[5] A. Rublev b. [8] T. Fritz 5-7 6-1 6-3
Partita stranissima, quella che metteva in palio un posto in finale nella parte bassa del tabellone al Rolex Monte-Carlo Open e che vedeva protagonisti sul Campo Ranieri III le teste di serie n. 5 e n. 8 del seeding: rispettivamente Andrey Rublev e Taylor Fritz, coetanei classe 1997. Particolare per l’andamento avuto, ma anche per il contesto in cui si è disputata, un Country Club situato sotto una coltre cupa e minacciosa che dava la netta percezione di essere in sessione serale quando invece era soltanto primo pomeriggio.
Uno confronto fra due grandi battitori che ha portato in dote, soprattutto per le condizioni di gioco avverse tra l’umidità e il vento sopraggiunto alla ripresa dopo la sospensione, addirittura la bellezza di 13 break su 28 game totali. Sfida che ha vissuto anche di frangenti di alternanza nel dominio dell’inerzia, senza farsi mancare neppure momenti in cui entrambi sono apparsi decisamente nervosi e su di giri sul piano dell’emotività; tuttavia con un canovaccio tattico rispettato per la stragrande maggioranza dell’incontro: tra due tennisti che fanno dell’aggressività e del martellamento da fondo un loro cavallo di battaglia irrinunciabile, si è snaturato di più l’americano che a tratti ha prodotto una fase difensiva di gran livello. Poi per il resto il match si è sviluppato prettamente sulla diagonale sinistra, con il russo ad imperversare diabolicamente cercando alla lunga di stanare l’altro e dovendo così sforzarsi di evitare di perdere la necessaria pazienza per adempiere ai suoi propositi tattici; mentre Taylor provava a contenere per costruirsi l’occasione per girarsi attorno al dritto e colpire lo sventaglio per far pagare al rivale la minore copertura del campo sul lato del rovescio.
Potenza a più non posso, inframmezzata da fisiologici gratuiti – come l’obolo del nocchiero dell’oltretomba Caronte per il trasporto delle anime, un prezzo da pagare per ricevere alla lunga maggiori dividendi -, che è stato il vero jolly dei protagonisti per regalare comunque spettacolo andando oltre il mattone tritato monegasco, pesantissimo nella versione odierna. Difatti i due 25enne appartengono a quella schiera di tennisti che la palla la prendono letteralmente a cazzotti, colpiscono in modo muscolare – anche Alcaraz per intenderci – e si contrappongono a quelli in possesso della frustrata liquida: Sinner ne un esempio perfetto.
Una rimonta per 5-7 6-1 6-3, maturata per Andrey dopo 2h11′ con una pausa obbligatoria per pioggia ad interrompere la corsa russa ad inizio terzo set, un primo parziale perso nonostante ripetuti vantaggi ed un secondo vinto pur dovendo affrontare tanti game ad oltranza
Il 25enne di Mosca torna così in finale a Montecarlo a due anni di distanza, nel 2021 perse da Stefanos Tsitsipas, nello stesso anno in cui aveva raggiunto l’unica altra finale ‘1000’ – prima di oggi – della carriera: a Cincinnati nel 2021, in quel caso sconfitto da Zverev; la seconda in stagione dopo il KO nel suo regno: gli ATP 500 (ne ha vinti 5, facendo finale in altri 3), a Dubai con il connazionale Medvedev (19esima nel complesso).
Per il californiano sfuma invece il primo ultimo atto sulla terra, alla quarta semifinale che disputa su questa superficie non riuscendo a dare lustro al movimento d’Oltreoceano che cercava un nuovo finalista nel Principato dopo 31 anni di digiuno: l’ultimo Aaron Krickstein nel 1992. Ciononostante quantomeno ha riportato uno statunitense in semifinale, che mancava dal 2003 quando Vincent Spadea fu sconfitto da Juan Carlos Ferrero.
Primo Set: Rublev si muove meglio, ma la difesa e la profondità di palla di Fritz sono superiori
Nei primi cinque giochi dell’incontro vanno in scena tre break: due a favore di Rublev che strappa il servizio allo statunitense nel game inaugurale della sfida e sul 2-2, riprendendosi immediatamente il vantaggio dopo averlo inizialmente perso per aver subito il contro-break avanti 2-1.
