Sinner, così fa malissimo (Crivelli, Giammò, Azzolini, Martucci). L'Italia alle Finali. Giorgi è un giallo (Ercoli)

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Sinner, così fa malissimo (Crivelli, Giammò, Azzolini, Martucci). L’Italia alle Finali. Giorgi è un giallo (Ercoli)

La rassegna stampa di domenica 16 aprile 2023

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Delusione Sinner, sfuma anche Montecarlo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

C’è un diavolo danese sulla porta del paradiso. Che non fa passare, che interrompe un sogno mai così vivido dopo un primo set dominato da campione perfettamente consapevole di ogni dettaglio che serve per vincere un match di questo livello. In finale a Montecarlo, così, ci va il principino Rune, fenomeno come nascono pochi con un talento abbagliante pari solo alla sua spocchia di predestinato. Sinner invece si ferma ancora a un passo dal cielo, e non può consolarlo essere diventato in questo mese il più giovane di sempre a raggiungere tre semifinali consecutive in un Masters 1000: «Sono deluso. Molto deluso. Perché stavolta mi sentivo davvero vicino al torneo». Oggi avrebbe sfidato Rublev, a cui aveva impartito una lezione appena dieci giorni fa a Miami. Un ricordo che adesso ha il sapore amaro del rimpianto. Soprattutto dopo quei 34 minuti di un primo set perfetto, chiuso 6-1. Un set In cui Sinner tiene una velocità di crociera impossibile da sostenere per il ragazzino, lo inchioda due metri dietro la riga di fondo, non gli dà mai la possibilità di contrattaccare, andandosi pure a prendere punti a rete per accorciare gli scambi e non concedergli di entrare in ritmo. La partita, causa sospensione della prima semifinale, inizia con tre ore di ritardo e si gioca tra improvvise folate di vento, con una temperatura di montagna. A inizio secondo set, uri passaggio a vuoto di Jan spedisce Rune sul 3-0, prima che la pioggia torni a dettare legge con uno stop forzato di 50 minuti. Al rientro in campo, si suona purtroppo un’altra musica: le palle più lente, l’umidità e il freddo complicano il piano di battaglia dell’azzurro così ben riuscito nel primo set, i suoi colpi non filano più con la profondità necessaria per arginare il danese e impedirgli quelle straordinarie difese che si trasformano repentinamente in sciabolate d’offesa. Eppure, sfruttando il nervosismo dell’avversario, la Volpe Rossa rientra nel match, annulla due set point sul proprio servizio nel nono game, aggancia Holger sul 5-5 ed esalta i coraggiosi mille che sono rimasti sugli spalti ad ammirare lo show. Ma sul 6-5 per il danese, la prima di Sinner balbetta e il set se ne va: «Dopo l’interruzione per la pioggia, le condizioni sono cambiate – racconterà desolato l’altoatesino -: io provavo a spingere, ma la palla era più lenta. E anche il servizio non lo sentivo più incisivo come prima». Ora il campo sembra un ring, Rune accende il clima da battaglia provocando il pubblico, mostrandogli il ditino per zittirlo, ma nella corrida è lui a tenere i nervi più saldi. Nei suoi turni di servizio concede pochissimo, mentre Sinner troppe volte si complica i game di servizio da situazioni di confortevole vantaggio, sprecando preziosissime energie mentali: «E’ vero, mi sono incartato troppo spesso, e anche nei game di risposta non ho tenuto il rendimento dell’inizio». Eppure si viaggia sempre sul filo dell’equilibrio, Rune continua nei suoi siparietti e addirittura dopo uno scambio vinto con un dritto lungo dell’italiano spara un dritto insensato a gioco già fermo che per poco non colpisce Jannik, facendogli perdere per una volta la calma: «Il suo atteggiamento in campo? Non commento, penso solo a me stesso e a una partita che potevo vincere». […] «Certamente una sconfitta così fa male, ma devo provare a portarmi via anche le cose positive, ad esempio l’incisività dei miei colpi da fondo campo e la capacità, nel primo set, di controllare la partita contro un avversario cosi forte. Ora si riparte, non c’è nient’altro da fare». […]

