Perché Djokovic può arrivare a vincere 30 Slam (Bertolucci). Il trionfo e quella maglia per Kobe portano Nole in un'altra dimensione (Semeraro). L'Italia è serena una squadra vera" (Strocchi). Novant'anni di Pietrangeli (Di Pasquale)

Rassegna stampa

Perché Djokovic può arrivare a vincere 30 Slam (Bertolucci). Il trionfo e quella maglia per Kobe portano Nole in un’altra dimensione (Semeraro). L’Italia è serena una squadra vera” (Strocchi). Novant’anni di Pietrangeli (Di Pasquale)

La rassegna stampa di martedì 12 settembre 2023

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Perché Djokovic può arrivare a vincere 30 Slam (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Ancora una volta rimaniamo stupiti di fronte all’ennesima impresa di Novak Djokovic, che a 36 anni non smette di sorprendere e con una condizione tennistica e atletica di prim’ordine continua a dettare legge sul circuito. Evitando i soliti discorsi sul più forte giocatore di tutti i tempi, che lasciano sempre il tempo che trovano, abbiamo però numeri straordinari su cui ragionare, numeri probabilmente irripetibili che stimolano una domanda ovvia: dove potrà arrivare con gli Slam vinti? Proprio in questi giorni, 21 anni fa, il mondo dei tennis coni suoi milioni di appassionati celebrava la vittoria numero 14 di Pete Sampras in un Major, record allora sottratto all’australiano Emerson.

Sembrava, e a quei tempi lo era a tutti gli effetti, un traguardo epocale. ma l’apparizione di Federer, Nadal e appunto di Djokovic lo ha reso un’impresa quasi normale. Risiede proprio qui la straordinarietà di questi tre fenomenali campioni, e del serbo in particolare: non è più un’utopia da folli immaginare che si possa arrivare a Vincere 30 Slam. È un obiettiva realistico, alla portata di Nole? Banalmente, se continuerà sulla strada di tre Slam all’anno come gli è accaduto nel 2021 e nel 2023 (l’anno scorso non giocò in Australia e agli Us Open…), potrebbe raggiungere la meta tra due anni.

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Dunque, anche un pizzico di fortuna può incidere sui risultati dei futuri Slam, mentre l’incognita più grande riguarda ovviamente l’incedere degli anni. Djokovic resta una macchina da tennis perfetta, ma a 36 anni ogni stagione che passa ne vale cinque, allungando legittime ombre sulla carriera di chiunque si ritrovi a competere ai più alti livelli alla soglia dei quarant’anni. Se teniamo fede alle sue parole, e se non dovrà fare i conti con imprevisti fisici che. nessuno gli augura, Djokovic ha intenzione di giocare almeno per altri tre anni: dunque, dobbiamo senz’altro mettere in preventivo la conquista di altri Slam.

Che possa arrivare a 30, tuttavia, rimane nel campo delle ipotesi improbabili, ma non impossibili per un campione della sua stoffa. Resta il fascino di un numero che fino a uent’anni.fa procurava i brividi al solo pensarci, e che Federer, Nadal e Djokovic hanno invece sdoganato come un’impresa realizzabile. Senza uno degli altri tre sulla propria strada, ciascuno di loro avrebbe potuto legittimamente aspirare a quella cifro: ecco perché ciò che hanno costruito non potrà avere eredi.

Il trionfo e quella maglia per Kobe portano Nole in un’altra dimensione (Stefano Semeraro, La Stampa)

Novak Djokovic si apre la felpa per mostrare la maglietta dedicata a Kobe Bryant – Mamba Mentality – e come superman entra in un’altra dimensione. Un colpaccio mediatico, che commuove l’Arthur Ashe e lo collega ad altri mondi. Ventiquattro Slam, lo stesso numero di maglia del campione scomparso tre anni fa: «Eravamo molto amici, ci parlavamo spesso, la sua morte per me è stata un colpo durissimo. Questo è un modo peronorarlo». Ormai davanti non ha più nessuno, anche il record di Margaret Court è raggiunto.

Federer è fermo per sempre a 20, Nadal insegue acciaccato a 22, ma insomma negare che il Djoker sia il Più Forte, oltre che il Più vincente – nella storia del tennis – ora diventa difficile. Lo ammette anche la sua ultima vittima, Daniil Medvedev, che pure due anni fa proprio qui gli sabotò il Grande Slam e ora ride quasi imbarazzato di aver provato a inceppare la serata con la sua Kryptonite impoverita. Ha perso in tre set (6-3 7-6 6-3) avrebbe potuto vincere il secondo, ma quando serviva Nole ha indossato il costume (mentale) del supereroe, cavando dal cilindro un paio di entrate a rete che pure Kobe avrebbe gradito.

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«Da piccolo sognavo solo di vincere Wimbledon e diventare numero 1dice – ma poi dai sogni ne nascono altri e due anni fa ho capito che potevo fare la storia». Si è preso 7 dei 10 Slam che ha giocato dal 2021. L’anno scorso il bando per le sue posizioni novax gli impedì di gareggiare qui a New York, ora dentro l’astronave di Flushing si gode la rivincita, l’ovazione di chi non lo ha mai amato. «Vorrei dire che noi che veniamo dai Balcani siamo tutti così», racconta Goran Ivanisevic, il suo coach croato. «Ma non è vero, lui è un pezzo unico, un natural born winner. Sta già pensando alle Olimpiadi del 2028 a Los Angeles. E se gli dici che qualcosa è impossibile è peggio, perché si arrabbia e vuole dimostrarti che può riuscirci.