La tattica del russo è ben chiara sin dai primi scampoli del match, cercare di allungare lo scambio sempre e comunque sulla diagonale sinistra e creare così i presupposti per il braccio di ferro bimane. Entrambi i protagonisti approcciano lo scontro un po’ contratti, dopodiché via via con il passare dei minuti gli errori gratuiti lasciano spazio a vincenti di grandissima fattura.
Fritz per far partita pari contro la dirompente solidità – almeno sinora -, unita ad una potenza a limiti della sopportazione umana – anche se pure il quartofinalista di Wimbledon 2022 non è da meno – del 25enne di Mosca deve necessariamente rispolverare la prestazione sfoderata nei quarti di finale contro il bi-Principe Monegasco in carica Tsitsipas. E questo tipo di performance dell’americano non tarda a materializzarsi, Taylor da attaccante fondocampocentrico qual è inizia a mettere in mostra una difesa da cineteca, di quelle che solo i terraioli seri sono in grado di esprimere. Riprende tutto come un giungo, per poi al momento giusto lasciare andare le sportellate di dritto: questa istantanea strategica porta in dote al 25enne di San Diego il 3-3 e dunque la seconda personale riconquista della parità.
Alla vigilia della partita ci si poneva il quesito su chi dei due avrebbe preso in mano il comando delle operazioni, essendo tutti e due tennisti che amano avere il destino del punto sulla racchetta piuttosto che attendere per contro-attaccare in un secondo momento: ebbene è decisamente più Andrey quello che spinge ricercando le sue violente sbracciate per crearsi l’angolo sguarnito dove andarsi a prendere il “quindici” in questione, mentre il californiano gioca maggiormente di rimessa aspettando la palla giusta da incuneare con il drittone.
Dopo un paio di giochi in cui i pericoli ai servizi sono stati risparmiati, tra nono e decimo game, altro scambio di break con il finalista del del torneo due edizioni orsono che spreca per la terza volta un break di vantaggio: in quest’ultima circostanza addirittura mancando tale chance, non ha sfruttato l’opportunità di apporre il sigillo al primo set servendo sul 5-4. E alla fine non confermando mai in nessun caso i vantaggi accumulati, è la testa di serie n. 8 ad intascarsi la frazione: tiene alla grande, a 15, il turno di servizio per il 6-5 e poi va a breakkare per la quarta volta l’avversario: 7-5 in 48 minuti a favore di Fritz, che in questo set d’apertura della prima semifinale 2023 al Country Club si è fatto preferire per profondità di palla e capacità di reggere lo scambio in difesa mediante l’utilizzo di traiettorie più arcuate tipicamente da “rosso”. Al russo non è bastata la miglior mobilità, dovuta alla maggiore attitudine allo scivolamento su terra rispetto al n. 1 d’Oltreoceano, anche a causa di un precario rendimento della prima palla di servizio: solamente il 45% di punti vinti con la prima, all’interno di una partita dove in generale le battute hanno incontrato grande difficoltà considerando soprattutto che si sta parlando di due giocatori che fanno del fondamentale d’inizio gioco un’arma cruciale del loro arsenale tecnico; infatti anche il n. 10 del mondo è stato al di sotto dei suoi standard avendo messo in campo un comunque insufficiente – per l’importanza che il servizio ricopre nel proprio tennis – 56% di prime.
Secondo Set: entrambi continuano a fare fatica al servizio, è il dritto a dirimere la contesa. 6-1 “bugiardo” per Rublev e si va al terzo
Andrey, dopo un provvidenziale toilet-break per rimettersi apposto psicologicamente, riparte centratissimo sbagliando di meno e facendo malissimo con il contropiede di dritto. Le righe russe si intensificano, e il déjà vu è realtà: 2-0 Rublev.
Il campo continua ad essere molto pesante, la pioggerellina che cade da inizio partita con alterne interruzioni – fortunatamente – non si è mai intensificata evitando così l’eventualità che gli organizzatori mandassero i giocatori negli spogliatoi. Tuttavia, il tasso di umidità è decisamente importante: le condizioni per ciò che concerne lo spettacolo non vengono però intaccate più di tanto grazie alla grande potenza che ambedue i protagonisti possono generare con le loro esecuzioni.
