Sinner: "Devo crescere e l'accetto" (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: "Toglietemi dal campo" (Martucci)

Rassegna stampa

Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)

La rassegna stampa di lunedì 20 marzo 2023

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Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.

Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]

Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».

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