Il terzo dei Fab 3 fa fuori Sinner (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Pioggia e vento ieri han fatto il diavolo a quattro a Montecarlo costringendo gli organizzatori del Masters 1000 a rinviare e sospendere più volte le due semifinali del torneo. Più di Andrey Rublev, primo finalista dopo la vittoria ottenuta contro Taylor Fritz arrivata dopo un’interruzione per pioggia, a farne le spese è stata la semifinale tra Holger Rune e Jannik Sinner, iniziata nel tardo pomeriggio e protrattasi fin oltre le dieci di sera e vinta in tre set da Rune. Era una sfida attesa, quella tra il danese e il numero uno azzurro: vuoi per l’unico precedente datato 2022 e conclusosi con il ritiro di Sinner in un terzo set che lo vedeva già in svantaggio, vuoi per la recente investitura ricevuta da Novak Djokovic, dichiaratosi «sicuro che questi due ragazzi (Sinner e Alcaraz), insieme a Holger Rune, potrebbero essere i prossimi Fab 3» del tennis mondiale. Più dell’attesa però era l’importanza dell’occasione a caricare il match di ulteriore significato: i due nel ranking procedono infatti a braccetto (n.8 e 9) e la posta in palio che erano chiamati a giocarsi era di quelle prestigiose. A eccitarla ulteriormente ci hanno pensato le condizioni climatiche del Principato: una pioggia fitta che col tempo ha finito col trasformare la terra battuta del Ranieri III in una sabbia densa su cui la pallina, anziché viaggiare, finiva col rimbalzare sempre più stanca. Condizioni che Sinner tuttavia era riuscito a interpretare benissimo nel corso di un primo set condotto in maniera impeccabile, durante il quale né il vento né le provocazioni ripetute di Rune erano riusciti a distrarlo dai suoi piani. Il danese ancora una volta si è confermato giocatore sopra le righe per atteggiamento, desideroso di portare la temperatura del match a livelli a lui più congeniali, ora con escamotage tra un cambio di campo e l’altro, ora ingaggiando veri e propri duelli verbali con il pubblico presente. Ma il danese non sembrava beneficiarne, di fronte a un Sinner che con calma olimpica e sovrana indifferenza continuava a piazzar vincenti e break senza tradire alcuna incertezza. A far cambiare volto alla sfida ha contribuito l’interruzione per pioggia in avvio di secondo set, con Sinner a rincorrere un Rune sempre più a suo agio su di un campo allentatosi ed eccitato di fronte alle incertezze palesate dall’azzurro. Il terzo set è stato il logico epilogo di un dramma ormai scandito dagli imprevisti – rimbalzi, folate di vento – in cui ogni game era giocato sul filo del rasoio e ogni colpo andava sempre calibrato in modo diverso. E se Rune ha optato per la muscolarità come unica soluzione cui aggrapparsi, Sinner non è riuscito a trovare quelle variazioni che gli avrebbero consentito di inquinare il ritmo e l’intraprendenza del danese, assecondandone i piani senza avere altre armi con cui opporsi. E’ un peccato, ma non fa poi così male. Occasioni per ritrovarsi i due ne avranno, e la sconfitta non pregiudica l’attuale ranking dell’azzurro. […]