Tornando allo score, a differenza di quanto accaduto nel primo set, in questo caso il n. 6 ATP non si fa riprendere sul 2-1 dove cancellando una palla break sale 3-1. Adesso il martellamento del finalista di Cincinnati 2021 è incessante, e con Fritz che smarrisce qualche riferimento il classe ’97 moscovita viaggia spedito portandosi sul 4-1 “pesante” in men che non si dica, che diventa poco dopo 5-1 nonostante tre doppi falli commessi da Andrey – uno per via di un fallo di piede sulla seconda – e due chance avute dal giocatore a stelle e strisce per dimezzare il vantaggio avversario.
Ora si sta assistendo di nuovo ad una fase del match in cui i gratuiti fanno capolino più dei winners, e nella quale dunque la qualità del gioco complessiva è decisamente calata. Per Taylor alla fine della fiera, il secondo set si conclude nel peggiore dei modi: il coetaneo gli rifila un 6-1 “bugiardo” (in 38 minuti) avendo lo statunitense perso la bellezza di 5 giochi, sui 7 del parziale, ad oltranza. Se si vuole scovare la chiave di volta dell’inerzia, di una sfida comunque molto complessa da decifrare a livello di alternanza dei momenti di dominio, è l’incisività del dritto a delineare la differenza finora: ad un primo set in cui si sono contati più vincenti dal lato destro di Fritz (11 a 3), ha fatto da contro altare un secondo dove invece è stato il russo ad avere la meglio su questa voce statistica (8 a 1).
Terzo Set: sul 3-2 senza break interruzione per pioggia di 2 ore, al rientro Rublev vince 3 game su 4 e ritorna in finale dopo il 2021
Il parziale decisivo vede scendere in campo una versione dell’americano abbastanza abbacchiata, sembrerebbe anche accusare stanchezza fisica per via del grande sforzo profuso per mettere sul campo una fase difensiva a cui non è normalmente abituato. Ma questa partita di scacchi che sta riservando costanti ribaltamenti sul fronte emotivo, mentale e tattico ci riconsegna un Harry – secondo nome all’anagrafe di Fritz – d’improvviso rigenerato e saltellante: così il campione di Indian Wells 2022 dopo aver rischiato di compromettere l’avvio della frazione finale avendo dovuto affrontare un pericoloso 30-30 sullo 0-1, ha brekkato.
Fuoco di paglia, l’ennesimo contro-break del match – in una partita tra due ottimi battitori che ha visto 12 break su 24 game finora disputati – è servito, 2-2. Poi entra in scena Giove Pluvio che dopo aver osservato l’incontro da una posizione privilegiata senza tuttavia voler interferire, ora ha deciso per il protagonismo: l’intensità delle precipitazioni aumenta e la partita, sotto un cielo cupo e minaccioso sin dall’inizio – non sembrava di assistere ad un match in sessione pomeridiana bensì tutt’al più serale – viene sospesa sul 3-2 senza break per Rublev dopo 1h49′ minuti di gioco.
Dopo quasi due ore di pausa forzata, si ricomincia con condizioni veramente dure: le folate di vento – soprattutto quelle laterali – sono ingenti e perseveranti nella loro azione, e questo provoca un ulteriore abbassamento della temperatura percepita in campo. I due ripartono da dove avevano lasciato, a prendere letteralmente a cazzotti la palla fiammeggiandola a più non posso: il terzo set riparte come quelli che l’hanno preceduto, break Rublev – l’ottavo per lui, cinque per Taylor – sublimato al termine di un punto straordinario da 34 palleggi. Il russo è rientrato molto più concentrato del suo avversario, che invece sta concedendo alcune sbavature letali: a 0 Andrey ipoteca il passaggio in finale e siamo 5-2.
Il ritorno in campo è brevissimo, troppi errori da parte di Fritz, solidissima la tds n. 5 che vince 3 game sui 4 giocati dal rientro dagli spogliatoi e chiude i conti 6-3 al quarto match point, dopo averne avuti già tre in risposta nell’ottavo gioco, con un parziale complessivo in seguito alla sospensione per pioggia di 22 punti a 11 a favore di Rublev che torna così in finale a Montecarlo a due anni di distanza.