possiamo chiamare quel momento ‘me contro me stesso’. Niente a che vedere con l’attitudine. Penso di essermi battuto bene e di essere stato bene in campo fisicamente. Cioè, adesso mi sento un po’ stanco ma quando perdi il tuo corpo crolla più rapidamente verso il basso. Se avessi vinto non sarei così stanco ora. E anche mentalmente ho combattuto parecchio e sicuramente sono molto dispiaciuto per il risultato. Penserò per una settimana a questo match, ma al momento non ricordo di aver fatto nulla di così sbagliato, a parte i doppi falli causati dal vento”.

D. Quando giochi contro qualcuno più in basso di te in classifica, ma che si sta esprimendo splendidamente, pensi che prima o poi il livello si possa bassare oppure no? Ti ha sorpreso il fatto che non sia successo?

DANIIL MEDVEDEV: “Beh, lui è calato solo un set e ne ho approfittato. Ha fatto qualche errore nel tie-break del secondo, ma in generale ribadisco che ha giocato in modo ottimale, forse leggermente aiutato da qualche mio errore. Ha vinto lo US Open Junior, se non sbaglio, quindi sa giocare a tennis. È solo che la sua vita potrebbe essere molto migliore se giocasse sempre così. Più soldi e più sponsor, oltre a titoli importanti. Ma non deve giocare così solo sullo Chatrier, bensì su diversi campi e in diversi contesti. Credo sia capace di farlo, ma vedremo in futuro”.

D. Probabilmente il risultato di oggi mette fine alla tua stagione su terra nel 2023. Come descriveresti il tuo rapporto con la terra battuta fino ad ora?

DANIIL MEDVEDEV: “Non è cambiato il fatto che ogni volta che finisce la stagione su terra sono contento. Sono contento e ancora contento. Non mi importa a che livello del torneo io arrivi, l’importante è che finisca. Sono contento perché c’era vento, il campo era secco, e mi è entrata la terra in bocca già nel terzo gioco. Tutte cose che non mi piacciono. Non so se ad altri piaccia mangiare la terra, averla nelle borse, nelle scarpe, nelle calze. Devi buttare tutto in pattumiera alla fine della stagione. A me questo non piace. Avrò un periodo di stacco e di questo sono felice, perché devo ritrovare buona sensazioni. Un po’ di relax nei prossimi giorni, starò un po’ a Parigi, anche se c’è la terra (sorride, ndr)”.

D. Quanto sei contento di giocare invece sull’erba ora? Cosa ti aspetti dal pubblico per il fatto che lo scorso anno russi e bielorussi sono stati estromessi da Wimbledon e quest’anno riammessi?

DANIIL MEDVEDEV: “Sai, non possiamo controllare queste cose. Se le persone decidono di essere dure, non possiamo farci molto. Se invece saranno carine, meglio. Prima di Wimbledon vorrei andare ad Halle, dove ho giocato bene lo scorso anno, ma poi chiaramente sono entusiasmato dal poter andare a Wimbledon. Non posso dire che ami l’erba, ma sicuramente la preferisco alla terra. Cercherò di fare meglio ai Championships rispetto alle annate passate”.

D. Tornando per un instante alla domanda sul tuo rapporto con la terra rossa, ci hai detto che sei contento sia finita questa stagione, ma hai fatto uno step di apprezzamento in più dopo la vittoria a Roma?

DANIIL MEDVEDEV: “Certo, questo al 100%. E ripeto che nel match di oggi ho giocato bene. Ci ho provato, perlomeno. Ho sentito di aver fatto quello che potevo, semplicemente non sono riuscito a vincere contro un avversario che ha giocato bene. Ma Roma è stata incredibile, perché non avrei mai pensato di vincere nemmeno un torneo su terra, figuriamoci un Masters 1000. L’anno prossimo potrei essere ancora più motivato nel migliorare i successi di quest’anno”.

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