Sinner grande, Rune di più (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Se il futuro è questo, nei limiti del ristretto club indicato da Djokovic, è abbastanza facile indicare quali siano le caratteristiche umane che finiranno per dare supporto al valore tecnico che Carlos Alcaraz, Holger Rune e Jannik Sinner sapranno disporre sul campo nei prossimi dieci anni del Tour. Il fenomeno è uno solo, lo sapete. Alcaraz ha già vinto nello Slam, nei Masters 1000, oltre a occupare per 22 settimane il podio più alto della classifica. Rune è il più disinvolto, e l’ha mostrato ieri in una semifinale con Sinner che si era messa di traverso. L’ha saputa recuperare cambiando le trame del gioco e allestendo un rischioso teatrino con il pubblico, convinto che da quel gioco di sponde, di gesti poco amichevoli e di piccole sfide, ne avrebbe ricavato la carica per opporsi all’italiano fino a strappargli il match dalla racchetta. Arrogantello, il danese, ma intelligente e avveduto. A venti anni ancora da compiere Rune non ha fatto una piega ai richiami dell’arbitro, e ha provocato le tribune stracolme di italiani portandosi il dito al naso per chiedere silenzio, ben sapendo che ne avrebbe ricavato un fracasso di invettive, e su quelle ondate di decibel ha surfato felice. McEnroe non avrebbe saputo fare meglio. Infine Sinner, il ragazzo che studia, sempre ben preparato, che raccoglie risultati di prestigio, ma non ancora da primo della classe. Sa battere Alcaraz però, che lo sfida a giocare il suo tennis migliore, tutto a folle velocità. Se la cava peggio con chi lo costringe ad abbassare i ritmi, a contenere gli slanci. Questo ha fatto Rune, ribaltando un incontro che sembrava nelle mani del nostro. «Lo devo prendere sul ritmo», erano state le ultime parole di Rune, nell’intervista dell’altro ieri. Ci ha provato, e Sinner gli ha nascosto la palla. Nel primo set è esistito solo l’italiano. «Jannik volava, giocava un tennis incredibile. Dovevo per forza cambiare». Detto e fatto. Rune è un tipino listo e avveduto e in avvio di secondo set ha operato la svolta. Ha innalzato barricate difensive rallentando le traiettorie, e preoccupandosi solo di mantenerle lunghe e prossime alle righe. Sinner non è stato altrettanto rapido a ribaltare la scena, ed è finito sotto. Lo stop per la pioggia ha in parte mandato in fumo i propositi del danese. Al rientro Sinner ha inserito negli schemi ogni possibile variazione, e il match ha ripreso vita. Ma la seconda frazione gli è sfuggita su un break imprevisto, quando ormai il tie break sembrava a un passo. E nel terzo set ha avuto più chance Rune, che ha disposto di palle break su tre servizi di Sinner. L’ultima, in rimonta, valeva il match point e Sinner ha sprecato in rete. Freddi i saluti a match finito. A Sinner non è piaciuta una pallata sparacchiata in direzione del suo cappellino da Rune, a gioco fermo. Jannik l’ha vista e s’è abbassato in tempo. Ma Rune è capace di questo e di altro, e in finale, contro Rublev, può succedere davvero di tutto. «Siamo 1 pari, finora, ma domani sarò io avanti 2-1». […]

Sinner si arrende ma il futuro è qui (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Il futuro è adesso. Il futuro è un 19enne danese e un 21enne italiano, due ragazzi venuti dal freddo che riscaldano i cuori e accendono il tifo come per le rivalità più grandi dello sport. Quelle più veementi, coi Connors e i McEnroe, perché Holger Rune è un tipetto focoso che non ha paura di niente e di nessuno si carica col tifo contro e reagisce alla grande, e vince. Come nell’umido sabato sera della semifinale dei Montecarlo contro Jannik Sinner. Il futuro è la finale da favoriti contro Andrey Rublev nel Masters 1000 che rimane regale per tradizione e bellezza. Oggi sotto il traguardo ci arriva Rune, domani ci arriverà Jannik, ma la rivalità al vertice è delineata, nel nome del gioco moderno, completo, fisico, di spinta, di servizio-risposta ma anche ricerca della rete, della capacità di migliorarsi continuamente. Una rivalità che è a tre, col 19enne Carlos Alcaraz, e magari a quattro, col 21enne Lorenzo Musetti. La spunta il danese che ha più servizio e varietà, e nella confusione ci sta meglio. E perciò si carica, sull’1-6 – Sinner perfetto -, 3-0 che, dopo un’oretta di stop per pioggia, diventa 5-2 e due set point, e poi invece si trasforma in un drammatico 5-5. Così zittisce il pubblico italiano partigiano ed eccita gli spettatori neutrali e i suoi, trovando le energie per chiudere il secondo set per 7-5. Holger sfoggia quel suo io da campione, un po’ presuntuoso e a tratti sprezzante. Mentre l’italiano è più umile e pensante, e sta costruendo la sua varietà coi coach Vagnozzi e Cahill. […] Con quei due lo spettacolo è assicurato fra smorzate e fiondate, palleggi durissimi, estenuanti, rischi pazzeschi, errori, certo, a quella velocità, con Jannik che salva 11 palle break, 5 nel terzo set, rimane sempre in bilico, vacilla, si salva anche con una rovesciata di rovescio da cineteca e una parata a rete. Ahilui, il servizio alla fine fa la differenza e il 7-5 dopo 2 ore 40′. «Sono andato nel profondo di me stesso per trovare le risorse dopo quell’inizio di fuoco di Jannik», dice il vincitore dopo la stretta di mano fredda a rete dello sconfitto. […] Intanto a Bratislava la nazionale di Fed Cup ritargata Billie Jean King Cup, raggiunta sul 2-2, la spunta al doppio di spareggio rimontando da 3-5 del terzo set con le indomite Trevisan e Cocciaretto. Va alle Finals di novembre.