Tutto deve essere perfetto, in allenamento, in campo, non è mai contento. Pretende da tutti la stessa perfezione, e trova sempre il modo per vincere. Per questo è il migliore. E lo dicono i numeri: 24 Slam sono uno dei più grandi risultati di sempre: non solo nel tennis, ma nello sport in generale». Dieta inflessibile, attenzione maniacale ai dettagli, resilienza assoluta. «A 36 anni competo con chine ha 20, devo fare ancora più lavoro per restare in forma. È quello che spinge anche LeBron o Tom Brady. Zverev, Tsitsipas, Medvedev sono grandi avversari, ma il tennis resta, i giocatori passano. Toccherà anche a me, quando fra 23 o 24 anni deciderò di smettere… Ma fino ad allora, dovrete sopportarmi ancora un po’”.

L’Italia è serena una squadra vera” (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Uno per tutti, tutti per uno. Proprio come i moschettieri del re di Francia, con l’auspicio di essere altrettanto infallibili con in mano una racchetta anziché la spada dei personaggi di Alexandre Dumas. E’ la coesione l’arma su cui fa affidamento l’Italtennis per dimenticare le defezioni – di Jannik Sinner e quella obbligata di Matteo Berrettini – e le polemiche post esclusione (di Fabio Fognini) e portare a compimento la sua missione a Bologna: conquistare uno dei due pass per la Final 8 di Coppa Davis a Malaga, fine novembre, ultimo grande appuntamento di una stagione lunga e logorante.

«Sono sicuro che l’avvicinamento non lascerà scorie. Già da tempo parliamo soltanto di quel che ci aspetta da mercoledì. Siamo tutti sereni, c’è un bellissimo clima in squadra – sottolinea il capitano Filippo Volandri in conferenza stampa alla Unipol Arena – Sappiamo che dobbiamo passare attraverso le difficoltà, se vogliamo arrivare ad alzare la coppa. E le difficoltà ti fanno crescere più velocemente. Quando due anni fa ho assunto questo incarico, sono partito dall’idea di costruire un gruppo, oggi siamo una squadra. E lo step successivo e l’abbiamo completato prima di quanto mi aspettassi. E questo facilita non poco anche l’inserimento dei debuttatiti come Matteo (Arnaldi) e Andrea (Vavassori)».

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Specialmente se a trascinare il pubblico sarà Lorenzo Sonego, nella passata edizione vincitore su Shapovalov. «Non vediamo l’ora discendere in campo e prenderci la rivincita sul Canada – afferma il 28enne torinese – lo uomo Davis? Cerco di trasmettere la gioia di essere qui, per contribuire a creare un’atmosfera positiva che faccia bene a tutti e aiuti i tifosi a sostenerci con calore». Il ruolo di n.1 spetta però a Lorenzo Musetti: «Credo che la Davis sia l’appuntamento che mi serviva per ritrovare energia e motivazione dopo uno US Open deludente. Stare con questo gruppo che considero di amici, come una famiglia, mi fa bene e mi dà grande carica».

Emozioni moltiplicate per gli esordienti Matteo Arnaldi e Andrea Vavassori. «E’ speciale essere qui, un altro coronamento di questa stagione di prime volte. Mi hanno fatto sentire a casa da subito, è un bel gruppo’ le parole del 22enne di Sanremo. «Fin da bambino ho sempre ammirato la Davis, una delle competizioni più importanti del nostro sport – chiosa il piemontese -. Essere in Nazionale insieme con Lorenzo (Sonego), con cui sono cresciuto, è un sogno che si realizza.

Novant’anni di Pietrangeli (Arianna Di Pasquale, Il Tempo)

Una vita passata tra racchette (di legno) e palline da tennis la sua: Nicola Pietrangeli ha festeggiato ieri sera al Circolo Canottieri Roma i suoi 90 anni, conditi da tanti successi in campo e divertimento. «E’ un compleanno molto importante – ha esordito – non mi aspettavo tutto questo affetto. Mi hanno anche fermato per strada per farmi gli auguri».

In occasione della festa l’ex campione ha fatto poi un bilancio della sua vita: «Tra i giorni più belli, sportivamente parlando, ne cito due: la seconda vittoria a Parigi e la Coppa Davis; nella vita non saprei scegliere, fortunatamente ne ho vissuto tanti. Non ho rimorsi, ma qualche rimpianto sí, come tutti d’altronde». Il suo è uno di quei nomi impressi nella storia sportiva italiana, che ricordano gli adulti ma che conoscono anche i più giovani; infatti il suo palmares vanta prestigiosi successi, tra cui, appunto, due vittorie al Roland Garros, nel ’59 e nel ’60, e a Roma nel ’57 e nel ’61

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Pietrangeli, oltre ai match vinti, vanta anche l’ingresso nella «Hall of Fame» del tennis, unico giocatore italiano presente, e il Foro Italico a lui intestato. Dettagli che ne evidenziano la grandezza umana, oltreché la bravura sportiva. Tanto che ieri gli auguri sono anche arrivati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con una telefonata direttamente dal Quirinale oltre a quelli della Lazio, la sua squadra del cuore. Insomma 90 anni vissuti come fossero una volée, una palla da prendere al volo, senza fermarsi troppo a ragionare: sempre certo però che il risultato sarebbe arrivato. E come se è arrivato.

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