L’Italia alle Finali. Giorgi è un giallo (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

Un anno dopo il trionfo di Musetti su Gombos, l’Italia si ripete a Bratislava ed ancora una volta la sfanga per 2-3 dopo il match decisivo. Alla NTC Arena la Nazionale di Tathiana Garbin ha rischiato di subire la rimonta da una Slovacchia resiliente nella Billie Jean King Cup, quanto lo era stata a marzo dello scorso anno con gli uomini di Coppa Davis. I successi del venerdì di Camila Giorgi e Martina Trevisan sembravano aver messo il sigillo in vista della qualificazione alla fase finale, in programma dal 7 al 12 novembre (ancora da decidere la sede; ndr). Le scelte del sabato erano apparentemente scritte, ma nessuna delle protagoniste della prima giornata è tornata in campo in singolare. Obbligata la rinuncia a Giorgi, condizionata da un problema al ginocchio destro che l’ha fatta desistere. Scelta tecnica invece quella di Jasmine Paolini al posto della numero uno d’Italia Trevisan. «L’assenza di Camila ci ha sorprese perché la mattina stava bene e sembrava potesse giocare, invece all’ultimo ha preferito lasciare spazio alle compagne. Forse immaginava di non poter finire la partita – ha spiegato dopo il successo la capitana azzurra Tathiana Garbin -. L’altra è una decisione che già avevamo discusso venerdì. Trevisan in doppio è determinante e volevo tenermela qualora fosse necessario giocare il match decisivo. Le nostre ragazze sono tutte di altissimo livello, tant’è che Paolini e stata sopra 3-0 al terzo set con tre palle break per il 4-0 contro Schmiedlova». Ad un passo dal punto che avrebbe risolto il confronto invece la toscana ha subito il rientro dell’ex n. 26 del mondo, che si è aggiudicata la sfida per 6-1 4 6 6-4. Sull’1-2 l’Italia ha dovuto dunque sostituire Giorgi con Elisabetta Cocciaretto, costretta ad arrendersi a Viktoria Hruncakova (ex Kuzmova; ndr) con il punteggio di 6-3 7-6(2). Il pomeriggio di Bratislava si è così trasformato in uno dei momenti più complicati della gestione Garbin. Nel doppio decisivo la sua fiducia è stata riposta in Trevisan e Cocciaretto. La sfida contro Hruncakova e Mihalikova in alcuni frangerti è andata oltre il tennis giocato e ha toccato anche fattori emotivi, come evidenziato a fine giornata dalle stesse protagoniste. Le slovacche nel terzo set hanno servito per il match, ma dal 3-5 le azzurre hanno vinto quattro game consecutivi che sono valsi la grande festa dopo la stretta di mano. Ad un anno da Glasgow, le azzurre tornano alle Finals di Billie Jean King Cup.

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